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I sanatori in Europa nel secondo Ottocento

2.4. Evoluzione terapeutica e tipologia edilizia

2.4.1. Gli stabilimenti termali, un punto di partenza

Le cure termali avevano rappresentato un momento importante nella vita e nei costumi sociali del XIX secolo. I soggiorni presso i lussuosi stabilimenti erano un appuntamento ambito dalla classe borghese che, in un milieu di natura incontaminata ed architettura ricercata, praticava il riposo del corpo e dello spirito, anche a mezzo di una vita sociale animata che trovava ideale collocazione nei raffinati ambienti completi di casinò, sale da ballo e da concerto e di ogni altra forma di intrattenimento.

Le prime stazioni terapeutiche per i malati di petto del dottor Brehmer e del dott. Rompler a Goerbersdorf non si discostavano sostanzialmente dal modello termale, sia per il regime di ospitalità proposto ai degenti, sia per l’impronta dei fabbricati, ancora del tutto simili a confortevoli stabilimenti di villeggiatura e lontani dai precetti della terapia ambientale.

Gli impianti termali nei Grigioni, a Flims e a St. Moritz soprattutto, si componevano in genere di un edificio principale e di alcune

dépendance dedicate alla cura o allo svago. L’edifico maggiore era il

più delle volte composto da un volume con avancorpi e ali laterali. Al

piano terra, soprelevato rispetto al suolo e organizzato

simmetricamente, un grande vestibolo dava accesso alle sale di soggiorno e lettura e alla sala da pranzo, sovente collocata in un volume arretrato rispetto all’edificio principale. Due rampe di scale servivano i piani delle camere che erano disposte secondo uno schema a doppio affaccio e corridoio centrale. Talvolta vi erano anche dipendenze destinate ad alloggio, in grado di offrire ospitalità in albergo o in villa, una soluzione proposta anche a Goebersdorf51. La possibilità di optare per l’una o per l’altra forma di soggiorno era, infatti, apprezzata dalla cosmopolita e facoltosa clientela dei primi sanatori la quale, costretta dalla malattia all’isolamento e ai lunghi soggiorni lontano da casa, peregrinava tra una casa di cura e l’altra, alla continua ricerca di un diversivo.

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Quando Alexander Sprengler iniziò ad operare a Davos conosceva questa realtà: i pazienti potevano alloggiare presso la clinica o, secondo l’inclinazione e la possibilità, presso alberghi, pensioni e case private, limitandosi al quotidiano incontro con il medico per la visita e le prescrizioni ordinarie. L’aspetto della conca di Davos, tra Platz e Dorf, doveva essere ancora molto simile ad una città di ville, prevalendo le costruzioni di piccola e media dimensione, semplicemente poggiate alle pendici della montagna, senza seguire particolari allineamenti. Questa circostanza era valutata anche in termini di vantaggio per la salute, perché le piccole costruzioni, separate da prati o da giardini, favorivano il ricambio d’aria, mantenevano i malati lontani dall’abitato ma non comportavano i

rischi connessi alla concentrazione in un grande istituto52.

Il centro termale di Flims–Waldhaus presenta un esempio dello schema tipologico a padiglioni indipendenti. Nel mezzo del complesso si trovava lo stabilimento termale propriamente detto e un grande padiglione per le feste, con sala da ballo e da pranzo. La Kurhaus, inaugurata nel 1875, era un edificio simmetrico e in tutto corrispondente sia in pianta che in alzato al tipo del palazzo. Le facciate erano caratterizzate da una alta zoccolatura in bugnato a staccare il piano principale mentre lesene, fregi e cornici contribuivano a definire un’immagine improntata al vocabolario neo classico. I tre piani consistevano di camere e di suite, oltre che di ambienti per il servizio, disposte a doppio affaccio con corridoio di distribuzione centrale. Nel 1907 l’edificio venne ingrandito con la costruzione dell’attico e l’ampliamento dell’ala est, alla cui estremità fu trasferito il vestibolo d’ingresso, munito di ascensore.

