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I servizi pubblici in Italia. Quel che resta di una

nozione.

Fermo l’inserimento dell'attuale disciplina dei servizi pubblici all’interno dei confini “europei” sin qui tracciati, la nozione di servizio pubblico137 andata formandosi

trattato di Lisbona”, Edizioni scientifiche italiane 2009, il Comune

potrebbe svolgere un ruolo decisivo anche di gestione diretta nella governance dei SPL, nella consapevolezza di erogare tali servizi in situazioni geografiche, sociali e culturali diverse e con l’obbligo di erogare un servizio di alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, in condizioni di parità di trattamento e promuovendo parità di accesso al servizio universali e diritti degli utenti.

137Cfr la ricostruzione di DI GASPARE Servizi pubblici locali in

trasformazione Cedam, PADOVA 2010. Osserva l’autore come si

tratti di una nozione ambigua prevalentemente intesa come attività economica (produzione di beni e servizi) svolta per il soddisfacimento di interessi della collettività con modalità (diritti esclusivi= e finalità diversa (non necessariamente lucrativa) da quelle tipiche del mercato. Va tenuta quindi distinta dalla nozione di derivazione francese, che comprende anche la funzione pubblica intesa come attività autoritativa dei pubblici poteri così come dalle attività a contenuto sociale che - svolte da PA e organismi pubblici - hanno finalità esclusivamente sociali e non comportano il corrispettivo da parte dell’utenza. L’Autore ricostruisce inoltre la contrapposizione sorta negli anni Trenta tra nozione oggettiva e nozione soggettiva di servizio pubblico, ritenendo che l’attuale configurazione, oggettiva, finisce con l’ampliare la discrezionalità definitoria del potere pubblico al punto da rendere le due tesi sovrapponibili. Ricorda l’A. inoltre come la storia della nozione sia la storia della municipalizzazione il cui presupposto è costituito dalla impossibilità per l’impresa privata di assolvere in regime concorrenziale di efficienza economica il suo compito di miglior veicolo di allocazione delle risorse. Nella nostra esperienza dagli anni 30, ricorda DI GENTILE, accanto alle aziende pubbliche

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nell'ordinamento italiano dal XIX secolo sino ai giorni nostri merita una riflessione a sé, benché consapevoli che non sia questa la sede per ripercorrere la storia del dibattito sorto intorno alla qualificazione di tale concetto138.

È, infatti, nota e da tempo fonte di approfonditi studi pubblicistici, la querelle che ha contrapposto in passato ad una accezione soggettiva del servizio pubblico una sua lettura in senso oggettivo. La prima e la più risalente delle interpretazioni139è, secondo autorevole dottrina,

locali e statali attive nei settori riservati operavano imprese in mano pubblica di diritto comune che agiscono sul mercato in regime di concorrenza.

138Così come del resto il fine e la natura della presente ricerca non si presta neppure ad una ulteriore precisazione legata quest'ultima alla differenza tra concetto di servizio pubblico e pubblica funzione. Come autorevolmente affermato da CASSESE,

Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffré, MILANO, 2006 tale

contrapposizione “costituisce un retaggio dello Stato liberale” che individua le sole funzioni pubbliche quali attività necessarie per la collettività quindi riservate al diritto pubblico. Indici del superamento delle evocate categorizzazioni sono ad esempio costituiti dalla disciplina in materia di sciopero nel settore dei servizi pubblici essenziali che, osserva l'Autore, considera la fornitura di determinate prestazioni “parimenti necessaria al

funzionamento della collettività”. In entrambi i tipi di attività

pubbliche, di servizio e funzione, la legge garantisce quindi la continuità. Senza trascurare che anche l'esercizio di funzioni, che peraltro ben possono essere esser svolte dal privato dotato di una particolare investitura, si traduce nella erogazione di servizi alla collettività in base alle disponibilità finanziarie dello Stato.

139 Ricorda GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffré, MILANO, 2000 che con l'avvento dello stato liberale del secolo XIX si diffuse il convincimento che i pubblici poteri dovessero astenersi da attività imprenditoriali spettando invece loro di dedicarsi ad attività di utilità generale ma improduttive, come le opere pubbliche idrauliche marittime, igieniche, stradali oppure le

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espressione dell'attenzione riposta dai giuristi italiani nei confronti del coinvolgimento dello Stato negli aspetti sociali della vita pubblica. Coerentemente con tale visione è stata ricondotta alla categoria concettuale di servizio pubblico ogni attività svolta dalla Amministrazione Pubblica sulla base dell'assunto che la qualificazione della natura pubblica dovesse necessariamente discendere dallo Stato.

