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5. Mamme di pancia, mamme di cuore

5.1 Desideri di maternità

5.2.3 Quando la biologia diventa elettiva. I Figli biologici nella storia

La ricerca di equilibrio tra le due figure materne, trova la propria stabilità nelle relazioni instaurate con i figli venuti al mondo. Gli aggiustamenti compiuti (sia da parte della madre di nascita che dell’altra madre) prepareranno il terreno per l’armonia tra le due figure genitoriali che, di famiglia in famiglia, aggiusteranno i propri ruoli e responsabilità in base ad inclinazioni personali. Nel quadro frastagliato dell’omogenitorialità sono difatti, dal punto di vista delle madri incontrare, i bambini a compiere le azioni che saranno lette dalle madri come allargamento degli spazi della doppia maternità e come conferma dei rispettivi ruoli. La crescita dei figli è stata

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descritta come caratterizzata da situazioni che hanno dato un po’ di ordine all’interno delle relazioni tra genitori e figli, rispetto alla comprensione dei ruoli interni e alle pratiche di cura da rivolgere ai minori. Grazie ai rapporti creati e costruiti nel tempo, i soggetti hanno raccontato di aver assistito ad un processo di erosione rispetto al “peso della concretezza della simbiosi”, come se il dominio “naturale” perdesse la propria centralità grazie alle interazioni quotidiane e alle forme di relazionalità instaurate. In altre parole, assieme allo sviluppo dei figli, maturerebbe anche la solidità domestica, e l’ordine sarebbe stabilito grazie a relazioni affettive.

Molte madri hanno sostenuto di aver notato profondi cambiamenti durante la crescita dei bambini. Se i primi anni di vita del bambino sono stati descritti come palestre di prova della genitorialità, caratterizzati da continui aggiustamenti e prove ardue da superare, con lo sviluppo e la crescita dei figli i ruoli, i gesti di affettività sono sempre più presenti. Di seguito la testimonianza di Federica (madre sociale) che descrive il mutamento di prospettiva della figlia nei suoi confronti.

«Anche il comportamento dei bambini muta nei nostri confronti. Clara sino all’anno scorso mi diceva: “Da piccola, la mia mamma preferita era la mamma Anna. Adesso tutte e due”; è come se la biologia rivestisse un’importanza pazzesca nei primi tre anni di vita. Quando cade o si fa male, adesso capita che si rivolga a me. Quando era più piccola, per qualsiasi cosa si lanciava nelle braccia di Clara e questo, non che mi desse fastidio...diciamo che mi sentivo un po’ depotenziata nel mio ruolo. Sai, già la società tende a non vedermi, se poi si aggiungo queste piccole cose. Ora invece mi cerca proprio.»

(Federica).

Se nelle famiglie composte da due genitori differenziati dal genere, i due ruoli sono distinti e confermati da una serie di costruzioni culturali che pongono i genitori nel ruolo prescritto, nelle famiglie composte da madri (dove non esiste tale caratterizzazione), i figli sono descritti come coloro che rafforzano la maternità condivisa attraverso gesti di spiazzante semplicità. Il ruolo dell’altra mamma viene

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costruito soprattutto nella relazione con il bambino, quotidianamente. Sarà poi il bambino che riconoscendo l’altra mamma come madre costruirà definitivamente uno spazio materno condiviso, possibile. Lo spazio della doppia maternità acquista significato e si rafforza mediante operazioni che sono perpetuate all’interno dello spazio intimo. Ogni madre pone in campo le proprie conoscenze per cercare un peculiare canale di comunicazione che consenta di vivere in modo profondo l’esperienza di maternità. La differenza impressa dalle prime fasi di vita del bambino che, come visto, possono portare a degli squilibri interni, sfuma mediante la compartecipazione ad ogni tappa evolutiva e di crescita da parte di entrambe le madri.

«Secondo me ci sono delle strade che sono più facili da percorrere da una posizione o dall’altra. E che probabilmente cambieranno anche nel tempo. Noi diventeremo genitori di elezione su punti diversi in rapporto a come siamo riuscite a costruire con lei dei canali di comunicazione, di comprensione, e ciascuna di noi metterà a disposizione la conoscenza che ognuna ha…indipendentemente dall’origine. Sono convinta che andrà a crescere la dimensione del genitore extra corporeo (chiamiamolo così), nel senso che proprio, mano a mano che lei diventa un essere simbolico nella sua crescita.»

(Antonella).

