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Quali funzioni della pena nell’ergastolo ?

L’esame delle finalità della pena in generale è stato utile per constatare quali funzioni può effettivamente svolgere la pena dell’ergastolo.

Se rispetto a ognuna delle tre funzioni tradizionali esistono elementi critici, che sono stati evidenziati, con riferimento alla reclusione perpetua tali aspetti non solo si confermano ma si acuiscono, tanto che si potrebbe dire che questo «determina un rovesciamento del senso della pena in sé, dove cade la necessità di legittimazione riferibile alle classiche tre funzioni e la sanzione si può affermare come pura afflittività».193

191 Cfr. Presentato in senato un disegno di legge sul diritto all’affettività per i detenuti, in Ristretti.org, 22 gennaio 2015.

192 Cfr. M. SALERNO, Affettività e sessualità nell’esecuzione penale: diritti fondamentali dei detenuti?, cit., p. 17.

193 G. MOSCONI, Il massimo della pena, in S. ANASTASIA, F. CORLEONE (a cura di), Contro l’ergastolo, Roma, 2009, p. 94.

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Per cominciare, la presunta efficacia general-preventiva dell’ergastolo è priva di fondamenti empirici: è infatti assolutamente indimostrato che la minaccia di una sanzione così severa possa indurre i consociati ad astenersi dal commettere reati.194

Come già osservato, gli studi statistici sulla prevenzione generale hanno dimostrato che la sola severità è priva di efficacia deterrente se non associata alla certezza della applicazione della pena. Secondo l’opinione pubblica l’ergastolo è al contrario caratterizzato da una scarsa effettività: basta pensare al fatto che il condannato può godere di permessi premio dopo dieci anni di detenzione, della semilibertà dopo sedici e della liberazione condizionale dopo ventisei anni (riducibili ulteriormente in caso di partecipazione all’opera di rieducazione).195 Secondo il pensiero comune una pena è certa non quando è predeterminata rispetto a un particolare reato, non quando il cittadino sa che a uno specifico delitto seguirà una specifica sanzione, ma quando vi è la certezza che la pena sarà «scontata in tutto il suo rigore ed espiata in tutta la sua intransigenza».196 Allora, se l’ergastolo è concepito come privo di tali caratteristiche, è chiaro che la pena perde la sua efficacia deterrente e la sua giustificazione general-preventiva.

Per quanto riguarda l’ergastolo ostativo ritengo estremamente difficile che chi è disposto a compiere un delitto così grave da essere compreso nell’elenco di cui all’articolo 4bis possa essere distolto dal reato con la semplice minaccia della sanzione, per quanto dura.

Anche sotto il profilo special-preventivo l’ergastolo non è in grado di svolgere la sua funzione. Una volta ricevuta una condanna così grave non esiste più alcun freno che

194 Cfr. G. FIANDACA, Commento all’articolo 27 comma terzo della Costituzione, cit., p. 309. 195 Cfr. A. SALVATI, Profilo giuridico dell’ergastolo, cit., p. 20.

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trattenga il soggetto dal commettere altri reati, data la convinzione che ormai «più di così non si può essere condannati, qualunque cosa si faccia»: è sufficiente che il soggetto si veda negare qualche beneficio penitenziario perché, persa ogni aspettativa e ogni speranza, sprofondi nello sconforto.197 È così che nascono quelli che vengono definiti i killer delle prigioni: «persone che non avendo più nulla da perdere né qualche cosa da sperare, mettono a disposizione la loro spietatezza prezzolata per regolare dei conti a loro estranei ma lucrosi».198 Questo fenomeno, che si era attenuato negli anni ’70, quando vi era per ogni detenuto la possibilità di tornare in libertà, ha invece nuovamente assunto dimensioni allarmanti con l’introduzione dell’ergastolo ostativo che priva il condannato di ogni speranza e di qualsiasi attesa.199

L’adempimento della finalità rieducativa presenta notevoli difficoltà in relazione all’ergastolo: infatti la perpetuità, principale caratteristica di tale pena, esclude a

priori, almeno sotto il profilo edittale, ogni possibilità di reinserimento sociale.200

