dipendenze degli Enti Locali
L’evoluzione sin qui richiamata ha connotato anche i rapporti di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Civiche. Gli Enti locali, tuttavia, hanno sempre manifestato alcune specificità rispetto alla generalità delle Amministrazioni statali, come dimostrato dalla pluralità delle fonti regolative applicate231, svolgendo secondo
231In materia di lavoro la ripartizione è tra la legge che pone i principi di riferimento individuabili nei criteri di autonoma funzionalità economicità di gestione professionalità responsabilità;
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alcuni addirittura un ruolo di sperimentazione ed anticipazione delle riforme che poi sarebbero state estese al resto degli organismi pubblici, basti pensare alla disciplina della valutazione del personale. A tale funzione anticipatrice ha indubbiamente contribuito il riconoscimento, per il tramite della legge 8 giugno 1990 n. 142232, dell’autonomia regolamentare in materia di organizzazione dei servizi e degli uffici233, proseguita nel 1997 con la modifica della collocazione del segretario comunale234 e l' introduzione della particolare figura del
lo statuto che detta i principi propri dello specifico ente; il regolamento cui compete determinare nel concreto l’ordinamento degli uffici e dei servizi. ROLLA cit.
232Art. 51 detta alcuni principi sulla organizzazione di uffici e personale poi sviluppati negli statuti e nei regolamenti: introduzione di criteri di funzionalità autonomia ed economicità di gestione nell’organizzazione di uffici e servizi; distinzione tra poteri di indirizzo e di controllo e compiti di gestione amministrativa quindi tra funzioni degli organi elettivi e funzioni dei dirigenti.
233Vi è chi ritiene che proprio l’autonomia regolamentare degli enti locali abbia per anni costituito un ostacolo ad una effettiva contrattualizzazione degli enti locali la cui auto organizzazione si temeva potesse subire restrizioni per effetto dell’ampliamento degli spazi riconosciuti alla contrattazione sindacale. La permanenza di un doppio regime o, talvolta, di un conflitto tra fonti non è stata superata neppure dal D.lgs. n. 29/1993. In tal senso TOMEI da DE MARZO TOMEI (a cura di) Il rapporto di lavoro alle dipendenze degli Enti locali, PADOVA 2004.
234L’organizzazione tradizionalmente presentava una notevole uniformità di assetti anche per la presenza del segretario nominato dal ministero degli interni e da questo dipendente, collocato in posizione di vertice costituiva un robusto elemento di omogeneizzazione controllo e centralizzazione del funzionamento e dell’azione amministrativa di comuni e province. Legge 15 maggio 1997, n. 127 agenzia autonoma per la gestione dell0albo
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direttore generale235, da ultimo consacrata con la riforma del titolo V della Costituzione236.
Nonostante, quindi, come per gli altri comparti, la privatizzazione abbia determinato un ridimensionamento della regolamentazione pubblicistica unilaterale a favore delle fonti contrattuali, sotto il profilo organizzativo le richiamate modifiche hanno esteso lo spazio di intervento dell’autonomia locale soprattutto nell’ambito dello Statuto, espressione dell’impostazione e della filosofia dell’Ente. Le norme statutarie a loro volta rinviano ai regolamenti, adottati dalla Giunta comunale in linea con i criteri stabiliti dal Consiglio, la definizione dell’ordinamento generale
segretari comunali e provinciali soppressa nel 2010.
235VANDELLI “Il sistema delle autonomie locali”, BOLOGNA 2011. Le peculiarità sono ancora, tuttavia, rappresentate dalla presenza di alcune figura come quella del direttore generale, volta a “compiere un passo verso un’organizzazione locale più flessibile
attenta ai risultati” aperta alla cultura manageriale. Al direttore
generale spetta più precisamente il compito di attuare indirizzi ed obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell’ente, secondo le direttive del sindaco; deve inoltre elaborare e proporre atti che rechino gli obiettivi ed i parametri per il controllo di gestione. Il D.g. noto anche come City manager rappresenta lo snodo tra il ruolo degli organi ed il ruolo di gestione dei dirigenti, coordinando e controllando l’attività dei dirigenti e verificandone la congruità rispetto al perseguimento degli obiettivi.
236Ad esito della quale lo stato ha conservato una competenza esclusiva per quel che concerne le linee ordina mentali del rapporto di lavoro in quanto parte dell’ordinamento civile e penale secondo la nuova accezione dell’art. 117 Cost. . di tal ché tutto ciò che esula dalla fissazione dei livelli essenziali dei diritti civili e sociali per il criterio della residualità va fatto rientrare nella competenza esclusiva delle regioni. In tal senso FOGLIA, sub art. 1 del D.lgs 30 marzo 2011 n. 165, da AMOROSO DI CERBO FIORILLO MARESCA, il diritto del lavoro, Il lavoro pubblico, MILANO 2011.
