CAPITOLO 1. QUESTIONI TEORICHE E TERMINOLOGICHE
2.3 IL LESSICO NEL QUADRO COMUNE EUROPEO DI RIFERIMENTO PER LE
2.3.3 IL QUADRO COMUNE EUROPEO DI RIFERIMENTO PER LE LINGUE
La prima edizione del Quadro di riferimento comune europeo per le lingue, per la quale non esiste una forma editoriale, è stata pubblicata nel 1996-97 e resa accessibile a tutti sul sito internet del Consiglio d’Europa.115
La seconda edizione è stata invece pubblicata nel 2001 in versione cartacea: una, per l’inglese, dall’Università di Cambridge; l’altra, per il francese, da Hatier-Didier. La traduzione italiana del documento,116
curata da Franca Quartapelle e Daniela Bertocchi, risale al 2002 quasi in contemporanea con la versione tedesca. Via via sono state poi pubblicate altre versioni nelle diverse lingue europee.
Nel primo capitolo si spiega che cosa è il Quadro. Esso:
fornisce una base comune in tutta l’Europa per l’elaborazione di programmi, linee guida curriculari, esami, libri di testo per le lingue moderne ecc. Descrive in modo esaustivo ciò che chi studia una lingua deve imparare per usarla per comunicare e indica quali conoscenze e abilità deve sviluppare per agire in modo efficace. La descrizione riguarda anche il contesto culturale nel quale la lingua si situa. Inoltre […] definisce i livelli di competenza che permettono di misurare il progresso dell’apprendente ad ogni stadio del percorso, nella prospettiva dell’educazione permanente (2002: 1).
L’approccio adottato, si spiega nel secondo capitolo (2002: 11), è orientato all’azione. Le persone che usano e apprendono le lingue vengono infatti considerate come ‘attori sociali’ che hanno dei compiti da svolgere in determinate circostanze, all’interno di un ambiente specifico e di un campo d’azione dato. In questo senso, l’approccio utilizzato considera anche le risorse cognitive e affettive dell’individuo, la sua volontà e tutte le capacità che egli possiede e utilizza in quanto attore sociale.
Per quanto riguarda i criteri adottati per i descrittori dei livelli comuni di riferimento (cap. 3, 2002: 27-29), essi non dovrebbero riferirsi a un contesto specifico ma contemporaneamente
115 Da una piccola ricerca sul web non sembrerebbe più possibile reperire online la prima versione del documento ma solo quella che risale al 2001.
116 La traduzione italiana del documento esiste solo in versione cartacea mentre la versione inglese e quella francese sono reperibili online sul sito del Consiglio d’Europa. Per la versione inglese, nota come
Common European Framework for Languages: Learning, Teaching, Assessment si veda:
http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/source/framework_en.pdf ; per la versione francese, il Cadre européen
commun de référence pour les langues: apprendre, einsegner, évaluer si veda: http://www.coe.int/t/dg4/
linguistic/Source/Framework_fr.pdf. In questo lavoro verrà utilizzata la traduzione italiana di Bertocchi e Quartapelle (2002).
devono avere rilevanza contestuale ed essere riferibili e trasferibili in ogni contesto significativo e adeguati alla funzione per la quale vengono usati in quel contesto. Ciò significa che le categorie impiegate per descrivere ciò che gli apprendenti sono capaci di fare in diversi contesti d’uso devono poter essere riferite ai contesti d’uso prevedibili per diversi gruppi di apprendenti, appartenenti a tutta la popolazione destinataria.
In merito alla misurazione, i livelli ai quali si possono collocare le attività e le competenze dovrebbero essere determinati in modo oggettivo, basandosi su una teoria della misurazione in modo da evitare di rendere sistematico l’errore laddove si usino convenzioni prive di fondamento. A proposito del numero di livelli, si legge che questi dovrebbero dare conto della progressione in settori diversi senza però superare il numero di livelli che si possono distinguere con un adeguata chiarezza e coerenza.