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Oswald Peters, il genero di Sprengler, descriveva così la stazione di Davos nel 1893:«[…]Invano si cerca qui l’immagine di una strada delimitata da file continue di fabbricati. Benché Davos non sia esente da hotel con carattere di caserme, la maggior parte delle case conserva dimensioni ragionevoli, cosicché il numero di malati sotto lo stesso tetto rimane limitato. Prendiamo, per esempio, una delle nostre più importanti pensioni per malati, il Kurhaus di Davos dove constatiamo che l’edificio principale non può accogliere che 80 malati e che i 120, 130 pazienti rimanenti devono essere ripartiti tra le altre cinque dipendenze che costituiscono questo stabilimento. E’ infatti così, che in tutte le stazioni, benché forse senza chiara intenzione, si vuole realizzare il sistema detto “pavillonaire”, unica soluzione corretta da cercare per tutti i luoghi in cui dei malati si concentrano […]» O. PETERS, Davos.

Fur Aertze und Kranke, Davos 1893. Il brano di Peters è ripreso da Q.MILLER,op. cit., p. 14–

Il padiglione per le feste disponeva di due grandi sale decorate e dipinte secondo il nuovo gusto dell’Art Nouveau, mentre alcuni salottini completavano l’organizzazione del piano terra. Tutti gli ambienti erano illuminati naturalmente mediante grandi vetrate a piombo. Coerentemente all’impianto di una palazzina neoclassica vi era poi un piccolo attico che ospitava le stanze per la servitù ed un seminterrato per la cucina, il forno e altri spazi di servizio. Distribuiti nel parco, erano collocate le dipendenze adibite ad alloggio o destinate all’idroterapia, all’elettroterapia ed ai bagni. Le due principali

dependance ad uso di alloggio erano la “Villa Belmont” e la “Villa

Silvana”: l’una, costruita nel 1881 e disegnata in accordo con i fabbricati principali in foggia di palazzina vagamente neoclassica, con quattro piani fuori terra e tetto piano; la seconda, completata nel 1889, riprendeva gli stilemi dello chalet alpino con elementi di facciata in legno e disposizione planimetrica movimentata dalla presenza di due avancorpi laterali. Vi erano poi fabbricati di servizio, scuderie e autorimesse anch’essi in accordo con un certo gusto storicista, disegnati secondo stili differenti a formare un insieme vario per linguaggi e materiali come, in altro contesto, nello stabilimento di Arcachon.

2.4.2. Progetti per un sanatorio ideale

La lotta antitubercolare conobbe all’inizio del XX secolo un

momento di grande fervore e mentre la terapia farmacologica muoveva i primi passi alla ricerca di un rimedio antibiotico efficace, la terapia sanatoriale andava definendo i propri strumenti in maniera sempre più accurata53.

Edoardo VIII d’Inghilterra aveva visitato lo stabilimento di Dettweiler a Falkenstein nel 1902 ed al ritorno in patria promosse un concorso internazionale d’architettura ospedaliera per il progetto di un grande sanatorio popolare al quale parteciparono 180 raggruppamenti

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Negli Stati Uniti Edward Livingstone Trudeau (1848 – 1915) dopo aver essersi salvato dalla tubercolosi costruì un grande stabilimento di cura nei pressi di N.Y. seguendo uno schema tipologico che fondeva la il modello europeo del blocco con quello americano dei padiglioni.

tra architetti e medici. Il bando richiedeva uno stabilimento per 88 malati poveri e 12 abbienti.

Il dott. Turban partecipò in coppia con l’architetto zurighese Jacques Gros e propose un progetto nel quale erano distinti gli spazi destinati alla cura ed al riposo, gli spazi comuni, gli spazi per il

personale medico e paramedico, oltre a tutti gli ambienti di servizio54.

Il progetto prevedeva la separazione dei sessi nelle due ali simmetriche, mentre il personale poteva occupare a sua discrezione le camere del corpo centrale. La simmetria della pianta allungata, con le due ali leggermente ricurve a proteggere il prospetto principale, doveva rappresentare un modello adattabile alle esigenze topografiche e climatiche del luogo che, in ogni caso, avrebbero dovuto prevalere rispetto alla rigidità di questo prototipo. Analoga considerazione veniva sviluppata nei confronti dell’orientamento: il mezzogiorno era naturalmente l’esposizione preferibile ma, in presenza di venti particolarmente molesti o di condizioni di panorama non eccellenti, sarebbe stato preferibile optare per altri orientamenti escludendo, in ogni caso, il pieno nord ed il nord–ovest.

