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Economicità del GEIE

Nel documento Il GEIE "italiano" tra impresa e società (pagine 134-138)

2. Il GEIE e l’impresa “italiana”

2.4. Economicità del GEIE

Il discorso appena completato conduce, infine, a prendere in consi- derazione il quarto ed ultimo requisito per l’attribuzione della qualifica imprenditoriale in capo ad un dato soggetto, ovvero l’esercizio dell’atti- vità seguendo un metodo economico.

È noto come, per dottrina costante e consolidata70, la definizione di metodo economico si sostanzia nella perlomeno tendenziale attitudine dell’attività a coprire i costi con i ricavi, e sia dunque assicurata “l’auto- sufficienza economica”71.

Ora, la sussistenza di tale requisito in capo al GEIE potrebbe non sembrare essere ictu oculi presente; tuttavia un’analisi più approfondita condurrà senz’altro ad un risultato diametralmente opposto, ed applica- bile a qualsivoglia gruppo, indipendentemente dal tipo di mutualità che connoti la propria attività.

Infatti, è necessario in via preliminare osservare come il criterio in discorso trovi senz’altro un’applicazione privilegiata nel caso di GEIE a mutualità “spuria”, che, cioè, si caratterizzino per avere una attività ri- volta non solamente a favore diretto dei propri membri, bensì pure a soggetti terzi, fermo restando lo scopo del gruppo il fine di ottimizza- zione dell’attività economica dei membri del GEIE. In questa ipotesi si potrebbe riscontrare nel gruppo europeo di interesse economico un sog- getto che, a fronte dei costi sostenuti o in proprio, in virtù della propria soggettività giuridica, o per tramite dei suoi membri, in ragione della trasparenza che permea l’intero istituto, tende alla loro copertura anche mediante l’offerta dei beni o servizi prodotti a soggetti diversi dai par- tecipanti al gruppo. In tale caso, dunque, il ricavo derivante dalla ces- sione di tali beni o servizi matura formalmente in capo al GEIE, ma viene ad essere trasferito immediatamente, ope legis europaeae, in capo ai membri del gruppo, sulla base del noto principio per cui il gruppo non può produrre per sé alcun profitto, essendo questi invece da ricon- dursi ai membri.

70 Per tutti si v. G.F.C

AMPOBASSO, Diritto commerciale. 1., cit., 31 s., ove diversi

riferimenti bibliografici ulteriori. 71 Così, ancora, G.F.C

Il punto, tuttavia, non pare altrettanto evidente allorché si esaminino i gruppi caratterizzati dalla presenza di una mutualità “pura”, ovvero in cui l’attività dell’ente sia svolta a favore dei soli membri72. In tale ipo- tesi, infatti, non è dato riscontrarsi necessariamente una copertura dei costi di gestione sopportati dal GEIE per l’esercizio della sua attività attraverso una almeno corrispondente entrata.

Ciò è vero solamente allorquando si considerino le entrate prove- nienti da soggetti terzi al gruppo, mentre ad una simile conclusione non si può invece giungere esaminando quali siano in concreto le fonti di ri- cavo del gruppo per le attività da questi condotte. A tale fine è bene os- servare quale sia il regime patrimoniale previsto per il gruppo da parte del legislatore europeo.

Già più volte ci si è soffermati sulla circostanza che il gruppo euro- peo di interesse economico è caratterizzato dalla presenza di capacità giuridica (art. 1, para. 2, Reg.) che comporta (quantomeno) una sogget- tività giuridica in capo al GEIE. Tratto connotante di tale soggettività è dato dalla autonomia patrimoniale riconosciuta al gruppo, ne- cessariamente imperfetta per espresso desiderio del legislatore europeo; conseguenza di ciò, il regime della responsabilità dei soci per le ob- bligazioni di ogni natura contratte dal gruppo, che, ove non siano ono- rate dal GEIE, a norma dell’art. 24, Reg., ricadono in via sussidiaria sui membri. Un punto non ancora sufficientemente esplorato, che è com- plementare al regime appena delineato ed assolutamente fondamentale ai fini dell’individuazione del criterio dell’economicità dell’attività del gruppo, è invece desumibile dall’art. 21, Reg., e specialmente dal suo secondo paragrafo.

