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L’espressione : un riferimento

Nel documento Edizione e commento dei Cypria (pagine 77-85)

riferimento al poeta che compose i Cypria?

A tal proposito è opportuno fornire il testo e la traduzione del frammento 12 B. per maggior chiarezza.

schol. Eur. Andr. 898:

“Lisimaco (FGrHist 382 F 12) e altri autori raccontano che nacque da Elena anche Nicostrato. Colui che raccolse le storie dei Cypriakà afferma invece che fu Plistene a nascere da Elena, con il quale giunse a Cipro anche Agano, che nacque da lei e da Alessandro”.

Si può rilevare che nel frammento 12 B. viene utilizzata un’espressione non attestata negli altri frammenti di tradizione indiretta per riferirsi a Stasino: l’autore del poema viene designato con l’espressione “colui che organizzò”, , e non “colui che scrisse”, , i canti Ciprî, come avviene invece in Filodemo e Clemente Alessandrino (ved. supra). Sia Davies che Bernabé

accettano la lezione , pur essendo attestata in A la lezione .

Prima di Bernabé e Davies anche Jacoby aveva accettato per Lisimaco (FGrHist 382 F 12) la lezione , “colui che raccolse i Cypria” (=FGrHist 758 F 6). In realtà già alcuni filologi quali Welcker e Wilamowitz si erano espressi negativamente a proposito dell’identificazione di Stasino con l’autore nascosto

dietro la perifrasi .

Il verbo qui esaminato è attestato nella Vita Homeri V, in un passo ove si discute, a partire dalla sicura composizione omerica dell’Iliade e dell’Odissea, della veridicità dell’attribuzione di altre opere ad Omero e della redazione dei poemi attribuita a Pisistrato:

In tal caso indica l’operazione non della scrittura o della

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composizione di un’opera, ma di raccolta dei poemi omerici che prima circolavano , in ordine sparso, alla rinfusa, in seguito invece furono messi per la prima volta in ordine e per iscritto da Pisistrato, come è reso evidente dai vv. 3-4 dell’epigramma attribuito a Pisistrato (Anth. Pal. 11, 442) e contenuto

nella Vita V: |

. In questa vita si fa quindi riferimento alla celebre e discussa redazione pisistratea dei poemi omerici, in merito alla quale nell’antichità si espresse favorevolmente Cicerone nel De orat. 34, 137: “[Pisistratus] qui primus Homeri libros confusos antea sic disposuisse dicitur, ut nunc habemus”. Al posto del verbo Cicerone utilizza dispono. 185

Anche il lessico di Suida (s.v. ) si esprime allo stesso modo riguardo all’opera di Pisistrato, adoperando il verbo con il valore già attestato nella Vita Homeri V:

. Il verbo è attestato anche in un frammento di un altro poema epico, l’Ilii excidium, in un’espressione assai simile a quella qui esaminata e presente nel fr. 12 B. (schol. Eur. Andr. 898) dei Cypria: si tratta del fr. 5 B. (schol. Eur. Andr. 10), ove si fa riferimento ‒ senza menzionare il più consueto e

completo titolo ‒ non a “colui che compose/scrisse” l’opera ma

genericamente al poeta ciclico che la raccolse:

. Tale coincidenza sembra confermare i dubbi già espressi sul valore di e sulla reale autenticità di questi frammenti attribuiti rispettivamente ai Cypria e all’Ilii excidium. Infatti in entrambi i casi in uno scolio ad una tragedia di Euripide lo scoliaste adopera un verbo insolito, a differenza di un verbo come maggiormente attestato e più appropriato per indicare l’autore di un poema epico186. Altrettanto problematica e dubbia è la

menzione di un generico di questo frammento dell’Ilii

185 Sulla redazione pisistratea e l’analisi delle fonti antiche che discutono del problema ved. Ritoók

1993, pp. 38-53, con un riepilogo dell’intera questione in età moderna dal 1867 in poi a p. 38 n. 2; tra coloro che si dimostrarono a favore: Page 1955, pp. 73, 97, 129, 135, 144; Aloni 1984, pp. 109- 148; contra: Allen 1913, pp. 33-51; Pfeiffer 1973, p. 74; Davison 1955, pp. 1-21; sul concetto di

performance ved. Skafte Jensen 2005, pp. 45-54.