Aderendo alla tesi c.d. soggettiva è stata ritenuta ascrivibile alla categoria in esame “qualunque prestazione di utilità resa da un ente pubblico alla generalità dei cittadini od a determinate persone”140, riconducendo al concetto di utilità il vantaggio che i singoli ricevono dalla prestazione del servizio o l’utilità specifica dell’ente pubblico, quindi il vantaggio dell’ordine superiore141.

Questa ricostruzione, secondo la maggior parte degli studiosi che si sono occupati delle trasformazioni che hanno coinvolto i servizi pubblici negli ultimi vent'anni, è stata messa in discussione, se non superata, con il mutamento della stessa accezione di Pubblica Amministrazione centralizzata ed avulsa dalla società142: trasformazione a sua volta determinata non solo dal progressivo aumento delle occasioni di interazione tra pubblico e privato, per la cui trattazione si rinvia ai capitoli

attività che privati non avrebbero avuto interesse economico a disimpegnare. “la classe dominante affidava ai pubblici poteri le

attività produttive di servizi che essa non riteneva economicamente redditizie”.

140NAPOLITANO, Servizi pubblici, voce in CASSESE (diretto da) Dizionario di diritto Pubblico, Giuffré, MILANO, 2006.

141ZANOBINI. È la natura pubblica dell'interesse ad aver giustificato del resto l'introduzione di un regime specifico.

142TORCHIA (a cura di) Il Sistema amministrativo italiano, Il Mulino, BOLOGNA, 2009.

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successivi, ma indubbiamente stimolata dal legislatore europeo che, peraltro legato ad un approccio sostanzial-funzionalistico, anche nella delimitazione della sfera pubblica143,, ha per primo ammesso che il servizio pubblico possa esser assicurato dal mercato con la definizione contrattuale di vincoli di garanzia, costituendo l'esclusione dal regime di concorrenza una “eccezione giustificata dalla impossibilità di perseguire diversamente l'interesse generale”.

Ad una configurazione soggettiva o formalistica, perché automaticamente dedotta dalla qualifica dell'ente, ne è stata progressivamente privilegiata una di carattere oggettivo che inizialmente si riteneva assorbisse tutte le attività economiche indirizzate a fini sociali mediante

143NAPOLITANO, cit., Voce in CASSESE (diretto da) Dizionario di diritto Pubblico. Secondo l'Autore l’ordinamento comunitario avrebbe modificato radicalmente il contesto ed i caratteri fondamentali del regime giuridico in cui erano venute a crearsi le varie concezioni tradizionali del servizio pubblico, rivelandosi pertanto inutile oggi ogni tentativo definitorio come confermato del resto dalla stessa Commissione all'interno del Libro verde sui Sig COM (2003) 270 par. 3, per il quale cfr supra par. 1. I servizi, invero, non costituiscono più uno strumento di legittimazione dell'agire dello Stato ma possono essere ancora liberamente utilizzati per il raggiungimento di obiettivi di politica economica e sociale diversi da quelli relativi alla diffusione degli stessi. Il diritto dell'Unione infatti avrebbe, secondo Napolitano, disaggregato gli interessi collettivi e generali connessi ai servizi. La legislazione comunitaria di liberalizzazione dei servizi definiti di interesse economico generale e dalla disciplina della concorrenza, ha dato origine ad un vero e proprio nuovo equilibrio in cui il servizio pubblico può essere assicurato dal mercato con semplice definizione contrattuale dei vincoli a garanzia del perseguimento degli obiettivi di interesse generale mentre l'esclusione della concorrenza è un'eccezione giustificata dall'impossibilità di perseguire diversamente l'interesse generale.

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programmi e controlli, ai sensi dell'art. 41 comma 3 Cost.144. Oggi, questa interpretazione, ampiamente condivisa, si concentra peraltro sull'essenza e sul contenuto del servizio pubblico, inteso come entità comprensiva di quelle prestazioni che per loro conformazione è doveroso