I livelli comuni di riferimento delineati nel Quadro sono sei e si possono riassumere con la seguente tabella:
A Livello elementare A1 Livello di contatto (o Breakthrough) A2 Livello di sopravvivenza (o Waystage) B Livello intermedio B1 Livello Soglia (o Threshold) B2 Livello progresso (o Vantage) C Livello avanzato C1 Livello dell’efficacia (o Proficiency) C2 Livello di padronanza (o Mastery)
Tabella 3: I sei livelli della scala del QCER.117
Facendo un grande salto si arriva al quinto capitolo (2002: 125-159) all’interno del quale si fa riferimento alle competenze di chi apprende e usa la lingua intese come “tutte le competenze proprie dell’essere umano [che] contribuiscono, in un modo o nell’altro, alla capacità di comunicazione del soggetto e [che] possono essere considerate come componenti della competenza comunicativa” (2002: 125). Queste componenti vengono poi distinte in competenze che hanno minore attinenza con le
117 La tabella è un riadattamento sintetico delle informazioni che si trovano nella traduzione italiana del
competenze linguistiche e quelle più propriamente linguistiche. Con le prime ci si riferisce alle ‘competenze generali’ dell’apprendente: esse consistono delle conoscenze dichiarative (il ‘sapere’ che riguarda la conoscenza del mondo, la conoscenza socioculturale, la consapevolezza interculturale), delle abilità e del saper fare (suddivise in ‘abilità pratiche’, con le quali si intendono le abilità sociali, le abilità correnti, le abilità tecniche e professionali e quelle del tempo libero e ‘abilità interculturali’), della competenza “esistenziale” (ovvero il ‘saper essere’) e della capacità di imparare (il ‘saper apprendere’ le cui componenti sono la sensibilità alla lingua e alla comunicazione, la consapevolezza e le abilità fonetiche generali, le abilità di studio e quelle euristiche).
Le competenze più propriamente linguistiche, invece, sono definite ‘competenze linguistico-comunicative’ e si suddividono in competenze linguistiche, competenze sociolinguistiche e competenze pragmatiche. Per quanto riguarda le prime si fa una premessa (2002: 134) nella quale si spiega che
[f]ino ad ora nessuna lingua è stata descritta in modo completo ed esaustivo quale sistema formale finalizzato ad esprimere significati. […] Attualmente molti studiosi di linguistica descrittiva si accontentano di codificare la pratica, mettendo in relazione forma e significato, e usando una terminologia divergente rispetto a quella tradizionale solo quando si trattano fenomeni che esulano dal vecchio modello descrittivo).
Si chiarisce poi che l’approccio adottato è proprio di quest’ultimo tipo specificando che “si cerca […] di identificare e classificare le componenti più importanti della competenza linguistica, che viene definita come conoscenza e capacità d’uso di strumenti formali con cui si possono comporre e formulare messaggi ben strutturati e dotati di significato” e che lo schema adottato nel Quadro è inteso solo ad “offrire parametri e categorie che possono essere utili per descrivere e classificare il contenuto linguistico e come base su cui riflettere. (Chi preferisce ricorrere a un quadro di riferimento diverso è libero di farlo […]. In tal caso dovrebbe indicare a quale teoria, tradizione o pratica si riferisce)”. Poco dopo si specifica che per ‘competenze linguistiche’ nel Quadro di riferimento si distinguono:
• competenza lessicale • competenza grammaticale • competenza semantica
• competenza fonologica • competenza ortografica • competenza ortoepica
La competenza lessicale viene poi definita come “la conoscenza e […] capacità di usare il lessico di una lingua, che si compone di elementi lessicali e di elementi grammaticali” (2002: 136).
Successivamente si fa dunque una prima distinzione per chiarire che cosa comprendono tali elementi. Gli ‘elementi lessicali’ appartengono a classi aperte e comprendono:
1. espressioni fisse che consistono in più parole usate e apprese in blocco perché operano come una unica entità semantica. Tra queste si hanno:
- le formule frastiche (formule sociali e discorsive come, ad esempio, i saluti: ‘Come stai?’ oppure ‘Buongiorno!’, ecc.); le formule che si rifanno alla cultura popolare dei parlanti di una lingua contribuendo in questo modo “alla rappresentazione di atteggiamenti comuni” (2002: 147) come i proverbi (ad es. ‘Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi’) o le citazioni familiari (ad es. ‘il canto del cigno’); le espressioni arcaiche (ad es. ‘Mo’ ti piglio!);
- le espressioni idiomatiche che possono essere metafore semanticamente opache (ad es. ‘Ha fatto fiasco’ o ‘È un fulmine’) o intensificatori che si collegano al contesto e allo stile (ad es. ‘bianco come la neve’ anziché ‘bianco come un lenzuolo’);
- le strutture fisse, le quali sono memorizzate e usate come un insieme in cui si inserisce del materiale (parole ed espressioni) per formulare frasi dotate di significato (ad es. ‘La prego di…’ o ‘Mi permetta di…’);
- altri tipi di espressioni fisse come le locuzioni verbali (ad es. ‘avere sete’, ‘prendere freddo’ o ‘cercare casa’); collocazioni fisse, consistenti di parole sistematicamente abbinate (ad es. ‘a poco a poco’, ‘di bene in meglio’ o ancora ‘passo, passo’); preposizioni composte (come ad es. ‘fuori da’, ‘vicino a’ o ‘prima di’).
