5. IL PROGETTO MKOMANILE COME ESEMPIO DI EMPOWERMENT
5.3 Il progetto Mkomanile
5.3.4 Il funzionamento del progetto
Lo scopo del progetto dunque è quello di aiutare le donne sì a raggiungere l’indipendenza economica, ma soprattutto quello di dargli fiducia nelle loro capacità e renderle empowered, cioè in grado di riconoscere il loro valore, le loro potenzialità, restituire dunque loro l’agency. Inoltre, fornisce una rete di supporto nell’affrontare le situazioni difficili. Questo scopo viene perseguito in tre diversi modi: la forma organizzativa, il sistema di peer education e la partecipazione a eventi informativi.
5.3.4.1 Il sistema organizzativo del progetto
L’organizzazione del progetto Mkomanile è formata dalla direzione, che si occupa di tutti gli aspetti burocratici del progetto, facendo inoltre da ponte con il Co.P.E. e la Congregazione di Saint Joseph, rappresentata nel villaggio da due suore missionarie brasiliane che sono parte integrante della comunità. Sono attive non solo nel progetto, a cui hanno collaborato fin dalla fondazione, ma anche nella piccola scuola, dove collaborano con le maestre anche nella gestione. Nell’organo direttivo sono presenti appunto anche membri del Co.P.E. e della Congregazione, che si occupano di aiutare a gestire gli ordini facendo da ponte con l’estero. Oltre alla direzione però, il gruppo di sarte è a sua volta organizzato al suo interno, con una portavoce, una segretaria e una contabile, le donne si riuniscono circa una volta alla settimana per discutere dell’andamento del progetto, di quali migliorie potrebbero apportare ecc. riferendo poi alla direttrice, le cui scelte comunque non vengono prese in autonomia, ma consultando il gruppo.
Questo metodo organizzativo responsabilizza i membri sul loro operato e, come abbiamo visto, questa è proprio una delle finalità dell’empowerment. Il fatto che le
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donne siano coinvolte nei processi decisionali dà loro una diversa visione del loro ruolo: non sono più dei soggetti passivi che hanno poca influenza sulle scelte altrui, ma prendono parte al processo decisionale valorizzando così il loro ruolo all’interno del gruppo. Questa forma di responsabilizzazione mette le donne in condizione di parità fra loro, trasmettendo il messaggio che l’opinione di ognuno contribuisce al funzionamento del gruppo.
5.3.4.2 a Il sistema formativo del progetto: le tecniche di lavoro
All’interno del gruppo inoltre, viene adottato il sistema della peer education, dove sono i membri stessi del gruppo a insegnare le tecniche di lavoro alle nuove arrivate, o anche a tutto il gruppo. Le donne che ne fanno parte infatti, non sono sarte esperte, ma autodidatte, le tecniche vengono loro insegnate da suor V., della Congregazione di Saint Joseph, che le insegna a turno alle sarte più esperte che a loro volta le dovranno trasmettere alle altre donne. Si tratta di un’ulteriore forma di responsabilizzazione, nonché di riconoscimento per il proprio ruolo e lavoro. È un sistema efficace che permette alle donne di acquisire maggior fiducia in loro stesse e nelle loro capacità, insegnare qualcosa a qualcuno e avere la responsabilità che questo abbia appreso è un modo per rafforzare sì la coesione del gruppo ma anche la sicurezza e fiducia in sé, senza parlare poi dell’aspetto responsabilizzante che il compito formativo assume per le donne. Per le allieve invece, il fatto di avere una donna a loro pari che insegna nuove tecniche e abilità dà loro un modello di riferimento a cui ispirarsi nel loro percorso di vita, più vicino a loro di quanto potrebbe essere qualunque membro esterno della comunità.
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5.3.4.2 b Il sistema formativo del progetto: gli eventi informativi
Infine, il gruppo organizza e partecipa a eventi formativi sulla salute delle donne e sull’uguaglianza di genere, in particolare contro la violenza domestica. Questi eventi cercano di formare le donne sul tema dando loro gli strumenti per saper difendersi e reagire agli abusi, ma anche per prendersi correttamente cura di sé. Questi eventi sono necessari per superare le superstizioni legati alla salute e in particolare alla gravidanza, ancora molto forti in queste aree, dove talvolta si preferisce (ed è più facile) ricorrere alla stregoneria piuttosto che alle cure mediche che non sempre sono alla portata di tutti. Per quanto riguarda invece l’informazione contro gli abusi domestici questa ha ottenuto più risonanza, arrivando a essere vista dalle persone del villaggio come negativa, perché porta le donne a prendere coscienza dei propri diritti (la violenza domestica è infatti considerata reato in Tanzania) e ribellarsi agli uomini.
Come abbiamo visto nel capitolo precedente l’empowerment è un percorso, un viaggio che bisogna compiere con l’aiuto di una guida. In questo il gruppo di Mkomanile è supportato dalla direzione, che ha proprio il ruolo di facilitare questo percorso e processo prestando attenzione a tutti i momenti formativi, creando inoltre un ambiente di lavoro sereno in cui le donne sono libere di esprimersi e riescono a liberare il proprio potenziale in uno spazio privo di giudizio e in cui il loro contributo è fondamentale alla riuscita del progetto. Si tratta dell’applicazione dei principi visti nel capitolo dedicato all’empowerment, se pur in forma ancora iniziale il progetto Mkomanile applica le tecniche necessarie per restituire la capacità di prendere decisioni, di influenzare il proprio percorso tipica dell’empowerment. Cerca di restituire agency alle donne coinvolte e lo fa attraverso una serie di interventi mirati, attraverso le interviste sarà possibile cogliere quanto ottenuto fino ad ora dal progetto, i processi che è riuscito ad attivare all’interno del gruppo, il livello di consapevolezza raggiunto dalle donne e gli effetti ottenuti sulla comunità locale.
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