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MERCATI FINANZIARI E STRUMENTI DI ANALISI

2.3 L’EFFICIENZA DEI MERCATI

La teoria economica tradizionale si basa sulla considerazione che i mercati siano efficienti. Le conclusioni a cui Kendall (1953) giunse, sconcertanti in un primo momento, furono ben presto interpretate come manifestazioni di un mercato ben funzionante, non irrazionale e non esclusivamente governato da erratiche manifestazioni della psicologia umana.

La non prevedibilità dei prezzi fu dunque associata a meccanismi del tutto logici; d’altronde, sarebbe sufficiente pensare a quanto accadrebbe se qualcuno individuasse un metodo infallibile per conoscere in anticipo le fluttuazioni a cui i corsi azionari sono soggetti.

Le previsioni di un rialzo futuro di un dato strumento finanziario spingerebbero immediatamente gli operatori ad acquistare il titolo, causando un aumento immediato del suo valore. Non è, inoltre, necessario che tutti siano a conoscenza di un tale modello; il mercato si accorgerebbe immediatamente delle superiori capacità previsionali di un suo operatore e ne seguirebbe la scia, di fatto annullando i benefici che questi traeva dalla sua strategia. Gli altri attori, infatti, imiterebbero le sue mosse spingendo le quotazioni a livelli accettabili in relazione al rischio dei titoli oggetto di compravendita.

L’efficienza dei mercati si concretizza nell’ipotesi che le informazioni, di qualsiasi tipo, in grado di essere sfruttate per anticipare l’andamento dei corsi azionari, siano già riflesse dal loro valore.

Una simile considerazione implica che i prezzi mutino solo in relazione a notizie nuove, che, per definizione, sono imprevedibili; se ciò non fosse vero, la previsione farebbe comunque parte delle informazioni a disposizione oggi, e non se ne potrebbe trarre alcun vantaggio.

La conclusione di questo ragionamento è che i prezzi seguono movimenti del tutto casuali ed erratici. La loro evoluzione è il risultato della competizione tra gli investitori, tutti alla ricerca di segnali rilevanti che indichino su quali titoli puntare prima che il resto del mercato diventi consapevole dell’esistenza di tali segnali.

Se si presume che l’informazione disponibile sia interamente incorporata nel prezzo dei titoli, la fatica e gli sforzi profusi dagli analisti, nel tentativo di scoprire indizi che gli altri abbiano tralasciato, dovrebbero essere del tutto infruttuosi; eppure la probabilità che qualcosa sia stato trascurato esiste. Anche nel caso in cui tale analisi si traducesse in un incremento minimo del

rendimento dei portafogli gestiti, ci sono molti casi in cui sarebbe comunque giustificata.

Coloro che amministrano capitali ingenti possono accontentarsi di aumenti relativamente scarsi in percentuale; di contro, per il fatto di avere a disposizione risorse abbondanti, possono permettersi di spendere molto in attività di ricerca. Occorre poi tenere in considerazione la psicologia degli individui: questi possono appassionarsi a tal punto da spendere tempo e denaro nello studio delle dinamiche da cui emergono i prezzi senza ricevere, con questo, un adeguato “ritorno” economico.

Il clima agguerrito che, da questo punto di vista, caratterizza i mercati fa sì che le scelte vincenti, al loro interno, siano rare. La stessa competizione, in linea generale, è dunque garante della loro efficienza e assicura che le quotazioni riflettano, effettivamente, le informazioni a disposizione degli operatori.

Ci sono, tuttavia, notizie di cui alcuni soggetti sono consapevoli prima degli altri.

Si fa qui riferimento ai dirigenti delle società quotate, i soli a conoscere con precisione la situazione aziendale e le sue prospettive future; i soli a sapere le caratteristiche delle operazioni che l’impresa ha intenzione di intraprendere ed il loro possibile risultato. Proprio per questo la normativa che regola i mercati sanziona penalmente chi sfrutta a proprio vantaggio queste circostanze. E’ però innegabile, e i dati lo confermano, che da queste si possa trarre profitto.

Ricerche empiriche6 hanno messo in luce come i prezzi inizino a muoversi in una certa direzione molto prima della data in cui si annunciano le manovre societarie che li coinvolgono.

6 Keown A., Pinkerton J. (1981), “Merger Announcements and Insider Trading Activity”, Journal of Finance 36;

In realtà, questo non dovrebbe accadere; nessuna informazione relativa alla singola impresa dovrebbe essere nota al mercato se non dopo la sua comunicazione ufficiale. Di conseguenza, la rilevazione dei dati dovrebbe evidenziare un salto nelle quotazioni in un istante immediatamente successivo a quello in cui le notizie riguardanti l’operazione vengono diffuse.