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degli uffici e dei servizi in base ai criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione secondo principi di professionalità e responsabilità (art. 89 comma I D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267)237.
Più precisamente sulla scorta dell’art. 89, comma II, del D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, nel rispetto di quanto disposto dai contratti collettivi, i regolamenti possono, tra le altre materie, disciplinare “a) responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell'espletamento delle procedure amministrative; b) organi, uffici, modi di conferimento della titolarità dei medesimi; c) principi fondamentali di organizzazione degli uffici; d) procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di
avviamento al lavoro;
e) ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva”.
237ROLLA, cit., il regolamento sull’ordinamento degli uffici e servizi soddisfa le esigenze del singolo ente. Ogni regolamento secondo l’autore dovrebbe contenere i seguenti oggetti essenziali: a) individuazione delle diverse forme organizzative che possono caratterizzare l’assetto dell’ente distinguendo tra strutture permanenti e temporanee o all’assolvimento di specifiche attività es. di supporto all’attività di direzione politica o alla realizzazione sperimentale di nuovi servizi o nuove modalità di realizzazione dei servizi; b) enucleazione di principi guida in materia di relazioni interorganiche o di direzione degli uffici es. organizzazione e gestione risorse umane c) definizione di istituti ed organi che svolgono poteri coordinamento e sintesi: compiti del DG dei dirigenti e del Comitato di direzione; c) individuazione di atti di organizzazione cui è possibile ricorrere per assicurare una gestione flessibile delle risorse umane e per modulare l’organizzazione secondo gli obiettivi prefisssati: strumenti di orientamento e di governo anche delle risorse meno rigidi del regolamento; d) previsione di strumenti di controllo interno e monitoraggio dell’azione amministrativa.
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A fronte di una ampia potestà regolamentare in materia di organizzazione238, pur esercitata nell’ambito della legislazione statale e regionale che ne garantisce i requisiti minimi di uniformità, ribadita e precisata dalla legge n. 5 giugno 2003 n. 131 (di attuazione dell’ordinamento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3), i rapporti di lavoro sono stati progressivamente attratti, al pari dei rapporti di pubblico impiego statale, nella sfera applicativa della disciplina normativa del lavoro privato. Il titolo IV del Testo Unico in materia di enti locali, dedicato ad organizzazione e personale, esordisce, infatti, riconducendone la regolamentazione al D.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 e sue successive modifiche. L’espresso “rinvio mobile alla disciplina madre”239 ed alle modifiche di cui è
238ROLLA, Diritto regionale e degli enti locali, MILANO 2002 il Dlgs 267 2000 come il Dlgs 165 2001 hanno individuato una pluralità di fonti idonee ad assicurare il principio di autonomia in materia di organizzazione degli uffici: gli statuti che devono fissare le norme fondamentali per l’organizzazione dell’ente e l’ordinamento degli uffici; i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi i quali nell’ambito dei principi statutari disciplinano la specifica organizzazione uffici; gli atti di organizzazione cui compete dare una puntuale attuazione alle previsioni statutarie e regolamentari. Senza trascurare l’autonomia gestionale che consente di introdurre nella pa nuovi parametri in grado di apprezzare sia i procedimenti amministrativi in relazione alla economicità e produttività quanto i risultati sotto il profilo della qualità delle prestazioni rese. Infatti l’art. 1 della l. 7 agosto 1990 n. 241 tra le articolazioni del 97 cost. prevede l’obbligo di assicurare efficienza, efficacia, economicità dell’azione amministrativa. Inoltre c. art. 147 del TUEL sui controlli interni. 239Parere dell’Adunanza generale del Consiglio di Stato 8 giugno 2000 n. 87, sullo schema di D.lgs. 267/2000 con il quale il supremo giudice amministrativo nella sua funzione consultiva ha espresso perplessità sull’opzione espressa nella precedente versione dell’art. 88 TUEL che, al contrario, riportava testualmente le disposizione
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stata oggetto determina quindi l’applicazione diretta della legislazione sul lavoro pubblico, a prescindere dal recepimento statutario o regolamentare, al rapporto di lavoro con l’ente locale240.