186 A tal proposito ved. le pagg. sgg. dedicate alle diverse espressioni usate nelle testimonianze e

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excidium: il riferimento ai poeti ciclici non può essere preso come un esplicito riferimento ad uno specifico autore e poeta epico. Credo che in questo caso potrebbe piuttosto trattarsi di un mero “raccoglitore” dell’opera, che invece è da attribuire ad un altro poeta.

Inoltre l’inappropriatezza del participio per riferirsi al poeta è resa indirettamente evidente anche da un altro elemento che conferma l’ipotesi di una diversa accezione di rispetto a “scrivere, comporre”: nel primo scolio analizzato in tale sede, lo schol. Pind Ol. 1 con il verbo si fa riferimento al lavoro di un grammatico alessandrino, Aristofane di Bisanzio, e non all’opera stessa di Pindaro187.

Questi elementi sembrano avvalorare la tesi che i commentatori di Pindaro ed Euripide si riferissero a coloro che si dedicarono all’opera di raccolta di opere altrui e non agli autori stessi, come conferma anche la Vita Homeri V che con il verbo si riferisce al lavoro redazionale condotto da Pisistrato sul testo di Omero.

In realtà, anche se si ammette la lezione in luogo del discusso non mancano difficoltà a interpretare questo verbo come indicante specificamente l’atto del comporre da parte di un poeta. Per valutare il significato e le applicazioni di e dei suoi composti, è utile partire dall’analisi dell’uso del verbo in relazione alla poesia omerica.

Nella Vita Herodotea di Omero ricorre il vocabolo per riferirsi all’atto della composizione da parte del poeta, mentre il verbo e il suo composto compaiono solo in riferimento all’opera di trascrizione dell’epos omerico da parte di Testoride di Chio, che propose ad Omero, giunto a Focea privo dei mezzi di sussistenza, di trascriverne i versi in cambio di ospitalità e sostentamento188.

Questo dato è riscontrabile anche in schol. Pind. Nem 2, 1, ove lo scoliaste afferma che un rapsodo, Cineto di Chio, stese per iscritto l’inno ad Apollo

187 Sul valore di come “raccogliere, disporre in modo appropriato” l’opera altrui ved.

Pfeiffer 1973, pp. 291-292.

188 Vita V Ps.-Herodot. 12; 16; 24. Sull’uso e il significato di e in rapporto alle

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attribuito ad Omero per presentarsi come suo autore e rivendicarne la paternità, similmente a quanto fece Testoride189.

Allo stesso modo anche nel Certamen Homeri et Hesiodi il verbo è adoperato per la composizione di opere (Cert. 17, 261, 275) e la scrittura, indicata attraverso il verbo (Cert. 320), è attribuita ad altri.

Infine il significato di quale verbo specificamente usato per le trascrizioni è confermato anche da un passo di Plutarco, Lyc. 4, 5, in cui si narra che Licurgo durante un viaggio in Asia, venuto a conoscenza dei poemi omerici dai discendenti di Creofilo e apprezzatone il contenuto per il loro valore politico ed educativo, li trascrisse per portarli con sé in Grecia.

In alcuni casi quindi, come nel Certamen, nella Vita Herodotea, nello schol. Pind. Nem. 2, 16 e nella Vita di Licurgo di Plutarco190, il verbo è usato tecnicamente per designare un’operazione esclusivamente di scrittura/trascrittura, finalizzata alla fissazione del testo scritto, mentre l’atto del comporre è indicato mediante , che ha subíto una specializzazione semantica in tal senso.

Da tali esempi si può dunque dedurre che l’uso di e dei suoi composti non è univocamente adoperato per significare l’azione del “comporre/scrivere” e, dato qui rilevante, in alcuni contesti viene usato per indicare tecnicamente la trascrizione scritta. In altri contesti invece si adopera più generalmente per significare l’atto della composizione o della scrittura di un’opera poetica.

Se si accetta pertanto la lezione di per il fr.12 B. (=schol. Eur. Andr. 898), rimangono dubbi sul reale significato in questo contesto del composto di proprio per l’uso non univoco dello stesso verbo da cui esso deriva.