144La nozione oggettiva si è così sempre più intrecciata ai temi della disciplina e della funzionalizzazione delle attività economiche e progressivamente separata invece dal ruolo dello Stato e dei pubblici poteri nonché dal richiamo alla applicazione di uno specifico regime giuridico. In realtà a far entrare in crisi la concezione di servizio pubblico in senso soggettivo è stato l'avvio della municipalizzazione di servizi come farmacie, nettezza urbana, trasporti funebri, costruzione ed esercizio di forni, macelli, bagni, lavatoi pubblici e acquedotti, che la legge Giolitti consentiva fossero gestiti in economia. Osserva GIANNINI, (cit., Giuffré, MILANO, 2000) che ad esito della legge di municipalizzazione poteva succedere che in un Comune vi fosse attività dichiarata pubblico servizio in quello vicino no rivelando così la natura tutta politica dell'opzione. La legge 103 del 29 marzo 1903, voluta ed approvata dal Governo Giolitti ha, infatti, riconosciuto ai Comuni la possibilità di valutare l'opportunità della municipalizzazione non solo sotto il profilo economico finanziario ma anche sotto quello del contributo che la stessa potesse avere nello sviluppo economico e sociale del territorio. L'attenzione verso il fenomeno dei pubblici servizi è aumentata, tuttavia, al secondo dopoguerra, periodo di crescita economica durante il quale oggetto di nuova valutazione diviene l'opportunità politica ed economica della prosecuzione del processo di municipalizzazione (che annoverava ben 60.000 unità lavorative in 630 aziende municipalizzate) come dimostrato dalle ricerche svolte da TOSATTI, L'applicazione della legge per la

municipalizzazione dei pubblici servizi, in TERMINI, Dai Municipi all'Europa. La trasformazione dei servizi pubblici locali, Il mulino,

BOLOGNA, 2004. “L'assunzione diretta dei servizi da parte dei

comuni rimaneva comunque la via maestra da seguire quando si riteneva necessario fermare lo strapotere delle posizioni monopolistiche di alcune imprese naturalmente a vantaggio dell'utenza”.

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siano rese alla collettività a condizioni tali da garantirne la più ampia fruibilità, benché - come già osservava Massimo Severo Giannini - non siano in nessun ordinamento individuabili a priori caratteri in grado di qualificare un servizio pubblico oggettivamente inteso, essendo quest'ultimo espressione di orientamenti politici o ideologici o economici o misti145.

Detta impostazione sarebbe addirittura avvalorata dalla Carta costituzionale che, nell'ammettere che il servizio pubblico non sia riservato esclusivamente alla pubblica amministrazione o da essa conferito a terzi, avrebbe accolto una nozione oggettiva di servizio, riferibile ad imprese private. L'art. 43 Cost., quindi, avrebbe valorizzato non solo l’intervento pubblico nell’economia ma anche un sistema di mercato in cui l’Amministrazione Pubblica è abilitata a concedere, oltre alla gestione di servizi pubblici, la loro titolarità, riservandosi invece la regolamentazione, l’indirizzo ed il controllo146.

145GIANNINI, cit. Giuffré, MILANO, 2000.

146VIVARELLI, La concessione: uno tra gli strumenti di gestione

del servizio pubblico, Riv. Trim. app. n. 3, 2010. Intermedia

potrebbe essere ritenuta la definizione secondo la quale il servizio è pubblico in quanto “reso al pubblico degli utenti per la

soddisfazione dei bisogni della collettività nonché in ragione del fatto che un soggetto pubblico lo assume come doveroso”. Il

servizio pubblico ha quindi carattere necessariamente trilaterale, coinvolgendo l’Amministrazione conferente, il soggetto gestore e la collettività che fruisce dei servizi: soggetto quest’ultimo di cui lo stesso Consiglio di Stato ha sottolineato l’importanza, precisando che il servizio pubblico, per esser considerato come tale, debba essere idoneo a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale. Di tal ché non può, ad esempio, esser ritenuta servizio pubblico “l’attività alla quale non

corrisponda una specifica pretesa degli utenti come avviene nel caso della gestione di un’opera pubblica”. In tal senso CASETTA,

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Manuale di diritto amministrativo, Giuffré, MILANO, 2010. Detta

nozione c.d. oggettiva verrebbe poi ad essere ricondotta in forza del 41 Cost. alle attività economiche indirizzate a fini di utilità generale tramite programmi e controlli. Impostazione, quest'ultima, che secondo VILLATA, Pubblici servizi. Discussioni e problemi, Giuffré, MILANO, 2003, “deve essere risolutamente disattesa”; non solo perché “appare troppo generica e fa perdere qualsiasi

specificità al concetto e lo risolve nella disciplina pubblica dell'iniziativa economica, praticamente funzionalizzando qualsiasi attività privata non sprovvista di aspetti ritenuti meritevoli di regolamentazione pubblicistica”,ma anche perché fondata perlopiù

