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3. GENERE E DISUGUAGLIANZA

3.2 Riconoscere la questione di genere

Come abbiamo detto il dibattito sull’identità di genere è diventato mainstream ampliando anche la consapevolezza dei singoli in tal proposito. Ma la divisione di genere è una questione che va al di là dell’identità individuale, infatti è una distinzione che traccia confini e determina disuguaglianze. Il perpetrare di una determinata visione della donna vista in modo idilliaco come angelo del focolare, ha fatto sì che nella società si adottassero determinati comportamenti svalutanti nei confronti del genere femminile. In questa visione le donne assumono un ruolo ben determinato e confinato nelle mura domestiche, scopo della donna è quindi la cura dei figli, della casa e della famiglia, la devozione verso il marito da cui dipende per la protezione e il mantenimento.

Questa mancanza di libertà d’azione ha determinato la relegazione della donna nelle più basse sfere della società, impedendole l’accesso a ruoli decisionali o a determinate istituzioni. Non è un caso se la maggior parte delle istituzioni politiche e religiose sia governato da uomini, così come il potere economico che è concentrato principalmente in mano agli uomini.

Questa concentrazione maschile del potere è determinata soprattutto da stereotipi e false credenze nei confronti delle donne che hanno portato alla svalutazione dei ruoli da esse ricoperti. È così che la narrativa discriminatoria entra nel vivere comune e spesso viene portata avanti indistintamente da uomini e donne, basta pensare alle battute sulle

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ragazze belle ma poco intelligenti, o al contrario intelligenti ma non belle, si tratta di battute che nascondono uno stereotipo discriminante per le donne.

Dall’aspetto fisico fino al comportamento ci si aspetta che le donne seguano un determinato stereotipo o che almeno rientrino all’interno di quel determinato ordine di idee che rende la donna tale, la cosa peggiore è che spesso questo comportamento discriminatorio viene perpetuato anche dalle donne stesse nei confronti di altre donne. L’identità, e così l’identità di genere, si forma attraverso il modo che noi abbiamo di recepire la realtà e le norme sociali, il modo in cui le leggiamo e rispondiamo ad esse. La distinzione di genere porta con sé una serie di norme discriminanti ed oppressive che non hanno nulla di naturale, questo lo si può vedere bene nel colonialismo dove ai popoli colonizzati venivano imposte le norme occidentali per assicurare la sottomissione dei popoli conquistati.

Certamente nel tempo si sono presentate figure che hanno sfidato questa visione statica della società e del ruolo sociale delle donne e queste istanze hanno preso sempre più voce e spazio, pensiamo al movimento delle suffragette e ai movimenti femministi del Ventesimo secolo a cui tanto dobbiamo in termini di diritti e libertà. Purtroppo, ottenere parità di diritti non è la stessa cosa che ottenere uno stesso riconoscimento sociale, ci sono molti Paesi che oggi riconoscono formalmente gli stessi diritti alle donne e agli uomini, ma il passaggio dalla teoria alla pratica non è così semplice e fluido perché il riconoscimento formale non va di pari passo con il riconoscimento sociale. Questo non accade solamente nei paesi più poveri o con democrazie più recenti, accade anche nei paesi sviluppati visti come il baluardo della democrazia e del benessere. Anche in questi paesi rimane la difficoltà per le donne a entrare in alcuni settori o posizioni ed essere riconosciute per le loro capacità.

Non solo nel mondo del lavoro, anche nella sfera sociale le donne continuano ad essere sottoposte ad aspettative e discriminazioni basate sul genere, oppure ancora sono moltissimi i casi di donne vittime di violenza domestica, un tipo di violenza dovuta alla trasmissione di determinati codici di comportamento. Quindi, per quanto si siano fatti grandi passi in avanti nel riconoscimento dell’uguaglianza di genere attraverso la formalizzazione di uguali diritti, rimane ancora molta strada da fare dal punto di vista sociale per abbattere una discriminazione secolare che si manifesta sempre più in modo indiretto oppure che si fatica a riconoscere.

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3.2.1 L’istituzione sociale del genere

Le istanze di cambiamento sono molte e si presentano in tutto il mondo, ma per agire in maniera efficace bisogna saper riconoscere il problema e tutte le sue sfaccettature. Per esempio, già il fatto di riconoscere che il genere è una questione più complessa della distinzione biologica e che non è innato costituisce un buon passo avanti. Infatti, la maggior parte delle discussioni sul genere fanno leva su una presunta dicotomia fra maschile e femminile dove il genere è la differenza sociale e psicologica che riflette questo confine stabilito biologicamente e quindi immutabile. La realtà è che si deve pensare al genere come a un’espressione della nostra organizzazione sociale e delle pratiche quotidiane dominate da essa. Questo tipo di organizzazione sociale però va oltre perché ci caratterizza, o almeno pretende di farlo, in tutto e per tutto perché definisce chi siamo e con chi dobbiamo stringere relazioni, definisce il rapporto che dobbiamo avere con il nostro corpo e con la nostra sessualità. Riprendendo le parole di Connell:

