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3.5. Rifiuti marin

3.5.2. Effetti della plastica sulla vita marina

C’è ancora poca informazione inerente all’impatto dell’inquinamento delle plastiche sugli ecosistemi marini (Quayle, 1992; Wilber, 1987). Tuttavia, la conoscenza sugli effetti deleteri nei confronti della vita marina sta aumentando (Goldberg, 1995). Le minacce nei confronti degli organismi marini sono in primo luogo meccaniche a causa dell’ingestione dei detriti di plastica e dell’intrappolamento in nastri d’imballaggio, corde sintetiche e fili, o reti da pesca con galleggianti (Laist, 1987, 1997; Quayle, 1992).

Con la crescita imponente nella produzione globale di plastica negli ultimi sessanta anni (PlasticsEurope, 2009), è probabile che gli effetti sulla vita selvatica marina siano aumentati (Schuyler et al., 2013).

La pressione antropica costituisce una seria minaccia per le tartarughe marine, in tutte le fasi del loro ciclo vitale. Tra le principali minacce, l'inquinamento marino, dovuto ai versamenti di rifiuti di origine terrestre e marittima e ai rifiuti gettati in mare dalle imbarcazioni, è una problematica grave che interessa non solo le tartarughe ma numerose specie della vita selvatica marina, vista anche la possibilità che hanno alcune di queste di ingerire detriti, specialmente le plastiche. La plastica è il tipo principale di detrito trovato negli ambienti marini e costieri e le plastiche rappresentano la forma più comune di detriti ingeriti dalla fauna selvatica (Schuyler et al., 2013).

Anche l’accumulo dei detriti di plastica sui fondali marini costituisce un danno potenziale per gli ecosistemi. Questo può essere responsabile dell’inibizione dello scambio di gas tra l’acqua soprastante e gli interstizi dei sedimenti, causando ipossia o anossia nel benthos che può interferire con il normale funzionamento dell’ecosistema e alterare la costituzione della vita sul fondo del mare (Goldberg, 1994). Di conseguenza, come gli organismi pelagici, anche quelli bentonici sono altrettanto soggetti ai rischi d’intrappolamento e d’ingestione di detriti (Hess et al., 1999).

Il coinvolgimento delle specie marine, specialmente pesci (Sazima et al., 2002), tartarughe (Carr, 1987), uccelli (Arnould e Croxall, 1995) e mammiferi (Shaughnessy, 1980; Beck and Barros, 1991; Arnould e Croxall, 1995) è stato frequentemente descritto come un serio fattore di mortalità. L'ingestione dei detriti (soprattutto le plastiche) da parte delle tartarughe, degli uccelli e dei mammiferi marini ha effetti spesso dannosi, quali un peggioramento delle condizioni fisiche (Spear et al., 1995), una diminuzione dello stimolo della fame (Ryan et al., 1988), un blocco della secrezione di enzimi gastrici, una diminuzione dei livelli degli ormoni steroidei, un ritardo dell'ovulazione e un insuccesso

38 riproduttivo (Azzarello e Van Vleet, 1987), lesioni interne e morte successiva all'ostruzione del tratto intestinale (Ryan et al., 1988; Beck e Barros, 1991). I detriti possono essere non letali a basse ingestioni, tuttavia possono causare effetti secondari in grado di aumentare la probabilità di decesso (Hutchinson e Simmonds, 1991). Tra gli effetti collaterali la diluizione dei nutrienti avviene quando oggetti non nutritivi sostituiscono il cibo nello stomaco, influendo sull'aumento dei nutrienti e di conseguenza sulla crescita e/o sull'output riproduttivo (McCauley e Bjorndal, 1999b).

