• Non ci sono risultati.

I sanatori in Europa nel secondo Ottocento

2.2. Aria e riposo nella galleria di cura

2.2.2. Ernst Meissen e il sanatorio di Hohenhonnef

Questo istituto sorgeva sul versante sud-ovest del gruppo di montagne dello Sieben-Gebirge a 236 m di altitudine ed a 158 m sopra Honnef, sulle riva destra del Reno, con un panorama che doveva essere splendido, perché da questo punto la vista si distende su larga parte della vallata racchiusa dalle sette cime che la coronano da est a nord-ovest21.

Il sanatorio fu fondato nel 1892 e diretto dal dott. Meissen che era stato allievo di Dettweiler. Questo stabilimento riuniva e perfezionava i risultati del predecessore, in una costruzione austera e maestosa formata da un fabbricato centrale con due ali laterali ad angolo ottuso che si elevavano per quattro piani fuori terra e terminavano con tre guglie, due alle estremità ed una nel mezzo.

Sfruttando la pendenza del terreno l’interrato risultava completamente libero anteriormente ed ospitava al centro la biblioteca e ai lati quattro guardaroba, le cantine e le dispense, le caldaie e le camere per le docce e le inalazioni.

Davanti a questo piano terreno si stendeva la grande galleria di cura a livello del cortile-terrazzo che, racchiuso dalla forma concava dell’edificio, aveva protetti tre lati, e libera la veduta meridionale sulla valle. Questa veranda, die Liegehalle, era costruita in ferro, con soffitto doppio e copertura in ferro e vetro.

A differenza di Falkenstein era suddivisa in diversi scompartimenti in modo da interrompere la lunga fila di lettini che, in ossequio alle preoccupazioni sullo stato psichico dei malati, avrebbe potuto dare una certa impressione sgradevole. Per mezzo di una scala centrale la galleria comunicava direttamente coi piani superiori in modo che i pazienti vi potessero scendere senza esporsi alle intemperie. Per la scuola di Dettweiler, che non credeva nel lieu immunisé di Brehmer, era necessario prendere coscienza degli aspetti psicologici della cura nella convinzione che l’ostacolo principale all’efficacia della terapia

21 L’edificio è oggi sede di una clinica privata. Per le notizie contenute in questo paragrafo

si veda in particolare K.J. KLOHS, Der Zauberberg, Bad Honnef, in «Rheinkiesel» n. 3, marzo 2004, p. 8–12.

fosse il dubbio, radicato nello spirito, circa l’efficacia del trattamento22.

Al piano terreno, a fianco della facciata principale, si trovavano il giardino d’inverno e le sale d’aspetto, di lettura, di musica e per il biliardo, oltre ad una sala riservata alle signore; nell’ala orientale c’erano le camere dedicate ai visitatori; nell’ala occidentale si trovavano le sale di visita, di consultazione, il laboratorio medico e farmaceutico ed alcuni locali di servizio. Verso il lato nord vi era il

lungo corridoio che, prolungandosi nelle branche laterali,

disimpegnava anche i locali guardaroba, la barberia, l’ascensore e la colonna dei bagni.

La sala da pranzo poteva ospitare 150 commensali e si trovava a nord dell’edificio principale, al cui tratto mediano era collegata per mezzo di un passaggio coperto. Era preceduta da due salottini riservati e da un vestibolo sotto il quale erano la cucina e le dispense. La palazzina per i medici ed il palazzo dell’amministrazione erano collocati a circa 100 m ad ovest rispetto al corpo principale, mentre verso sud-est sorgeva la cappella, in mezzo ad una pineta.

Il primo, secondo e terzo piano erano occupati dalle camere dei degenti, tutte rivolte a meridione: verso nord davano le stanze di servizio, una piccola cucina di piano, i bagni e l’ascensore. Uno scalone centrale e due scale laterali collocate in prossimità del congiungimento delle ali con il corpo principale davano accesso ai piani superiori.

Rispetto a Falkenstein, le camere avevano ulteriormente perso l’aria lussuosa da grande albergo e si presentavano d’aspetto un po’ nudo, quasi ospedaliero. Le forniture erano semplici: letto, sedie, tavolino da notte, tavolo, toeletta, armadio ed una sedia a sdraio. Erano aboliti i tappeti, le tende e tutto ciò che poteva trattenere la polvere mentre il pavimento era interamente ricoperto di linoleum e le pareti dipinte ad olio o tappezzate di carta a vernice, facile da lavare. L’aumentata attenzione al dato igienico indusse ad adottare rivestimenti e piastrellature con angoli arrotondati, per una migliore pulibilità.