Bisogna riconoscere, come ha osservato anche la Corte Costituzionale, che effettivamente la possibilità della liberazione condizionale dopo ventisei anni di reclusione ha ridimensionato il contrasto tra la massima pena e il principio rieducativo, soprattutto dopo la giurisdizionalizzazione201 dell’istituto e

197 G. MOSCONI, Il massimo della pena, cit., p. 94. 198 E. FASSONE, Fine pena: ora, cit., p. 122. 199 Cfr. ibidem.

200 Cfr. G. MOSCONI, Il massimo della pena, cit., p. 93. Questo è proprio il più discusso profilo di incostituzionalità della pena dell’ergastolo, su cui più volte si sono pronunciate Corti nazionali e sovranazionali. Più ampiamente cfr. infra capitolo III.

201 La Corte Costituzionale con la sentenza 4 luglio 1974, n. 204 ha valorizzato la finalità rieducativa della pena sancendo il diritto soggettivo del condannato a veder riesaminato periodicamente il suo percorso penitenziario (c.d. esecuzione dinamica) in modo da verificare l’opportunità di mantenere o meno la misura detentiva: questo accertamento, secondo la Corte, non può essere compiuto da un organo politico ma esclusivamente da un’autorità giudiziaria, cui quindi spetta il compito di concedere la liberazione condizionale (che prima di questo momento era di competenza

ministeriale). Sul punto cfr. D. GALLIANI, Umana e rieducativa? La pena dell’ergastolo dinnanzi alla

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l’ammissione degli ergastolani, ex art. 54 Ord. Pen., alle riduzioni di pena di quarantacinque giorni ogni semestre, in caso di buona condotta.202 Peraltro la concessione della liberazione condizionale è tutt’altro che automatica: questa eventualità non esclude il concretizzarsi di un «fine pena mai» quando i benefici non vengono accordati perché mancano i presupposti o perché il giudice non lo ritiene opportuno.203 Sostenere che l’ergastolo è coerente con la finalità rieducativa per il fatto che si concede al detenuto la mera possibilità di essere ammesso alla liberazione condizionale significa affermare che tale pena «esiste in quanto tende a non esistere».204

A maggior ragione appare incoerente con il finalismo rieducativo il c.d. ergastolo

ostativo, pena perpetua non solo nella dimensione statica ma anche in quella

dinamica: come già osservato205 il condannato, che pure abbia compiuto validamente il suo percorso trattamentale, si vede negare qualunque beneficio, compresa la liberazione condizionale, se non collabora con la giustizia e si rifiuta di rivelare i nomi di eventuali complici.206 All’ergastolano non collaborante viene quindi sottratta definitivamente ogni valida possibilità di reinserimento nella società.207

In conclusione sembra che l’unica funzione cui la pena della reclusione perpetua è in grado di adempiere sia quella retributiva: dietro l’ergastolo si nasconde l’idea che «chi ha soppresso la vita altrui (o un bene reputato di ugual valore) debba

202 Cfr. G. FIANDACA, Commento all’articolo 27 comma terzo della Costituzione, cit., p. 310. 203 Cfr. G. MOSCONI, Il massimo della pena, cit., p. 93.

204 A. PUGIOTTO, Una quaestio sulla pena dell’ergastolo, cit., p. 4. Bisogna poi considerare che l’aver riportato una condanna così severa rende in ogni caso estremamente difficile il reinserimento sociale del soggetto, anche nel momento in cui sia effettivamente concessa la liberazione condizionale.

205 Cfr. supra capitolo I paragrafo 7.3.

206 Sul punto cfr. L. EUSEBI, L’ergastolo «ostativo», cit., p. 675.

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rinunciare, scartata la pena di morte, quantomeno alla vita civile».208 Peraltro l’efficacia della funzione repressiva non dipende esclusivamente dalla severità della sanzione ma anche da una serie di altri elementi.209 Se più persone hanno commesso il medesimo reato e sono state condannate all’ergastolo, l’afflittività della pena può variare per ognuna di esse in relazione alla concessione o meno di misure alternative oppure in base alla durata effettiva della vita della persona o alle sue condizioni psico-fisiche.210

