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3. Soluzioni procreative e aspirazioni di genitorialità

3.2 Le soluzioni procreative

3.3.3 La surrogazione di gravidanza

La surrogacy è nata storicamente per sostenere l’inabilità delle donne a portare avanti gravidanze. È considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come tecnica di supporto medico alla procreazione (Zegers-Hoschschild F. et al., 2009) e negli ultimi decenni è diventata una pratica sempre più complessa che ha ampliato enormemente le potenzialità riproduttive umane. La surrogazione di gravidanza consiste in un accordo tra genitori di intenzione (omosessuali o eterosessuali) e donne che decidono di portare avanti gravidanze per altri, mediante l’impianto di embrioni creati attraverso FIVET. Esistono principalmente due tipi di surrogacy: tradizionale (ST) e gestazionale (SG). Lo studio pioneristico di Helena Ragoné (1994) aveva documentato negli Stati Uniti la surrogacy tradizionale, arrangiamento in cui una surrogate viene artificialmente inseminata con lo sperma di un uomo, la cui compagna possiede comprovate difficoltà di portare a termine gravidanze. Nella ST la gestante possiede un collegamento sia genetico che di grembo con il bambino che darà alla luce. Numerosi cambiamenti si sono succeduti a seguito della pubblicazione di questo studio, nonostante non esistano statistiche ufficiali che rilevino tali mutamenti (Berend Z., 2016). Sarà con lo sviluppo delle tecnologie riproduttive, e nello specifico della fecondazione in vitro (FIVET), che entrerà in scena la surrogacy di tipo gestazionale. Questa pratica prevede il coinvolgimento di due donne: colei che dona gli ovuli (egg donor o madre d’intenzione) e colei che dona il proprio utero (surrogate). La

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surrogacy tradizionale, nonostante economicamente più accessibile, è stata progressivamente sostituita da quella gestazionale, utilizzata maggiormente per attenuare il carattere materno della donna che porta avanti la gravidanza e al contempo rafforzare lo statuto di genitorialità delle coppie di intenzione (Courduriès J., 2016). Le due forme di surrogacy possono essere “altruistiche”, ovvero prive di una stipulazione contrattuale tra genitori di intenzione, surrogates e donatrici (come in Canada e in Gran Bretagna) o “commerciali” (come negli Stati Uniti, Ucraina, India), dove donatrici e surrogates scambiano le proprie capacità riproduttive dietro compenso economico regolato da forme contrattuali.46 In questo contributo farò riferimento alla surrogacy gestazionale di tipo commerciale, poiché la maggior parte delle famiglie di padri e aspiranti tali incontrate durante gli anni di campo ha optato per questa pratica (sedici coppie di padri si sono dirette in California, una coppia in Canada e un padre single in Ucraina). Solo una coppia ha utilizzato la surrogacy gestazionale di tipo altruistico, le altre diciassette coppie hanno optato per la SG di tipo commerciale, valutata una forma etica e tutelante per tutti i soggetti coinvolti nel processo riproduttivo. Secondo il punto di vista dei padri coinvolti nel mio studio, la stipulazione contrattuale tra le parti è un requisito fondamentale per evitare forme di sfruttamento e possibili danni futuri. Tali accordi prendono avvio a seguito del percorso di selezione e abbinamento tra genitori d’intenzione, donatrici e surrogates. Il percorso inizia compiendo un viaggio verso la meta prescelta: la trasferta oltreoceano si configura come prima tappa per entrare in relazione con agenzie,

46 I costi della surrogacy gestazionale sono più elevati rispetto a quelli della surrogacy tradizionale che non prevede la formazione di embrioni attraverso la fecondazione in vitro utilizzando ovuli prelevati da una donatrice o da una madre d’intenzione.

La surrogacy di tipo altruistico non prevede ufficialmente un compendio, ma sono comunque previsti una serie di rimborsi sia per le donne che portano avanti gravidanze per altri che per le donatrici. Per un approfondimento rispetto a tali tematiche cfr. Ragoné H., 1994; Teman E. 2009; 2010; Pande A., 2014.