Antonella (madre biologica) racconta di aver notato un mutamento di relazione della figlia nei confronti della compagna. Dal suo punto di vista tale percorso non dipende tanto da chi abbia portato avanti la gravidanza, ma è costruito grazie alle capacità che ogni madre mette in scena nel quotidiano in relazione alle esigenze della figlia. L’analisi dei racconti evidenzia il carattere di processualità della genitorialità; l’aver creato un percorso che abbia portato alla nascita di un figlio è stato una delle argomentazioni cardine di molti racconti. È evidenziato l’apporto fisico-emotivo di entrambe le donne che hanno, seppur in maniera differente, collaborato alla realizzazione del progetto genitoriale. Claudia (madre biologica) e Silvia (madre sociale) hanno offerto una chiave di lettura differente per interpretare il ruolo della

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biologia e di come essa acquisti un significato particolare in relazione ad una serie di eventi che scandiscono gli anni del concepimento delle famiglie omogenitoriali, o in generale di quelle che accedono alla procreazione medicalmente assistita per concepire un figlio.

«Il figlio è nostro. Anche biologicamente. Nel senso che è biologico nella storia. Se io e lei non ci fossimo incontrate, se non avessimo fatto le scelte che abbiamo fatto, se non avessimo fatto i viaggi fatti, lui ora non sarebbe qui. Per questo dico figlio nostro biologico. Non esiste la biologia come riproduzione nelle nostre famiglie, ma si tratta più di una biologia elettiva. È una sorta di biologia elettiva, che ha portato alla nascita di lui per tutto il percorso che c’è stato alle spalle.»

(Claudia).

Tutti gli elementi che hanno collaborato alla riproduzione vengono letti in maniera creativa, andando ad erodere il “dato biogenetico”. Anche gestazione e parto, con tutte le difficoltà che come visto sono presenti entro i primi anni di vita dei bambini, sono rielaborate per essere rappresentate come esperienze marginali di progetti più ampli e complessi. In questo modo è evidenziato il lavoro di creazione della genitorialità che passa da quello della creazione della prole. Quest’ultima nasce in virtù del fatto di una serie di azioni compiute da entrambe le donne. La biologia diventa elettiva per la somma di una serie di elementi, quali l’incontro tra le madri, la volontà di pianificare la procreazione, la selezione del donatore, l’aver scelto una clinica piuttosto che un’altra, l’aver deciso chi dovesse portare avanti la gravidanza e così via. La storia del percorso riproduttivo, e più in generale, il desiderio di genitorialità, riscrive la biologia che è letta più come un incontra tra percorsi che come evidenza scientifica.

Molte sono concordi nell’affermare che la biologia o la genetica rivestano funzioni marginali ed insignificanti per la lettura delle intimità relazionali di coppie omosessuali. Ho annotato altri elementi che venivano spesso evocati, sia per dare un peso minore alla biologia, sia per sottolineare il carattere performativo delle leggi italiane che non riconoscendo certe strutture familiari, provocano profonde differenze.

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La temporalità è invece l’elemento che viene evocato per marcare l’effettiva seppur temporale forma di differenziazione tra le due maternità. Il tempo ha lavorato le relazioni andando a comporre un iniziale sbilanciamento delle attività di cura delle madri sociali. Queste ultime non hanno potuto portare a termine, durante i primi mesi di vita del bambino, “banali azioni che ti confermano nel ruolo”. Non è tanto il carattere di assenza di un collegamento genetico ciò che veniva fatto coincidere con un diverso sbilanciamento di ruoli, quanto il tempo non trascorso insieme. Le madri biologiche hanno potuto usufruire del sussidio di maternità e svolgere i primari compiti di cura sui neonati. Di contro le altre madri, non venendo riconosciute ufficialmente come madri, non hanno potuto chiedere permessi di lavoro o sospensioni varie.

«I sei mesi di maternità li ha potuti prendere lei, il tempo che hanno trascorso insieme è diverso e ha creato diversità.»

«È il tempo che si ha a disposizione che ha creato inizialmente un divario fortissimo tra noi. Certo, ci sono i nove mesi di gravidanza e a portare nostro figlio non sono stata io, ma lei. E poi c’è questa cosa che la maternità è un privilegio per poche. Per lo stato non sono nessuno, figurati per la mia azienda.»

«La tipologia del lavoro influisce, non la biologia.» (Claudia e Silvia).

Temporalità e relazione con i figli sono i due elementi cardine che sono emersi come fondamentali per l’analisi delle relazioni genitoriali in coppie lesbiche. La prima è stata letta come requisito necessario per poter conquistare la conoscenza del figlio nato; le madri hanno difatti notato quanto l’arrivo di un figlio possa essere paragonato all’arrivo di un estraneo: qualcuno di cui non si conosce nulla, che solo il tempo e le relazioni instaurate con lui potrà portare ad una piena conoscenza. Le seconde sono state lette come situazioni che per la loro semplicità creano equilibri all’interno delle coppie. In altre parole, i figli riconoscendo naturalmente il legame di affettività con le madri, hanno inserito entrambe le donne in un orizzonte di genitorialità possibile. È

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stata sottolineata ancora una volta la potenzialità di relazioni che acquisiscono sostanza nel tempo e nella storia che viene a crearsi tra madri e figli.