6. Le possibilità di reinserimento sociale per i condannati all’ergastolo
1.3 L’ergastolo ostativo: il rispetto della finalità rieducativa con riferimento a
Come evidenziato, nel 1974, la Corte Costituzionale ha concluso per l’infondatezza della questione di legittimità dell’ergastolo perché l’istituto della liberazione condizionale «consente l’effettivo reinserimento anche dell’ergastolano nel consorzio civile». Successivamente, però, è stato introdotto l’ergastolo ostativo: coloro cui viene irrogata questa pena non hanno la possibilità di uscire dal carcere, salvo che collaborino con la giustizia. Quindi una sanzione, che è considerata legittima esclusivamente perché la sua perpetuità può venire meno, diventa in questo caso effettivamente un “fine pena mai” 65; senza che sia garantito il diritto del detenuto a che il protrarsi della pretesa punitiva venga periodicamente riesaminato, sancito, peraltro, dalla stessa Corte Costituzionale nelle sentenza 204 del 1974.66 Si tratta di una pena perpetua sia nella dimensione statica che nella dimensione
dinamica67 che «fa cadere la possibilità di affrontare la questione dell’ergastolo con l’alibi della sua non effettività».68 «Resta dunque, ad oggi, una parte di persone detenute che non hanno davanti a sé alcuna aspettativa di vita oltre le sbarre. Nessuna aspirazione di recupero, di reinserimento o di rieducazione, di proiezione di rimorso. Fine pena 31 dicembre 9999: la suggestione del numero periodico che si ripete all’infinito, l’indicazione di un tempo che non può arrivare».69
Se la liberazione condizionale è l’unico istituto che consente di affermare la legittimità costituzionale dell’ergastolo, allora dovrebbe valere anche l’affermazione opposta: l’ergastolo è illegittimo se non si può applicare la liberazione condizionale.
65 G.M. FLICK, Ergastolo, perché ho cambiato idea, cit., p. 20.
66 A. PUGIOTTO, Criticità costituzionali dell’ergastolo ostativo, cit., p. 65.
67 A. PUGIOTTO, Come e perché eccepire l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo, cit., p. 21. 68 M. PALMA, Rassegna del dibattito, in Dei delitti e delle pene, 2/1992, p. 109.
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Pugiotto ha parlato a questo proposito di «boomerang interpretativo»: gli argomenti utilizzati dalla Corte per salvare la costituzionalità dell’ergastolo, sono gli stessi che portano a dubitare della legittimità dell’ergastolo ostativo.70
Tanto più che, come si è visto, la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza 161 del 1997, ha sancito la possibilità per il condannato all’ergastolo, cui è stata revocata la liberazione condizionale, di essere nuovamente ammesso al beneficio se continuano a sussisterne i presupposti poiché «il mantenimento di questa preclusione nel nostro ordinamento equivarrebbe, per il condannato all'ergastolo, ad una sua esclusione dal circuito rieducativo» con una palese violazione della finalità imposta dalla Costituzione alla sanzione penale.71
Il condannato all’ergastolo ostativo sembra tuttavia a trovarsi proprio in quella situazione di esclusione dal circuito rieducativo che la Corte definisce inammissibile.72
A questo proposito nel 2003 è stata sollevata una questione di costituzionalità dal Tribunale di sorveglianza di Firenze, sostenendo che le preclusioni legate ai reati di cui all’articolo 4bis Ord. Pen., specialmente il divieto di accesso alla liberazione condizionale, renderebbero di fatto perpetua la pena dell’ergastolo con violazione del principio rieducativo di cui all’articolo 27 c. 3 della Costituzione. Secondo il giudice a quo, in particolare, «la disciplina impugnata determinerebbe una situazione del tutto analoga a quella scrutinata dalla Corte con la sentenza n. 161 del 1997, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 177, primo comma, ultimo periodo, del codice penale, nella parte in cui non prevede che il condannato