2. parole isolate. Queste possono però essere polisemiche, cioè essere portatrici di molti significati diversi (ad es. ‘navetta’ che indica sia la spola del telaio sia un veicolo spaziale). Sono/Possono essere parole isolate anche quelle che costituiscono le classi aperte (i nomi, i verbi, gli aggettivi, gli avverbi) o quelle parole che formano insiemi lessicali chiusi (ad es. i giorni della settimana, i mesi, i pesi e le misure ecc.).
Rispetto all’ordine in cui sono disposti gli elementi lessicali colpisce il fatto che si parli prima delle espressioni fisse e poi delle parole isolate. Questo probabilmente perché all’interno del Quadro riveste un ruolo molto importante anche la competenza socioculturale che per sua stessa natura prevede la conoscenza dei ‘pezzi di lingua’ che più vi sono legati.
La competenza lessicale è poi composta anche da ‘elementi grammaticali’, detti anche parole grammaticali o funzionali. Essi appartengono a classi chiuse, sono in numero limitato, ma sono assai frequenti, e per quanto riguarda l’italiano comprendono: gli articoli, i dimostrativi, i numerali, i possessivi, gli indefiniti, i pronomi personali (relativi, interrogativi, indefiniti, ecc.), le preposizioni, i verbi ausiliari e modali, le congiunzioni e le interiezioni.
Come è giusto che sia viene poi esplicitato cosa si intende anche per le altre competenze linguistiche elencate sopra ma qua ci si soffermerà solo su un altro tipo118
, ovvero sulla ‘competenza semantica’. Essa “riguarda la consapevolezza e il controllo che l’apprendente ha sull’organizzazione del significato” (2002: 142). Si distingue poi la semantica in tre tipi: la ‘semantica lessicale’, la ‘semantica grammaticale’ la ‘semantica pragmatica’. Nel Quadro ci si sofferma maggiormente sulla prima che si occupa, da una parte, del rapporto tra le parole e il contesto generale (la referenza, la connotazione e la marcatura di nozioni specifiche di ordine generale); e dall’altra, dei rapporti tra le parole (come la sinonimia e l’antonimia; l’iponimia; la collocazione; il rapporto tra le singole parti e il tutto; analisi componenziale; equivalenze della traduzione).
118 Per ragioni di spazio e in virtù del fatto che questo non è un lavoro interamente incentrato sul Quadro
di riferimento comune europeo, si è deciso di trattare solo quanto ritenuto più in linea con le tematiche
riguardanti il lessico anche se, naturalmente, si è consapevoli che tutti i tipi di competenza descritti nel QCER sono interrelati e contribuiscono insieme a definire la competenza globale del parlante.
Nel testo si specifica poi che nel Quadro la competenza linguistica è trattata da un punto di vista formale e si mette in evidenza come l’approccio nozionale-funzionale adottato nel Consiglio d’Europa Waystage 1990, Threshold Level 1990 e Vantage Level proponesse dunque una presentazione della competenza linguistica alternativa a quella impiegata nel QCER. In questi documenti, infatti, non si parte dalle forme della lingua e dal loro significato, ma si
inizia con una classificazione sistematica delle funzioni comunicative e delle nozioni, articolate in generali e specifiche, per presentarne solo successivamente, come esponenti, le forme lessicali e grammaticali. Questi due approcci rappresentano modi complementari per affrontare la “duplicità della lingua”. Le lingue implicano un’organizzazione della forma e una del significato, che si intersecano in modo ampiamente arbitrario. La descrizione basata sull’organizzazione delle forme frantuma il significato, mentre quella basata sull’organizzazione del significato frantuma la forma. Quale sia da preferire, dipende dallo scopo della descrizione. […] È comunque evidente che per apprendere una lingua bisogna acquisire sia forme sia significati (2002: 143).
