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Enti locali e contrattazione integrativa

Il comparto enti locali ha mostrato la già più volte evocata specialità rispetto alla generalità della Amministrazioni Pubbliche, anche in sede contrattuale.

Come si è avuto modo di rammentare l’attuale gerarchia delle fonti negoziali ha origine nel D.lgs. 29/1993 per il tramite del quale il contratto collettivo pubblico da mero atto endoprocedimentale assume autonoma dignità di fonte di regolamentazione del rapporto di lavoro. Il sistema contrattuale pubblico è distribuito in un livello c.d.intercompartimentale, uno nazionale di comparto ed uno c.d. decentrato o integrativo, particolarmente rilevante – quest’ultimo – per le Amministrazioni locali.

Quanto alla contrattazione nazionale l’attuale contratto collettivo di comparto regioni enti locali, applicabile al personale – a tempo determinato e indeterminato – non dirigente dipendente da tutti gli enti del comparto indicati dall’art. 9 del contratto quadro 11 giugno 2007, con esclusione dei segretari comunali e provinciali e dei dirigenti, risale a più di sei anni fa. Con riferimento, infatti, alla parte c.d. normativa del contratto, il documento originariamente redatto è stato stipulato il 22 gennaio 2004 con decorrenza 1.1.2002, successivamente integrato, ed infine rinnovato senza modifiche di particolare rilievo con l’accordo stipulato l’11 aprile 2008 con decorrenza 1 gennaio 2006. Quanto alla parte economica, invece, quest’ultima è stata recentemente rinnovata per il biennio 2011 2012 comportando un aumento salariale di 60 euro.

Il contratto di comparto, distribuito in quindici articoli,dopo aver offerto alcune indicazioni circa le

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procedure di contrattazione e concertazione a livello decentrato, ed aver previsto l’istituzione di comitati dedicati al controllo del fenomeno del mobbing presso le unità amministrative, reca alcune disposizioni specifiche in materia di personale e soprattutto di revisione del codice di condotta e della procedura disciplinare come del rapporto di questa con il procedimento penale256. Numerose sono anche le disposizioni in materia di incrementi retributivi257,

256Tale materia, particolarmente complessa nel settore pubblico, nel contratto di comparto in analisi è oggetto di una sorta di riorganizzazione posto che, come è stato osservato, la sua collocazione in testi contrattuali differenti è normalmente non solo fonte di ostacolo alla stessa conoscenza delle norme, ma anche tale da non consentire un uso “proficuo” dello strumento disciplinare da parte del datore pubblico, VIGEZZI, cit.

257Più precisamente il contratto ha introdotto alcuni incrementi dello stipendio tabellare, successivamente aumentato, incrementi del fondo per le risorse decentrate destinate cioè a prestazioni accessorie (indennità e premi di produttività); sotto altro profilo ha invece introdotto alcune precisazioni in materia di progressioni orizzontali e sulla necessità che per poter accedere per l’appunto a bandi di progressione orizzontale (quindi mutamento della posizione economica nell’ambito della medesima categoria) debba esser stata maturata una anzianità nelle posizione di provenienza di almeno 24 mesi. Val la pena rammentare che il sistema delle progressioni orizzontali abbia rappresentato un altra fonte di abusi perché nonostante possa ritenersi che il passaggio da un’area all’altra attraverso percorsi interni di riqualificazione costituisce una procedura selettiva, come tale assimilabile (secondo quanto affermato dalla corte costituzionale 1/1999; 194/2002; 373/2002) ad un concorso interno, tale procedura è stata usualmente elusa e con essa i principi che la consulta ha ritenuto dovessero essere rispettati 1) congruo accesso dall’esterno per ogni qualifica; 2) non prevalenza del criterio di anzianità per le progressioni professionali; 3) esclusione di progressioni per saltum; 4) effettiva selettività delle prove concorsuali., L. CAPOGNA, cit., tratto da

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ma nel complesso, è stato osservato, l’accordo sembra piuttosto soffermarsi, come chiarito nelle numerose dichiarazioni integrative (di cui solo due congiunte di ARAN e Organizzazioni sindacali258), nella individuazione dei temi che in sede di successivo rinnovo dovrebbero essere affrontati, lasciando così “ancora una volta irrisolti importanti nodi normativi e soprattutto il delicato aspetto del riordino della classificazione del personale”259.

