CAPITOLO 1. QUESTIONI TEORICHE E TERMINOLOGICHE
2.1 IL LESSICO NELLA RICERCA SULL’APPRENDIMENTO DI UNA L2
Da quanto è emerso finora, è evidente che il lessico costituisce una parte fondamentale delle lingue e ha un’importanza cruciale per coloro che si accingono ad apprenderne una. Negli ultimi anni, con l’avanzamento degli studi sui processi di acquisizione della lingua, sono apparse moltissime pubblicazioni legate all’acquisizione del lessico e ai problemi a essa correlati.
A questo proposito, in un articolo apparso su Language Teaching nel 2009, Stuart Webb (2009: 405) fa notare che
[t]here is currently a great deal of attention given to vocabulary in the literature on language learning. It is now the norm rather than the exception to find research on vocabulary in most issues of applied linguistics journals. Accompanying this increase in research, there has been a growth in the number of books on different aspects of vocabulary studies.
Attualmente è dunque normale e non un’eccezione trovare ricerche riguardanti l’acquisizione del lessico. Questa affermazione è senz’altro veritiera adesso, ma non sempre è stato così.82
All’interno della ricerca sull’acquisizione di una L2 o LS, infatti, l’insegnamento e l’apprendimento del lessico è stato a lungo sottovalutato e ha sempre avuto un ruolo marginale. Un motivo fondamentale per l’emarginazione sia in linguistica generale sia nel campo dell’apprendimento della L2, spiega Bettoni (2001: 62), è che “il lessico è un sistema molto più aperto della grammatica o fonologia, e le
82 Interessante a questo proposito un articolo di Paul Meara (2014) in cui fa l’analisi bibliometrica di 201 articoli incentrati sul lessico e apparsi sul Modern Language Journal tra il 1916 e il 2010. Al di là dei risultati che emergono, per i quali si rimanda all’articolo stesso, è interessante un grafico (p. 3) in cui si vede chiaramente che fino alla metà degli anni ’50 del secolo scorso il lessico era l’oggetto di molti più articoli di quanto non avvenisse nel periodo tra gli anni Sessanta e Ottanta. Certo, i dati riguardano una sola rivista ma sarebbe interessante andare a vedere se l’interesse verso il lessico ha seguito lo stesso andamento anche nelle altre.
sue numerosissime unità di base, le parole, si prestano più difficilmente alla regolarizzazione”. È per questo che le teorie o gli approcci principali derivanti dalle ricerche tradizionali hanno piuttosto messo in risalto il ruolo della grammatica o dato priorità ad altri aspetti della lingua considerati “more central to linguistic theory, and more critical to language pedagogy” (Zimmerman, 1997: 5). Per usare una metafora efficace, il lessico rappresentava il brutto anatroccolo della ricerca.
Eppure, come ha acutamente fatto notare Stephen Krashen durante una conferenza tenutasi nel 1987, “when students travel, they don’t carry grammar books, they carry dictionaries”.83
Questa considerazione esprime in maniera eloquente la centralità (e se vogliamo anche l’utilità) che i parlanti e/o apprendenti, attribuiscono al lessico.
Il riconoscimento di tale centralità e l’importante assenza del lessico nel panorama degli studi sull’acquisizione di una lingua seconda sono stati notati nel corso degli anni Settanta del secolo scorso.
Nel 1972, infatti, David A.Wilkins (1972: 111) sottolineava l’importanza dell’apprendimento del lessico affermando che “without grammar very little can be achieved, without vocabulary nothing can be achieved”. Egli metteva così in risalto non solo l’importante ruolo che la grammatica svolge nell’apprendimento delle lingue ma ancor di più quello fondamentale svolto dal vocabolario considerando perciò vano lo sforzo di rapportarsi a una lingua senza considerare la prioritaria funzione delle parole.