Mentre, infatti, il capoverso si occupa della disciplina dei profitti ri- sultanti dalle attività del gruppo73, il paragrafo successivo disciplina, in maniera uguale e contraria, la situazione opposta in cui dall’attività del

72 Considerati sia nel loro complesso, sia nella loro individualità. Non è detto, in al- tri termini, che ogni attività del gruppo sia rivolta all’ottimizzazione dei risultati dell’at- tività economica di tutti i suoi partecipanti, ben potendo esaurirsi in un incremento di attività di solamente taluni tra essi.

73 Circostanza che, come già si è osservato nel corso del primo capitolo, esclude che la previsione per cui il GEIE non può produrre profitti per sé sia da leggersi nel senso di una impossibilità assoluta per il gruppo di produrre alcun tipo di profitto.

gruppo derivi una perdita, ovvero, come si esprime il legislatore comu- nitario, una “eccedenza delle uscite rispetto alle entrate del gruppo”. A tale fine si prevede appunto che il saldo di tale disavanzo competa ai membri del gruppo, in parti uguali salvo che dal contratto sia desumibi- le una differente “proporzione”74.

Ora, è di tutta evidenza come tale previsione sia pienamente appli- cabile sia al caso del GEIE a mutualità “pura”, sia di quello “spurio”; anche in quest’ultimo, infatti, la tendenziale copertura dei costi con i ricavi non mette automaticamente il gruppo al riparo da risultati negati- vi di gestione, che dovranno essere necessariamente ripianati dai mem- bri.

Ciò, a maggiore ragione, accade nel caso del GEIE a mutualità “pu- ra”; quale che sia la formula adottata per la messa a disposizione dei membri del gruppo dei risultati dell’attività del GEIE75, ove da tale atti- vità derivino eccedenze delle uscite rispetto alle entrate, la loro copertu- ra competerà ai membri.

Si può dunque asserire, a questo punto, che il GEIE è, per espressa previsione normativa (comunitaria) un istituto finanziariamente “a somma zero”; da un punto di vista contabile, il suo bilancio non potrà che riflettere tale situazione, imponendosi la copertura del disavanzo da parte dei membri allorquando sia ciò necessario, e senza che sia data la possibilità di distinguere tra perdite inferiori o superiori rispetto ad una data soglia da individuarsi in relazione alla situazione di patrimonio proprio del gruppo. E ciò, evidentemente, anche quando si dia la costi-

74 Tale formulazione ha dato adito, nei commentatori, a varie ipotesi rispetto all’ap- plicabilità anche al GEIE della disciplina in tema di divieto di patto leonino. La mag- gioranza degli interpreti è allo stato attuale favorevole alla possibilità di un patto di esclusione dalle perdite a favore di uno dei membri, sulla base dell’assunto di una non piena replicabilità delle norme di diritto societario in tema di GEIE; sul punto si v., più diffusamente, il prossimo capitolo, §§ 4 e 5 in particolare.

75 Essa potrà, in effetti, assumere le forme della vendita, o dell’assegnazione, o an- cora della concessione in uso od altro. Una simile circostanza ha portato parte della dottrina a domandarsi, in effetti, se gli eventuali proventi del GEIE non dovessero tro- vare la loro forma di distribuzione attraverso il riconoscimento di ristorni ai partecipan- ti, sulla scorta della disciplina prevista per le società cooperative: cfr. sul punto G.VOL- PE PUTZOLU, GEIE e consorzi, cit., 172.

tuzione (volontaria) di un capitale sociale dello stesso76: ove vi sia disa- vanzo, invariabilmente si dovrà procedere alla copertura dello stesso77.