Quanto si osserva, invece, rivela un abuso del fenomeno conosciuto come “insider trading”: lo sfruttamento di informazioni riservate allo scopo di arricchimento personale. La constatazione che questi fatti continuino ad accadere è un segnale della non perfetta efficienza dei mercati.

La scienza economica distingue tre forme di efficienza:

ƒ efficienza debole; ƒ efficienza semi-forte; ƒ efficienza forte.

L’ipotesi relativa alla prima riguarda l’impossibilità di estrapolare leggi che governino il mercato a partire dall’analisi dei dati e delle performance passate degli strumenti finanziari oggetto di contrattazione.

Questa forma di efficienza implica che i prezzi riflettano già tutte le informazioni ricavabili dallo studio delle quotazioni passate dei titoli, delle quantità negoziate ecc. Si presuppone, in tale contesto, che se da questi dati potessero essere letti segnali relativi a movimenti futuri dei prezzi, tutti gli operatori avrebbero già imparato a sfruttarli; i vantaggi potenzialmente ottenibili sarebbero quindi immediatamente annullati.

Givoly D., Palmon D (1985), “Insider Trading and Exploitation of Inside Information: Some

La forma di efficienza semiforte prevede che non si possa ottenere beneficio né dall’analisi dei comportamenti passati dei titoli, né dalla conoscenza degli elementi che caratterizzano un’impresa. Le informazioni concernenti i beni prodotti, la loro qualità, le voci di bilancio, i brevetti, le previsioni sulla redditività futura … tutto ciò che riguarda la vita della società dovrebbe essere riflesso dal valore degli strumenti finanziari emessi dalla stessa società.

L’ultima delle ipotesi si riferisce invece all’eventualità che i prezzi riflettano notizie di esclusiva appartenenza degli operatori interni alle imprese. Questa forma di efficienza è la più estrema ed è stato già notato come essa non rispecchi fedelmente la realtà.

Quale delle forme appena descritte è, allora, quella che rappresenta più da vicino il comportamento dei mercati finanziari?

Gli studi effettuati in materia7 sono stati inizialmente orientati alla verifica della forma debole: il loro scopo poteva essere ricondotto al tentativo di trovare delle relazioni tra i rendimenti dei titoli, in modo da poter prevedere, in base al passato, la futura evoluzione dei prezzi.

I risultati ottenuti variano a seconda della lunghezza dei periodi di tempo osservati.

Per orizzonti temporali brevi, questi non sono stati soddisfacenti: i coefficienti di correlazione riscontrati si assestavano su valori relativamente bassi, evidenziando la non esistenza di opportunità di compravendita da poter cogliere in modo vantaggioso.

7 Roberts H. (1959), “Stock Market ‘Patterns’ and Financial Analysis: Methodological

Suggestions”, Journal of Finance 14;

Conrad J., Kaul G. (1988), “Time-Variation in Expected Returns”, Journal of Business 61; Lo A.W., MacKinlay A.C. (1988), “Stock Market Prices Do Not Follow Random Walks: Evidence

Per orizzonti temporali più estesi, tuttavia, sono stati individuati dei “trend” interessanti. E’ stato sottolineato che le quotazioni degli strumenti finanziari, inizialmente, reagiscono in modo sproporzionato alle notizie che giungono sul mercato. Gli operatori, successivamente, correggono le loro stime riportando i prezzi su livelli conformi al rischio dei titoli. I movimenti che ne scaturiscono sono quindi oscillatori: a momenti di euforia in cui le quotazioni salgono, seguono periodi in cui le stesse calano, così come a momenti di depressione seguono periodi di rialzo.

Sarebbe tuttavia un errore trarre conclusioni sulla prevedibilità o meno dei mercati basandosi esclusivamente sui risultati di analisi di questo tipo; occorre essere consapevoli del fatto che queste fanno largo uso di strumenti statistici ed econometrici, in cui la tipologia di dati considerata, la loro numerosità ed il periodo a cui si riferiscono sono fondamentali per una corretta interpretazione.

Gli esiti di simili studi, tuttavia, dando prova dell’inefficienza dei mercati, costituiscono uno stimolo costante alla ricerca. Illustriamo quindi, nel paragrafo seguente, le tecniche utilizzate allo scopo.

Le quattro parole che si pagano di più sono: «Questa volta è diverso»

Attribuito a Sir John Templeton