Un’altra minaccia riguardante l’ingestione della plastica è che quest’ultima può essere un vettore rilevante di sostanze chimiche lipofiliche (principalmente inquinanti organici persistenti - POPs) e una fonte di altri inquinanti quali ftalati e bisfenolo A, che possono potenzialmente avere come bersaglio differenti organismi che abitano il mare e l’oceano (Teuten et al., 2007). Tali sostanze chimiche sono incorporate all'interno, o attratte dalle plastiche galleggianti sull'acqua di mare, ed entrano nelle catene trofiche marine soprattutto attraverso l’ingestione di questo materiale, con effetti ancora sconosciuti, ma potenzialmente dannosi (Ryan et al., 1988; Bjorndal et al., 1994). I POPs e gli altri inquinanti hanno un effetto nocivo sugli organismi marini perfino a livelli molto bassi e le palline di plastica possono essere la via per l’ingresso dei policlorobifenili nelle catene trofiche marine (Carpenter e Smith, 1972; Carpenter et al., 1972; Rothstein, 1973; Zitko e Hanlon, 1991; Mato et al., 2001). Nel corso degli ultimi 20 anni i bifenili policlorinati (PCBs) hanno inquinato sempre di più le reti trofiche marine e sono molto diffusi negli uccelli marini (Ryan et al., 1988). Anche se i loro effetti negativi non sono sempre evidenti, i PCBs portano a disturbi riproduttivi o alla morte, aumentano il rischio di malattie e alterano i livelli ormonali (Ryan et al., 1988; Lee et al., 2001).

I detriti di plastica possono essere una fonte di altri contaminanti oltre ai PCBs. In accordo a Zitko (1993), composti a basso peso molecolare costituiti da frammenti di polistirolo, possono filtrare attraverso l’acqua di mare e il destino e gli effetti di questi composti sugli organismi marini sono sconosciuti.

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3.5.2.1. Diluizione alimentare dovuta all’ingestione dei detriti nei

piccoli e nei giovanili di Caretta caretta

La diluizione dei nutrienti può avere un effetto importante sull’aumento di questi ultimi in un animale se la capacità dello stomaco è sufficientemente adeguata per i detriti. Una diminuzione dell’aumento dei nutrienti diminuisce la produttività sia in termini di crescita somatica che di riproduzione (McCauley e Bjorndal, 1999b).

L’assunzione del cibo è regolata da molti fattori, ma quando un animale ha accesso illimitato a cibo buono e idoneo dal punto di vista nutrizionale, esso regola l’assunzione dietetica per venire incontro ai suoi requisiti energetici e nutritivi (Weston e Poppi, 1987). La diluizione delle concentrazioni di nutrienti nella dieta determina incrementi compensativi nella massa secca in molte specie (riesaminato in McCauley e Bjorndal, 1999a), così che l’assunzione di energia digeribile e l’aumento di massa corporea in un animale che cresce siano costanti. Col tempo tuttavia, questi incrementi sono vincolati dalla capacità dello stomaco (Van Soest, 1994), così l’assunzione non può più aumentare per compensare la diluizione dei nutrienti, e l’incremento di questi ultimi diminuisce. I giovanili di Caretta caretta sono dei buoni organismi per valutare gli effetti sub-letali della diluizione dei nutrienti. La tartaruga comune nella zona pelagica si nutre soprattutto di organismi gelatinosi con una bassa concentrazione di nutrienti, come le meduse e gli ctenofori (Bolten e Balazs, 1995; Bjorndal, 1997). Animali che si nutrono di consueto di organismi poveri di nutrienti possono essere più vulnerabili a una nuova diluizione causata dai detriti perché essi sono vicini al limite superiore della loro capacità di incrementare l’assunzione come risposta alla diluizione dei nutrienti, o a causa di adattamenti che permettono loro di regolare l’assunzione in misura maggiore rispetto a quelle specie che si cibano di organismi più sostanziosi (McCauley e Bjorndal, 1999b).