Potrebbe a tale ricostruzione obiettarsi che non sarebbe possibile de- finire i fondi versati dai membri in ottemperanza da quanto richiesto dall’art. 21, para. 2, Reg., in termini di “ricavi” in senso stretto. Una simile impostazione, per quanto a prima vista fondata, francamente non convince.

Se, infatti, si osserva la funzione del GEIE, necessariamente ausilia- ria all’attività economica dei suoi membri, e non passibile di concretiz- zarsi nella produzione di utili propri, riflesso diretto di una simile impo- stazione è il riconoscere che in ogni attività del gruppo, anche quella in ipotesi condotta nei confronti dei terzi, è necessariamente da riscontrare l’interesse dei membri. In altri termini, il GEIE è da intendersi come modalità potenziata dell’esercizio dell’attività economica di ciascuno dei membri, e per questo l’art. 21, Reg., nella sua interezza, stabilisce l’imputazione dei risultati attivi e passivi direttamente in capo ai mem- bri.

Per questa ragione, anche il – necessario – ripianamento del disa- vanzo da parte dei partecipanti al gruppo, da un lato non deve essere in- teso come “perdita” in senso stretto, potendo essere funzionale, ad esempio, all’acquisto di macchinari, o materie prime, che consentano un successivo incremento dei risultati economici (del GEIE e quindi, mediatamente) dei membri; dall’altro non costituisce che una modalità

76 Costituendo ciò, evidentemente, una ulteriore differenza tra il gruppo e l’istituto societario di tipo capitalistico nel sistema italiano.

77 Interessante è considerare cosa accada nel caso in cui non vi siano stati apporti iniziali da parte dei membri del gruppo, e dunque questo non disponga di una propria – ancorché solo relativamente autonoma – dotazione finanziaria. Il punto va ad incidere sugli effetti della soggettività riconosciuta al gruppo, per cui esso potrà agire, nei con- fronti dei membri ed eventualmente dei terzi, solamente utilizzando risorse che proven- gano direttamente dai membri stessi, ovvero in un regime che si potrebbe definire “a credito” per cui il saldo del dovuto da parte dei membri a norma dell’art. 21, para. 2, Reg., dovrà avvenire prima dell’approvazione del bilancio di gruppo.

Non sfuggirà la farragine cui tale sistema sottopone il regime finanziario del grup- po, che costituisce, una volta di più, un incentivo alla creazione di un fondo proprio attraverso il quale sia possibile consentire al GEIE di esplicare la propria soggettività giuridica in maniera più compiuta.

di copertura dei costi che riflette per l’appunto l’incidenza di ciascuno dei membri sul gruppo, in base alla proporzione stabilita all’interno del contratto.

In altri termini, il ricavo del gruppo deriva dall’ottenere, da parte dei membri, il rimborso dei costi che questi avrebbero dovuto accollarsi direttamente nel caso in cui le spese affrontate dal GEIE fossero state da loro sostenute in via diretta. L’utilizzo del GEIE, allora, è in larga parte dei casi funzionale ad un risparmio sostanziale derivante dall’uti- lizzo di economie di scala, che usualmente si manterranno comunque piuttosto ridotte, di cui ciascun membro, uti singulus non avrebbe potu- to beneficiare. Questa ulteriore conferma del GEIE come ente interme- dio per l’esercizio di un’attività da parte dei membri, dunque, ha quale corrispettivo da un punto di vista finanziario il fatto che il gruppo dovrà essere necessariamente considerato in termini di organizzazione i cui costi sono istituzionalmente coperti dai ricavi, e per cui, dunque, il re- quisito dell’utilizzo di un metodo economico nello svolgimento dell’at- tività sia da ritenersi necessariamente sempre presente78.

Nel documento Il GEIE "italiano" tra impresa e società (pagine 134-138)