Assume invece maggior rilievo il livello integrativo essendo questo livello di contrattazione a porre in adeguato risalto – o così dovrebbe essere – le numerose differenze presenti tra gli stessi Comuni che, come sottolineava efficacemente Massimo Severo Giannini, lungi dal poter esser considerati un’unica categoria si compongono di estremi quali i “comuni polvere” e le “città metropolitane”, nel mezzo dei quali si collocano poi la maggior parte delle Amministrazioni civiche la cui dimensione effettiva incide

DE MARZO TOMEI Il rapporto di lavoro alle dipendenze degli

enti locali, PADOVA 2004.

258Una dedicata al chiarimento dell’espressione utilizzata “monte salari” che viene riferita a tutte le somme inserite nel conto annuale del personale corrisposte nell’anno di riferimento del personale destinatario del CCNL. Un’altra che precisa ai fini del computo della anzianità biennale per la partecipazione alle procedure di progressione economica orizzontale devono esser considerati i mesi di permanenza del lavoratore nella posizione economica in godimento anche se maturati prima della sottoscrizione del CCNL. 259PANASSIDI, Considerazioni introduttive sul nuovo contratto del

lavoro, da Aa Vv, Il nuovo contratto collettivo del personale, 2006 2009, MILANO 2009. Più pungente l’osservazione di VIGEZZI, Considerazioni introduttive sulle ultime novità in materia di pubblico impiego e sulle modifiche all’ordinamento disciplinare, ibidem, MILANO 2009 secondo il quale la sobrietà del contratto

tradirebbe “l’evidente scarsa autonomia” dell’ARAN “sottoposta

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fortemente sui processi decisionali260.

Potenzialmente, infatti, la contrattazione decentrata, rappresenta un utile strumento di attuazione del progetto federalista avviato con le leggi Bassanini. Molteplici sono peraltro le ragioni che hanno ostacolato il compiuto espletamento di tale funzione da parte della contrattazione integrativa negli Enti Locali.

Conduce a tale conclusione in primo luogo lo stesso dato testuale, il cui modello è stato ulteriormente irrigidito dalla riforma Brunetta261. L’art. 40 del Testo Unico, infatti, nel

260GIANNINI, Il riassetto dei poteri pubblici, in Riv.trim.Dir.Pub., 1971, 451 461, parzialmente ripreso in CASSESE, (a cura di)

L’Amministrazione pubblica in Italia Il Mulino BOLOGNA 1974.

Le osservazioni formulate da GIANNINI più di quarant’anni fa sono facilmente riferibili alla situazione attuale. Nel mezzo delle due estremità si collocano comuni di dimensioni ridotte in cui il potere decisionale assume “la struttura di un regime dittatoriale” in cui chi decide è la giunta a meno che “la personalità di un sindaco o di un segretario comunale sia tale da imporsi” sulla giunta. Accanto ad essi invece si trovano i comuni medi “l’ente più perfetto che si trova al livello di ente territoriale” in cui tutti e tre gli organi, consiglio giunta e sindaco, svolgono appieno il loro ruolo decisionale. Nei grandi comuni per contro “la giunta non esiste più”, limitandosi a coordinare le burocrazie dei vari assessorati. Il sindaco assume invece ancor più importanza, ed il Consiglio comunale si limita o a disquisire di questioni di carattere meramente politico od a ratificare decisioni adottate dai singoli assessori.

