4. EMPOWERMENT
4.1 Il concetto di empowerment
4.1.2 Empowerment e letteratura medica e psicoterapeutica
Nella letteratura medica e psicoterapeutica, invece, il concetto di empowerment viene utilizzato per ridurre la dipendenza del paziente dal medico e per favorire la riabilitazione e per la gestione dell’handicap e dello stress.
É un concetto che viene affiancato ad altre teorie come quella della learned helplessness e della self-efficacy.
64Piccardo C. (1995), pp. 9-15 65Ibidem
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4.1.2.1 La learned helplessness66
Il concetto della learned helplessness, teorizzato prima da Maier e Seligman nel 1976 e successivamente da Abramson, Seligman e Teasdale nel 1978, indica la condizione esattamente opposta all’empowerment.
“Il concetto era stato definito a seguito di alcuni esperimenti in laboratorio sull’apprendimento animale che avevano messo in luce come gli animali (fenomeno verificato poi con gli esseri umani), esposti a eventi disagevoli e da loro incontrollabili, mostrassero successivamente comportamenti inadeguati a rimuovere le cause di tali eventi, anche quando ciò era teoricamente possibile. Avevano infatti appreso, durante l’esposizione a stimoli avversivi, ad abbandonarsi alla propria impotenza e a rinunciare ad ogni iniziativa personale anche quando la situazione si presentava con caratteristiche di novità rispetto alla precedente. Sia gli animali prima sia le persone poi si erano dimostrati incapaci di reagire ai nuovi stimoli ritenendo esclusivamente esterno il locus of control (Rotter, 1966,1975): in altri termini l’elaborazione cognitiva che si frapponeva tra il nuovo stimolo e la risposta era una valutazione (erronea) di totale
dipendenza da fattori esterni, indipendenti dalla propria azione.”67
La learned helpleness quindi costituisce una condizione di impotenza della persona che inibisce la sua capacità di reazione agli eventi esterni, e ha influenza sulla sua capacità di agire su di essi, per fare in modo di evitarli o mitigarne gli effetti. Il soggetto si vede in balìa degli eventi e sente di non poter far nulla per poter migliorare la propria condizione.
Quella sopra descritta è una condizione comune delle persone in difficoltà, prive di
agency, un concetto che ritorna molto nel servizio sociale. La self-efficacy, invece, è la
strategia adottata dagli psicologi comportamentali per aiutare gli individui helpless e mira a restituire la fiducia nelle proprie capacità attraverso tre processi: attribuzione, valutazione e prefigurazione del futuro.
66Piccardo C. (1995), p. 11 67Ibidem
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4.1.2.2 Il processo di attribuzione68
Nel processo di attribuzione, che fa riferimento alla teoria formulata da Haider negli anni Cinquanta, si portano i soggetti a riconoscere che la loro condizione è dovuta da cause più profonde degli eventi in sé. Queste cause possono essere di due tipi: interne, di natura personale, ed esterne, di natura ambientale. La condizione di helplessness si verifica quando le cause sono interne, stabili e globali, più difficili da elaborare e rimuovere e causa di una bassa autostima. In questo caso è necessario che l’individuo superi la percezione di insormontabilità della propria condizione e che realizzi che esiste la possibilità di sviluppare le proprie competenze. Questo è possibile attraverso il superamento dei pregiudizi e nell’influenza che questi hanno sulla persona. Infatti, così come la profezia che si autoavvera69, ovvero il meccanismo psicologico che dimostra che l’influenza delle nostre convinzioni sulla realtà è tale da far realizzare proprio ciò che temiamo potrebbe accadere, anche i pregiudizi limitano il raggio d’azione del singolo. Abbiamo visto questo meccanismo anche nel capitolo precedente, quando parlavamo della scarsa presenza femminile nella dirigenza aziendale, dovuta a pregiudizi che colpiscono anche le stesse donne e limitano non le loro capacità, ma la fiducia che ripongono in esse.
4.1.2.3 Il processo di valutazione70
Nel processo di valutazione l’intento è quello di ristabilire la fiducia nelle capacità del singolo e la sua capacità di rispondere agli stimoli e a confrontarsi con i risultati attesi. Si tratta di attivare i meccanismi di self-efficacy, questa è infatti alla base dei meccanismi di sicurezza e capacità di riuscita delle persone, è stato dimostrato che le persone con una forte convinzione nelle loro capacità di riuscita avranno maggiori possibilità di effettivamente riuscire in un compito rispetto a chi si approccia a un compito con un atteggiamento negativo. La percezione dell’efficacia delle proprie azioni è infatti influenzata da fattori diversi tra i quali troviamo però anche la personalità, la motivazione che spinge a adempiere a un compito e al contesto.
Nel suo lavoro di ricerca sull’helplessness Ellis ha identificato le costruzioni cognitive ed emotive che sono alla base di questo meccanismo. Queste costruzioni riguardano il
68Piccardo C. (1995), p. 12
69 fenomeno studiato negli anni Settanta dal sociologo Merton. 70Piccardo C. (1995), p. 12
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modo in cui gli individui costruiscono il giudizio di self-efficacy, ciò che lo determina e il processo di cambiamento di questo giudizio71. In questo caso una domanda eccessivamente alta rivolta alle proprie capacità porta inevitabilmente al senso di inadeguatezza e frustrazione con un conseguente abbassamento dell’autostima. In questi casi è cruciale correggere le distorsioni cognitive e gli errori di valutazione per far sì che l’individuo riesca ad accrescere la propria autostima, e migliorare la valutazione della propria self-efficacy. In particolare, viene suggerito il cognitive modeling (Gist, 1989) e il behavioural modeling (Gist, Schwoerer, Rosen, 1989):
“[…] ovvero alla possibilità di osservare modi concreti di fare e di pensare che
possono rappresentare esempi da imitare perché correlati a esempi positivi attesi.”72
4.1.2.4 Il processo di prefigurazione del futuro73
Infine, abbiamo il processo di prefigurazione del futuro che fa riferimento alle ricerche di Garfield (1984) sulle determinanti delle prestazioni eccezionali74. Nel suo studio l’autore ha rilevato che le persone di maggior successo tendono ad avere una visione del futuro positiva, una visione in cui si percepiscono le possibilità piuttosto che le difficoltà, al contrario di quanto fanno le persone che non hanno avuto successo, che tendono a sottolineare le difficoltà, non vedere le opportunità e prevedere soprattutto gli imprevisti negativi che possono occorrere. Questo diverso atteggiamento è correlato alle aspettative e alle opportunità del singolo, una persona con un atteggiamento positivo si concederà più possibilità rispetto a una persona con un atteggiamento negativo, che potrebbe addirittura vedere delle difficoltà immaginarie. Il completo sbilanciamento è in entrambi i casi dannoso per il singolo, avere una fiducia illimitata nelle proprie capacità potrebbe tradursi in un’incapacità di leggere la situazione reale, così come accade a chi ha un atteggiamento eccessivamente negativo. Ristabilire i meccanismi di self-efficacy è importante per riuscire a valutare realmente le proprie capacità e le risposte che si possono dare a determinati stimoli.
71Piccardo C. (1995), p. 13 72Ibidem
73Ibidem 74Ibidem
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