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Ernest Naville e le origini dell’Association réformiste de Genève

CAPITOLO II. LA DIFFUSIONE DEL PROPORZIONALISMO IN EUROPA:

II.3 Ernest Naville e le origini dell’Association réformiste de Genève

Abbiamo detto come, sotto il sistema elettorale maggioritario sancito dalla Costituzione ginevrina del 1847, stante la consistenza pressochè identica dei due campi che si confrontavano e più spesso si scontravano, quello progressista-radicale e quello conservatore, non fosse del tutto improbabile che uno dei due partiti maggiori, insieme a tutti quelli minori, potesse rimanere escluso da una rappresentanza che sarebbe così stata totalmente appannaggio dell’altro. E in effetti fu ciò che puntualmente si verificò in seguito alle elezioni del 1860, quando l’opposizione venne completamente eliminata e il Gran Consiglio arrivò a essere composto da 99 deputati radicali a fronte di un solo indipendente. Nonostante i più forti avversari del partito radicale potessero contare su un numero di voti pari a un terzo dell’elettorato, si ritrovarono a essere pressochè del tutto estromessi dall’assemblea legislativa. Ovviamente questo stato di cose non poteva che portare con sé (e si trattava di un retaggio anche precedente all’evento del quale abbiamo appena parlato), tutta una serie di violenze, frodi elettorali, pressioni di ogni tipo, tanto che “le Bâtiment électoral, inauguré en 1855, ne tardera pas à être surnommé la << boîte à

gifles >>,”217 ovvero un luogo dove gli esponenti dei vari partiti cercavano, attraverso metodi leciti e illeciti, di assicurarsi il successo e il dominio sugli altri, trasformando le elezioni in veri “saturnali politici, nessuna guarentigia alla sincerità del voto, perché                                                                                                                

217 Françoise Dubosson Nalo, L’Introduction de la Représentation Proportionnelle à Genève (1865-1892),

commisti ai cittadini abusivamente votavano russi, italiani, francesi e gente d’ogni paese dimorante a Ginevra; né alla libertà, perché cittadini si facevano votare per forza o ne erano violentemente impediti […]”218

Insomma, una situazione d’instabilità e di tensione che indusse molti a richiedere una riforma del sistema elettorale e alcuni a elaborare e proporre nuovi metodi per mettere in atto la rappresentanza proporzionale delle minoranze. “Il s’agit donc d’arriver à la

représentation des minorités, autrement que par une grace, une concession de la majorité à la minorité, ou par une entent éphémère entre les partis. Il faut la rendre légale en vertu d’un principe inscrit dans une nouvelle constitution ou dans une loi constitutionnelle.”219

Queste righe furono vergate nel 1869 da Antoine Morin, che pochi anni addietro, nel 1861- 62220 era stato uno dei primi, dopo Victor Considérant, a proporre uno schema di rappresentanza proporzionale (“Système électoral proportionnelle simplifié” era il nome del progetto compreso nell’opera dal titolo “De la Représentation des Minorités”), che di fatto si era posto in continuità con quello del Francese, aggiornandolo, perfezionandolo e facendo del suo autore il fondatore del cosiddetto sistema della lista libera che, come vedremo, divenne una bandiera della futura Associazione riformista.

“Otteniamo la giustizia – scriveva il Morin a proposito della sua proposta -, niente è buono e bello come la giustizia, nulla vale come la giustizia a sedare ogni inimicizia, a calmare ogni lotta. […]

L'essenziale è che la elezione non sia una lotta, che dà per risultato vincitori tendenti all’oppressione, e vinti i quali non pensano che alla ribellione, ma una proporzionale ripartizione della rappresentanza fra elettori, che hanno tutti l’eguale diritto ad essere rappresentati.”221

Parliamo brevemente di questo che sicuramente rappresentò il passo successivo rispetto alle teorizzazioni del discepolo di Fourier. Innanzitutto, essendo una proposta destinata,                                                                                                                

218 Attilio Brunialti, Libertà e Democrazia. Studi sulla Rappresentanza delle Minorità, cit., pp. 233-234 219 Antoine Morin, Op. cit., p. 13

