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Gli eroi mai cantati.

Nel documento ISLL Papers Vol. 9 / 2016 (pagine 94-96)

1 «Ohi vita americabella».

3. Gli eroi mai cantati.

Non cercateli tra gli scienziati e gli inventori e gli scrittori e gli uomini di genio. Cercateli nei luoghi della sofferenza, nei paesi che la globalizzazione ha ridotto alla fame, nelle carceri dove ci si incattivisce, negli ospedali dove non è mai primavera, tra coloro che in fronte recano il marchio di sottoproletari e di sbaraccati e di extracomunitari, tra l’esercito di disperati che sbarcano sulle nostre coste, e poi partono per il Nord Europa, e in alcuni paesi gli dicono bene, non avete documenti di identità? allora le impronte digitali, bestie da macello, carne da cannone.

4 Franco Costabile, Cammina con Dio (1964), vv. 104-105, in Via degli Ulivi e altre poesie, a cura di

Antonio Iacopetta, s.e. e s.l. 2004, p. 119.

E ricordate Brecht, che al suo Galilei antieroico fa dire «Sventurata la terra che ha bisogno di eroi»5.

E anche ricordate quegli uomini che non hanno bisogno di medaglie e targhe, di cippi e monumenti, di funerali di Stato e premi alle vedove e agli orfani. Uomini avvezzi a stare nell’ombra, dolcita da una lanterna.

L’aquila ad ali spiegate, che Carlo V scelse come simbolo imperiale della mia città, per averlo difeso sanguinis effusione, non ha reclinato il suo capo. E dalle creste dei suoi tre colli, saluta smagliando i viandanti che le passano vicino. Dallo Jonio e dall’Adriatico provenendo il sole sorge, io dico. Io che ancora mi sento come una zizzola cresciuta in terra d’Oriente, tra i caprettari con fringuella la caprettara e tra i pescatori con fringuella la pescatora.

4.

Migjeni.

Millosh Giergj Nikolla, in arte Migjeni. E non per civetteria. Ma per desiderio di quella umiltà che è dei cuori semplici, per desiderio di ridurre il proprio io ai margini esistenziali. Tre nomi, di cui il secondo di chiara ascendenza russa, lo zarismo ancora su troni di broccato, troppo trionfali gli sembrarono. E a lui, triste e solitario, l’antica notte albanese suggerì di adottare l’acronimo composto dalle prime lettere dei suoi tre nomi: una stella piccola nei cieli del paese delle aquile e in tutti i cieli dei tanti sistemi solari che popolano l’universo. Da Millosh, «mi». Da Gjergj, «gje». Da Nikolla, «ni».

Nacque a Shkodër il 13 ottobre mille911. Scrisse mirabilia in prosa e in versi. Malato di tubercolosi, assistito dalla sorella Olga, morì nell’Ospedale Valdese vicino Torino il 26 agosto mille938. Sepolto nel camposanto di Torre Pellice fino al 5 febbraio mille956: quando il regime di Enver Hoxha decise di riportarlo a Shkodër. Bande musicali dei militari in divisa di gala. Celebrazioni patriottarde. E l’anno successivo, il «Presidium i Kuvendit Popullor», il Parlamento, gli conferì alla memoria il titolo di «Mësues i Popullit», Maestro del Popolo.

Ma non aveva difeso i poveri contro lo Stato distratto, contro i residui satrapici dell’Impero Ottomano, contro l’incuria delle istituzioni politiche?

Lo Stato genuflesso dinanzi alla sua bara, salvo l’orgoglio nazionale, santificata la commozione.

Non è vero, Olga?

Shok Dritero Agolli hai inneggiato anche in poesia a Enver Hoxha dittatore e

non a Migjeni democratico6. Non così. Non così per me e per i democratici. Che nella

dittatura e non nella democrazia vediamo il torto e non il diritto. Da ragazzo di Calabria ascoltavo «Radio Tirana», dissentendo.

5.

Antonio Broussard.

5 Leben des Galilei Vita di Galileo, scena XIII, a cura di Giuseppina Onero, trad. di Emilio Castellani,

Einaudi, Torino 2014 (ristampa), p. 217, negando l’affermazione alla p. 215 del giovane porta- latte al mattino e giovane apprendista di fisica astronomica Andrea Sarti «Sventurata la terra che non ha eroi!» .

Per il testo in tedesco (versione 1955-1956), ibid., pp. 216 e 214: «Unglücklich das Land, das Helden nötig hat» e «Unglücklich das Land, das keine Helden hat».

Era cugino di mio padre, la Francia da cui venivano i loro antenati un ricordo lontano di circa due secoli, le montagne del Diacono Martino ancora intatte non incoraggiavano i viaggi, ma il filo continuava a resistere, almeno a Natale e Pasqua cartoline augurali tra la Calabria e Saint-Ètienne, scambi di foto dei nuovi nati nella famiglia, Alphonsine il nome più diffuso tra le ragazze, e ogni tanto un telegramma di lutto, le effigi su cartoncino giallo, una croce in cima e crisantemi ai lati e una preghiera in basso, gli scomparsi in gloria di Dio, uomini dal portamento austero, camice inamidate con una spilla a chiusura del colletto perché la cravatta vi rimanesse più ferma, quasi sempre pizzetto alla D’Artagnan, donne in abiti di broccato e trine e merletti a decorazione, cappelli a tese larghe con piuma di struzzo, pendenti e collana in oro con il sigillo a corona regale, dal numero delle punte della corona distinguendosi se erano state marchese o contesse del Sacro Romano Impero.

Antonio Broussard si chiamava.

Studi nel Collegio dei Salesiani a Roma e nel Collegio dei Pallottini a Ostia, mazziniano di ispirazione. Rifiutò ogni privilegio, il suo nome di casata consentendoglielo. Partì di leva destinato al Distretto militare di Sulmona, chiese e ottenne il trasferimento nel reparto armato di Ascoli Piceno, chiese e ottenne l’assegnazione al 1° battaglione del 49mo reggimento di fanteria, chiese e ottenne di seguire il suo reggimento in Albania, nella striscia di terra tra Valona e il mare e il fronte greco, grado «porta-ordini».

Il 17 novembre mille940, compiva vent’anni, i greci attaccarono. Il 18, l’attacco nel varco di Kapesticha-Graka.

Eravate in 28 contro 200. In ritirata, i greci ti ferirono a un braccio: pallottola di fucile. E ferirono il tuo Comandante, il Sottotenente Isabella: pallottole di mitraglia. «Mamma mia», disse Isabella. E con il tuo corpo gli facesti scudo. Invano. Un’altra scarica di mitraglia vi colpì entrambi: le mani di Isabella aggrappate alle tue spalle, come a uno spuntone di roccia, le tue strette all’indietro lungo la vita di Isabella. Ti portarono all’Ospedale Militare di Tirana. Un quarto d’ora di tempo, gli ultimi fotogrammi, fino alle 15 di venerdì 21 novembre mille940, buon compleanno ti venne da Mongiana lungo la strada per le Serre Calabresi, anche a voi per gli anni avvenire, rispondesti, e non dimenticatevi di potare quell’albero di faggio dove mi arrampicavo per vedere il mare di Soverato e il Golfo di Squillace.

Medaglia d’oro alla memoria. Tavola a colori tutta prima pagina di Vittorio Pisani sulla «Tribuna Illustrata»7. Nome di una via a Catanzaro.

Nel documento ISLL Papers Vol. 9 / 2016 (pagine 94-96)