Pochi anni dopo, e alla luce dei risultati riguardanti una più profonda comprensione della natura del lessico sia nel campo della linguistica che in quello della linguistica applicata, Jack C. Richards (1976: 77) osservava che:
The teaching and learning of vocabulary has never aroused the same degree of interest within language teaching as have such issues as grammatical competence, contrastive analysis, reading, or writing, which have received considerable attention from scholars and teachers. The apparent neglect of vocabulary reflects the effects of trends in linguistic theory, since within linguistics the word has only recently become a candidate for serious theorizing and model building.
Lo studioso sollevava in questo modo una questione fondamentale all’interno degli studi sulla didattica delle lingue secondo la quale l’insegnamento del vocabolario
83 British Council Conference, Milano 1987. Qualcosa di simile Krashen la scrive anche in un suo articolo del 1989.
avrebbe dovuto essere ridefinito per adattarsi al modo in cui si progettano i piani di studio.
Widdowson (1978: 115), a sua volta, affermava che “[…] lexis is where we need to start from, the syntax needs to be put to the service of words and not the other way round”.
Anche Levenston, nel 1979, rilevava un generale disinteresse sull’acquisizione del lessico a favore della sintassi negli studi di linguistica applicata e sollevava alcune questioni fondamentali sulle diversità esistenti nell’acquisizione del vocabolario nella L1 e L2, sui fattori che rendono possibile l’espansione e la crescita del lessico, e, tra quelli personali, quali si ripercuotono nell’apprendimento del vocabolario e del suo uso, o, ancora, sulla relazione esistente tra conoscenza attiva/produttiva e quella passiva/ricettiva del lessico.
Paul Meara, nel suo celebre articolo ‘Vocabulary Acquisition: a Neglected Aspect of Language Learning’ (1980: 221) denunciava esplicitamente questa situazione:
Vocabulary acquisition is part of the psychology of second-language learning that has received short shrift from applied linguistics, and has been very largely neglected by recent developments in research. This neglect is all the more striking in that learners themselves readily admit that they experience considerable difficulty with vocabulary, and once they have got over the initial stages of acquiring their second language, most learners identify the acquisition of vocabulary as their greatest single source of problems.
Nel ribadire la poca attenzione dedicata alla ricerca sull’apprendimento del lessico in una seconda lingua, le parole di Meara rivelano l’importante discrepanza tra la percezione e le esigenze degli apprendenti e l’atteggiamento superficiale della ricerca. Qualche anno dopo, lo stesso Meara (1984: 229-230), in un articolo riguardante gli studi sul lessico nell’interlingua o meglio la loro ‘quasi’ assenza, adduceva due principali ragioni per questo fatto. La prima, derivante dal modo in cui i linguisti applicati hanno sempre visto la loro legittimità dipendere dall'utilizzo della teoria linguistica contemporanea nell’insegnamento delle lingue, ha avuto come conseguenza non solo la tendenza a concentrare gli sforzi sullo stesso tipo di fenomeni che prima erano al centro dell'attenzione della linguistica teorica, piuttosto che decidere essi stessi quali fossero le loro priorità, e lo sviluppo di strumenti a loro favore, ma ha comportato anche l’assenza di una tradizione di modelli nel settore del lessico utili a risolvere
problemi pratici, o addirittura suggerire interessanti linee di ricerca pura. La seconda ragione che egli sosteneva avesse contribuito a trascurare il lessico negli studi sull’interlingua era persino più profonda della mancanza di un modello applicabile. Questa consisteva infatti nella ferma convinzione da parte dei linguisti che il lessico, a differenza della sintassi e della fonologia, fosse una parte disordinata della nostra competenza linguistica che non poteva essere analizzato impiegando lo stesso tipo di regole utilizzate per descrivere le parti più gestibili del linguaggio.
Un’altra ragione per questa mancanza è quella fornita da Sinclair e Renouf (1988: 143), i quali osservarono che “it is exceptionally difficult to teach an organized syllabus of both grammar and lexis at the same time”. Parafrasando, ciò significa che è molto difficile fare due cose in una e se un sillabo si organizza intorno alla grammatica, sarà improbabile poi che ci si possa concentrare contemporaneamente sul lessico. Certamente, quest’affermazione può essere vera se chi prepara un sillabo non è consapevole dell’importanza di preparare gli apprendenti su entrambi i fronti.