220 Allargando lo sguardo all’intera Confederazione elvetica, invece, l’idea della rappresentanza

proporzionale era ricomparsa, dopo le teorizzazioni del Considérant, a Neuchâtel nel 1857-58, quando un radicale dissidente, François Cantagrel, sviluppò diversi progetti in tal senso in alcuni articoli di giornale. Inoltre, in occasione dell’Assemblea Costituente del 1858, Jules Philippin propose di accordare un rappresentante al Gran Consiglio a ogni gruppo di 200 cittadini, o almeno di specificare all’interno della Costituzione che il sistema elettorale avesse per scopo la sincera e proporzionale rappresentanza di tutte le opinioni e di tutti gli interessi. La mozione del Philippin fu respinta per soli dieci voti (40 contro 30), ma per la prima volta nella storia elettorale, di fatto, una minoranza molto consistente si pronunciò a favore di un cambio di metodo di scrutinio.

Cfr. Pierre Garrone, L’Élection Populaire en Suisse. Étude des Systèmes Électoraux et de leur Mise en Oeuvre sur le Plan Fédéral et dans les Cantons, Bâle-Francfort sur le Main, Helbing & Lichtenhahn, 1991, p. 82

nelle intenzioni del suo ideatore, a innestarsi su una legislazione elettorale già esistente, egli non propose di rivoluzionare la cornice territoriale all’interno della quale svolgere le elezioni e dunque previde il mantenimento delle tre circoscrizioni già disegnate dalla Carta costituzionale ginevrina del 1842 e poi ancora da quella del 1847. Lo scrutinio sarebbe rimasto uno scrutinio plurinominale di lista, ma le singole liste avrebbero dovuto concorrere liberamente per ottenere un numero di rappresentanti esattamente proporzionale alla propria forza. All’interno di ogni circoscrizione, avrebbe dovuto conseguire un seggio ciascun partito che avesse raccolto un numero di voti pari almeno al quoziente, uguale al rapporto tra i voti validi (non votanti o elettori, quindi, ma voti validi) e deputati da eleggere. La cifra elettorale di ogni lista sarebbe dovuta essere ricavata dal numero di voti conferiti alla lista stessa, purchè gli elettori l’avessero accettata in blocco, non cambiando l’ordine di presentazione. Tuttavia, i bollettini divergenti dalle liste ufficiali, le sole comunque a partecipare alla ripartizione sulla base del quoziente, non sarebbero risultati nulli, ma sarebbero stati tenuti in considerazione per determinare la graduatoria dei candidati da eleggere, dando in questo modo una legittimazione anche alle schede cosiddette “panachées”, ossia modificate dall’elettore attraverso l’inserimento all’interno di una lista di partito di candidati a lui graditi appartenenti a una forza politica concorrente. Molti, esaminando questo sistema, vi individuarono il rischio che gli elettori che non accettassero in blocco le liste ufficiali, di fatto sottraessero a queste ultime dei voti, penalizzando magari un partito cui si sentissero vicini, perché non condividevano la scelta di alcuni candidati. Lo stesso Morin indicava la soluzione di questa contraddizione, il rimedio a questo rischio di pregiudicare la proporzionalità del sistema, nella possibilità concessa ai “panacheurs” di presentare a loro volta una propria lista, in grado dunque di partecipare alla prima ripartizione e che contenesse magari il nome di un candidato estraneo alla lista ufficiale del proprio partito, ipoteticamente insieme ad altri nomi compresi invece in quest’ultima. Tuttavia, a suo avviso, il rischio sarebbe stato soltanto teorico, dal momento che la distribuzione dei seggi residui avrebbe controbilanciato lo squilibrio provocato da questa anomalia. Il Morin, infatti, al contrario del Considérant, si era posto il problema dei seggi che fossero rimasti da attribuire al termine della ripartizione per mezzo del quoziente, che egli proponeva di assegnare ai candidati indipendenti, quelli votati al di fuori delle liste ufficiali, in base al numero di suffragi da essi ottenuto (dunque a maggioranza relativa), purchè però avessero conseguito almeno quello minimo necessario per l’elezione di un deputato. “Après avoir réparti entre les diverses opinions

appartient évidemment aux électeurs indépendants, et la majorité peut seule décider entre eux. C’est le motif que nous a porté à introduire l’article 4, au moyen de laquelle les intérêts des électeurs indépendants se trouvent complétement sauveguardés.”222

