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Servizi pubblici e lavoro nella costruzione del

modello sociale europeo.

L'elasticità della nozione sovranazionale di servizio di

61Cons. Stato V 23 ottobre 2012 n. 5409. Pronuncia importante anche perché nel definire i SPL a rilevanza economica precisa come l’importo dell’utile sia irrilevante. La qualificazione è infatti correlata alla astratta potenzialità di produrre un utile di gestione e quindi di riflettersi sull’assetto concorrenziale. Ancor più recentemente si richiama sent. Cons. stato 11 febbraio 2013 n. 762 che, alla luce dell'intervenuta abrogazione dell'art. 23 bis, ha evidenziato l'indifferenza della gestione diretta rispetto alla gestione tramite terzi mostrata dal legislatore europeo nella gestione dei servizi pubblici dovendosi vagliare, la scelta discrezionale del legislatore italiano, “alla luce dei consueti

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interesse generale nonché il superamento della dottrina “classica” di servizio pubblico all'italiana, sulla quale si ritornerà nel prosieguo, inducono ad accogliere una concezione di servizio pubblico comune evocativa di una serie di prestazioni, siano queste dotate di rilievo economico o meno, orientate al soddisfacimento di istanze meritevoli di protezione perché componenti essenziali di una vera e propria cittadinanza sociale non solo nazionale ma anche europea62. Istanze, dall’acqua, al trasporto, all’illuminazione, all’assistenza sociale, agli asili, all’igiene cittadina, che - in ragione della progressiva infiltrazione ad opera della concorrenza - (v. espressione di G. Lyon Caen con riferimento al diritto del lavoro) si sono trovate sempre più spesso a dover interloquire con le regole del mercato o, se si volessero accogliere posizioni estreme, ad essere immolate in ragione di queste ultime63.

62 Nozione la cui duplice dimensione è posta in evidenza proprio dal bilanciamento tra libertà economiche e diritti sociali. Il diritto sociale garantito dall’ordinamento dell’UE ha una dimensione esclusivamente individuale e si sostanzia attraverso il contenzioso attivato dal titolare del diritto che si pretende leso, mancando del tutto quella dimensione collettiva e politica propria dei diritti sociali, definiti tali proprio perché la loro effettività è garantita dall’adozione di politiche economiche di carattere redistributivo. Carenza che deriva dal fatto che sui diritti sociali ai quali il cittadino europeo può accedere grazie al diritto dell’UE, quest’ultima non ha alcuna competenza. La cittadinanza sociale che si costruisce per via giurisprudenziale è in breve una cittadinanza sociale senza Stato sociale; e per questo motivo finisce per entrare in tensione (ancora una volta) con i principi regolatori sui quali questo si regge. ORLANDINI, Libertà economiche e

cittadinanza sociale europea, www.europeanrights.eu.

63Tra i giudici più severi della trasformazione che ha coinvolto i servizi pubblici in Europa cfr SUPIOT, Lo spirito di Filadelfia.

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La regolamentazione dei servizi pubblici europei, rectius dei servizi di interesse generale, ha così offerto un’ulteriore occasione di studio ed analisi del rapporto, da Supiot definito artificiale, tra dimensione sociale ed economica dell’Unione Europea.

Così come l’incerta e complessa relazione tra libertà economiche fondamentali – nella classificazione in libertà di circolazione, di prestazione dei servizi nonché di stabilimento – e diritto del lavoro, ha suscitato ampi dibattiti, questioni ed interrogativi del tutto simili possono, invero, essere avanzate con riferimento alla progressiva sottoposizione della materia dei servizi pubblici, da sempre espressione di prerogative e sensibilità di natura pubblicistica, alla legge ed alle dinamiche di mercato. Ciò a fortiori se si considera che le conseguenze dell'evocato percorso di mercantilizzazione non sono solo subite dalla collettività – utente, consumatrice e cliente – ma prima ancora da milioni di lavoratori che in tutta Europa sono impiegati nel settore.

A tale proposito, come si tenterà di argomentare, si è dell'avviso che nell'ambito pur mobile e di difficile circoscrizione costituito dai servizi pubblici, indipendentemente dalle concrete modalità di gestione degli stessi (su cui infra cap. terzo), alcuni adattamenti debbano essere apportati con particolare riferimento alle regole di diritto comune applicabili ai rapporti di lavoro instaurati nel settore, così come del resto già avviene per la stessa erogazione dei servizi (si pensi agli obblighi di servizio pubblico) e per la tutela dell’utenza (si pensi alla carta dei servizi ed alla regolamentazione dello sciopero dei servizi pubblici essenziali).

