2. I requisiti del ne bis in idem nell'articolo 20
2.2. Il comma 2 - la concezione discendente
2.2.2. L'elemento bis
Analizzato lo chapeau soggettivo della disposizione in questione, bisogna verificare ciò che ricomprende l'elemento bis nella sua concezione discendente riportata all'articolo 20 secondo comma dello Statuto di Roma.
Innanzitutto si nota che così come nel comma precedente, si è scelta la locuzione <convicted or acquitted>. Ciò significa che si è optato pe una formulazione diversa da quella usata nel terzo comma che fa riferimento a <has already been tried>, nonché da quella prevista già nel draft statute del 1994234 . Anche gli statuti dei tribunali ad hoc utilizzavano la formula, apparentemente, più ampia che faceva riferimento al giudicato (processato) in termine generico, anziché alla sentenza definitiva di assoluzione o condanna235 . Da notare è però la seconda proposta dell'articolo sul non bis in idem inserita nel Report della International Law Commission del 1996 in cui si scisse: <once convicted or acquitted by a final judgement of the Court, a person may no longer be accussed on the basis of the same evindence, either by the ograns of the Court or by the judicial authorities of the State parties>236.
Di conseguenza, si nota che il valore che si voleva attribuire al giudicato, dal punto di vista della res iudicata dell'ICC non era del tutto chiaro. Analogamente ad
234 Report of the Preparatory Committee on the Establishment of an International Criminal Court, Volume II (Compilation of Proposals) G.A., 51 st. sess., supp., no. 22, A/50/22, 1996, [in:]
Bassiouni M. C, The Statute…, op. cit., p. 547-548.
235Nella versione ufficiale dello Statuto dell'ICTY: “No person shall be tried before a national court for acts constituting serious violations of international humanitarian law under the present Statute, for which he or she has already been tried by the International Tribunal”. Disponibile a http://www.icty.org/x/file/Legal%20Library/Statute/statute_sept09_en.pdf (l'ultima visita il 17.12.2015).
236 Report of the Preparatory Committee on the Establishment of an International Criminal Court, Volume II (Compilation of Proposals) G.A., 51 st. sess., supp., no. 22, A/50/22, 1996, [in:]
Bassiouni M. C., The Statute..., op. cit., p. 485.
altre disposizioni, le proposte consegnate variavano e differivano una dall'altra.
Indubbiamente, il preciso riferimento alla sentenza di assoluzione o condanna, a primo avviso, crea molte meno ambiguità che un vago termine <tried>. Non è però del tutto chiaro se l’uso di quel termine non diminuisca le garanzie dell'imputato il quale potrebbe ritrovarsi in una situazione di dover subire due processi contemporaneamente (qualora lo permettesse il diritto dello Stato in cui potrebbe essere processato).
<Convicted or acquitted> vuol dire un giudicato definitivo di merito che decide la colpevolezza del reo. Un giudicato pronunziato dopo che si sia svolto il processo237 . Prima di tale sentenza il ne bis in idem non scatta. La delegazione americana alla Commissione Preparatoria suggerì che l'idea era quella di non precludere il giudizio dinanzi al tribunale statale nel caso in cui il procuratore ritirasse il capo di accusa o il processo fosse pendente238. Bisogna sottolineare però che nella concezione americana si dà peso anche alla dottrina di <dual sovereignty> secondo la quale due Stati (two sovereigns) possono giudicare un individuo pur non violando il double jeopardy se la sua condotta illecita viola il diritto in ambo gli Stati239. Ad ogni modo, alla stregua della formulazione inserita nell'art. 20 secondo comma, una decisione preliminare ovvero una valutazione negativa da parte del Procuratore emanata in base all'articolo 15 dello Statuto non avrebbe l'effetto preclusivo su uno Stato parte.
Un caso rilevante per la questione dell'elemento bis discendente fu quello di Ntuyahaga – svoltosi dinanzi l'ICTR - uno dei sospetti nel caso dell'omicidio del Primo Ministro del Rwanda Uwilingiyimana, nonché dell’uccisione di 10 caschi blu
237Sakowicz A., Zasada…, op. cit., p. 285.
238Tallgren I., Coracini, A.R., Commentary..., op. cit., p. 687.
239Neagu N., The ne bis in idem…, op. cit., p. 962-963.
dell'ONU (Un-blue helmets) che gli facevano da scorta. Egli inizialmente avrebbe dovuto essere accusato di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra.
Tuttavia l'ICTR decise di considerare solo il crimine di genocidio, rivolgendosi ai tribunali in Belgio e in Rwanda con la richiesta di perseguire Ntuyahaga per gli altri reati sospetti. Su richiesta di tribunale del Belgio, il Procuratore ritirò le accuse in modo che Ntuyahaga potesse essere trasferito in Belgio per il successivo processo.