Il progetto del Morin venne apprezzato per i semi del dibattito futuro che permise di gettare, ma allo stesso tempo fu criticato anche da molti proporzionalisti, perché, per usare le parole di Attilio Brunialti, “il […] sistema presenta parecchi difetti. Anzi tutto raggiunge una perfezione molto relativa, la sua semplicità è condizionata al piccolo numero delle liste, poi, lo spediente cui ricorre per supplire alle elezioni residue è affatto meschino e censurabile.”223 Le proposte del Morin furono riprese anche da Charles Bellamy, sempre a

Ginevra, e presentate fin dal 1862 al Gran Consiglio del Cantone, ma evidentemente non fecero breccia (così come non passò neanche una proposta del Mayor per introdurre un minimo di rappresentanza delle minoranze attraverso il voto cumulativo) nell’assemblea, che decise di mantenere il sistema elettorale maggioritario a scrutinio plurinominale di lista, con tutte le tensioni e le lotte che ne conseguivano. La miccia che accese il fuoco di una vera e propria rivolta scoppiò il 22 agosto del 1864 e il motivo del contendere non furono le elezioni del Gran Consiglio, bensì un’elezione al Consiglio di Stato (l’esecutivo del Cantone), indetta per coprire il posto lasciato libero da un radicale, Jean-Jacques Challet-Venel, nominato membro del Consiglio federale (il governo della Confederazione elvetica). In lizza erano in due: il radicale James Fazy e l’indipendente (a Ginevra gli indipendenti erano i conservatori) Arthur Chenevière. Sei dei sette Consiglieri di Stato                                                                                                                

222 Cito da Thomas Hare, The Election of Representatives, Parliamentary and Municipal, London, Longman,

Green, Longman, Roberts, & Green, 1865, p. 298.

Per maggiore chiarezza, ecco gli articoli più interessanti della proposta di Antoine Morin, riportati in ivi, pp. 295-298.

“Art. 3. Cette répartition s’opère de la manière suivante:

A. Immédiatement après le dépouillement du scrutin, le bureau arrête, d’après le nombre des bulletins valables, celui des suffrages indispensables pour l’élection d’un représentant. Ce dernier nombre, déterminé par le chiffre des députés à elire dans chaque collège, est 1/44e des bulletins valables

dans l’arrondissement de Genève; 1/38e dans celui de la rive gauche; 1/14e dans celui de la Rive droite.

B. L’importance des listes en concurrence est donnée par le chiffre des bulletins compactes qu’elles ont réunis, et l’ordre des noms dans ces listes est déterminé par le nombre des suffrages qu’ils ont obtenus, en ténant compte des bulletins égrenés ou panachés.

C. Chacune des listes a droit à autant de députés qu’elle renferme de fois le nombre de voix nécessaire pour l’élection d’un représentant.

D. Les noms portés sur plusieurs listes, ayant droit à la répartition, sont élus d’emblée. Le surplus leur est réparti proportionnellement à leur force, sans que la parte revenant à d’autres groups soit réduite ou augmentée par ce fait.

E. Les fractions ne comptent pas.

Art. 4. Si, après la répartition entre les listes du nombre des députés auquel elles ont droit, il en reste à nommer, ceux-ci sont èlus à la majorité relative, à condition toutefois qu’elle ne soit pas inférieure au minimum indispensable pour l’élection d’un député.”

erano progressisti e l’elezione di un conservatore non avrebbe cambiato di molto gli equilibri.224 Ciononostante, la campagna elettorale fu vivacissima e naturalmente ricca di

tensioni. Alla fine la spuntò, per meno di trecento voti, Chenevière, la cui elezione venne però dichiarata illegittima, senza un valido motivo, dall’ufficio elettorale, dominato dai radicali. Scoppiò una grande rivolta e le truppe della Confederazione dovettero intervenire per separare le due fazioni. Rimasero a Ginevra fino al gennaio del 1865. Alla fine, l’inchiesta condotta dalle autorità federali si concluse con la convalida dell’elezione di Chenevière e i processi, portati avanti anch’essi a livello federale, nel novembre e nel dicembre del 1864, si conclusero con un’assoluzione generale. Tutto sommato, però, gli avvenimenti di quei mesi avevano dimostrato quanto le tensioni pervadessero ormai il Cantone, anche a causa di una legge elettorale che permetteva di estromettere ogni tipo di opposizione dalla rappresentanza. “Au-delà de son aspect tragique, l’événement a suscité

une sérieuse prise de conscience du problème genevois, et bon nombre de brochures ont alors proposé le changement d’une organisation politique qui, si elle ne provoquait pas directement tels excès, se révélait du moins incapable de les prévenir.”225