Bisogna poi considerare che, per esempio, cinque anni di detenzione possono pesare il doppio se scontati in condizione di sovraffollamento, in edifici fatiscenti, senza l’assistenza di educatori e psicologi o di medici, in assenza di qualunque servizio e così via.211 Al contrario il medesimo periodo di reclusione può risultare molto più leggero se l’istituto offre la possibilità di studio, di lavoro (anche all’esterno), o consente il pernottamento in camere ad un posto.212

Se poi il detenuto viene trasferito da un carcere all’altro questo aggrava ulteriormente la sua posizione poiché significa che l’intero iter deve ricominciare: il condannato deve essere sottoposto nuovamente a un periodo di osservazione della personalità e dovrà imparare a relazionarsi con il nuovo direttore, con un nuovo educatore e con un nuovo magistrato di sorveglianza.213

Qualche dubbio può inoltre essere sollevato in relazione alla presunta proporzionalità dell’ergastolo rispetto al reato commesso. Il danno arrecato alla

208 F. STELLA, Il problema della prevenzione della criminalità, M. ROMANO, F. STELLA (a cura di),

Teoria e prassi della prevenzione generale dei reati, Bologna, 1980, p. 30, come citato in G.

FIANDACA, Commento all’articolo 27 comma terzo della Costituzione, cit., p. 309. 209 E. MUSCO, La riforma del sistema sanzionatorio, cit., p. 406.

210 Cfr. G. MOSCONI, Il massimo della pena, cit., p. 93. 211 Cfr. E. FASSONE, Fine pena: ora, cit., p. 157.

212 Cfr. ivi, p. 158. Ancora, il rinvio di una decisione o un intralcio burocratico possono comportare mesi e mesi di reclusione in più. Cfr. ibidem.

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società con il delitto dovrebbe essere risarcito da una pena di una certa durata: nel caso della reclusione usque ad mortem al soggetto viene sottratta l’intera vita, lasciando il vuoto e la disperazione. Esiste un momento a partire dal quale il detenuto sviluppa la convinzione di «avere pagato il giusto» secondo una certa idea di giustizia: fino a questo punto egli è effettivamente disposto a collaborare ad un processo rieducativo, successivamente invece inizia a maturare un’insofferenza tale da rendere vani gli sforzi compiuti e controproducente il lavoro svolto.214

Anche gli stimoli continui ad occupare il proprio tempo che normalmente una persona riceve all’esterno, nella società postmoderna, incidono sulla percezione soggettiva che il condannato ha della pena da scontare, aumentando la sua intolleranza e inquietudine.215

La pena dell’ergastolo, dunque, non può propriamente definirsi come una pena retributiva e proporzionata né è in grado di svolgere funzioni general-preventive o rieducative, sembra porsi piuttosto come una «vendetta sociale», come strumento di controllo di un soggetto che, semplicemente in quanto autore di un certo reato, merita di essere neutralizzato.216

Si tratta di una pena, dunque, che può essere definita come retributiva solo nel significato più moderno del termine, ovvero di una sanzione che, prima di ogni altra cosa, vuole soddisfare i bisogni di punizione emergenti nella società e svolgere una funzione di rassicurazione della collettività: si garantisce che determinati reati

214 Cfr. E. FASSONE, Fine pena: ora, cit., p. 80.

215 Cfr. G. MOSCONI, Il massimo della pena, cit., p. 96 ss. «Purtroppo questa terribile pena ti fa sentire perduto per sempre. E non puoi fare altro che vedere la tua vita scorrere senza di te». Queste sono le parole con cui Carmelo Musumeci, condannato all’ergastolo ostativo, definisce la sua detenzione in C. MUSUMECI, A. PUGIOTTO, Gli ergastolani senza scampo, cit., p. 3. Per la continua ricerca di stimoli da parte dell’uomo e la sua «incapacità di starsene tranquillo nella propria stanza» cfr. anche Z. BAUMAN, La società sotto assedio, Bari, 2003, p. 195 ss.

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saranno puniti con la massima pena, placando così l’allarme sociale. Anche in questo caso però non sempre lo scopo viene raggiunto, poiché molti cittadini percepiscono l’ergastolo come una condanna quasi simbolica.217