sull'art. 43 Cost. Osserva VILLATA, che l'art. 43 Cost., dal quale dovrebbe dedursi la totale irrilevanza della qualifica del soggetto gestore, ben si adegua anche alla ipotesi in cui la PA decida di escludere dall'espletamento del servizio ogni privato e decida di gestire direttamente. L'evocazione dell'art. 43 Cost. Sarebbe quindi impropria perché compatibile anche con la tesi soggettiva. L'Autore costruisce del resto la propria tesi sulla validità e la attualità di una concezione soggettiva del servizio che, in linea con la tesi di ZUELLI, (Servizi pubblici e attività imprenditoriale, Giuffré, MILANO 1973), trova il suo “nucleo essenziale nella

decisione della Pubblica Amministrazione di procedere all'assunzione di un'attività come servizio pubblico, in tal modo conseguendone la titolarità”, non quindi l'esercizio che ben può

essere affidato a privati. L'Autore sostiene di fatto che la natura del gestore non incida su quella del servizio, purché laddove questo sia affidato ad un privato continui ad inserirsi all'interno di una organizzazione, ampiamente intesa, connotata dall'esercizio da parte della Pubblica Amministrazione di un potere che CERULLI IRELLI definisce di vigilanza e controllo sulla corretta e, si aggiunge, funzionalizzata erogazione del servizio pubblico. Con riferimento alla titolarità la tesi di VILLATA, in linea questa volta con gli studi classici di A.ROMANO, è che questa debba indiscutibilmente esser individuata in capo ad un oggetto pubblico, alla cui attività il privato si limita a partecipare in virtù di un provvedimento amministrativo.

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L'adesione ad una ricostruzione oggettiva, legata ad indici di carattere metagiuridico, non rende peraltro privo di utilità lo sforzo descrittivo né il tentativo di tracciare i confini della categoria di servizio pubblico, e, così facendo, di individuare il limite, se e nella misura in cui questo ancora esista, oltre il quale la concorrenza non possa spingersi.

Benché, infatti, ad una attualizzazione della teoria del servizio pubblico, adeguata alla frammentazione delle esigenze della collettività nonché alla sovrapposizione di fonti regolatrici, sia stato sempre più spesso privilegiato lo studio, di carattere pratico ed occasionale, delle modalità di gestione dei servizi pubblici si è dell'avviso che la scelta di un determinato strumento gestionale comporti necessariamente una riflessione sul contenuto della gestione147.

Si è dell'avviso, infatti, che non tutti i servizi possano essere meramente “delegati” alle dinamiche del mercato, essendo per contro necessario se non il mantenimento di una gestione diretta in capo all'Amministrazione Pubblica, un temperamento di tale processo di depubblicizzazione in ragione dell'interesse pubblico o, come si legge nelle pronunce del Consiglio di Stato, in funzione del benessere

147 Diverso sarebbe invece il punto di vista del diritto comunitario perché orientato al modo in cui i servizi pubblici si inseriscono in un ambiente economico in cui vigono il principio dell’apertura dei mercati e quello della competizione tra le imprese non falsata da interventi dagli stati, e che riconoscendo la funzione svolta dai servizi pubblici per l’attuazione dei valori comuni dell’unione. In questo quadro la Corte di Giustizia (cfr cap.1 par.1) ha sviluppato criteri applicativi e principi generali che tendono a contenere gli effetti devianti che la libertà degli stati riguardo ai propri servizi pubblici potrebbe produrre per il modello di organizzazione economica assunta ad obiettivo dell'Unione europea.

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della collettività. Temperamento che ben potrà esser raggiunto con l'esercizio, da parte del soggetto pubblico, di un'attività regolatrice di cui frequentemente la dottrina ha invocato la valorizzazione148.

Che si tratti di un ente locale o dello Stato, l'Amministrazione Pubblica continua infatti a dover avere “la volontà e la capacità di emanciparsi politicamente dall'influenza economica dei privati” e, servendosi del diritto pubblico, a dover programmare, regolare, “governare” i processi economico finanziari, sì da tutelare “i processi perequativi degli interessi pubblici” 149.

148v. IRTI, cit.