261l’art. 40 comma 3 bis attualmente così prevede 3-bis. Le

pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dell'articolo 7, comma 5, e dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l'impegno e la qualità della performance ai sensi

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dichiarare la autonomia della contrattazione decentrata ne precisa contestualmente i numerosi limiti di carattere finanziario – risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione – ma anche di carattere contenutistico, dovendosi la contrattazione integrativa svolgere sulle materie, tra i soggetti e seguendo le procedure negoziali individuate in sede nazionale262. Il rapporto di interdipendenza così disegnato viene corroborato dalla clausola di nullità che, in seguito alle modifiche intervenute, impedisce alle Amministrazioni di “sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali” o esorbitanti dalle materie non espressamente delegate dal contratto negoziale o comportanti oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole contrattuali che dovessero rivelarsi rispettose di tale paradigma “sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile”.

dell'articolo 45, comma 3. A tale fine destina al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota prevalente del trattamento accessorio complessivo comunque denominato Essa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni.

262Tutti i contenuti della contrattazione integrativa sono predefiniti all’interno del livello sovraordinato dai soggetti contraenti all’oggetto, alle procedure alle risorse finanziarie. L. CAPOGNA,

La contrattazione collettiva e la rappresentanza sindacale, tratto da

DE MARZO TOMEI Il rapporto di lavoro alle dipendenze degli

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È evidente come il sistema così definito poggi le sue basi, a fortiori successivamente alle modifiche apportate con il D.lgs. n. 150/2009, sul contratto nazionale in misura talmente pervasiva da risultare difficilmente conciliabile con la valorizzazione delle istanze locali ma, è stato osservato, anche con la stessa garanzia della autonomia collettiva263. È legittimo osservare infatti come soprattutto in un comparto eterogeneo come quello in esame caratterizzato dalla presenza di Amministrazioni tra loro differenti per ragioni di carattere economico, territoriale, sociale, la necessità di introdurre un comune apparato regolatore non possa prevalere sull’altrettanto essenziale valutazione delle peculiarità dai singoli Enti manifestate264.

263Ancor prima della ulteriore svolta accentratrice avviata con il D.lgs. 150/2009, VISCOMI lamentava come l’attribuzione di un ampio margine di incidenza alla contrattazione nazionale di fatto potesse realizzare una vero e propria colonizzazione della dimensione autonoma da parte delle fonte eteronoma oltre ad una indebita inibizione in sede decentrata dell’autonomia collettiva. Si veda VISCOMI, Riflessioni minime su contrattazione integrativa e

relazioni sindacale nel comparto degli enti locali, in Organizzazione e lavoro negli enti locali, cit., 2005.

264VISCOMI, cit., si riferisce alla centralità negoziale nazionale come ad una vera e propria pietra di inciampo di dubbia compatibilità con il sistema costituzionale successivo alla riforma del 2001. La funzione del contratto nazionale sarebbe infatti secondo l’Autore totalmente asimmetrica rispetto al policentrismo costituzionale. Addirittura il contratto nazionale svelerebbe l’ “impossibile omogeneità degli enti di comparto tanto da indurre a

sollecitare una definitiva revisione del modello negoziale assicurando più ampi margini all’autonomia negoziale differenziando la stessa configurazione del contratto nazionale in relazione alle dimensioni organizzative degli enti”, ma anche

introducendo nuovi modelli di contrattazione integrativa portatori “sistema di integrazione funzionale delle attività e dei servizi erogati”.

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Ciò premesso non può esser trascurato che un limite ad un soddisfacente utilizzo dello strumento contrattuale a livello decentrato sia giunto anche dall’uso concreto che di tale fonte regolativa è stato fatto. Come è stato osservato se il contratto integrativo può rappresentare una risorsa organizzativa in grado di perseguire parametri di produttività ed efficienza adeguati alle necessità del singolo ente, vi è anche il rischio che possa esser ridotto a mero centro autonomo di spesa, “suscettibile di un uso distorto” volto al soddisfacimento di interessi micro settoriali265.

