6. Le possibilità di reinserimento sociale per i condannati all’ergastolo
1.1 L’orientamento della Corte di Cassazione
A conferma del fatto che fin dall’entrata in vigore della Costituzione si è discusso della legittimità della pena dell’ergastolo, vi è l’ordinanza 16 giugno 1956 delle Sezioni Unite penali della Cassazione.17 La Corte, infatti, era stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità della sanzione perpetua con la finalità rieducativa di cui all’articolo 27 c. 3 Cost.18: una parte della dottrina sosteneva come l’ergastolo non fosse in grado di soddisfare le funzioni assegnate alla pena, non solo come mezzo per ripristinare l’ordine violato e trattenere i futuri delinquenti dal commettere i reati, ma soprattutto come mezzo per rieducare il reo.19
16 Cfr. A. PUGIOTTO, Come e perché eccepire l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo, cit., p. 19 17 Ordinanza 16 giugno 1956 in Foro it., Roma, 1956, sez. II, p. 145 ss., con nota di E. JOVANE. 18 M. PISANI, La pena dell’ergastolo, cit., p. 586.
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Nell’ordinanza, innanzitutto, i giudici della suprema Corte affermavano, rifacendosi alle norme disciplinanti il funzionamento della Consulta, da pochissimo entrata in funzione, di non dover, come giudice a quo, inoltrare la questione alla Corte Costituzionale dato che questa appariva manifestamente infondata. Nella motivazione di questa manifesta infondatezza, tuttavia, la Cassazione finì quasi per impadronirsi delle funzioni della Consulta, illustrando in maniera diffusa e precisa le ragioni della non violazione dell’articolo 27 c. 3.20
In primo luogo la Corte affermava come per rieducazione non dovesse intendersi necessariamente il reinserimento sociale, ma anche il ravvedimento morale: ovvero «quel processo attuoso dello spirito, diretto a facilitare il pentimento, che – liberando il condannato dal peso del delitto commesso – lo porti a redimersi». Questo processo meramente interiore può avvenire anche nel corso di una reclusione perpetua.21
In secondo luogo veniva invocato il dato letterale: nell’articolo 27 c. 4 il costituente aveva escluso espressamente la legittimità della pena di morte e quindi, argomentando a contrario, la pena dell’ergastolo doveva ritenersi ammessa.22
In terzis i giudici evocavano la teoria della polifunzionalità della pena, sostenendo
che l’ergastolo trovasse giustificazione sulla base della prevenzione generale e speciale.23
20 Cfr. M. PISANI, La pena dell’ergastolo, cit., p. 587. La Cassazione avrebbe dovuto limitarsi a respingere la richiesta perché ictu oculi manifestamente infondata, invece «le sezioni unite hanno dovuto far ricorso a sottili disquisizioni di diritto, all’indirizzo di questa o di quella scuola giuridica sulla ragione della pena […]. Infatti le sezioni unite hanno sentito il bisogno di motivare l’ordinanza con un “esegesi penetrante” di tutti i riflessi dell’art. 27 della Costituzione con lontani richiami legislativi fino al ricordo del regolamento carcerario». E. JOVANE, nota a Cass., sez. un., 16 giugno 1956, in Foro it., Roma, 1956, sez. II, p. 146.
21 F. DI CARO, Ergastolo ostativo, cit., p. 3. 22 M. PISANI, La pena dell’ergastolo, cit., p. 588. 23 Cfr. F. DI CARO, Ergastolo ostativo, cit., p. 3.