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cliniche della fertilità e donne che decideranno di collaborare ai percorsi riproduttivi di altre persone. Ciò che prende corpo in questo tipo di surrogacy è una vera e propria frammentazione dell’atto della riproduzione che prende avvio grazie al coinvolgimento di una pluralità di soggetti; nelle esperienze osservate, gli ovuli di una donatrice sono stati fecondati dai semi di entrambi i padri d’intenzione; gli embrioni formati (generalmente due, geneticamente connessi a ciascun padre d’intenzione) sono stati impiantati nell’utero di una surrogate. Come nel caso delle famiglie composte da madri, nessuno dei padri o degli aspiranti tali ha avviato il percorso riproduttivo mediante embriodonazione (utilizzando embrioni precedentemente formati e crioconservati), ma hanno utilizzato gameti appartenenti ad uno o, come nelle maggior parte delle esperienze, ad entrambi i componenti della coppia.47

La surrogazione di gravidanza è vietata, o non riconosciuta, dalla legge in quasi tutti i paesi dell'Europa occidentale (Smietana M., 2016). Nonostante sia annoverata tra le tecniche di supporto riproduttivo, è una pratica formalmente vietata nella maggior parte degli stati che possiedono una regolamentazione rispetto alle tecniche riproduttive, come nel caso italiano.48 La gestazione per altri (GPA) è ammantata da molteplici ed articolate disconferme sociali che ci sottolineano quanto essa porti con sé una serie di problemi etici a più livelli e di differenti gradi: la mercificazione delle sostanze corporee, lo sfruttamento delle capacità riproduttive femminili e l’idea di strappare un bimbo dal grembo materno (Gross M., Choisir la paternité gay, 2012). Come alcuni studiosi hanno messo in evidenza, l’inseminazione eterologa entro una coppia di lesbiche non è soggetta allo stesso grado di avversione che la pratica di

47 Due embrioni connessi ai due aspiranti padri è una pratica comune e documentata in California (cfr. Spilker K. H., 2008 in Melhuus M., 2009).

48 L’articolo 12 comma 6 della legge 40/2004 espressamente vieta la “surrogazione di maternità” e qualsiasi forma di pubblicizzazione della pratica.

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surrogacy entro una coppia di uomini sviluppa attorno a sé. Numerose sono le motivazioni che possono essere addotte, anche se le tensioni più forti si scagliano soprattutto sulla tecnica riproduttiva utilizzata. La surrogacy, al contrario della PMA, è spesso descritta come nuova forma di schiavitù, pratica di sfruttamento di corpi femminili costretti a vendere sul mercato qualcosa che per consuetudine è sempre stata rappresentata come azione gratuita e distante dalla sfera economica: la gestazione. In particolare, molte femministe si oppongono alla pratica perché letta come “ritorno del patriarcato”: il bambino nato grazie al lavoro di una donna è acquistato dal maschio che, attraverso questa azione, rinvigorisce la propria supremazia sul genere femminile. In altre parole, la GPA sarebbe un ulteriore consolidamento del potere maschile sui corpi femminili e sulle loro capacità riproduttive. Questa critica è stata parte di un movimento più ampio che ha denunciato la medicalizzazione di gravidanza e il parto in un sistema medico maschilista (Oakley A., 1987). Per molti la surrogacy è “strumento di oppressione patriarcale” (Corea G., 1985; Klein R., 1989) che permette agli uomini di intervenire e di esercitare un maggiore controllo sui corpi delle donne (Terry J., 1989).49

Nonostante le avversioni siano differenti, vi è comunque uno scetticismo collettivo nei riguardi di famiglie composte da omosessuali. Esso deriva in prima istanza dalla ideologia dominante di genitorialità che pervade il contesto di parentela euro-americano (Cadoret A., 2008), che rappresenta come modello ideale la complementarietà di genere (madre-padre). In altre parole, anche nel caso dell’utilizzo delle tecniche di riproduzione medicalmente assistita, si ambisce alla riproduzione di

49 Per una panoramica rispetto agli studiosi che leggono la surrogacy come pratica aberrante e nuova forma di schiavitù, rimando al testo (Danna D., 2015).

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tale modello, evitando la creazione di aggregati domestici sorti grazie al coinvolgimento di più individui.

La GPA, richiedendo un numero maggiore di persone coinvolte nel processo, moltiplica le figure connesse ad un unico bambino (donatrici di ovuli, gestanti, genitori d’intenzione), provocando reazioni che etichettano tali composizioni familiari come non a norma. Ciò che Courduriès (2016) sostiene, è perfettamente rintracciabile anche nella società italiana, dove sia in termini di rappresentazioni generali, che legali, la generazione di un figlio che coinvolga più di due adulti è difficile da pensare (Fine A., 1991; Théry I. e Leroyer A. M., 2014).