La prevalenza di quest’ultima anima, dovuta alla erogazione in sede di contrattazione di secondo livello di risorse integrative ulteriori rispetto alle risorse stanziate dal legislatore nazionale, ha contribuito ad alimentare negli anni il fenomeno della c.d. distribuzione a pioggia di benefici asseritamente ricondotti alla retribuzione di produttività ma in realtà svincolati da ogni effettivo parametro di valutazione, cui il legislatore del 2009 ha inteso porre un limite.

In proposito si è avuto già occasione di ricordare, in sede di breve descrizione delle modifiche introdotte con il recente D.Lgs. 150/2009, che attualmente la contrattazione collettiva integrativa, nel costante rispetto dei vincoli finanziari, e nel rispetto delle materie, dei vincoli e limiti, soggetti e procedure, stabiliti dai contratti nazionali “assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l'impegno e la qualità della performance ai sensi dell'articolo 45, comma 3. A tale fine destina al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota prevalente del

265CAPOGNA, cit., tratto da DE MARZO TOMEI Il rapporto di

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trattamento accessorio complessivo comunque denominato”266.

A contraddistinguere la contrattazione integrativa nel comparto enti locali ed a suscitarne le frequenti critiche,

266Ed ancora in base al successivo comma 3 quinquies “La

contrattazione collettiva nazionale dispone (..) le modalità di utilizzo delle risorse indicate all'articolo 45, comma 3-bis, individuando i criteri e i limiti finanziari entro i quali si deve svolgere la contrattazione integrativa. Le regioni (..) e gli enti locali possono destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in ogni caso nel rispetto dei vincoli di bilancio e del patto di stabilità e di analoghi strumenti del contenimento della spesa. Lo stanziamento delle risorse aggiuntive per la contrattazione integrativa e' correlato all'affettivo rispetto dei principi in materia di misurazione, valutazione e trasparenza della performance e in materia di merito e premi applicabili alle regioni e agli enti locali” come previsto dagli articoli 16 e 31 del

decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. “Le

pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile. In caso di accertato superamento di vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell'economia e delle finanze è fatto altresì obbligo di recupero nell'ambito della sessione negoziale successiva.”

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circa un suo uso improprio, non è stato tuttavia solo l’aspetto economico ma lo stesso contenuto dei contratti collettivi stipulati dai singoli Enti, frequentemente esteso al di là dei limiti posti dal contratto nazionale. L’analisi svolta in più sedi sull’andamento della contrattazione integrativa ha indotto infatti ad osservare come nonostante nell’ambito di rilevanti materie (quali mobilità ed orario di lavoro) la contrattazione nazionale abbia riservato a quella c.d. decentrata l’individuazione dei soli criteri generali, od addirittura una mera concertazione ed informazione degli organismi sindacali (relazioni sindacali, permessi, assenze) di fatto in sede locale siano state introdotte contrattualmente discipline di dettaglio che hanno fortemente ridotto gli spazi di azione dei dirigenti267. Si

267In tal senso si veda il monitoraggio di MASTROGIUSEPPE, La

contrattazione integrativa nel comparto regioni ed autonomie locali: i risultati del monitoraggio dell’ARAN, tratto da AA VV, Organizzazione e lavoro negli enti locali, Atti del convegno di Catanzaro del 25 febbraio 2005, Ed. Rubbettino 2005. Secondo