70 A. PUGIOTTO, Criticità costituzionali dell’ergastolo ostativo, cit., p. 105. 71 Cfr. supra, paragrafo 1.2
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alla pena dell’ergastolo, cui sia stata revocata la liberazione condizionale, possa essere nuovamente ammesso a fruire del beneficio ove ne sussistano i relativi presupposti, perché tale disciplina determinava appunto una esclusione permanente e assoluta dal processo rieducativo, in violazione dell’art. 27, terzo comma, Cost.».73
Ma la Corte ha dichiarato la questione non fondata affermando che: «Diversamente da quanto mostra di ritenere il rimettente, la preclusione all’ammissione alla liberazione condizionale che discende dalla disciplina censurata non è equiparabile al divieto che era previsto dall’art. 177, primo comma, cod. pen. prima dell’intervento della sentenza n. 161 del 1997. L’art. 177, primo comma, cod. pen. è stato dichiarato illegittimo con la menzionata sentenza in quanto, nel prevedere che in caso di revoca della liberazione condizionale conseguente alla commissione di un delitto o di una contravvenzione della stessa indole, ovvero alla trasgressione degli obblighi inerenti alla libertà vigilata, la posizione del condannato non poteva essere riesaminata ai fini di una nuova ammissione al beneficio, dettava un divieto assoluto e definitivo, come tale incompatibile con l’art. 27, terzo comma, Cost. Al contrario, la preclusione prevista dall’art. 4-bis, comma 1, primo periodo, dell’ordinamento penitenziario non è conseguenza che discende automaticamente dalla norma censurata, ma deriva dalla scelta del condannato di non collaborare, pur essendo nelle condizioni per farlo: tale disciplina non preclude pertanto in maniera assoluta l’ammissione al beneficio, in quanto al condannato è comunque data la possibilità di cambiare la propria scelta».74
73 A. MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4bis Ord. Penit., nota a Corte Cost., sent. 24 aprile 2003, n. 135, in Dir. pen. e proc., 2003, p. 1354.
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La Corte ha fatto riferimento a quanto già affermato precedentemente nella sentenza n. 273/2001 – che viene infatti richiamata – in base alla quale la condotta non collaborativa tenuta volontariamente dal detenuto è indice della persistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, e quindi della mancanza di ravvedimento.75 Secondo tale opinione, in definitiva, la pena dell’ergastolo ostativo non è necessariamente perpetua, se lo diventa questo è imputabile al condannato che si rifiuta di collaborare.76
Emergono, tuttavia, alcune perplessità.
Innanzitutto non è sempre vero che la preclusione dipende dalla scelta del condannato di non collaborare «pur essendo in grado di farlo». Può accadere che il soggetto non collabori per il timore di ritorsioni sui propri famigliari oppure che si rifiuti sul piano morale di accusare persone a lui legate da vincoli affettivi o, ancora, che respinga l’idea di barattare la propria libertà con quella di altri.77
A questo proposito emblematiche sono, ancora una volta, le parole di Carmelo Musumeci: «Non sono stato un collaboratore perché è giusto che uno esca dal carcere perché lo merita, non perché mette un altro al posto suo. È importante accettare la pena, chi non collabora automaticamente accetta la sua pena, poi ci possono essere altri fattori di tipo etico, di tipo religioso, ci può essere il fatto di non mettere in pericolo la propria famiglia e tanti altri, per esempio il mio caso personale è anche che chi dovrei accusare si è rifatto una vita, si è sposato, adesso è un buon padre, un buon cittadino non capisco perché dopo 22 anni lo dovrei fare arrestare per avere la mia libertà. In un certo senso lo Stato mi chiede di essere più criminale
75 A. MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4bis, cit., p. 1354. 76 A. PUGIOTTO, Criticità costituzionali dell’ergastolo ostativo, cit., p. 69.