L’attenzione per l’esposizione e per gli effetti benefici della radiazione solare si esplicava anche nell’uso di serramenti metallici a tutta altezza e con possibilità di apertura totale. Sulla base dei positivi risultati riportati nel primo decennio di attività a Davos, Turban confermò la necessità della galleria di cura al piede dell’edificio e si disse sfavorevole ai balconi, ai quali sarebbe stato da preferire le mur

de verre mobile, il serramento che permetteva di aprire

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Nella relazione di accompagnamento al progetto Turban precisava: «[…] Un sanatorium pour tubercoleux doit etre tel que, prèmierement, la méthode de traitement puisse s’y dérouler aisément et complètement; deuxièment, qule la nature du batiment etl’equipement s’opposent à l’accomulation et à la diffusion des substances infectiuses et, troisèment, que l’on puisse l’adapter à la topographie et eaux condidtions climatiques (...) le premier principe est une disposition des pièces strictement divisée entrois zones 1. Zone hopitalière (pièces de séjour et chambres des malades) 2. Zone d’économat (administration et services) 3. Zone médicale (services médicaux et hydrothérapie). Ces trois parties doivent etre séparées les unes des autres meme temps que relisées; il s’agit des trois fonctions différentes ne devant s’interpénétrer que dans la mesure du nécessaire (...) A ces trois batiments pricipaux s’ajoutent l’habitation du médecinchef un chapelle ey une salle de deissection, la salle des machines avec buanderie, les étables el le local del jardinier [...]». K.TURBAN, Tubercolose, cit. La traduzione in francese è di Q. Miller.

progressivamente la stanza, secondo il clima, la temperatura o il bisogno d’aria, fino a trasformarla in una grande veranda riscaldata.

Turban aveva previsto due tipi di gallerie per la cura d’aria di cui una tradizionalmente addossata alla facciata sud dell’edificio principale e destinata ai pazienti in condizioni più gravi o comunque bisognosi di maggior prossimità con l’istituto e con l’equipe medica. Le altre gallerie, per sei o dieci pazienti, erano distribuite nella porzione di giardino prossima allo stabilimento e riprendevano il meccanismo girevole sperimentato da Dettweiler che consentiva di ruotare i chioschi secondo il movimento del sole. Turban non tralasciò di esprimersi sulle modalità di scelta e di impiego dei materiali da costruzione, esprimendosi a favore delle strutture in pietra viva le quali avrebbero evitato la formazione di intercapedini antigieniche. L’attenzione maggiore era tuttavia riservata ai materiali da rivestimento che dovevano essere impermeabili e lavabili ed analoghe caratteristiche dovevano presentare gli elementi del mobilio per il quale si era definitivamente rinunciato al lusso alberghiero in funzione di una più razionale dotazione d’impronta ospedaliera.

Si può dire che il concorso abbia offerto a Karl Turban la possibilità di realizzare sulla carta lo stabilimento modello che non era riuscito a costruire. In questo progetto è riassunto lo stato dell’arte del metodo di cura sanatoriale ad inizio secolo. I precetti che si erano fino ad allora tradotti nelle indicazioni terapeutiche e comportamentali trovavano qui riscontro nell’immagine di un luogo di cura specializzato. Da questo momento, la tipologia del lungo edificio a corpo singolo con due ali simmetriche munite di verande e stecca per servizi e ambienti comuni perpendicolare rispetto al primo, verrà assunta come modello per la maggior parte delle realizzazioni sanatoriali prebelliche55.

Il progetto non venne mai compiutamente realizzato, tuttavia la stazione terapeutica tedesca completata a Davos nel 1899 presentava

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La proposta del dott. David Sarason in coppia con l’arch. Justin Bahr preconizzava i progetti di Abraham e Le Meme con un progetto a terrazze gradinate che lasciava intuire le potenzialità del calcestruzzo armato per le applicazioni igieniste su grande scala. Nello stesso anno, l’architetto Charles Holden nel progetto per il grande sanatorio King Edward VII a Midhurst prevedeva una porzione gradonata sul fronte principale per dotare il piano della camere di una larga balconata e combina in tal modo il tipo Turban con il modello a gradoni.

un impianto assai simile ed il dottor Turban compare tra i membri del comitato direttivo della società.