Gli individui di tartaruga comune che frequentano le aree pelagiche ingeriscono grandi quantità di detriti marini. I piccoli di questa specie abitano le zone di convergenza, formatesi in seguito a forze fisiche opposte, che raccolgono materiale galleggiante sulla superficie degli oceani, includendo detriti antropogenici (Carr, 1987). I piccoli di tartaruga comune ingeriscono detriti in quantità elevata perché si nutrono in modo indiscriminato, scambiando con probabilità detriti per prede, o ingerendo detriti quando pascolano sugli organismi incrostanti attaccati a questi ultimi (McCauley e Bjorndal, 1999b).

La misura in cui un animale ha la plasticità fisiologica di aumentare l’assunzione per mantenere costante l’aumento di energia e dei nutrienti determina la sua abilità di far fronte

40 alle richieste energetiche su una dieta che include quantità sostanziali di detriti. Un animale che non è in grado di mantenere incrementi di energia e di nutrienti soffrirà effetti sub- letali che si manifesteranno in una crescita e in output riproduttivi più bassi (McCauley e Bjorndal, 1999b).

I piccoli di tartaruga comune hanno una capacità limitata di compensare la diluizione dei nutrienti attraverso l’incremento dell’assunzione di massa secca e perciò avranno incrementi ridotti di energia e azoto sulle diete diluite (McCauley e Bjorndal, 1999b). La piccola dimensione corporea potrebbe avere un ruolo importante nella capacità compensativa limitata dei piccoli di tartaruga comune ma è poco probabile che sia l’unico fattore responsabile. I giovanili della tartaruga palustre americana (Trachemys scripta), con una simile massa corporea ma un’età maggiore (1,5 anni contro 2 mesi) rispetto alla C.

caretta, incrementavano l’assunzione in risposta alla diluizione della dieta (McCauley e

Bjorndal, 1999a). Malgrado ciò, la risposta alla diluizione dei nutrienti nella tartaruga comune sembrava cambiare con lo sviluppo, e nelle ultime fasi dell’esperimento, le tartarughe su diete più diluite mostravano una tendenza più grande a incrementare la massa secca, suggerendo che questa specie stava sviluppando una capacità maggiore di compensare la diluizione dei nutrienti attraverso l’assunzione crescente (McCauley e Bjorndal, 1999b).

La capacità limitata dei piccoli di Caretta di compensare la diluizione dei nutrienti attraverso l’assunzione di massa secca ha serie implicazioni nella conservazione. Queste tartarughe potrebbero sperimentare, in seguito a una bassa assunzione di nutrienti, una minore abilità a raggiungere sistemi di correnti appropriati in alto mare, tassi di crescita diminuiti, un periodo più lungo di sviluppo nelle dimensioni in cui esse sono più vulnerabili ai predatori, riserve energetiche impoverite e una capacità di sopravvivenza più bassa (McCauley e Bjorndal, 1999b).

La ricerca deve determinare se col tempo l’abilità compensativa della Caretta aumenta. Se così fosse, le tartarughe più grandi sarebbero meno influenzate dall’ingestione di piccole quantità di detriti ma sarebbero più vulnerabili alla diluizione dei nutrienti una volta che la capacità dello stomaco limitata fosse superata. Gli individui più grandi di tartaruga comune che abitano le acque oceaniche possono essere vicini alla limitazione della capacità dello stomaco poiché la loro dieta naturale si compone probabilmente di organismi poveri di nutrienti quali meduse, ctenofori e salpe (Bolten e Balazs, 1995; Bjorndal, 1997). Queste tartarughe potrebbero sperimentare una diminuzione del tasso di crescita e della fecondità (Bjorndal, 1997). Siccome l’ingestione di detriti da parte degli individui delle popolazioni

41 di C. caretta è elevata (fino al 51%) (Balazs, 1985; Plotkin et al., 1993; Bjorndal et al., 1994; Witherington, 1994), gli effetti sub-letali dell’ingestione dei detriti possono essere ampi e gli effetti a livello di popolazione potrebbero compromettere gli sforzi volti a proteggere e risanare le popolazioni di questa specie (McCauley e Bjorndal, 1999b).

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