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di prima, cioè rubare la vita a un altro, anche se certo quest’altro ha commesso dei reati, ma le cose non dovrebbero funzionare cosi. Io posso capire una giustizia immediata, ma dopo 22 anni che questa persona è un buon cittadino, non lo capisco più. E poi anche fra noi, nei nostri rapporti chiamiamoli “malavitosi”, nascono delle amicizie, nascono dei legami, c’è un “submondo” che è un po’ particolare ma non come lo descrivono i mass media, quindi non lo ritengo giusto nella mia etica, attenzione non è omertà, non pensate assolutamente che questa sia omertà, perché io credo che i veri criminali sono loro che collaborano con la giustizia, perché è sbagliato, assolutamente sbagliato accusare gli altri per avere sconti di pena. Il vero pentimento è la crescita interiore, mentre invece è diventato un disvalore accettare la propria condanna e subirne tutte le conseguenze».78
Imponendo la collaborazione come presupposto indispensabile per usufruire dei benefici, viene inoltre leso il diritto di difesa del detenuto, definito come inviolabile dall’articolo 24 della Costituzione: il diritto al silenzio del soggetto, per cui nemo
tenetur se detegere, si trasforma nel suo contrario «carceratus tenetur alios detegere». Questo può avvenire già nel giudizio di cognizione, dove il timore delle
conseguenze sanzionatorie condiziona inevitabilmente la strategia difensiva. In particolare, però, l’alternativa collaborazione-divieto di accesso ai benefici incide sui diritti del condannato in fase esecutiva: del resto è la stessa legge a prevedere una prosecuzione del diritto al silenzio in questo stadio, contemplando ipotesi legittime di non collaborazione, perché «naturalisticamente o giuridicamente inesigibili».79 Di
78 C. MUSUMECI, L’ergastolo ostativo, “la pena di morte viva”, in Ristretti orizzonti, 1/2013, p. 2 79 A. PUGIOTTO, Come e perché eccepire l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo, cit., p. 31. L’articolo 4bis comma 1bis afferma che i benefici di cui al comma 1 possono essere comunque concessi «nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile un’utile collaborazione con la giustizia, nonché nei
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conseguenza imporre al condannato la collaborazione durante la detenzione per poter accedere alla liberazione condizionale sembra ledere il diritto di cui all’articolo 24 c. 2 Cost. La Cassazione, di diverso parere, ha affermato che il diritto di difesa attiene esclusivamente alla fase di cognizione non anche a quella esecutiva. Dall’altro lato, la Corte Costituzionale ha affermato che tale diritto può essere esercitato solo nei limiti stabiliti dalla legge quindi «se essa vi oppone limiti o condizioni e gioco forza che sia solo in quest’ambito che le ragioni difensive abbiano modo di esplicarsi».80 Inoltre, nella sentenza n. 39 del 1994 la Consulta ha precisato che non vi è nessuna costrizione a tenere una condotta collaborante, poiché è fatta salva la libertà di scelta del condannato, e in ogni caso «la condizione del condannato per i delitti di criminalità organizzata, non è certo comparabile con quella del comune cittadino».81
Bisogna poi considerare l’eventualità dell’errore giudiziario: l’errore è sempre «insito nell’agire umano»82, eppure la Corte Costituzionale non sembra prendere in considerazione l’ipotesi di una persona innocente che non è in grado offrire collaborazione, anche perché l’innocenza può assumere rilievo soltanto «a seguito di un’apposita procedura di revisione».83 Secondo la Cassazione invece non esiste un’incompatibilità tra condotta collaborante e innocenza del detenuto: una
casi in cui, anche se la collaborazione offerta risulta oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall’art. 62 n. 6, anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall’art. 114 ovvero dall’art. 116, comma 2, c.p.».
80 Sentenza n. 306 del 1993, in Consulta OnLine.
81 A. MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4bis, cit., p. 1356. 82 D. CHINNICI, I “buchi neri” nella galassia della pena in carcere, cit., p. 66. 83 Corte Cost., sentenza 306/1993.