Di conseguenza, la Chamber confermò il ritiro dell'accusa, per poi dichiararsi incompetente in quanto al trasferimento di Ntuyahaga in Belgio. La difesa di Ntuyahaga si oppose alla decisione della Corte insistendo senza successo per il suo proscioglimento, che di conseguenza avrebbe precluso un secondo processo per gli stessi reati in Belgio proprio in base al ne bis in idem. L'ICTR rigettò la richiesta della difesa, in base alla Regola 98 argomentando che una sentenza di assoluzione può dirsi tale, soltanto dopo che il Procuratore abbia presentato il materiale probatorio ed esso non venga ritenuto sufficiente per sostenere l'istanza del PM240.
Tale situazione ebbe luogo anche nei confronti di Alphonse Higaniro il cui caso fu inizialmente rinviato dagli organi giudiziari del Belgio all'ICTR. Quest'ultima, dopo aver esaminato le prove a disposizione rifiutò di procedere con il caso pur non confermando il capo di accusa. Conseguentemente la Corte Suprema in Belgio rinviò la causa di nuovo alla Corte d'Assise statale (ciò che era possibile in base all'articolo 8 del Tribunals co-operation act) che, a sua volta, condannò l'imputato. Higaniro reclamò la violazione del principio del ne bis in idem. L'istanza di violazione fu rigettata dalla Corte Suprema in base all'argomentazione secondo quale la decisione
240 La decisione dell'ICTR del 18 marzo 1999, Trial Chamber, nel caso Prosecutor v. Ntuyahaga, Decision on the Prosecutor’s Motion to withdraw the Indictment; riportata in: Vander Beken T., Vermuelen G., Ongena T., Belgium concurrent national and international criminal jurisdiction and the principle‘ne bis in idem, Revue International de Droit Penal, Vol 73, 2002/03, pp. 838-839.
di non confermare il capo di accusa dal Tribunale ad hoc non ha l'effetto rei iudicatae circa l'esistenza o non esistenza di fatti e la loro qualificazione241.
Dato che lo Statuto reitera, riguardo la materia ad oggetto, anche il linguaggio usato nella art. 4 del 7 protocollo della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, pare opportuno prendere in considerazione alcune decisioni della Corte di Strasburgo sul punto.
Nel caso Nikitin la CEDU ha affermato che una sentenza si può chiamare definitiva nel momento in cui non ci siano più le vie di impugnazione “ordinaria”
ovvero le parti le hanno esaurite o non se ne sono avvalse in tempo242.
In altre parole, come ritenuto nel caso Zolotukhin la sentenza contro la quale si è ancora in termine per presentare l'appello sarebbe esclusa dalla garanzia di cui all'articolo 4 del 7 protocollo della Convenzione EDU. D'altronde, un rimedio straordinario come la riapertura del processo non influisce sul considerare o meno una sentenza definitiva243.
Diversamente però la Corte ha ritenuto nel caso Franz Fischer in cui ha ribadito che ai fini della garanzia di cui all'articolo 4 protocollo 7 l'interpretazione del linguaggio usato non si potrebbe limitare a precludere che un individuo sia punito due volte (not to be punished twice), ma anche che sia processato due volte (non to be tried twice)244.
Invece la Corte di Giustizia dell'Unione Europea nel caso Van Straaten ha sottolineato che “l'avvio di un procedimento penale in un altro Stato contraente per i
241Vander Beken T., Vermuelen G., Ongena T., Belgium concurrent…, op. cit., p. 832.
242La sentenza della Corte EDU nel caso Nikitin v. Russia del 20 luglio 2004, 50178/993, ECHR, 2004-VII, p. 37. Disponibile a http://sutyajnik.ru/rus/echr/judgments/nikitin_eng.html.
243La sentenza della Corte EDU nel caso Zolotuhkin v. Russia del 10 febbraio 2009, 14939/03, p. 108, disponibile a <http://hudoc.echr.coe.int>.
244La sentenza della Corte EDU nel caso Franz Fischer v. Austria del 29 agosto 2001, 37950/97, p.
29, disponibile a <http://hudoc.echr.coe.int>.
medesimi fatti comprometterebbe, nel caso di un'assoluzione definitiva per insufficienza di prove, i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento.
Infatti, l'imputato dovrebbe temere nuovi procedimenti penali in un altro Stato contraente, sebbene gli stessi fatti siano già stati definitivamente giudicati. (...) Il principio del ne bis in idem, sancito all'art. 54 della CAAS, trova applicazione ad una decisione dell'autorità giudiziaria di uno Stato contraente con cui un imputato è definitivamente assolto per insufficienza di prove”245.
Sembra infatti, che il riferimento al convicted or acquitted introdotto dagli Stati parte dello Statuto, mantenga una certa chiarezza, se guardato nell'ottica di tutta la disposizione dell'articolo 20. Bisogna però sottolineare che lo Statuto dell'ICC non prevede tante delle decisioni “alternative” alla classica sentenza definitiva di merito, quali per esempio il patteggiamento, la sentenza di non luogo a procedere ovvero le sentenze procedurali previste nelle codificazioni interne. Come meglio si dirà in seguito, il linguaggio opposto, cioè quello che non specifica il tipo delle sentenze finali che rientrano nello chapeau della norma, bensì fa riferimento soltanto al processo stesso, può causare molte più ambiguità.