Fortunatamente, a partire dalla metà degli anni Ottanta, il lessico, un tempo il
brutto anatroccolo della ricerca, si trasforma e inizia a godere di una nuova
considerazione nella moderna riflessione critica e nelle nuove teorie didattiche. Si assiste a un rinnovato interesse per il suo ruolo nell’apprendimento di una seconda lingua e ad un notevole incremento di studi empirici incentrati su diverse questioni. L’importanza di tale cambiamento è rilevata da Carter e McCarthy (1988: 51):
[…] although it suffered neglect for a long time, vocabulary pedagogy has benefited in the last fifteen years or so from theoretical advances in the linguistic study of the lexicon, from psycholinguistic investigations into the mental lexicon, from the communicative trend in teaching, which has brought the learner into focus, and from developments in computers. What is perhaps missing in all this is more knowledge about what happens in classrooms when vocabulary crops up.
Da questo lungo e tortuoso percorso di riconoscimento e ammissione, in linea generale si può dire che si siano costituite diverse aree di ricerca ognuna delle quali contribuisce a capire meglio come funziona l’apprendimento del lessico.
James Coady (1997: 281-282) osserva che una di queste è la ricerca sull’acquisizione del vocabolario nella L1. La rilevanza di questi studi può essere facilmente riconosciuta se si considera che anche i parlanti nativi traggono beneficio
dall’insegnamento del vocabolario. Il che significa che gli apprendenti di una L2, meno esposti in maniera diretta alla lingua, beneficeranno di una tale attenzione per il lessico in misura ancora maggiore. Uno studio condotto da Stahl e Fairbanks (1986) su parlanti madrelingua prevalentemente di livello elementare ha indagato sugli effetti dell’istruzione lessicale in merito all’apprendimento del significato delle parole e sulla comprensione. I due studiosi hanno concluso che l’insegnamento del lessico è più efficace quando agli apprendenti vengono fornite sia definizioni sia informazioni contestuali sulle parole, quando li si incoraggia ad elaborare le informazioni sulle parole a un livello più profondo e quando essi vengono esposti diverse volte ad una parola.
Un altro campo che negli ultimi anni è stato al centro dell’attenzione degli studiosi è quello della ricerca sulle collocazioni. Molti studi dimostrano che queste non vengono apprese attraverso la semplice esposizione alla lingua e suggeriscono che esse debbano essere imparate esplicitamente. Tenuto conto della loro frequenza d’uso nelle lingue, queste dovrebbero essere parte sia della competenza ricettiva sia di quella produttiva oltre che essere incluse nei dizionari degli apprendenti anche perché le collocazioni rappresentano uno dei maggiori problemi nella comprensione e produzione di una lingua. Uno studio di Arnaud e Savignon (1997), incentrato su parole di bassa frequenza ed espressioni idiomatiche, ha rivelato che un gruppo di 34 insegnanti francesi di inglese LS nella scuola secondaria con più di dieci anni di esperienza nell’insegnamento in Francia aveva un livello di competenza della lingua pari a quella dei madrelingua nel caso delle parole con bassa frequenza, ma non nel caso delle espressioni idiomatiche. Questo dimostra che anche chi ha una competenza molto avanzata di una lingua straniera può comunque non padroneggiare quella grossa fetta di espressioni fisse o preferenziali che invece caratterizzano il parlato dei nativi.