Con riferimento alla gestione del personale di dipendenti, dirigenti, segretari, quadri, impiegati, operai viene, pertanto, esteso il Testo Unico sul Pubblico Impiego che, peraltro, sin dall’art. 1, comma 1, riconosce la necessità di tener conto “delle autonomie locali e di quelle delle regioni delle province autonome” così legittimando “le diversità e le peculiarità delle autonomie territoriali in materia di organizzazione degli uffici e del personale in considerazione della loro maggiore autonomia legislativa e amministrativa contro una arcaica impostazione centralistica ed una tendenza alla omologazione delle amministrazioni pubbliche quanto agli aspetti più prettamente legati all’ordinamento amministrativo”241.
dell’allora vigente D.lgs. 29/1993 così argomentando. “La
ripetizione della normativa generale [...] pur se dettata dalla comprensibile esigenza di accorpare in un contesto unitario tutte le norme valevoli per il rapporto alle dipendenze degli enti locali. Dà vita ad una gemmazione novativa delle norme di origine, foriera di complicazioni in caso di modifiche di dette ultime norme non accompagnata dalla parallela correzione delle norme transitate nel testo unico. Una simile evenienza produrrebbe una scissione del regime del rapporto di lavoro pubblico in generale rispetto alla disciplina in tema di enti locali, esito contrastante con le linee della riforma di cui al D.lgs n. 29/1993, intese a dare luogo ad uno statuto unitario del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni tra le quali, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del citato decreto 29, sono ricompresi gli enti locali.”
240CAVALLO PERIN ROMANO, Commentario breve al testo unico
degli enti locali, PADOVA 2006.
241COPRPACI-RUSCIANO-ZOPPOLI, La riforma
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Fatte salve tali peculiarità tuttavia sulla base del D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 gli Enti locali sono tenuti ad adeguarvi il proprio ordinamento, nell’elaborazione delle fonti statutarie e regolamentari, essendo infatti privi di competenza in materia di disciplina del rapporto di lavoro242.
L’indiscussa sottoposizione del lavoro alle dipendenze degli enti locali all’unitario regime del pubblico impiego negando la quale si finirebbe con il disgregare l'ordine normativo costruito col D.lgs 165/2001, “per altro attraverso una fonte non ammessa dall'articolo 97 della Costituzione (lo statuto o il regolamento)”243 non può tuttavia indurre a trascurare la permanenza di una sfera, quella organizzativa, ascrivibile all’autonomia dei singoli enti espressione delle “specificità del contesto culturale economico sociale di riferimento”244 che “come appare
242CAVALLO PERIN - ROMANO, cit., sub art. 88 PADOVA 2006.
Merita a tal proposito richiamare brevemente le precisazioni di OLIVERI, L'applicazione delle disposizioni del d.lgs 165/2001
negli Enti locali Adeguamento degli ordinamenti e non recepimento delle norme, in www.Giustamm.it. Secondo l’Autore la previsione
che l’Ente locale debba adeguare (e non recepire) il proprio ordinamento alle disposizioni del Tupi trova la sua ragion d’essere nella totale assenza, secondo l’Autore, di alcuna competenza in capo alle amministrazioni civiche in materia di ordinamento del personale nonostante, comunque, “il rispetto delle peculiarità
esclude che l'opera di adeguamento possa andare oltre i confini che la normazione speciale degli enti locali prevede”.
243OLIVERI, cit., fortemente critico nei confronti di una enfatizzazione della specialità al lavoro negli enti locali.
244A valorizzare l’autonomia organizzativa e gestionale degli enti locali ROLLA, Diritto regionale e degli enti locali, MILANO, 2002 secondo il quale tale concezione policentrista dell’assetto istituzionale porrebbe addirittura in crisi una visione dell’amministrazione come modello organizzativo omogeneo, nella
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chiaramente dalla enunciazione legislativa è in grado di condizionare del tutto la condizione giuridica del personale” che negli enti locali è chiamata ad operare245.
Accanto ai principi inderogabili esistono materie che l’art. 2 del D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 ma anche gli stessi artt. 6, 7 e 48 del D.lgs. 267/2000 attribuiscono alla competenza degli Enti locali mediante propri atti organizzativi pur nel costante rispetto di principi cardine cui l’attività amministrativa deve sempre ispirarsi, sui quali il legislatore del 2009 è nuovamente intervenuto246.
cui direzione – si potrebbe osservare – parrebbe essere orientato il modello del pubblico impiego riformato.