149LUCARELLI, Crisi e ricostruzione del diritto pubblico in LUCARELLI, Il diritto pubblico tra crisi e ricostruzione, La Scuola di Pitagora, NAPOLI, 2009. La conservazione di tale funzione regolatrice ha indotto certa dottrina a lamentare il mancato completamento della riconduzione a concorrenza del settore, pur con sensibili differenze a livello nazionale e locale, al punto che secondo NAPOLITANO (Regole e mercato nei servizi

pubblici, Il Mulino, BOLOGNA, 2005) a livello locale il sistema

dei servizi sarebbe imperniato su programmazione e gestione pubblica e si dovrebbe parlare più che di concorrenza per accedere al mercato di concorrenza per accedere a modalità di partnership con il pubblico. Si veda in particolare la ricostruzione secondo la

quale:“L’idea della necessaria relazione tra utente e

Amministrazione è strumentale alla difesa ed all'allargamento dei confini di diritto pubblico perché secondo tale concezione a monte le rapporto di utenza vi sarebbe l'assunzione da parte del pubblico potere di un servizio. Alla assunzione del servizio seguirebbe la

adozione di scelte redistributive e l'esercizio di poteri di programmazione e organizzazione che arrivano fino alla assegnazione dell'incarico di fornire le prestazioni al pubblico. “L'erogatore del servizio in questa prospettiva è comunque un

soggetto individuato dall’Amministrazione e operante sulla base di uno specifico titolo di legittimazione piuttosto che nell'esercizio della libertà di iniziativa economica”.

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Alle perplessità che la dottrina ha manifestato quanto alla utilità della individuazione di un solo concetto di servizio pubblico e dell'impiego di classificazioni oramai superate si accostano del resto quelle originate dai testi normativi che hanno, invero, introdotto nozioni tra loro diverse dirette al solo fine di delimitare la sfera applicativa di una specifica disciplina giuridica.

L'incertezza derivante, da un lato, da una dottrina in itinere costretta ad abbandonare categorie concettuali appartenenti ad un ordinamento ormai mutato, fondato su un consistente intervento pubblico nell'economia, da un altro da fonti normative lacunose, ha così indotto la giurisprudenza ad accogliere una definizione più vasta che assorbe nella categoria dei servizi pubblici quelle attività di qualsiasi natura, connesse alla cura di interessi collettivi, svolte quindi sia da soggetti pubblici sia da privati, la cui utilità risiede semplicemente nella necessità di una regolamentazione specifica che non può che definirsi “mista” od ibrida, comunque non ascrivibile al regime pubblico od a quello privato150.

150Cfr NAPOLITANO, cit., Il Mulino 2005 sembra privilegiare invece un approccio differente che piuttosto individua nell'ordinamento una incompiuta riforma originariamente diretta alla completa privatizzazione dei servizi non strettamente connessi all'esercizio delle prerogative pubbliche, dei c.d. Services régaliens. NAPOLITANO parla di “ bilancio contraddittorio; di

superamento del regime tradizionale e di riduzione dell'intervento pubblico diretto nonché dei fini”. Rileva tuttavia la presenza di un

“rischio di lasciare le riforme a metà e di tornare al passato,

sommando i costi della restaurazione a quelli di transizione.” Per i

giuristi, ritiene l'A., è forte la tentazione di annunciare la “lieta

novella della rinascita dei servizi pubblici, locali”, “vecchie e nuove categorie però non resistono alla prova delle continue tensioni normative e giurisprudenziali” che invece impongono di

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Nonostante ancora oggi permangano posizioni tra loro contrastanti e vi siano in dottrina quanti sostengano l'una o l'altra delle due tesi tradizionali va quindi rilevata la tendenziale adesione dei giudici amministrativi ad una costruzione oggettiva attualizzata dell'istituto151, fondata sulla sussistenza di alcuni requisiti che potremmo dire espressione di una combinazione delle due tesi.

Come ha recentemente ricordato il Supremo Collegio Amministrativo se è vero che in sede di qualificazione di un servizio pubblico non è indispensabile la titolarità pubblica della gestione, resta ferma la necessità della presenza di una disposizione normativa che ne preveda l'obbligatoria istituzione e la disciplina, oppure che ne rimetta istituzione ed organizzazione alla Amministrazione Pubblica. Accanto alla natura pubblica delle regole che presiedono allo svolgimento delle attività di servizio pubblico ed alla loro doverosità, interesse suscita anche la presenza di un ulteriore residuo di funzione sociale, da rinvenirsi nell'utilità derivante dalla gestione del servizio,

lemmi giuridici.

151Cons. Stat. 29 novembre 2000 n. 1289. Recentemente anche la Corte di Cassazione ha accolto i criteri elaborati in dottrina per ricostruire una concezione condivisa di servizio pubblico. Gli elementi sono stati così cristallizzati: l’imputabilità e la titolarità del servizio in capo alla Pubblica Amministrazione imposta all’ente pubblico ex lege; la destinazione del servizio alla soddisfazione di esigenze della collettività; la predisposizione da parte della Amministrazione di un programma di gestione vincolante anche