CAPITOLO 1. QUESTIONI TEORICHE E TERMINOLOGICHE
1.7 L’ESTENSIONE DEL LESSICO
1.7.2 L’ESTENSIONE DEL LESSICO DEL PARLANTE NATIVO E DELL’APPRENDENTE L2
parlante dipende da “due modi diversi di intendere ‘parola’, come unità singola o come insieme di parole”. L’autrice ci dice questo perché spesso negli studi inglesi sull’ampiezza del vocabolario si utilizza come punto di riferimento la word family che
comprende la parola base e le parole derivate dalla base attraverso meccanismi di derivazione trasparenti. L’espressione word family rinvia, dunque, ad un insieme di parole legate fra loro da relazioni morfologiche di inequivoca interpretazione (2005b: 26).
Per la lingua italiana però utilizzare come punto di riferimento questi insiemi di parole è un po’ più complicato perché “non sempre si conviene sulla forma astratta ipotizzata come base di derivazione” per cui si può adottare sia “una forma astratta costituita dalla radice lessicale e dalla vocale tematica, come ad esempio canta”, sia “una delle sue forme attualizzate, come ad es. l’infinito cantare, adattando di conseguenza le regole per la generazione delle parole” (Ferreri, 2005b: 26). Inoltre, c’è da considerare che nella nostra lingua c’è una ricchissima morfologia flessiva perciò considerando le parole base, quelle flesse e i derivati sotto la stessa entrata diventa quasi impossibile stabilire il numero di parole che un individuo conosce effettivamente. Prendendo ad esempio il verbo giocare, questo “può contare da solo come un elemento o, se lo si considera come esponente dell’intera famiglia lessicale, può rappresentare un insieme difficilmente quantificabile o determinabile solo in via approssimativa” (2005b: 26). Per questo motivo
[m]olti studi italiani sull’estensione del vocabolario medio propendono per la misurazione di parole e non di famiglie di parole. Così facendo, i ricercatori riescono a rapportarsi alle entrate di un dizionario italiano di medie dimensioni e a valutare l’estensione delle conoscenze individuali misurandola rispetto al lessico rappresentato dallo strumento lessicografico. Si raggiungono con questa strategia due scopi distinti, la quantificazione del vocabolario individuale medio e lo scarto di questo rispetto alla rappresentazione dizionaristica del lessico italiano e della sua stratificazione (Ferreri, 2005b: 31).
Come osserva la studiosa, mentre si hanno a disposizione “dati sulle acquisizioni lessicali della primissima infanzia e in età prescolare [che] si fondano su documentate osservazioni scientifiche” condotte soprattutto in area psicologica, sono invece poche le ricerche riguardanti i livelli di istruzione superiore o persone di età più avanzata sia per
l’italiano sia per altre lingue (Ferreri, 2005a: 185).81
In particolare, in Italia non esistono indagini campionarie sistematiche riguardanti l’estensione del vocabolario italiano della popolazione scolastica (Ferreri, 2005b: 31).
Si danno però dei riferimenti numerici in alcuni lavori di area psicologica. Tra questi, vi è il lavoro di Oliverio (2001) per il quale il vocabolario di un quindicenne oscillerebbe tra le 10.000 e le 30.000 parole. In Caselli e Volterra (1999: 99) invece si stima che “[a]lla fine delle scuole superiori […] un ragazzo possieda un vocabolario di circa 40.000 parole. Se poi si contano anche i nomi propri e le espressioni idiomatiche, questo valore risulta circa raddoppiato”. Tuttavia, Ferreri (2005b: 31-32) nota che questi lavori “non permettono di risalire alle fonti per controllarne metodologia e congruità” perciò “[p]er avere cifre controllabili bisogna affidarsi a lavori parziali che offrano garanzie nella metodica dell’accertamento” e che, pur fornendo dati riguardanti singole realtà e non l’intera popolazione, permettono comunque di capire quale sia “l’effettiva estensione delle conoscenze lessicali a diversi livelli di età ed istruzione”.
L’autrice quindi cita il lavoro di Tomassi (2003) la cui rilevazione si è basata su liste di vocaboli per le quali è stato adoperato il dizionario monovolume maggiore di De Mauro (2000). Da questa indagine è emerso che, mediamente, l’estensione del lessico di studenti tredicenni con otto anni di istruzione è pari a circa 38.000 parole. Nel dato si considerano sia le parole che si capiscono ma non si usano, sia le parole che si capiscono e si usano (Ferreri, 2005b: 32).
Riguardo agli studi sulla quantità di parole conosciute dagli studenti universitari, esistono gli stessi problemi riscontrati nei livelli di istruzione inferiore. Ferreri (2005b: 34-35) fa riferimento ai lavori di Boni (1982) e Franciotti (2003) che “operano [entrambi] su check list costruite sulla base dello stesso dizionario della lingua italiana in due diverse edizioni (Zingarelli 1980 e 2000)” e “adottano l’autovalutazione dei soggetti intervistati”. Nell’indagine di Boni risulta che gli studenti universitari in uscita nell’a.a. 1981-1982 conoscevano il 68,2% delle 1.000 parole della lista, che in cifre
81 Ferreri (2005a: 185) nota anche come “[d]alla letteratura anglosassone più aggiornata si ricavano numeri le cui fonti risalgono molto indietro nel tempo e con una serie di rinvii bibliografici a catena che rendono molto ardui il controllo della metodologia di ricerca e il riscontro dei dati. In qualche caso il numero di parole note ad un giovane ventenne viene desunto attraverso un calcolo: si ripartiscono le parole note a 5 anni per ciascun anno e si moltiplica questo numero medio per 20, postulando un incremento lessicale costante che è tutto da dimostrare e rispetto al quale, in verità, si registrano evidenze contrarie”.
assolute dovrebbe indicare la conoscenza di circa 70.000 parole delle 100.000 presenti nello Zingarelli 1980. Nell’indagine di Franciotti (2003) invece si è rilevata una percentuale media un po’ più bassa pari al 65,7%.
Per gli apprendenti di una L2 la situazione è un po’ diversa e i dati che si hanno a disposizione non riguardano specificatamente l’italiano. Come osservano Corda e Marello (2004: 29) “gli studi in materia segnalano solo che l’acquisizione procede molto lentamente; allievi che studiano una lingua straniera alle superiori hanno alla fine un vocabolario ricettivo di 3000 parole e un vocabolario produttivo di circa 1500 […]”. Se si tratta di capire a grandi linee un testo non specialistico orale o scritto è sufficiente conoscere circa 1000-1500 parole ma se serve una comprensione più dettagliata allora servirà conoscere circa 3000-4000 parole (Corda e Marello, 2004: 29; Ferreri, 2005b: 88). In ogni caso, è evidente che esiste una differenza enorme tra parlanti nativi e parlanti stranieri.
CAPITOLO 2. LESSICO E GLOTTODIDATTICA
Anche la ricerca nel campo dell’acquisizione delle lingue e la glottodidattica si occupano di ‘lessico’. Tuttavia, non si può dire che sia sempre stato così.