Pur riconoscendo al progetto Turban il merito di aver sintetizzato ed espresso il massimo livello di ricerca tipologica per l’architettura sanatoriale pre-moderna, occorre ricordare come questo rappresenti lo sviluppo di solo uno dei due schemi compositivi fondamentali, quello dell’edificio a corpo unico. L’altra tipologia, a padiglioni, si era sviluppata maggiormente per i sanatori di pianura e per quelli marittimi e, come detto, aveva incontrato grande favore nelle realizzazioni americane.

Negli stessi anni in cui Turban proponeva il suo progetto, il dottor Sigmund Adolph Knopf pubblicò un prototipo di sanatorio ideale concepito su schema a padiglioni e improntato ad una logica compositiva razionale di rigida simmetria. Knopf era stato assistente medico a Falkenstein ed aveva fatto carriera prima a Parigi, poi a New York. Il progetto per il sanatorio ideale a padiglioni collegati risale alla prima stesura del trattato, da lui curato, sulla cura tubercolosi e per la sua redazione egli si era avvalso dell’aiuto dell’architetto Van

Pelt compatriota, allievo dell’école de Beaux-Arts56: il fronte

dell’edificio era determinato da tre padiglioni di degenza con le camere per i malati, allineati e collegati con gallerie vetrate lunghe 36 m ciascuna. Nello spazio retrostante erano collocati gli edifici per i servizi comuni (sala da pranzo, cucina, …) ed il giardino d’inverno ad essi adiacente. Seguiva la palazzina con gli uffici ed i locali dell’amministrazione che formava una corte aperta insieme ad altri due padiglioni, uno per i servizi medici ed uno per gli alloggi a foresteria. Lontano da questo insieme di edifici si trovavano, a destra, un padiglione di isolamento e, simmetricamente a sinistra, uno dedicato al gioco. Nel parco e sempre secondo l’impianto simmetrico, vi erano da una parte le stalle e le scuderie, dall’altra gli impianti di disinfezione. Ancora più lontano, a 150 m dai padiglioni dei degenti ed al riparo anche dalla loro vista, erano poi collocate le macchine per il vapore, le dinamo, le pompe e gli altri apparati rumorosi che

avrebbero dovuto essere collegati al sanatorio mediante un tram a funicolare.

I padiglioni per i malati erano studiati in maniera semplice con il piano terra occupato da un piccolo salone, una biblioteca e un gabinetto idroterapico. Al primo piano trovavano posto 14 camere, ciascuna capace di 65 mq d’aria ed affacciate sul fronte principale a meridione mediante grandi porte finestre su di un balcone largo 2 m dove gli ammalati impossibilitati a scendere potevano disporre la chaise-longue. Due camere di ciascun padiglione erano destinate alle infermiere. Il piano terra era dotato di un’ampia veranda di 45 m di lunghezza per 6 di profondità, protetta da un tetto in vetro con telaio mobile la cui struttura proseguiva anche sui lati, a formare una sorta di serra per le giornate più rigide o per la notte. La descrizione delle finiture riprende tutte le soluzioni sperimentate negli istituti più conosciuti: rivestimenti lavabili, riscaldamento a vapore, arredi in ferro, serramenti con vasistas, ventilazione artificiale, illuminazione elettrica, sistema idrico e fognario moderno. Knopf conclude la descrizione del suo sanatorio ideale raccomandando alcune precauzioni contro gli incendi e gli infortuni: ricorda di prevedere ampie riserve idriche e di mantenerle sempre cariche e con sistemi di pompaggio in buona efficienza e di preferire l’acciaio al legno per la

costruzione delle strutture e l’amianto per i tamponamenti57

.

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Figura 19 – Progetto di sanatorio ideale Gros - Turban (da K. TURBAN, Tubercolose - Arbeiten

Figura 20 – le mur de verre mobile e l’interno di una camera del sanatorio ideale Gros – Turban, 1902 (K. TURBAN, Tubercolose - Arbeiten 1890 - 1909, Davos 1909, p. 265)

Figura 21 – Facciata del sanatorio ideale del dott. Knopf (S.–A.KNOPF, Les sanatoria, cit., p. 102)

Figura 22 – Planimetria del sanatorio ideale del dott. Knopf (S.–A.KNOPF, Les sanatoria, cit., p. 105)

Figura 23 – Planimetria del padiglione tipo e veranda del progetto di sanatorio ideale del dott. Knopf (S.–A.KNOPF, Les sanatoria, cit., p. 107)