I fatti appena raccontati scossero in particolare la coscienza di quella che era destinata a diventare la figura chiave del proporzionalismo europeo, Ernest Naville. Per capire come questo filosofo divenne l’assertore più convinto e il propugnatore più efficace della proporzionale in Europa e nel mondo, dobbiamo fare cenno alla sua vita, agli avvenimenti che la segnarono. Egli nacque a Chancy, nel 1816, da una famiglia borghese di tradizioni conservatrici. Fece i suoi studi a Ginevra, dove nel 1839 si laureò in teologia e fu consacrato pastore. Non esercitò mai, però, questa funzione, perché si dedicò all’insegnamento di storia della filosofia e della teologia, acquisendo subito una grande reputazione, in particolare dal 1844, quando ottenne la cattedra presso l’Accademia di Ginevra. All’esplodere della rivoluzione del 1846, egli rifiutò di riconoscere il governo di James Fazy e due anni dopo si vide togliere la cattedra dall’esecutivo radicale per le sue posizioni conservatrici. Si dedicò allora allo studio della filosofia, ma la sua attenzione si spostò presto sulle istituzioni rappresentative. Abbiamo già visto (v. § I.7) che egli, pur schierato su posizioni conservatrici, non era contrario all’allargamento del diritto di voto (ma solo per gli uomini) fino, in linea di principio, al raggiungimento del suffragio universale in virtù del progresso della civilizzazione e dell’elevazione del livello culturale della popolazione. Il cuore del problema, però, risiedeva a suo avviso nella modalità di                                                                                                                

224 Cfr. Dominique Wisler, Op. cit., p. 27 225 Françoise Dubosson Nalo, Op. cit., p. 73

rappresentanza, fondamento dell’organizzazione politica. Per questo gli avvenimenti del 22 agosto provocarono in lui viva impressione e lo portarono a concentrare definitivamente la sua attenzione su quella che vedeva come la radice di tutti i mali, ovvero il sistema elettorale maggioritario a scrutinio plurinominale, e nella memoria indirizzata al Consiglio federale e al popolo svizzero proprio nel settembre del 1864 denunciò con forza i suoi difetti: “Il n’y a que deux partis à Genève; et nous sommes forcés d’agir autrement que

nous ne le voudrions. Or, la formation de ces deux partis est (au point de vue politique, et sans parler des causes historiques et morales) le résultat d’un système qui a frappé de mort la représentation vraie, par l’impuissance où se trouve l’électeur de connaître et choisir les hommes qu’il élit. Genève subit une machine politique qui violente, au lieu de les manifester, les sentiments vrais de la population. Sa constitution est une vraie camisole de force. On peut comprendre dès maintenant, la difficulté de la situation, et la nécessité d’un grand événement qui brise des cadres faux, et ouvre au pays une ère vraiment nouvelle, une ère de progrés réel, et de pacification sérieuse.”226

Eccolo lo spunto di tutte le sue riflessioni sull’organizzazione politica, l’origine della sua attività e della sua propaganda per modificare quella macchina che violentava i sentimenti veri della popolazione. Fino a quello stesso anno, tuttavia, non aveva ancora individuato la soluzione, il modo di inceppare quel meccanismo e restituire così la libertà agli elettori ginevrini. Come ci raccontava il Brunialti,227 infatti, fino a quel momento il Naville ancora non conosceva il sistema elettorale proporzionale e dunque si limitava ad auspicare un avvenimento che aprisse al paese una nuova era di progresso reale e di seria pacificazione. In cosa potesse consistere quell’avvenimento, il filosofo ginevrino lo scoprì poco più tardi, nell’ottobre del 1864, quando, dopo anni di discussioni e letture, si imbattè in un articolo di un giornale di Friburgo, il Confédéré, “quelques lignes disant que les élections se font

d’après un principe faux et qu’il n’y a de représentation vraie que la représentation proportionnelle des diverses groupes de citoyens.”228 Subito dopo, il 12 novembre 1864, la parola rappresentanza proporzionale comparve per la prima volta nella sua agenda: quel giorno, infatti, egli presentò a suo fratello e a qualche amico uno scritto sul nuovo metodo di scrutinio del quale era venuto a conoscenza proprio grazie alla suddetta                                                                                                                