Si esprime in termini di trasformazione dello Stato in Repubblica degli affari, citando James Galbraith.

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Perché, tuttavia, i temperamenti invocati possano esser ritenuti ragionevoli e compatibili con, in primis, il principio di libertà d'iniziativa economica nonché con le regole della concorrenza tra operatori economici è doveroso premettere ad ogni considerazione di carattere tecnico, per la quale si rinvia ai capitoli successivi, una contestualizzazione del dibattito cui la liberalizzazione dei servizi pubblici dà avvio. Anche tale processo richiede infatti una riflessione quanto all'impatto sociale delle scelte filomercantilistiche adottate in sede europea di cui la materia oggetto della presente trattazione è espressione.

La progressiva privatizzazione dei servizi pubblici costituisce, ricorrendo ad una immagine metaforica utilizzata da Napolitano, un caleidoscopio in grado di cogliere ulteriori sfaccettature del complesso equilibrio creatosi tra protezione e sviluppo del mercato interno – motore propulsivo dell'Unione – e necessaria emersione delle tradizioni costituzionali sociali comuni ai Paesi membri.

Se l'europeizzazione del diritto dei servizi pubblici, così come quella di alcuni aspetti del diritto del lavoro, rinnova una tensione64, non sopita neppure dopo il Trattato di

64In termini di tensione si esprime ALLEGRETTI, Globalizzazione

e sovranità nazionale, Dem.dir. 1995, 47. Ritiene infatti l'Autore

che la globalizzazione abbia di fatto determinato la necessità che nuovamente i diritti sociali siano scoperti ampliati e potenziati e che la vita attuale proprio in ragione dell'avvento della globalizzazione sia connotata da una “tensione quanto mai viva –

superiore addirittura nonostante la minor forza politica che nell'epoca della convivenza tra capitalismo e socialismo di stato tra la spinta dell'economia diretta dalle società transnazionali e la coscienza dei popoli di dover combattere per i propri diritti umani”.

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Lisbona, tra diritti sociali65 e mercato, un considerevole contributo alla riflessione potrà allora esser offerto non solo dall’orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia66, in particolare da quello che più ha suscitato

65cfr GIORGIS voce Diritti sociali in CASSESE (a cura di)

Dizionario di diritto pubblico, 2006, Giuffré, MILANO. Si tratta di

una nozione di difficile definizione; potrebbero esser comprese tra i diritti sociali tutte quelle norme di principio che individuano finalità pubbliche relativamente ad alcuni beni e nel contempo fondano situazioni soggettive di vantaggio. Osserva sempre l’Autore che recentemente debbano ritenersi annoverati tra i diritti sociali non solo i diritti dei soggetti deboli ma anche i diritti volti a garantire a tutti gli individui i beni e servizi ritenuti indispensabili per condurre una vita dignitosa ossia anche i diritti finalizzati a consentire di esplicare la propria naturale propensione a stringere e consolidare relazioni sociali nonché diritti delle formazioni e comunità sociali. Numerosi sono i metodi con i quali raggruppare tipi diversi di diritti sociali. Esistono diritti il cui contenuto consiste in una facultas agendi (es diritto alla procreazione) ed altri che sono pretese giuridiche nei confronti di soggetti perlopiù pubblici, diritti sociali di partecipazione e diritti sociali di prestazione. Si tratta di pretese, queste ultime, che sono più variegate e che sono le pretese che ogni persona in quanto concretamente bisognosa di un determinato bene o servizio vanta nei confronti dello Stato, ossia le possibili forme della più generale pretesa a che lo Stato o la

Pubblica Amministrazione o il legislatore intervengano

“nell’ambito dei processi produttivi correggendo le distorsioni o

supplendo alle mancanze dell’iniziativa privata in maniera tale da assicurare l’esistenza di una quantità adeguata di tutti quei beni e servizi di cui si ritiene indispensabile poter fruire per condurre una vita libera e dignitosa”. Costituiscono “il riflesso soggettivo del dovere di cui sono gravati i poteri costituiti e in particolare il legislatore di organizzare la trasformazione delle risorse in beni e servizi se la iniziativa privata non vi provvede o non vi provveda in maniera adeguata”; ma sono diritti sociali di prestazione anche le

pretese che il lavoratore vanta nei confronti del datore, dello Stato. 66In realtà come ricorda CARABELLI, Europa dei mercati e