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collaborazione con l’autorità giudiziaria non richiede necessariamente la colpevolezza del soggetto.84
Resta il fatto che in queste situazioni «il non avere nomi da fare […] diventa, nel caso dell’ergastolano ostativo, paradossalmente la colpa».85 Come la pena di morte, anche l’ergastolo ostativo sembra legato a un’idea di «infallibilità del giudizio umano».86
Ancora, bisogna considerare che non sempre vale l’equazione tra collaborazione e ravvedimento: una condotta collaborante può essere frutto mere valutazioni utilitaristiche, e questo è la stessa Corte Costituzionale ad affermarlo nella sentenza n. 306 del 1993.87 La collaborazione potrebbe quindi valere esclusivamente come «sintomo della rottura dei collegamenti con la criminalità organizzata», poiché l’allontanamento dal circuito criminale è piuttosto frutto di un ripensamento critico del proprio passato, che poi può condurre o meno il soggetto ad atteggiamenti di delazione.88
Secondo la Consulta invece il concetto di collaborazione viene assorbito in quello di
sicuro ravvedimento che compare nel testo dell’articolo 176 c.p. e che costituisce la
condizione per poter beneficiare della misura alternativa.89 Peraltro, in questo modo la disciplina della liberazione condizionale viene sostanzialmente modificata perché diviene assolutamente irrilevante il percorso rieducativo compiuto dal soggetto e importa esclusivamente il dato oggettivo della collaborazione: «la locuzione sicuro ravvedimento si ricollega, infatti, ad una concezione etica della funzione special
84 Cass, sez. I, sent. 11 gennaio-19 febbraio 1996, n. 112, in Riv. pen., 1996, p. 902 con nota di LEPANTO.
85 D. CHINNICI, I “buchi neri” nella galassia della pena in carcere, cit., p. 66. 86 D. CHINNICI, ivi, p. 64.
87 A. PUGIOTTO, Criticità costituzionali dell’ergastolo ostativo, cit., p. 83.
88 Cfr. A. MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4bis, cit., p. 1356. 89 Cfr. A. PUGIOTTO, Criticità costituzionali dell’ergastolo ostativo, cit., p. 160.
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preventiva della pena, che richiede un esame penetrante ed articolato della personalità del condannato, non limitato alla verifica di una condotta conforme alle regole penali, penitenziarie e sociali, ma comprensivo dell’analisi dell’intero processo di recupero sociale, con particolare riferimento al percorso di revisione critica delle scelte criminali effettuate nel passato».90
Ciò induce inevitabilmente a dubitare della compatibilità della pena dell’ergastolo ostativo con il principio rieducativo sancito dalla Costituzione, anche in relazione alla circostanza che è stata la stessa Corte a riconoscere «il diritto per il condannato a che, verificandosi le condizioni poste dalla norma di diritto sostanziale, il protrarsi della realizzazione della pretesa punitiva venga riesaminato al fine di accertare se in effetti la quantità di pena espiata abbia o meno assolto positivamente al suo fine rieducativo».91
Questo ragionamento porta a considerare un ulteriore profilo di incostituzionalità dell’ergastolo ostativo. Questa sanzione, infatti, sembra comportare un’irragionevole disparità di trattamento tra ergastolani comuni e condannati per reati ostativi: per questi ultimi l’accesso ai benefici richiede una condotta collaborante che invece è irrilevante rispetto ai primi, che allo stesso tempo vengono però sottoposti a una più penetrante osservazione della personalità in modo da valutare i progressi compiuti nel corso del trattamento.92
Per quanto riguarda la riproponibilità della questione valgono le medesime considerazioni svolte nel paragrafo precedente. A maggior ragione rileva, in questo caso, l’eliminazione definitiva della pena di morte dal nostro ordinamento: la pena
90 A. MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4bis, cit., p. 1356.
91 Sentenza 204/1974. Sul punto cfr. Cfr. A. PUGIOTTO, Criticità costituzionali dell’ergastolo ostativo, cit., p. 77. Cfr. anche supra capitolo I paragrafo 7.2.
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di morte e la pena fino alla morte confliggono allo stesso modo con la finalità rieducativa: «eliminazione fisica e materiale la prima. Eliminazione civile, virtuale, la seconda», se la pena capitale è stata abolita per l’irrimediabilità delle sue conseguenze analogamente si dovrebbe discutere di un’abrogazione anche rispetto all’ergastolo ostativo, data l’equivalente irrimediabilità della perdita di libertà fino alla morte.93