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La «lotta per il riconoscimento», l’amicizia e l’ospitalità.

Nel documento ISLL Papers Vol. 9 / 2016 (pagine 118-120)

Hegel: il diritto e il torto di Giulia Benvenut

6. La «lotta per il riconoscimento», l’amicizia e l’ospitalità.

Dove esistono la schiavitù o servitù e la signoria, il diritto si prostituisce nel torto. E nega che lo schiavo o servo sia uno spirito in sé libero capace di porre fine alla sua dipendenza dal signore, considerato pure lui come spirito in sé libero. «L’asserita giustificazione della schiavitù (in tutte le sue fondazioni prossime attraverso la forza fisica, prigionia di guerra, salvamento e conservazione della vita, sostentamento, educazione, beneficenze, consenso proprio ecc.) così come la giustificazione di un dominio, inteso come mera signoria in genere, e ogni veduta storica sul diritto della schiavitù e della signoria riposa sul punto di vista del prender l’uomo come entità naturale in genere secondo

un’esistenza (di cui fa parte anche l’arbitrio), la quale non è adeguata al suo concetto.

32 Die »Rechtsphilosophie« von 1820, § 57 «Bildung», ad «Zu § 57 und § 57 A», cit., p. 241: «Sclaverey ist <etwas>

Geschichtliches – d. h sie [gehört] fällt gehört in einen Zustand vor dem Rechte – ist relativ – der ganze Zustand des absoluten Rechts – aber innerhalb eines solchen Zustands nothwendig rechtlich d. h. dasjenige Selbstbewußtseyn der Freyheit, das auf einer solchen Stufe ist, hat sein Daseyn – Wenn man sagt, Sclaverey ist an und für sich Unrecht, – ist ganz richtig». Le parentesi a uncino e quelle quadre sono di Ilting. Plebe, Al § 57, p. 450: «La schiavitù è qualcosa di storico, cioè essa cade, appartiene ad uno stadio anteriore al

diritto, è relativa. Tutta questa situazione non deve esserci, non è una situazione del diritto assoluto: ma

all’interno di una tale situazione, essa è necessariamente giustificata. Cioè quell’autocoscienza della libertà, che è a un tale grado, ha in ciò il suo esserci. Se si dice che la schiavitù è in sé e per sé ingiustizia, ciò è del tutto esatto». Ho sostituito il corsivo allo spaziato.

33 Phil. d. R. 1822-1823, § 127 «Unterordnung des Rechts unter das Wohl: das Notrecht», ad «2. Grenzen der Anwendung

des Notrechts», cit., p. 403: «Nur […] die Noth der Lebenserhaltung zu beschränken, nur di absolute Noth

der Gegenwart berechtigt zu einer unrechtlichen Handlungen, weil in ihrer Unterlassung selbst wieder das Begehn eines Unrechts liegt, und eines höchsten Unrechts, der gänzlichen totalen Negation des Daseins der Freiheit».

Losurdo, § 127, p. 175: «La necessità della conservazione della vita […], nella sua assolutezza, autorizza un’azione illegale, perché, con la sua omissione, si verrebbe a commettere anche per tal via un torto, e un estremo torto, la negazione totale e completa dell’esistenza della libertà».

34 Phil. d. R. 1817-1819, § 63 «Unterordnung des Rechtes unter das Wohl: das Notrecht», cit., p 84. Senza varianti

grafiche, Vorl. 1817-1819, § 63, cit., p. 74.

35 Nel settembre 1824 Hegel è a Vienna, dove per due volte assiste al Barbiere di Siviglia (Roma 20 febbraio

1816), musicato da Gioachino Rossini su libretto di Cesare Sterbini: Cicero 2, p. 25. Nell’Atto Primo, Scena Seconda, il Conte d’Almaviva dice a Figaro: «poter del mondo, | ti veggo grasso, e tondo». E Figaro gli risponde: «La miseria, signore».

L’affermazione dell’assoluto torto (des absoluten Unrechts) della schiavitù di contro si attiene al concetto dell’uomo inteso come spirito, come ciò che in sé è libero, ed unilaterale nel fatto ch’essa prende l’uomo come libero per natura, ovvero, ciò ch’è lo stesso, il concetto come tale nella sua immediatezza, non l’idea, come il vero»36.

Di per sé, l’uomo non è «destinato» alla schiavitù37. Neppure nell’ontico che voglia

trapassare nell’ontoaxia senza rimanere nella sua più elementare nudità e nella sua più ferina fatticità. La schiavitù, prima o poi, si proietta infatti fuori di sé. Si proietta nella «lotta per il riconoscimento»38. Per il riconoscimento dello schiavo come persona che si è

liberata dal signore. E per il riconoscimento del signore come persona che lo schiavo ha liberato.

L’ontico non si separa mai in maniera irrimediabile dalla sua tensione a diventare ontoaxia. C’è latenza dei valori negli enti, latenza dell’ontoaxia nell’ontico.