245Di tale avviso CATELANI, Il pubblico impiego, in
SANTANIELLO (a cura di) Trattato di diritto amministrativo, PADOVA 2003, p. 29 e ss. secondo il quale benché la competenza specifica riservata dal legislatore nazionale alle fonti regolamentari abbia un “oggetto fondamentalmente organizzativo ad esclusione di
quegli aspetti più propriamente lavoristici che anche per le autonomie locali sono lasciati alla contrattazione collettiva”non
debba per tale ragione essere in alcun modo sminuita l’importanza della normativa regolamentare degli enti locali.
246Nonostante le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, l’individuazione degli uffici di maggior rilevanza e i modi di conferimento dei medesimi la determinazione delle dotazioni organiche complessive siano rimesse per l’appunto dall’art. 2 del D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 agli atti organizzativi dei singoli enti, il legislatore nazionale ha ritenuto di intervenire anche nella residua area pubblicistica rimessa alle singole amministrazioni stabilendo i principi ispiratori dell’azione amministrativa da ultimo così rivisitati: a) funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività nel perseguimento degli obiettivi di efficienza efficacia ed economicità (..) b) ampia flessibilità nelle determinazioni operative e gestionali; c) collegamento delle attività degli uffici d) garanzia dell’imparzialità e della trasparenza dell’azione amministrativa e attribuzione ad un unico ufficio della responsabilità di un procedimento; e) armonizzazione degli orari delle amministrazioni
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Non tutte le disposizioni in tema di organizzazione tuttavia recano tali principi e costituiscono un valido limite alla autonomia organizzativa dell’Ente locale; queste ultime, al contrario, possono essere derogate e sostituite da “regole più aderenti alle specificità ed alla peculiarità dei singoli enti”247.
Il riconoscimento di tali peculiarità è contenuto anche nel successivo art. 27 in materia di dirigenza recante “criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali” mediante il quale il legislatore ha inteso “affidare all’autonomia degli enti locali – in ragione degli elementi di differenziazione di detti enti rispetto alle amministrazioni statali in termini di dimensione di numero dei dipendenti strumenti finanziari eventuale mancanza della figura di dirigente – il processo di adeguamento ai principi” sia della normativa in materia di lavoro sia in relazione alle funzioni e alle responsabilità legate all’attività politico amministrativa, sia con riguardo alla dirigenza (Cass.civ. Sez. Un. 16 giugno 2005, n. 16868).
La previsione ai sensi della quale, considerate le peculiarità indicate dalla Corte Suprema, gli Enti locali debbano, nel rispetto dei principi fissati dal Testo unico sul pubblico impiego, rideterminare l’organico nonché l’ organizzazione e gestione del personale “nell’ambito della propria autonomia normativa ed organizzativa”, con i soli limiti derivanti dalle capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni dei servizi e dei compiti loro attribuiti, ribadisce quindi la connotazione speciale
pubbliche dei Paesi Ue.
Conclude ROLLA, cit., Milano 2002 che non tutte le disposizioni contenute nel D.lgs. 165/2001 vincolano l’autonomia organizzativa degli EL nelle materie di competenza statutaria regolamentare. 247ROLLA, cit., MILANO 2002.
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dell’impiego presso gli Enti Locali ed il rilievo di Regolamenti e Statuto della Città, frequentemente recante gli impegni da questa assunti in materia di politiche sociali e lavoro.
La riforma Brunetta, come quelle precedenti, è stata disegnata intorno al rapporto di lavoro alle dipendenze della amministrazione statale248, salvo alcune specifiche disposizioni destinate agli enti territoriali, ragion per cui non solo numerose sono state le critiche sollevate, soprattutto da parte degli operatori del comparto, pur coinvolti in sede di Conferenza Unificata, ma si è resa necessaria l’adozione di specifiche linee guida da parte dell’ANCI che fossero in grado di orientare la concreta integrazione della novella normativa con gli ordinamenti locali nonché con il dettato del D.lgs 267/2000 c.d. Testo Unico degli Enti Locali.
Più precisamente i confini dell’incidenza della modifica normativa negli enti locali sono tracciati dagli art. 16 e 31 del D.Lgs. 27 ottobre 2009 n. 150 afferenti alla trasparenza, valutazione e misurazione delle performance, nonché a merito e premialità, ulteriormente ribaditi nella diposizione transitoria finale di cui all’art. 74 del Decreto.