22

Q. MILLER, Le Sanatorium, Architecture d'un isolement sublime, Ecole Polytecnique Fédérale de Lousanne - Departement d'Architecture, Losanna 1992, p. 8.

Vi erano camere a uno o due letti e la cubatura minima dei vani era di 60 mq in ragione di due ospiti per locale; alcune camere erano dotate di un piccolo caminetto. Quasi tutte le stanze da letto erano equipaggiate di porte finestre che davano su di un balcone ampio abbastanza per disporvi la chaise-longue. L’ammalato aveva quindi la possibilità, in accordo col medico, di condurre la cura d’aria in privato.

Per il ricambio d’aria negli ambienti vi era un sistema di ventilazione centralizzato che portava ai piani aria fresca proveniente dal sottosuolo e depurata attraverso un filtro di lana; l’aria guasta era invece aspirata mediante spiragli posti vicini al soffitto di ogni camera e richiamata attraverso un'altra serie di tubi ad una torre di aspirazione centrale. Questo sistema raffinato poteva servire da condizionamento per le giornate di maggior caldo, quando cioè si dovevano tenere chiusi i vetri e le persiane ma la sua utilità e l’opportunità della sua installazione nei sanatori di nuova costruzione venne messa ripetutamente in discussione in ragione del fatto che gli ammalati di

giorno stavano raramente in camera23.

L’attenzione al problema della ventilazione ed al ricambio d’aria, si riscontrava anche nel disegno delle finestre, dotate nella zona sommitale di vetri perforati, piccole griglie vetrate regolabili anche a finestra chiusa. Ad ogni piano si trovava un salone non riscaldato, allo scopo di alleviare i cattivi effetti degli sbalzi temici con brevi soste precedenti e successive la passeggiata quotidiana.

L’illuminazione era, sin dalla costruzione, ad elettricità ed il riscaldamento ad acqua calda. Per l’approvvigionamento di acqua potabile era necessario attingere ad una sorgente della vicina valle dell’Asbach, le cui acque venivano pompate fino ad un serbatoio posto a 30 m di altitudine sopra il sanatorio.

Alcuni fabbricati speciali, posti a 150 m al di sotto del Sanatorio, accoglievano le macchine a vapore, le dinamo, gli accumulatori, le pompe, la lavanderia e la disinfezione, con il vantaggio di mantenere gli ammalati lontani dai rumori, dalla polvere e da ogni emanazione

23 Un sistema simile è presente nell’edificio del Grand Hotel Maloja Kursall (arch. Jules

Rau, 1880 circa). M. CEREGHINI, Costruire in Montagna, 2° ed., Edizione del Milione, Milano 1956, pp. 434-435.

nociva. La comunicazione con il fabbricato principale avveniva tramite l’uso di una funicolare.

Il parco di 25 ettari era tenuto prevalentemente a pineta; viali e sentieri per le passeggiate in piano ed in dolce salita e davano accesso alle verande, agli chalets, ai sun-box sparsi dappertutto.

Il sanatorio accoglieva normalmente una clientela di circa 110 tubercolosi, tra cui tedeschi, inglesi, americani, svedesi, russi, ecc. La pensione nel 1899 era per tutti indistintamente di 8 marchi (a Falkenstein era 8,50); la camera singola costava 2 marchi in più. Vi erano facilitazioni per medici, persone al seguito, ragazzi, ecc. mentre i bagni, le docce, le frizioni, le inalazioni e la sorveglianza notturna venivano pagate a parte come pure la lavatura, stiratura e rammendatura di biancheria ed abiti personali.

All’atto di accettazione veniva richiesta una Kurtaxe di 20 marchi, alla partenza una di 5 marchi per la disinfezione di camera, mobili ed

oggetti usati dall’ammalato24

.

24 K.G. WERBER, Honnefer Spaziergänge, Verlag Buchhandlung Werber, Bad Honnef

Figura 9 – Planimetria del sanatorio Dettweiler a Falkenstein (F.DONATI, Sanatori esteri ed

istituzioni dei sanatori in Italia, stampa a cura dell’autore presso la Tipografia Operaia

(Società Cooperativa) di via Principe Umberto 10, Milano 1900, p. 5)

Figura 11 – Il sanatorio di Hohenhonnef (cartolina di inizio Novecento, collezione dell’autore)