• Non ci sono risultati.

3. Soluzioni procreative e aspirazioni di genitorialità

3.2 Le soluzioni procreative

3.3.2 Tecniche di riproduzione artificiale (ARTs) 41

Un’ampia gamma di possibilità riproduttive è attuabile. Ogni procedimento presenta un differente grado di medicalizzazione: aumentando il grado di complessità della tecnica si incrementa il livello di invasività. La PMA comprende inseminazione intrauterina (IUI) e fecondazione in vitro (FIVET);42 quest’ultima può avvenire tramite ovodonazione (aspirazione di ovuli dal corpo di una donatrice), donazione di sperma, embriodonazione (creazione di embrioni formati mediante FIVET crioconservati e utilizzabili per altri concepimenti), e alla surrogacy (che verrà presentata al paragrafo 3.3.3). Tali tecniche vengono utilizzate in base alle caratteristiche della coppia quali l’età, il livello di fertilità di chi si sottoporrà ai trattamenti, la situazione socio-economica dei singoli, il rapporto con le famiglie di origine ed in relazione ai desideri

41 ARTs, dall’inglese artificial reproductive technologies.

80

di genitorialità individuali (le rappresentazioni in base alle relazioni biogenetiche che si vorranno creare, chi vorrà avere un ruolo biogenetico ecc.).43

Le coppie di giovani donne iniziano generalmente il percorso attraverso un’inseminazione intrauterina, valutata una tecnica semplice, meno invasiva e molto più accessibile dal punto di economico. In molte esperienze raccolte, le aspiranti madri hanno deciso di precedere alla IUI con stimolazione ormonale, sia perché suggerito dal personale delle cliniche della fertilità, sia per garantire il successo della tecnica.

Quando abbiamo iniziato a pensare di avere un bambino, io avevo 30 anni…avevo immaginato che non avrei avuto bisogno della stimolazione ovarica, come in altre storie di concepimento che avevo sentito. Abbiamo amiche che hanno avuto figli dopo o intorno 40/45 anni ... sai, ero più giovane di loro e ho pensato che la mia fertilità fosse buona. Ma quando abbiamo chiamato la clinica spagnola, ci hanno suggerito di “preparare il mio corpo” per l'inseminazione. Mi hanno detto che avevo bisogno di sottopormi ad iperstimolazione, quello che io chiamo “bombardamento ormonale”, per aumentare le probabilità di rimanere incinta.» (Giulia).

Il personale medico delle varie cliniche (danesi, spagnole, ecc.) ha spesso suggerito alle madri della ricerca di “preparare i corpi” per l’inseminazione, mediante un percorso di stimolazione ormonale per indurre il corpo a produrre un numero maggiore di follicoli. Da quanto è emerso, il personale sanitario non ha tenuto conto della

43 Nessuna delle 43 famiglie incontrate ha utilizzato embrioni già formati e/o crioconservati, ma ognuna di esse ha avviato il percorso riproduttivo partendo dal proprio materiale biogenetico. Solo due famiglie di madri, a seguito di numerosi tentativi e fallimenti della riproduzione, ha fatto ricorso alla donazione di ovuli (ovodonazione).

81

distinzione tra persone con comprovati problemi di infertilità e soggetti potenzialmente fertili; la medicalizzazione è stata rappresentata come un prerequisito per il successo e sinonimo di concepimento. D’altro canto, anche le madri che hanno fatto ricorso a tali tecniche, hanno spesso comparato l’assunzione di farmaci e tutte le fasi cliniche che precedono il viaggio, come una sicurezza maggiore in termini di fecondazione. Giulia (33 anni) aveva 30 anni quando ha deciso, assieme alla compagna Irene (49 anni), di andare in Spagna per avviare il percorso riproduttivo. Stavano insieme da poco più di un anno e mezzo quando hanno cominciato ad informarsi su come avere bambini. Hanno fatto alcune ricerche su internet, chiacchierato con alcune amiche (iscritte a Famiglie Arcobaleno) e provato a contattare una clinica della fertilità spagnola. A seguito dei primi scambi, il ginecologo del centro di Barcellona aveva suggerito loro di sottoporsi a stimolazione ovarica qualche giorno prima della “vacanza mensile” in Spagna. Generalmente le fasi preparatorie all’inseminazione, ciò che definisco “ricostruzione della fertilità”, vengono eseguite in Italia, pochi giorni prima della partenza. Questo periodo è scandito da svariati controlli ginecologici e numerosi test per tenere sotto controllo l’andamento dell’ovulazione. L’esperienza di Giulia e Irene, mi permette da un lato, di sottolineare il carattere liminale dei concetti di fertilità e infertilità (descritti ad inizio capitolo), dall’altro di mostrare la fatica e la delicatezza delle fasi preparatorie all’inseminazione. A seguito dello scambio telefonico con la clinica, Giulia si è recata dal suo ginecologo per avere informazioni in merito ai medicinali da assumere e per chiedere una verifica rispetto alle sue capacità riproduttive. Il medico ha domandato da quanti anni provasse ad avere figli e con imbarazzo Giulia, omettendo il fatto che fosse lesbica e che volesse intraprendere