Creso insegna. Si propone di scendere in armi contro gli abitanti delle isole e allestisce navi. Alla sua reggia giunge un ambasciatore da quelle isole: «O re, mi pare che tu ti auguri di tutto il cuore di poter cogliere sulla terraferma gli isolani a cavallo, ed è naturale che la pensi così. Ma gli isolani che altro credi tu che si augurino, da quando hanno saputo che ti accingi a costruire navi per attaccarli, se non di cogliere i Lidi sul mare, per poter fare su di te le vendette dei Greci che abitano nel continente e che tu tieni soggetti a schiavitù?»39. Creso «molto si compiacque di questa conclusione; e, siccome gli

36 Lineamenti di filosofia del diritto, § 57, Ann., cit., pp. 60-61. Con rinvio a p. 61, tra parentesi tonde, a

«Fenomenologia dello spirito, pp. 115 sgg. e Enciclop. delle scienze filos., §§ 352 sgg.». Ho sostituito «torto» a «ingiustizia». Messineo, p. 66: «torto». Cicero 2, p. 153: «illegittimità».

Die »Rechtsphilosophie« von 1820, § 57 «Bildung», Anm. «Recht und Unrecht der Sclaverei», cit., pp. 240 e 242: «Die

behauptete Berichtigung der Sclaverey (in allen ihren nähern Begründungen durch die physische Gewalt, Kriegsgefangenschaft, Rettung und Erhaltung des Lebens, Ernährung, Erziehung, Wohlthaten, eigene Einwilligung u. s. f.) <,> so wie die Berechtigung einer Herrschaft, als bloßer Herrenschaft überhaupt <,> und alle historische Ansicht über das Recht der Sclaverey und der Herrenschaft beruht auf dem Standpunkt, den Menschen als Naturwesen überhaupt nach einer Existenz (wozu auch die Willkühr gehört), zu nehmen, die seinem Begriffe nicht angemessen ist. Die Behauptung des absoluten Unrechts der Sclaverey hingegen hält am Begriffe des Menschen als <eines> Geistes, als des an sich freyen, fest und ist einseitig darin, daß sie den Menschen als von Natur frey, oder, was dasselbe ist, den Begriff als solchen in seiner Unmittelbarkeit, nicht die Idee, als das Wahre nimmt». Con rinvio nel § 57 < α)> a p. 244, tra parentesi tonde, a «Phänomenologie des Geistes S. 115 ff. und Encyklop. der philos. Wissensch. § 352 ff.». Ho sostituito le parentesi a uncino alle virgolette scempie. Le ultime parentesi a uncino sono di Ilting.

37 Ibid., p. 61.

Ibid., p. 244.

38 Ibid.

Ibid., p. 242.

39 Erodoto, Storie, I, Libri I-IV, Lib. I, ad 27, con testo a fronte, a cura di L. Annibaletto, Introduzione di K.H.

Waters, trad. di M.C. Pietrasanta, Mondadori, Milano 2012, rist., p. 31: «ὦ βασιλεῦ, προθύμως μοι φαίνεαι εὔξασθαι νησιώτας ἱππευομένους λαβεῖν ἐν ἠπείρῳ, οἰκότα ἐλπίζων. νησιώτας δὲ τί δοκέεις εὔχεσθαι ἄλλο ἤ, ἐπείτε τάχιστα ἐπύθοντό σε μέλλοντα ἐπὶ σφίσι ναυπηγέεσθαι νέας, λαβεῖν ἀρώμενοι Λυδούς ἐν θαλάσσῃ, ἵνα ὓπερ τῶν ἐν τῇ ἠπείρῳ οἰκημένων Ἑλλήνων τίσωνταί σε, τοὺς σὺ δουλώσας ἔχεις». Ho sostituito all’inizio della citazione l’«omega» minuscola alla maiuscola. La prima edizione è del 1956. Segnalo un’altra traduzione, di cui mi sono servita: Erodoto, Le Storie, I, Lib. I, ad 27, La Lidia e la Persia, con Introduzione

generale e con testo e commento di D. Asheri, trad. di V. Antelami, Fondazione Lorenzo Valla-Mondadori,

Milano 19892, p. 33: «O re, mi sembra che tu ti auguri con tutto il cuore di cogliere sul continente gli uomini

delle isole mentre montano a cavallo, e lo speri con ragione; tuttavia, da quando hanno saputo che tu stai approntando una flotta contro di loro, cos’altro credi che si augurino gli uomini delle isole, se non che pregano di incontrare i Lidi in mare, per punirti dei Greci che abitano il continente e che tu tieni in servitù?».

pareva che l’ospite parlasse a proposito, lasciatosi convincere, pose termine alla costruzione di navi. E fu così che strinse un patto d’amicizia con gli Ioni che abitavano le isole»40.

Non c’è «patto d’amicizia» che in potenza non sia anche un «patto d’ospitalità» e viceversa: non solo tra loro non belligeranti sono gli amici e non solo tra loro hanno rapporti di buon vicinato, ma spesso tra loro si ospitano. A differenza di chi ha l’animo «di abbandonare i poveri al loro destino e di ridurli (sich […] anzuweisen) alla mendicità pubblica»41.

Nel documento ISLL Papers Vol. 9 / 2016 (pagine 118-120)