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interesse, costituito dalle note sentenze Viking67 e Laval68, nonché a seguire Commissione c. Lussemburgo69,

conflitto sociale, Cacucci, BARI, 2009 le sentenze sulle quali

l'attenzione dei giuslavoristi rectius degli studiosi del diritto sociale europeo si è concentrata si inseriscono in un percorso giurisprudenziale più ampio rispetto al quale le c.d. Quattro Laval si pongono quale esito, si spera, non conclusivo. Gli anni Novanta, sottolinea l'Autore, sono caratterizzati in particolare da sentenze con le quali la Corte di fatto riconosce agli interessi sociali nazionali protetti dalla disciplina in materia di lavoro la qualità di ragioni di interesse generale “in grado di comprimere

legittimamente quantunque con i significativi temperamenti imposti dal test di proporzionalità la libera circolazione dei servizi”.

67CGUE sent. 11 dicembre 2007 C 438/05, ad esser oggetto di sindacato è l'eventuale restrizione subita dalla libertà di stabilimento garantita dall'ex art. 43 TCE.

68CGUE sent. 18 dicembre 2007, C 341/05, ad esser valutata è la possibilità che l'esercizio del diritto di sciopero limiti il completo espletamento della libera circolazione di servizi come tutelata dai Trattati dell'Unione.

69CGUE sent. 19 giugno 2008 C-319/06. Ad esito del giudizio avviato dalla Commissione la Corte di Giustizia ha concluso che l'art. 3.1 della direttiva sul distacco 96/71 contenga un elenco, recante le materie nelle quali gli Stati membri ospitanti possono dar prevalenza alle disposizioni applicabili nel loro territorio, abbia carattere tassativo. Elenco che può esser ampliato solo per ragioni di ordine pubblico restrittivamente inteso “di guisa che la sua portata non può essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni della Comunità europea”, potendosi invocare solo in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali. Ciò in ragione del fatto che la libera prestazione di servizi in quanto principio fondamentale del Trattato può essere limitata solo da norme giustificate da ragioni imperative di interesse generale e applicabili a tutte le persone o imprese che esercitino un'attività nel territorio dello Stato membro ospitante qualora tale interesse non sia tutelato dalle norme cui il prestatore è soggetto nello Stato

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Commissione c. Germania e Ruffert70, ma anche dalla lettura che la dottrina ha fatto di tali pronunce quali indici sintomatici dell'attuale livello di “maturità” sociale dell'Europa istituzionale.

Sia dottrina sia giurisprudenza europea offrono, infatti, gli strumenti che consentono di comprendere quale sia la linea adottata dall'Unione nei confronti dei profili “sociali” del mercato, attengano questi all'azione collettiva od all'accesso ai servizi di interesse generale entrambi riconducibili alla categoria dei diritti sociali c.d. di prestazione.

La parziale sovrapponibilità delle questioni poste dal rapporto tra lavoro e mercato e tra servizi pubblici e mercato, trova peraltro conforto nella Carta dei diritti

membro in cui è stabilito (p. 25-31; 41-44).

70Gli studi dedicati alle sentenze, ma soprattutto gli studi che hanno trovato nell'adozione delle sentenze citate nel testo un'occasione per esprimere incertezze e delusioni rispetto allo stato di attuazione del progetto europeo sono numerosissimi. Tra i tanti i più noti, CARABELLI, Europa dei mercati e conflitto sociale, Cacucci BARI 2009; VIMERCATI (a cura di) Il conflitto sbilanciato, Cacucci, BARI, 2009; SCIARRA, Diritto del lavoro e diritto

sociale europeo. Un'analisi delle fonti, in CARUSO-SCIARRA Il lavoro subordinato, Giappichelli, TORINO, 2009; ORLANDINI, Libertà economiche e cittadinanza sociale europea,

www.europeanrights.eu; LO FARO, Diritti sociali e libertà

economiche del mercato interno:considerazioni minime in margine ai casi Laval e Viking, Lav. Dir. 2008, 64; BALLESTRERO, Europa dei mercati e promozione dei diritti, W.P.C.S.D.L.E.

Massimo D'Antona.int 55/2007;ORLANDINI, Autonomia

collettiva e libertà economiche: alla ricerca dell'equilibrio perduto in un mercato aperto e in libera concorrenza, WP C.S.D.L.E.

Massimo D'Antona.int 66/2008; i più recenti DE SALVIA, Il

bilanciamento tra le libertà economiche e i diritti sociali collettivi operato dalla corte di Giustizia è un contemperamento tra diritti equiordinati” WP 98/2012.