82

un percorso di riproduzione medicalmente assistita con la sua compagna in Spagna, ha dichiarato circa un anno e mezzo.

«Ginecologo: Solo un anno e mezzo? Devi provarci e riprovarci. Gioca di più con tuo marito! Poi, possiamo iniziare ad analizzare le vostre capacità riproduttive, forse il problema non è tuo, ma di tuo marito. Una volta appurate le problematiche, possiamo vagliare le soluzioni, non fasciarti la testa ora. Non pensare a stimolazioni, sei giovane…nel caso qualcosa in futuro sia difettoso, non preoccuparti, abbiamo il servizio sanitario che ci pensa...»

(Giulia)

Questa normalizzazione e manipolazione dei fatti riproduttivi, altamente consigliata dalle cliniche estere, si scontra con la realtà italiana che, non prevedendo casi di coppie omosessuali tra i suoi possibili fruitori, innesca una serie di risposte che sottolineano quanto la genitorialità omosessuale non sia contemplata tra il ventaglio di genitorialità possibili. Il ginecologo ha desunto difatti che Giulia fosse in coppia con un uomo e che volesse fare accertamenti solo per “essere sicura”, comunicandole inoltre che gli eventuali costi di ormoni e farmaci per la stimolazione ovarica fossero a carico del sistema sanitario nazionale. Quest’ultimo, per le restrizioni legislative, copre esclusivamente le procedure previste per legge, lasciando scoperta un’ampia fetta della popolazione che fruisce della medicina di salute riproduttiva all’estero.44

44 In accordo con la legge 40/2004 (leggi in materia di fecondazione medicalmente assistita), solo chi possiede comprovati problemi di fertilità ha la possibilità di utilizzare i farmaci necessari alla stimolazione ovarica a carico del servizio sanitario nazionale. Chi non rientra nelle forme previste dalla legge, deve acquistare privatamente i medicinali che hanno costi elevati. Durante gli anni di campo ho osservato l’attivazione e l’utilizzo di pratiche di mutuo sostegno, promosse soprattutto dalla rete dell’associazione Famiglie Arcobaleno. Chi ha già affrontato il percorso e ha farmaci avanzati, li mette

83

«L’Italia non ti passa niente. Anche il piccolo “shock ormonale” non te lo possono dare via mutua perché lo possono dare solo se hai problemi di fertilità, secondo la legge italiana.»

(Giulia).

In Italia, l’assunzione di farmaci che supportino la PMA, è accessibile “gratuitamente” ad individui che abbiano comprovati problemi di infertilità; di contro, all’estero, essi si configurano come prassi vivamente consigliate anche a soggetti potenzialmente fertili. Le cliniche suggeriscono difatti la medicalizzazione di corpi potenzialmente fertili per massimizzare il profitto, consigliando di precedere l’inseminazione dalla stimolazione ovarica, per evitare possibili insuccessi.

«Volevamo essere certe che tutto andasse come pianificato. Dopo tutto il pensare e tutte le informazioni raccolte, avevamo deciso di dare un piccolo aiuto al corpo, giusto per essere più sicure che tutto andasse per il verso giusto. Abbiamo fatto una piccola punturina e lì sai che dopo 36 ore devi essere già là.»

(Nadia e Beatrice).

In altri casi invece, nonostante l’età di alcune coppie, è stata comunque scelta la IUI, sottolineando il successo della pratica senza stimolazione ormonale, come destino che si doveva compiere. In molte esperienze raccolte difatti, la fecondazione avvenuta grazie al supporto della IUI senza stimolazione è stata letta come suggerimento del

a disposizione gratuitamente per altre aspiranti coppie. Esistono inoltre numerosi siti in rete che permettono lo scambio di ormoni e farmaci utili per la stimolazione ovarica.