189 Su questo argomento e sulla distinzione semantica tra e ved. De Martino 1983,

pp. 158-159; Per l’opera di trascrizione dell’Inno ad Apollo compiuta da Cineto di Chio cfr. Càssola 1975, pp. 101-102. Sia Càssola (per l’Inno ad Apollo) che De Martino (più in generale) interpretano come un verbo che indica trascrizione e non composizione scritta; in età arcaica esistettero almeno due redazioni scritte dell’inno delio, una, fissata su una tavola imbiancata custodita nel tempio di Artemide a Delo e di cui parla il Certamen di Omero ed Esiodo, l’altra avvenuta ad opera di Cineto di Chio e risalente alla metà del VI sec. a.C. (schol. Hom. Pind.

Nem. 2, 1): su questo argomento ved. anche Gentili 1979, p. 16, il quale sostiene per l’opera di

Cineto di l’ipotesi una redazione scritta dell’Inno.

190 Per la Vita Herodotea e il Certamen, a differenza delle altre vite, Vitali ipotizza quindi che vi

sia presente l’idea di una composizione orale dei poemi, che si ipotizzi un impiego della scrittura confinato alla trasmissione dei testi e infine un’esecuzione e fruizione orale per l’epos che viene presentato come recitato (Vitali 1980, pp. 140-141).

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Un altro elemento da considerare nel valutare l’attendibilità della testimonianza dello schol. Eur. Andr. 898 (=fr. 12 B.) è la menzione del poema non attraverso la forma più attestata , ma con la meno consueta

191.

Clemente Alessandrino in Protr. 2, 30, 5 usa l’aggettivo per riferirsi ai Cypria (fr. 8 B.) accompagnato da nell’espressione

, che si differenzia dal fr. 11 B., ove compare la

perifrasi / , proprio per il

riferimento ad un poema e non ad un’opera storica.

Anche Eustazio, in Od. p. 1623, 44 (= fr. 17 B., T 3) adopera l’espressione

( ) ; qui il riferimento è di sicuro al poeta che

scrisse i Cypria, come sembra confermato dall’altro testimone al frammento, Athen. 2, 35c, che usa la perifrasi “il poeta dei canti Ciprî”192. Nel caso di Clemente Alessandrino e di Eustazio sembra più probabile credere una confusione

tra il titolo consueto e la forma più rara .

Inoltre la presenza del sostantivo in unione al verbo o

in questo frammento fa propendere per un’opera di carattere storico piuttosto che per un poema. Lo dimostrano le numerose voci del lessico di Suida

in cui i verbi o in unione al sostantivo sono usati per

descrivere l’opera non di un poeta ma di uno storico, come nel caso di Aristosseno di Taranto193, definito come in merito al quale si legge che si occupò di opere di diverso tipo, musicali, filosofiche, storiche e di ogni tipo di disciplina, o

191 Per l’uso dell’espressione il discorso è più complesso: è presumibile infatti che

per lo più si tratti di una forma corrispondente a , con la preferenza per la forma aggettivale in – , a meno che non si tratti di un riferimento ad un’altra opera, non cioè il poema epico ma un’opera di carattere storiografico nota e diffusa a livello locale a Cipro.

192 Non altrettanto si può dire per il T 2 del fr. 17 B., ovvero il lessico di Suida, che s.v. si

esprime con una perifrasi ambigua quale “il poeta Ciprio disse”. Cfr. fr. 34 (schol. Eur. Hec. 41) ove Stasino è definito attraverso l’espressione ; Welcker ha negato che si debba identificare il poeta dei Cypria con l’autore definito dallo scoliaste mediante la perifrasi (Welcker 1849, p. 164; è concorde anche Bethe 1891, p. 595; 1929, p. 217 n. 5).

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di Asinio Pollione194, che compilò due opere di carattere storiografico, una su Roma e una sulla Grecia Ancora Suida informa che Eratostene di Cirene195

scrisse sia che , operando in tal modo una necessaria

distinzione tra le opere di carattere storico e quelle di tipo poetico. La stessa distinzione tra poesia e prosa è alla base della riflessione aristotelica presente in Poet. 1451 b sul diverso compito e valore del poeta e dello storico, l’uno dei quali si occupa di cose avvenute, l’altro di cose che avverranno196.

Di molti altri storici Suida afferma che scrissero ( / ) opere di carattere storico ( ): questo avviene per Eforo, Cadmo, Cefalione, Teopompo, per Tucidide197. La voce relativa a Tucidide è particolarmente interessante per l’uso di , attestato nel significato di “trascrivere”: si racconta infatti che Tucidide da fanciullo ascoltasse le recitazioni pubbliche delle Storie di Erodoto, redigendone una trascrizione scritta e per questo suo padre Oloro ottenne le lodi di Erodoto per il desiderio di apprendere dimostrato dal ragazzo.