Vi sono poi gli studi riguardanti gli effetti della conoscenza del lessico sulla comprensione nella lettura. Molti studiosi sostengono che gli studenti abbiano bisogno di acquisire il vocabolario di base di una lingua affinché vi sia comprensione e che questo vocabolario di base verrebbe acquisito meglio attraverso l’insegnamento esplicito. Laufer (1997), per esempio, sostiene che nel caso dell’inglese per la comprensione di un testo è necessario conoscere circa 3.000 famiglie di parole che consistono approssimativamente in 5.000 parole. Allo stesso modo Coady et al. (1993)
mettono in luce che l’apprendimento delle 3.000 parole inglesi più frequenti ha un effetto significativo sulla comprensione di un testo anche perché riconoscere queste parole in maniera veloce e automatica consente all’apprendente di avere più tempo per l’elaborazione cognitiva. Anche Nation (1993), riferendosi all’apprendimento dell’inglese accademico, propone la conoscenza delle 2.000 parole più frequenti seguita dalla University Word List.84
A questo scopo, egli raccomanda letture ripetute per integrare questa conoscenza, e per quanto riguarda testi più specialistici suggerisce l’importanza di indovinare dal contesto e di usare definizioni; raccomanda inoltre la lettura estensiva. Come fa notare Coady (1997) però, sebbene la maggior parte del lessico venga acquisito attraverso la lettura estensiva, bisogna tenere conto di un paradosso: gli studenti infatti devono leggere per imparare parole ma allo stesso tempo essi devono conoscerne una quantità minima ma fondamentale per essere capaci di leggere con successo.
Un altro settore della ricerca sul lessico, di cui si è già parlato, si occupa di capire quale sia l’estensione del lessico dei parlanti nativi e degli apprendenti di una L2. A questo scopo negli ultimi anni sono stati predisposti diversi test.85
Vi è poi la ricerca che si occupa dell’utilità dei dizionari e dell’importanza del loro uso corretto. Diversi studi, infatti, dimostrano che molti apprendenti adulti di una lingua seconda interpretano male le entrate del dizionario (Nesi e Meara, 1994). Per quanto riguarda invece le prestazioni degli apprendenti in seguito all’uso del dizionario, Luppescu e Day (1993) hanno rilevato che gli studenti che utilizzavano questo strumento ottenevano risultati migliori rispetto a coloro che non lo utilizzavano nei test che venivano loro somministrati. Ciò sembrerebbe dimostrare l’utilità dell’uso del dizionario, ma sono stati riscontrati anche alcuni inconvenienti. L’uso del dizionario, infatti, compromette la velocità di lettura. Gli studi di Grabe e Stoller (1997), tuttavia, dimostrano che gli apprendenti traggono beneficio dall’uso del dizionario bilingue purché questo sia utilizzato in maniera appropriata.
84 La University Word List (UWL) fu eleborata da Xue e Nation nel 1984. Essa consiste in una lista di 836 parole non incluse nelle 2000 appartenenti alla General Service List di West (1953) che però sono molto comuni nei testi accademici. La lista si articola in 11 livelli: il primo livello contiene le parole con frequenza più bassa mentre il livello 11 contiene le meno frequenti. Secondo Nation (1990: 19), le parole di questa lista coprono l’8% di un tipico testo accademico.
Tutti questi studi hanno contribuito al riconoscimento del ruolo fondamentale del lessico nell’apprendimento delle lingue con delle conseguenti ricadute anche sulla didattica, tanto che che negli anni Novanta vengono proposti diversi approcci dichiaratamente incentrati sul lessico e non più solo sulla grammatica. Uno di questi è quello proposto da Michael Lewis che, nel 1993, pubblica la prima edizione del suo The
Lexical Approach, opera dedicata appunto alla questione. 86
Come forse si può intuire già dal titolo, egli mette al centro dell’apprendimento della lingua il lessico ritenendo che “grammar as structure is subordinate to lexis” secondo una concezione del linguaggio come “grammaticalised lexis, not lexicalised grammar” (1993: vi-vii). Ciò costituì senz’altro una novità in questo campo di studi ma prima di addentrarci nella descrizione di questo approccio sarà utile offrire una rapida panoramica di alcuni metodi per l’insegnamento delle lingue straniere fino ad oggi e sul ruolo che il lessico ha rivestito al loro interno.