84

fato, un percorso predeterminato che non avrebbe potuto che concludersi in altro modo se non con la nascita di un bambino; un figlio come destino della fecondazione.

«Cristina: Noi abbiamo avuto la fortuna di desiderare Matteo e lui è arrivato subito. Abbiamo contattato la clinica in primavera, e volevamo fare un viaggio a nord. Perché noi ci siamo messe assieme a Copenaghen vent’anni prima. Siamo partite, siamo state a Copenaghen dicendoci: “Proviamo un primo tentativo e poi andiamo a Capo Nord. Ritornando possiamo fare un secondo tentativo”. Per il lavoro che facciamo, abbiamo le ferie solo in estate e l’idea di una terra caliente e torrida come Barcellona ci spaventava parecchio: “Come reagirà il mio corpo?” Siamo quindi state in Danimarca in Luglio, abbiamo fatto una IUI senza stimolazione. E pensa che la mia ginecologa, dopo un po’ di analisi mi aveva detto: “Ma tu hai 38 anni, stai pescando già nelle riserve dei tuoi ovuli…”. A noi però non interessava fare una stimolazione ormonale…era una pratica invasiva, pericolosa, avevamo sentito che potesse provocare futuri tumori…

Chiara: Quindi abbiamo detto: “Proviamo a fare qualche tentativo e vediamo…”

Cristina: Vediamo anche come reagiamo…quando ci sei dentro è diverso poi da come te lo sei immaginato. E invece siamo andate lì e tutto quello che avevamo programmato (i due tentativi prima e dopo capo nord) non sono serviti, perché al primo, lui diciamo che è nato. Non ci siamo nemmeno arrivate a Capo Nord perché durante il tragitto sono stata male, quindi siamo rientrate in Italia. Eravamo andate in macchina fin lassù, quindi lui è nato in viaggio in un viaggio. Per noi lui è un grande dono, un grande regalo, abbiamo vissuto tutto in modo così semplice. Lui è nato così: è nato con un viaggio, con una bella leggerezza…non saprei come altro dire. Vediamo un po’ cosa ci regala la vita e la vita ci ha regalato Matteo.»

85

(Cristina e Chiara).

Nell’esperienza di Cristina (41 anni) e Chiara (42 anni), così come in altre storie raccolte, è sottolineata la successione di passaggi che hanno portato alla nascita di Matteo come un processo che non avrebbe potuto avere nessun altro esisto che quello: un destino già scritto, un puzzle che si compone e prende forma grazie ai tasselli aggiunti ad ogni tappa del percorso riproduttivo.

Altre coppie, che hanno avuto percorsi più frastagliati, numerosi fallimenti e cambi di rotta, hanno utilizzato una pratica più complessa ed invasiva, la fecondazione in vitro (FIVET).45 Quest’ultima è una tecnica che replica il processo biologico, cioè la fecondazione, e conferma la possibilità di simulare questo processo mediante il supporto del sapere medico-tecnologico. Usando le parole di Franklin (2013) possiamo dire che sia una tecnica “doppiamente riproduttiva”: ri-produce la riproduzione, e il suo successo riproduttivo sta nel dimostrare che funzioni tecnologicamente bene. La FIVET permette di ricreare la fecondazione fuori dai corpi, riproducendo l’incontro tra due gameti, garantendo un percorso di normalizzazione che mima ciò che avviene all’interno dei corpi in assenza del supporto medico. Questa tecnica può avvenire attraverso più combinazioni: utilizzando i gameti di una coppia con problemi di fertilità, oppure sostituendo parzialmente, o totalmente, le parti che saranno utilizzate nella fecondazione (come nel caso di coppie sterili, omosessuali o single). In questi ultimi casi, la fecondazione può verificarsi grazie all’utilizzo di ovuli e/o semi provenienti da altri soggetti, comunemente definiti “donatori”. La FIVET e i

45 Sono passati circa 35 anni dall’ingresso di questa procedura. Era il 1975 quando è venuto al mondo il primo bambino nato da questa tecnica. Da allora sono nati oltre cinque milioni di bambini grazie al supporto delle tecniche di riproduzione medicalmente assistita. (Cfr. Strathern M.,1992b; Inhorn M.C. e Birenbaum-Carmeli D., 2008; Franklin S., 2013; Freeman et al, 2014; Gunnarsson Payne J., 2016).