l’Autore si giungerebbe in alcune occasioni ad una vera e propria sovrapposizione tra la regolamentazione nazionale di comparto e quella decentrata, aggravata da una complessiva debolezza del contraente pubblico in ragione dell’assenza di direttive politiche che orientino la delegazione trattante più esposta quindi alle richieste avanzate dal contraente sindacale. Non si può tuttavia non concordare con quanto osservato da VISCOMI, ibidem, Ed. Rubbettino 2005, secondo il quale – benché poi la linea accolta dal legislatore della più recente riforma del 2009 sia stata di senso inverso – la attribuzione legislativa di centralità al livello nazionale di contrattazione quando riferita alle autonomie locali costituisca una pietra di inciampo. La frammentazione e l’eterogeneità degli enti raccolti nel comparto ne esigerebbe una nuova configurazione che tenga in adeguata considerazione le dimensioni organizzative degli enti e nel contempo introduca modelli di contrattazione integrativa produttivi di sistemi di “integrazione funzionale delle attività e dei servizi erogati”: utile esperimento in tal senso la

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comprende quindi per quale ragione uno dei dichiarati obiettivi perseguiti dal legislatore del 2009 sia stato quello di ricondurre la contrattazione integrativa alla propria funzione originaria, per di più irrigidendo i limiti costituiti da vincoli e materie previste dalla contrattazione nazionale.

A tali considerazioni si aggiunga l’ulteriore aspetto patologico che, peraltro, accomuna la generalità dei contratti collettivi a livello integrativo. Stando ai dati raccolti da ISTAT e CNEL e riportati nell’ultimo rapporto CNEL sulla contrattazione pubblica del 14 luglio 2010, la contrattazione pubblica decentrata si caratterizza per un anomalo protrarsi dei periodi di vacanza contrattuale così che “nel raffronto settoriale il ritardo medio nel periodo 2006 – 2009 è stato di 14 mesi nella pubblica amministrazione a fronte dei circa 4 mesi dell’industria e dei 13 mesi dei servizi privati”268. Per completezza va tuttavia precisato che le anomalie cui il processo di ricentralizzazione avviato dalla l. Brunetta ha inteso porre rimedio – in controtendenza con il c.d. iter di

contrattazione territoriale.

268Ritardi che, come è intuibile, hanno conseguenze di rilievo sulla stessa programmazione della spesa pubblica poiché – si legge nel richiamato rapporto - essi comportano, “secondo dati ISTAT, un

onere di cassa che si concentra per i bilanci pubblici quasi completamente nel 2008 (95,4% della spesa complessiva) per il primo biennio economico e tra il 2009 ed il 2010 per il secondo biennio, in entrambi i casi in ritardo rispetto alla naturale allocazione delle risorse. Si ripropone così una situazione di concentrazione della spesa su di un unico esercizio finanziario che rende più difficile, a causa della sfasatura tra criterio di competenza e criterio di cassa, – come più volte sottolineato dalla Corte dei conti - sia la programmazione che la razionalizzazione della spesa, oltre che una chiara comparazione tra gli incrementi retributivi e l’incremento del costo della vita”.

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aziendalizzazione del contratto collettivo – non sono state addebitate tanto alla struttura contrattuale quanto piuttosto alla carente formazione degli organismi sindacali ed alla eccessiva esposizione dei contraenti a contingenti rapporti

di forza instaurati con l’interlocutore

amministrativo/politico269.

269La delegazione pubblica – carattere che secondo gli operatori rappresenta una delle principali contraddizioni del sistema – è

composta da dirigenti od in assenza da funzionari

dell’Amministrazione nominati da quest’ultima secondo la procedura di cui all’art. 4 del vecchio Contratto collettivo del 2004. Non può invece esser composta da organi di governo, questo anche nel rispetto della distinzione tra attività di indirizzo e di gestione. Tale delegazione non necessariamente coincide con quella adibita alla concertazione come si evince dalla nota dell’ARAN 27 MAGGIO 2004 n. 4260, in cui si chiarisce anche che “vale, inoltre, la norma generale che né la delegazione di parte sindacale, né quella di parte pubblica possono intervenire nella composizione della altrui delegazione”. A tal riguardo si veda PETRILLI, La

composizione della delegazione trattante di parte pubblica e di parte sindacale, Azienditalia – Il personale, 2009, 7, 321.