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fondamentali, nota come Carta di Nizza ed attualmente dotata del medesimo valore giuridico dei Trattati (art. 6 TUE), che annovera nella medesima sezione dedicata alla “Solidarietà”, i diritti dei lavoratori ed il diritto all’accesso ai servizi di interesse economico generale, all’espresso fine di “promuovere la coesione sociale e territoriale dell'Unione” (art. 36). L'approccio comune pare quindi trovare la sua determinante ragion d’essere nella circostanza che entrambe le discipline costituiscano parte integrante ed essenziale del c.d. modello sociale europeo71, il cui presupposto non può che esser costituito dalla condivisione di livelli minimi di condizioni dignitose di lavoro e di vita, diretta ad evitare fenomeni di dumping sociale inteso in senso ampio, ossia non solo misurato sul trattamento economico e normativo applicabile ai lavoratori ma anche sull'eventuale disomogeneo godimento dei servizi pubblici.

In tale contesto sono forse i servizi di interesse generale, sin dalla loro iniziale e scarna regolamentazione, per arrivare al Trattato di Lisbona ed al Protocollo 26, a poter fare da traino per la costruzione di una politica del lavoro europea che superi le contingenti richieste del mercato ancora funzionali ad una agevole circolazione di persone, merci e servizi.

Sin dai primi interventi in materia, infatti, i SIG eran già concepiti come un'area di mercato in cui più chiaramente gli obiettivi di efficienza economica si sarebbero dovuti

71Sulla complessità della stessa accezione di “modello sociale europeo” si veda, tra le più recenti pubblicazioni, RICCI, La

costruzione giuridica del modello sociale europeo, W.P. C.S.D.L.E.

Massimo D'Antona, 88/2011, il quale dopo aver sottolineato come della nozione esistano più letture ne pone in evidenza i profili di debolezza soprattutto alla luce dell'imponente crisi economica ancora in corso.

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conciliare con quelli di coesione sociale72. Si comprende, quindi, per quale motivo sempre più spesso proprio nella disciplina dei SIG viene individuato il fondamento del modello sociale europeo dal quale certa dottrina, aveva addirittura tratto qualche speranza quanto alla possibilità che le istituzioni europee mostrassero il medesimo interesse nei confronti di questioni più strettamente connesse al lavoro73. L'individuazione di un'area, pur circoscritta a deroga, di immunità dalle regole della concorrenza, ossia un'area senza mercato, avrebbe infatti

72Interesse – quello manifestato dall'allora Comunità europea – nei confronti della ingente partecipazione degli Stati nella vita economica dei Paesi membri che, a partire dagli anni Ottanta è costantemente cresciuto, ed orientato alla volontà di ridurre progressivamente la presenza pubblica in settori che potremmo definire “economicizzabili” quali le telecomunicazioni o l'energia elettrica. Di “spostamento di focus” parla la dottrina che osserva appunto un mutamento dell'oggetto di interesse, prima rappresentato dai comportamenti dei soggetti privati poi dal contrasto all'interferenza dei governi nel processo competitivo. Più precisamente GIUBBONI (Diritti sociali e mercato, Il Mulino, BOLOGNA, 2004) ritiene che tale mutamento di prospettiva abbia contribuito ad una espansione dei confini oggettivi della concorrenza, avvenuta in particolare proprio per il tramite di un rinnovato impiego dell'art. 90 del TCE, divenuto “la chiave di

volta della strategia di liberalizzazione dei servizi di interesse economico generale”. L'art. 90 TCE poi art. 86, infatti

rappresentava l'espressione, pur ambigua, di un compromesso tra libero mercato e forte intervento pubblico nell'economia ossia tra esigenze transnazionali e tradizioni politiche nazionali.

73Questo l'augurio che oramai dieci anni fa formulava ORLANDINI, Sciopero e servizi pubblici essenziali nel processo

di integrazione europea, Giappichelli, TORINO, 2003. Ove la

logica di mercato trova il suo limite nella necessità di perseguire obiettivi di politica sociale legittima la prospettiva di scenari più rosei anche per le garanzie del diritto del lavoro.

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potuto consentire di “scongiurare” “prospettive di pura erosione” delle garanzie lavoristiche, derivanti dalla flessibilizzazione del lavoro nel settore servizi pubblici normalmente legata alla loro privatizzazione74.

L'ammissione da parte delle istituzioni europee dell'esistenza di una missione sociale che sia svincolata da valutazioni economiche e dal perseguimento di finalità lucrative è del resto manifestazione di una consapevolezza; della coscienza che esistano bisogni che meritano di esser soddisfatti anche a – pur temporaneo e limitato – detrimento di quello che l'applicazione rigorosa della lex mercatoria prevederebbe.