86

successivi sviluppi in seno alla procreazione medicalmente assistita hanno aperto la possibilità a numerosi altri arrangiamenti riproduttivi e, grazie alla possibilità di sostituzione di gameti, possono essere messe in scena numerose architetture della riproduzione. Le madri d’intenzione, dopo aver scelto chi intraprenderà il percorso riproduttivo e il donatore, si sottopongono ai controlli necessari per valutare le funzionalità riproduttive. Se quest’ultime sono valutate idonee, si procede ad una stimolazione ormonale e all’estrazione degli ovuli necessari alla fecondazione in vitro. In caso negativo, verrà selezionato non solo un donatore di seme, ma anche una donatrice di ovuli. La maggior parte delle coppie incontrate che ha fatto ricorso alla FIVET ha utilizzato ovuli appartenenti alla coppia. Solo tre coppie, una per età delle aspiranti madri, le altre due per problemi di infertilità delle donne, hanno utilizzato gameti esterni, facendo ricorso sia alla donazione di sperma che alla donazione di ovuli. Quest’ultima pratica, nota come ovodonazione, può inoltre essere eseguita tramite uno scambio “interno” alla coppia, come nell’esperienza di Monica e Federica, che a seguito di numerosi fallimenti riproduttivi, hanno deciso di provare il percorso utilizzando gli ovuli di Federica, o “esterna”, come nel caso di Barbara e Ottavia che per evitare percorsi invasivi, hanno utilizzato gli ovuli di una donatrice.

Ho riscontrato un unico caso di “embriodonazione interna” nel milanese. Francesca e Serena hanno iniziato il percorso riproduttivo presso una clinica universitaria in Belgio. Francesca (46 anni), dieci anni più grande di Serena (36 anni), aveva quarant’anni quando ha iniziato ad informarsi sulle modalità procreative adatte a loro. Avevano deciso che fosse proprio Francesca ad iniziare il percorso, poiché dal loro punto di vista, aveva meno possibilità future di accedere al supporto clinico. A seguito di vari controlli e delle valutazioni da parte del personale medico, avevano così avviato

87

il primo ciclo di stimolazione ovarica per la fecondazione in vitro. Francesca aveva prodotto circa una quindicina di ovuli, successivamente fecondati con il seme di un donatore anonimo.

«Serena: “Noi siamo state fortunate non solo perché abbiamo usato lo stesso seme, ma abbiamo usato lo stesso ovulo. Nel senso che è stata lei che ha fatto tutto il percorso, ha fatto un pickup, le sono stati prelevati degli ovuli che sono stati fecondati. Abbiamo usato tre embrioni prima che arrivasse la nostra prima figlia e gli altri li abbiamo crioconservati. Non è un’ovodonazione, perché gli embrioni erano già formati. A distanza di 4 anni, abbiamo fatto un secondo tentativo con questi crioconservati. Cioè, al primo tentativo erano, diciamo, ‘embrioni freschi’, al secondo erano quelli tenuti

da parte nella banca di Bruxelles.”

Francesca: “Spiegale bene. All’inizio, per la seconda figlia volevamo usare lo stesso donatore. Quindi siamo tornate in clinica con l’idea di chiedere questo. Ma poi ci è venuto in mente che con il primo ciclo, avevamo ancora embrioni congelati. Serena: “E così, la seconda gravidanza l’ho portata avanti io, con gli embrioni già formati con il suo ovulo e il seme di un donatore anonimo.”»

(Serena e Francesca).

Francesca ha utilizzato la FIVET, producendo ovuli successivamente inseminati per creare embrioni da utilizzare per la prima gravidanza, portata avanti da lei. Per la loro seconda figlia, avevano immaginato di utilizzare il seme dello stesso donatore, per dare loro un legame, ma arrivate in clinica avevano previsto di utilizzare questa soluzione per far sì che le figlie potessero essere “sorelle genetiche” da tutti i punti di vista. Al secondo percorso, è stata Serena a portare avanti la gravidanza utilizzando gli

88

embrioni precedentemente formati dall’ovulo della moglie e dal seme di un donatore anonimo.