Le più evidenti difficoltà sono generate dalla scelta non felice di distribuire l’applicazione della riforma negli enti locali non solo e non tanto in due momenti temporali
248In realtà, è stato osservato, il risultato è ancor più deludente se si considera che in sede di elaborazione della riforma sia stata coinvolta la conferenza stato regioni nell’ambito della quale il legislatore ha dovuto cedere su alcuni punti. Pur non potendo quindi dirsi propriamente una riforma di stampo meramente statalista non v’è chi n colga il carattere poco soddisfacente delle disposizioni espressamente dedicate alle amministrazioni locali. RICCI,
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differenti rispettivamente per enti statali e territoriali249, quanto, piuttosto, dalla decisione di distinguerla – mediante un autentico “garbuglio normativo”250 - tra disposizioni di applicazione immediata e principi la cui effettività è rimessa alla loro adozione, rectius integrazione, nei singoli ordinamenti251.
249Sul regime temporale dell’entrata in vigore della disciplina v. La riforma Brunetta negli enti locali: la complessa gestione della fase transitoria 2010-2012, Azienditalia il personale 2010 7 373
250CARINCI, il secondo tempo della riforma Brunetta, il d.lgs. 27 ottobre 2009 n. 150, in W.P.C.S.D.L.E. Massimo D’Antona.it. 119/2009. A dimostrazione della opacità della normativa sia sufficiente osservare che i commentatori della riforma non sono concordi neppure nella individuazione delle tecniche normative adottate dal legislatore. Se infatti per lo stesso CARINCI sarebbe stata accolta una triplice partizione dell’applicazione diretta, per adattamento e per adeguamento secondo principi, secondo FOGLIA una mera bipartizione, per RICCI sarebbero riscontrabili ben quattro.
251La scelta, precisa FOGLIA, sub art. 1 del D.lgs. 30 marzo 2001 n.1 65, in AMOROSO-DI CERBO-FIORILLO-MARESCA, cit., MILANO 2011, è dovuta alla necessaria valutazione in sede di attuazione della legge delega del contenuto ed oggetto normativo delle varie disposizioni per poter stabilire il grado di afferenza alle competenze normative dello stato e delle regioni ed ai profili di autonomia organizzativa degli enti locali. le disposizioni indicate agli art. 16 c. 1 e 74 c. 1 sono state ricondotte alla potestà legislativa esclusiva del legislatore nazionale in tema di ordinamento civile e di livelli essenziali delle prestazioni ai sensi del 117 cost. c. 2 lett. l e m, quindi destinate ad essere applicate ai rapporti di lavoro di tutte le pa. L’altro gruppo di norme è indicato agli art. 3 comma 1 e 74 comma 2 sono qualificate come di diretta
attuazione dell’art. 97 Cost. quindi principi generali
dell’ordinamento cui si adeguano le regioni e gli Enti locali negli ambiti di rispettiva competenza. Quindi di fatto per le materie di competenza esclusiva applicazione immediata delle disposizione elaborate a livello statale mentre nelle materie di competenza
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L’art. 16, segnatamente, individuando quali articoli del titolo II del D.lgs. 150/2009 debbano essere recepiti presso le amministrazioni locali prevede che “negli ordinamenti delle regioni, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, e degli enti locali trovano diretta applicazione le disposizioni dell’articolo 11, commi 1 e 3. 2. Le regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai principi contenuti negli articoli 3, 4, 5, comma 2, 7, 9 e 15, comma 1. 3. Nelle more dell’adeguamento di cui al comma 2, da attuarsi entro il 31 dicembre 2010, negli ordinamenti delle regioni e degli enti locali si applicano le disposizioni vigenti; decorso il termine fissato per l’adeguamento si applicano le disposizioni previste nel presente Titolo fino all’emanazione della disciplina regionale e locale”. Gli stessi articoli sono riportati all’art. 74 in parte quali norme di diretta applicazione e in parte in quanto principi generali, evincibili dal 97 Cost., cui gli enti devono adeguarsi negli ambiti di competenza252.
concorrente l’applicazione è per principi: si tratta di norme che spesso attengono al coordinamento della finanza pubblica nella quale lo stato è legittimato a prevedere solo principi generali; altre riguardano invece l’organizzazione amministrativa delle regioni e degli enti locali e devono quindi essere ricondotte alla competenza regionale residuale o alla autonomia regolamentare degli enti locali.
252L’art. 74 infatti ripropone la distinzione tra norme di applicazione diretta perché, come osservato da RICCI, attengono al rapporto di lavoro privatizzato, e norme che sottopongono gli enti decentrati al vincolo di adeguamento, riproponendo la partizione tra competenza esclusiva e concorrente. Benché come osserva FOGLIA, cit., “margine temporale e discrezionalità riconosciuta agli enti
territoriali per l’adeguamento alle norme principio non comporta che per tali enti questa parte della riforma abbia un valore secondario. Al contrario proprio con riferimento alle norme
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Il solo articolo di immediata attuazione tra quelli oggetto