Anche in riferimento ad alcuni autori storici è presente l’occorrenza del verbo ; ad esempio Flavio Giuseppe (Contra Apionem 1, 13) definisce l’opera di Cadmo di Mileto e Acusilao di Argo con il verbo . Questo esempio conferma l’uso di in un contesto di tipo storico, applicato a autori di opere storiche e non poetiche.

L’espressione /

sembrerebbe quindi rappresentare un caso isolato nella definizione del poema. Inoltre, sulla base degli esempi sopra esaminati e desunti dalla tradizione biografica su Omero, si può dedurre che il verbo non indicasse tout court l’atto del comporre un’opera, ma potesse essere impiegato per la raccolta di ciò che è stato scritto da un autore da parte di una persona diversa dall’autore stesso, come nel caso di Pisistrato e dei poemi omerici. Se invece si intendono 194 Ved. Suida s.v. […] 195 Ved. Suida s.v. 196 Aristoth. Poet. 1451 b. 197 Ved. Suida s.v. […] .

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(la lezione dei MSS) o come sinonimi di con

il significato di “scrivere” e non di “raccogliere”, in tal caso i numerosi esempi offerti da Suida e dalle fonti che forniscono informazioni sugli storici, dimostrano che il verbo insieme al sostantivo erano utilizzati per indicare l’opera di uno storico; il verbo andrebbe interpretato come “trascrivere” o tutt’al più “scrivere opere di natura storica”.

Questo dato permette di avanzare perplessità sulla certezza espressa da Bernabé e da Davies che si tratti di un riferimento al poeta che compose il poema epico Cypria198. Potrebbe trattarsi di un riferimento ad uno storico locale cipriota

ed è di supporto a quest’ipotesi il contenuto del frammento.

Se si esamina infatti, come ha proposto Jacoby, l’espressione che individua le fonti della notizia riportata dallo schol. Eur. Andr. 898 (=fr.12 B.), si nota che la menzione generica di “altri autori” ( ) accanto a Lisimaco nell’asserzione che il figlio di Elena era Nicostrato, annulla la precisione dell’indicazione, che lo scoliaste avrebbe potuto ottenere citando Esiodo e Cinetone199. Entrambi gli autori sostennero prima di Lisimaco la maternità di Elena per Nicostrato. La menzione dei figli di Elena sarebbe poco chiara, perché risultante dalla fusione e mescolanza di tradizioni diverse, tra cui quella esposta dallo schol. Hom. 175, secondo la quale nella tradizione spartana i figli di Elena erano Nicostrato e Etiola, “Aithiolas”. Jacoby ha quindi pensato ad uno storico locale di Cipro come autore dei , e non all’autore del poema epico Cypria.

Già Welcker aveva evidenziato la possibilità che alcune famiglie di Cipro avessero voluto creare attraverso i figli di Elena ‒ Plistene e Agano ‒ un rapporto di parentela con Elena stessa, e affermassero di discendere dai suoi figli200. Non fu dunque un poeta «so ganz unzeitig» ad attribuire a Elena due figli da due unioni diverse, l’uno da Menelao, l’altro da Paride; lo scolio che cita l’autore dei Cypria si riferirebbe ad uno storico locale e pertanto il frammento non restituirebbe la versione narrata nei Cypria.

198 Cfr. Davies 1989, p. 40.

199Ved. Jacoby comm. ad FGrHist 382 F 12, p. 171. 200 Welcker 1849, p. 164.

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Da ultimo si potrebbe considerare la possibilità che a Cipro esistesse una tradizione di poesia epica in cui il poema Cypria era conosciuto. Nella versione del poema nota a Cipro potevano acquistare particolare importanza gli episodi che inserivano una menzione dell’isola nella narrazione e che permettevano ai suoi abitanti di vantare una discendenza divina attraverso i figli di Elena, nata da Zeus. È interessante rilevare al riguardo del fr. 12 B. (=fr. 10 D.) la sua assenza nell’edizione di West, che in tal caso ha deciso di eliminare un frammento la cui attribuzione ai Cypria è dubbia.

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Nel documento Edizione e commento dei Cypria (pagine 77-85)