226 Ernest Naville, Les Élections de Genève. Mémoire Présenté au Conseil Fédéral et au Peuple Suisse,

Genève, Joel Cherbuliez Libraire, 1864, p. 28

227 Attilio Brunialti, Libertà e Democrazia. Studi sulla Rappresentanza delle Minorità, cit., p. 234

228 Victor D’Hondt et al., Rapports Présentés à la Conférence Internationale pour la Représentation

Proportionnelle Organisée par l’Association Réformiste Belge, Bruxelles, Bureau de l’Association Réformiste Belge, 1885, p 15.

pubblicazione.229 Fu l’illuminazione, la definitiva presa di coscienza che, per restituire alle elezioni la loro dignità, per riportarle nell’alveo di ciò che sarebbero dovute essere, ossia un confronto civile di opinioni al fine di ottenere il consenso dei cittadini, la migliore via percorribile era quella di trovare un sistema che assicurasse a ciascuna inclinazione del corpo elettorale, dotata di una certa consistenza, una rappresentanza commisurata alla propria forza. E quella via il Naville decise di percorrere per il resto della sua quasi centenaria esistenza. Come assicurare la proporzionalità della rappresentanza, quale fosse il miglior modo per farlo, diventava dunque il problema da risolvere. Per trovare quel modo, per propagandare le proprie idee, non solo all’interno dei confini del Cantone di Ginevra, ma anche in tutta la Svizzera, nonché in Europa e nel mondo, il Naville, insieme a sei amici che condividevano le sue medesime istanze, vista anche la sordità delle istituzioni del Cantone a ogni richiesta di riforma del sistema elettorale, fondò, il 15 gennaio 1865 la Association réformiste de Genève, chiamata familiarmente dal suo creatore semplicemente La Réformiste, la prima nel suo genere nata in Europa, destinata a diventare un modello per tutti i sostenitori della riforma elettorale sparsi nel continente. Il Naville, al suo interno, assunse la carica di presidente e, essendo un ottimo e stimato insegnante, un pedagogo, si riservò il ruolo di divulgatore del messaggio dell’organizzazione presso il grande pubblico e lo svolse con incomparabile vigore e profitto. Egli non si occupava direttamente di elaborare sistemi proporzionali potenzialmente applicabili alla realtà ginevrina o ad altre realtà svizzere ed europee; questo ruolo lo lasciava ad altri, matematici e teorici dell’associazione, che in effetti seppero nel corso del tempo elaborare una serie di metodi fino ad arrivare a proporre un meccanismo di scrutinio che da quel momento in poi divenne noto in tutto il mondo come sistema svizzero.

Ma andiamo con ordine: del programma dell’Associazione abbiamo parlato nel capitolo precedente a proposito della distinzione tra diritto di decisione e diritto di rappresentanza. Lo riprenderò qui rapidamente, utilizzando le parole di Attilio Brunialti: “Rappresentanza di tutti, governo della maggiorità: eguaglianza degli elettori. Cittadini che abbiano un'opinione qualsiasi purché in numero sufficiente, hanno diritto ad essere rappresentati. Le elezioni devono essere eque, pacifiche manifestazioni dello stato vero del paese, non lotta il cui risultato è di render vano ad una parte degli elettori l'uso del loro diritto. Le voci degli elettori si devono poter aggruppare liberamente, senza che alcuna barriera arbitraria                                                                                                                

si opponga alla loro riunione. E l'associazione si proponeva divulgare questi principii, ri- spettando sempre la legge e le autorità, e cercando il mezzo migliore per tradurli in atto, ed accordare il più esattamente possibile le esigenze della giustizia e della verità con quelle della pratica.”230 Interessante quest’ultima parte, nel senso che, pur essendo nata in aperto contrasto (vista anche la storia personale del Naville) con il governo radicale, l’Assocazione fissava un punto chiarissimo: la sua lotta doveva avvenire attraverso mezzi legali, nel rispetto delle norme e delle autorità. Chi avesse pensato di andare oltre, si sarebbe posto automaticamente fuori dalla Réformiste. Lo statuto, all’articolo 7, era chiarissimo in tal senso:

“Sont interdites dans les Assemblées de l’Association:

a) Toute proposition relative à des mésures d’administration publique, à des candidatures politiques et à des objets de législation autres que le système électoral;

b) Tout tentative de déverser le blâme ou le mépris sur les Autorités légalement