“[…] il genere è quella struttura delle relazioni sociali che è incentrata sull’arena riproduttiva, e quell’insieme di pratiche che fanno rientrare le differenze riproduttive dei corpi nei processi sociali […]il genere riguarda il modo in cui la società si rapporta ai corpi umani e alla loro continuità, e i diversi effetti che questo ha sulle nostre vite

personali e sul destino della nostra collettività.”51

Questo tipo di discriminazione è dannosa per le donne quanto per gli uomini perché anche in questo caso entrano in gioco una serie di stereotipi e aspettative comportamentali a cui conformarsi, se questo non accade, cioè se l’uomo non si conforma a quelli che sono gli stereotipi del suo genere sarà discriminato in ugual modo, perché non conforme all’ideale del vero uomo. Inoltre, per gli uomini questa discriminazione porta anche a un maggior rischio perché sono più inclini a adottare comportamenti rischiosi o nocivi per il mantenimento di un determinato status, pensiamo per esempio alla violenza fra bande, dovuta a una presunta maggior aggressività degli uomini, oppure alla maggior tendenza ad abusare di cibo e alcool, perché ritenuti comportamenti da veri uomini.

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3.2.2 Distinzione del genere: dalla cultura alla biologia

Come abbiamo visto dunque, questa distinzione netta delle caratteristiche di un genere è socialmente costruita e trova diverse sfumature rispetto alle epoche storiche o alle culture di appartenenza. È così che specialmente nella cultura occidentale alle donne è stato affidato maggiormente il compito di cura della casa e della famiglia, assoggettate alla volontà prima del padre e poi del marito, con poche libertà di scelta e talvolta con la convinzione che le donne mancassero di raziocinio. Nel corso delle epoche storiche si sono creati e accumulati diversi stereotipi di genere che riguardano le donne, come gli uomini. Questa distinzione netta è stata spesso giustificata tramite la biologia, ma è scientificamente provato che il cervello maschile e quello femminile non presentano grandi differenze, e che vengono sviluppate le stesse caratteristiche e che se sono presenti differenze a livello celebrale questo è dovuto all’attivazione di diverse aree di apprendimento e non da una differenza innata o inferiorità del cervello femminile. Dal punto di vista biologico certo i corpi presentano differenze fisiologiche e proprio queste differenze hanno per lungo tempo giustificato le diverse norme sociali, ma l’identità è una caratteristica che viene influenzata dall’esterno, dagli insegnamenti che riceviamo, dal nostro vissuto, dall’ambiente in cui cresciamo ecc. È quindi sbagliato pensare che una donna abbia naturalmente maggior istinto di cura rispetto ad un uomo, è invece vero che socialmente ci si aspetta che una donna si prenda cura della propria famiglia più di un uomo come ci si aspetta che in una famiglia sia l’uomo a provvedere al sostentamento economico familiare. Questa visione a compartimenti stagni non riflette più la realtà sociale, in cui le famiglie sono sempre più dual breadwinner e in cui le donne hanno compiuto, o stanno compiendo, percorsi di emancipazione e distacco da quello che è il ruolo tradizionalmente concepito per una donna e lo stesso vale per gli uomini. In questa tesi il discorso si incentra maggiormente sul punto di vista femminile, perché sta intraprendendo dei grandi cambiamenti.

Anche se si parla di lotte femministe da molto tempo ormai (anche più di un secolo) la società fatica a cambiare, le tappe raggiunte sono state molto faticose in alcuni casi e troppo spesso ancora non si riesce ad ottenere un pieno riconoscimento del ruolo femminile, all’interno delle aziende per esempio, come nella stessa società, per non parlare poi dei casi in cui le donne ancora subiscono violenze in ambito familiare o

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sociale. Nonostante i discorsi e le lotte le donne si trovano ancora in una posizione subalterna rispetto agli uomini, i potenti del mondo sono per la stragrande maggioranza uomini, dai politici agli imprenditori. Le donne sono una parte sostanziale della forza lavoro ma non riescono a superare il soffitto di vetro delle posizioni più alte in azienda o nella politica. Oltre a questo, i salari delle donne sono più bassi, e questo vale a tutti i livelli gerarchici, alle donne viene chiesto di riuscire a bilanciarsi tra carriera e vita privata riuscendo a mantenere alti livelli di prestazione. Ancora oggi è alle donne che è affidato il maggior carico di lavoro di cura all’interno del nucleo familiare e anche nel mondo del lavoro persiste l’idea di carriere tipicamente femminili.