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Infine la Corte precisava che, in ogni caso, gli istituti della grazia e della commutazione della pena erano in grado di eliminare la perpetuità della sanzione.24
Tuttavia proprio quest’ultimo argomento veniva a costituire una prova della fondatezza della questione sollevata: sostanzialmente la Corte riconosceva che la perpetuità non consente di attuare la finalità rieducativa e che quindi ciò che rende l’ergastolo compatibile con la Costituzione è la mera possibilità di divenire pena temporanea.25
Questa decisione suscitò l’ostilità di gran parte della dottrina: venne criticato il fatto che la Cassazione avesse sottratto il giudizio di costituzionalità alla Consulta26 ma soprattutto fu attaccato il concetto di rieducazione del reo inteso come mera emenda morale.27
Alla pronuncia del 1956 ne seguirono poi altre negli anni ’70. Nella decisione del 18 novembre 1972, per sostenere la compatibilità dell’ergastolo con l’articolo 27 Cost., si poneva l’accento sull’esistenza della l. del 1962 relativa alla liberazione condizionale e sull’eliminazione del termine minimo per l’ammissione del condannato al lavoro all’aperto.28 L’anno successivo, con la sentenza 15 dicembre 1973, si sosteneva ancora che la pena dell’ergastolo potesse tendere alla rieducazione del condannato, quanto meno nel senso di redenzione morale.29
24 Cfr. Cfr. F. DI CARO, Ergastolo ostativo, cit., p. 3. 25 M. PISANI, La pena dell’ergastolo, cit., p. 589.
26 Jovane, a questo proposito, nella nota all’ordinanza ricorda le parole di Calamandrei: «bisogna che la legittimità costituzionale appaia prima facie al giudice senza bisogno di stare a ripensarci su. Se tanto tanto gli viene un dubbio, se gli pare che la fondatezza della pregiudiziale sia probabile, ma non manifesta, non lampante come il sole, bisogna che il giudice si fermi: il giudice dei dubbi è la Corte Costituzionale». Cfr. E. JOVANE, nota a Cass., sez. un., cit., p. 148.
27 R. PEROTTI, L’ergastolo è ancora una pena perpetua?, cit., p. 15. Non si trattava, comunque, di una corrente di pensiero univoca. A. JANNITTI PIROMALLO, voce Ergastolo, cit., p. 659, riporta
l’esistenza, in dottrina, di due opinioni contrapposte: una favorevole al mantenimento dell’ergastolo, sanzione necessaria e legittima, e l’altra che invece propendeva per la sua illegittimità, in quanto pena inumana e non rieducativa.
28 Cassazione, sezione II, sent. 18 marzo 1993, n. 2611, in Foro it., Roma, 1994, sez. II, p. 41 ss. 29 Sul punto cfr. M. PISANI, La pena dell’ergastolo, cit., p. 595.
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La Suprema Corte ha poi ribadito la sua posizione in tal senso anche più recentemente. Nel 199330 ha giudicato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 22 c.p. in riferimento all’articolo 27 Cost. incentrando la motivazione sia sul fatto che l’ultimo comma di tale articolo esclude espressamente la sola pena capitale e non l’ergastolo, sia sul fatto che, dopo la l. del 1962, che ha ammesso anche gli ergastolani alla liberazione condizionale, e dopo l’entrata in vigore dell’Ordinamento Penitenziario, questa sanzione ha cessato di essere perpetua consentendo il reinserimento del condannato nella società.31
Ancora, nel 2012 la Cassazione ha affermato che: «quanto poi alla dedotta incompatibilità della pena dell’ergastolo, prevista nel nostro ordinamento giuridico dall’articolo 22 c.p., comma 1, con l’articolo 27 Cost. repubblicana e le norme sovranazionali di cui all’articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10/12/1948, all’articolo 6 della Cedu e all’articolo 5, comma 1 n. 2, della decisione quadro relativa al mandato di arresto europeo, trattasi di questione manifestamente infondata, perché l’ergastolo nella concreta realtà, a seguito della l. 25 novembre 1962, n. 1634 e dell’entrata in vigore dell’Ordinamento Penitenziario (L. 26 luglio 1975, n. 354 e succ. mod.), ha cessato di essere una pena perpetua e, pertanto, non può più dirsi contraria al senso di umanità od ostativa alla rieducazione del condannato; e ciò non solo per la possibilità della grazia, ma altresì per la possibilità di reinserimento incondizionato del condannato nella società libera, in virtù degli istituti del vigente diritto penitenziario».32
30 Cass. sez. II, 18 marzo 1993, n. 2611.
31 Cfr. S. RIONDATO, sub art. 22, in G. FORTI, S. SEMINARA, G. ZUCCALA’ (a cura di), Commentario
breve al codice penale, cit., p. 188.
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