Al fine di meglio comprendere quale sia il ruolo svolto dai servizi pubblici nel contesto normativo europeo è utile ricostruire, sia pur per sommi capi, quali siano le già evocate vicende concrete a partir dalle quali ha ripreso negli ultimi anni avvio lo studio del controverso dialogo tra Europa economica ed Europa sociale. A suscitare attenzione, il più delle volte dissenso, è stata come noto la forma che la Corte di Giustizia ha impresso all’equilibrio tra queste due dimensioni, tutto sbilanciato, si è detto, a vantaggio di libertà economiche “sociofaghe” (di circolazione, di prestazione di servizi75 e stabilimento).

74ORLANDINI, cit. Giappichelli, TORINO, 2003.

75 Cfr CGUE Sent. 9 dicembre 2004 C- 460/2002 Commissione c. Repubblica Italiana sulle clausole di successione negli appalti dei servizi aeroportuali: facendo applicazione della direttiva 96/67 sulla liberalizzazione servizi di handling assistenza scali degli aeroporti art. 14 del D.lgs. 18 1999 aveva previsto il passaggio di personale dall'appaltatore uscente a quello entrante previo accordo sindacale, “il legislatore aveva quindi cercato di controbilanciare il

diritto della concorrenza con una tutela della stabilità dell'occupazione adeguata al proprio modello e alle proprie tradizioni di protezione sociale”. La Corte di giustizia non ha

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Difficile ritenere che le contestazioni siano frutto di giudizi ideologici, essendo le decisioni della Corte di Giustizia di chiara formulazione. Se da un lato, infatti, i giudici paiono quasi dar per presupposta la dignità di diritto fondamentale del diritto di azione collettiva, da un altro chiariscono come altrettanto scontata sia la sottoposizione del suo esercizio “a talune restrizioni”. La tutela dei diritti sociali fondamentali rappresenta del resto un interesse tale da giustificare solo “in linea di principio” una limitazione agli obblighi di diritto europeo derivanti da libertà economiche fondamentali, dovendo, nei fatti, esser conciliata con le esigenze (economiche) tutelate dal Trattato stesso76, oltre che esser “conforme al principio di

ammesso tali clausole perché di ostacolo alla libera prestazione di servizi dei nuovi potenziali concorrenti.

76Si rammenta come gli argomenti principali poi posti a fondamento, dopo una loro progressiva raffinazione delle decisioni della Corte nelle sentenze Laval & c., fossero in passato già stati formulati dalla Corte di Giustizia laddove ad esser oggetto di contemperamento con le esigenze economiche erano altri diritti, pur ritenuti parte integrante dei principi generali di cui la Corte garantisce l'attuazione ispirandosi alle tradizioni costituzionali dei Paesi membri. v. CARABELLI, Europa dei mercati e conflitto

sociale, Cacucci, BARI, 2009. Tra i più noti precedenti si

richiamano Schmidberger e Omega, in cui oggetto del bilanciamento erano rispettivamente la libertà di riunione ed il rispetto della dignità umana. Gli argomenti evocati sono in particolare costituiti dalla valorizzazione del diritto fondamentale di matrice “sociale” coinvolto nel giudizio, la necessità che lo stesso sia conciliato con le libertà economiche, quindi il bisogno di un bilanciamento tra esigenze sociali ed economiche, ed infine l'introduzione di una verifica di proporzionalità e necessità dell'obiettivo perseguito mediante l'esercizio del diritto sociale e, per conseguenza, della restrizione della libertà economica. Sent. Schmidberger C- 112/2000 p. 74 “la tutela dei diritti fondamentali

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proporzionalità”77. A tal riguardo competerà al giudice di rinvio verificare se la restrizione delle libertà economiche,

principio, una limitazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario, ancorché derivanti da una libertà fondamentale garantita dal Trattato, quale la libera circolazione delle merci”.

Viene così sollevato il problema della necessaria conciliazione tra le esigenze di tutela dei diritti fondamentali nella Comunità con quelle derivanti da una libertà fondamentale sancita dal Trattato e, in particolare, il problema della portata rispettiva delle libertà di espressione e di riunione, garantite dagli artt. 10 e 11 della CEDU, e della libera circolazione delle merci, quando le prime sono invocate quali giustificazioni per una limitazione della seconda (p.77). Se la libera circolazione delle merci “rappresenta certamente uno dei principi fondamentali nel sistema del Trattato”,