Nel sesto capitolo, immediatamente successivo a quello sulle competenze parzialmente descritte sopra, si affronta la questione del come ‘Apprendere e insegnare una lingua’ (2002: 161-190). Nello specifico, qui interessa l’apprendimento delle competenze linguistiche, il cui sviluppo è considerato fondamentale. All’interno del
Quadro, la prima domanda che si pone a questo proposito è: “come […] si può facilitare
[l’apprendimento linguistico] per quanto riguarda il lessico, la grammatica, la pronuncia e l’ortografia?” (2002: 183). Dal momento però che questo lavoro è incentrato sul ‘lessico’, ciò che più interessa è la seconda domanda: “In quale [modo] ci si può aspettare o si può pretendere che gli apprendenti sviluppino il lessico?”. Successivamente vengono fornite diverse opzioni che dovrebbero ricoprire tutte le modalità in cui è possibile che gli apprendenti sviluppino la competenza lessicale. Queste possono essere: la semplice esposizione a parole ed espressioni fisse ricorrenti in testi autentici orali e scritti; oppure per inferenza o attraverso ricerche nel dizionario ecc. come previsto da compiti e attività specifiche; con la contestualizzazione di parole, per esempio lavorando sui testi contenuti nei manuali, reimpiegando poi quelle stesse parole in altri esercizi e attività, ecc.; presentando parole accompagnate da elementi visivi (disegni, gesti, e mimica, azioni esemplificative, oggetti ecc.); memorizzando liste di parole ecc. insieme con le corrispondenti traduzioni; esplorando campi semantici
e costruendo mappe concettuali, ecc.; con l’addestramento all’uso di dizionari monolingui e bilingui, repertori e altre opere di consultazione; con spiegazioni ed esercitazioni relative alle strutture lessicali (ad es. formazione delle parole per derivazione e per composizione, collocazione, locuzioni verbali, espressioni idiomatiche ecc.); con uno studio più o meno sistematico della differente distribuzione dei tratti semantici in L1 e L2 (semantica contrastiva) (2002: 183).
Si fa inoltre riferimento all’ampiezza, varietà e padronanza del lessico che sono considerati “parametri fondamentali dell’acquisizione linguistica di cui ci si avvale per valutare la competenza linguistica e per pianificare l’apprendimento e l’insegnamento della lingua” e a questo proposito si raccomanda agli utenti del Quadro, in questo caso gli insegnanti o comunque chi è nella posizione di valutare il livello di competenza degli apprendenti, di considerare e, se opportuno, specificare:
• l’ampiezza lessicale (vale a dire il numero di parole ed espressioni) che l’apprendente avrà bisogno di/sarà in condizione di/sarà preparato a/sarà invitato a controllare
• la varietà lessicale (vale a dire i domini, i temi ecc.) che l’apprendente avrà bisogno di/sarà in condizione di/sarà preparato a/sarà invitato a controllare • il controllo sul lessico che l’apprendente avrà bisogno di/sarà in condizione
di/sarà preparato a/sarà invitato ad esercitare
• come eventualmente distinguere il lessico che si apprende a riconoscere e a comprendere dal lessico che si è in grado di ricordare e utilizzare nella produzione l’uso che si fa delle tecniche di inferenza e come se ne promuove lo sviluppo. (2002: 184)
In merito alla selezione del lessico, ovvero le parole da includere nei test e nei materiali per i libri di testo così come nei curricoli e nei programmi, sono possibili diverse opzioni. Si possono infatti selezionare parole chiave e espressioni o nelle aree tematiche in cui si situano i compiti comunicativi relativi ai bisogni dell’apprendente, o che rappresentino differenze culturali e/o valori e convinzioni significative condivisi dal gruppo sociale (dai gruppi sociali) della lingua obiettivo; oppure, ci si può attenere ai princìpi di statistica lessicale e selezionare le parole più frequenti all’interno di un ampio corpus generale o quelle ricorrenti in aree tematiche ristrette; ancora, si possono selezionare testi (autentici) orali e scritti e apprendere/insegnare tutte le parole che
contengono; o, infine, non pianificare in anticipo lo sviluppo del lessico, ma lasciare che si sviluppi organicamente in funzione dei compiti comunicativi che l’apprendente deve svolgere (2002: 184).
Sul livello di competenza degli apprendenti il QCER offre inoltre delle scale relative sia all’ampiezza del lessico sia alla padronanza con cui esso viene utilizzato.
Ampiezza del lessico
C2 Ha buona padronanza di un repertorio lessicale vastissimo che comprende espressioni idiomatiche e colloquiali; dà prova di essere consapevole dei livelli di connotazione semantica.
C1 Ha buona padronanza di un vasto repertorio lessicale che permette di superare prontamente le lacune usando circonlocuzioni; la ricerca di espressioni e le strategie di evitamento sono poco evidenti. Buona padronanza di espressioni idiomatiche e colloquiali.
B2 Dispone di un buon repertorio lessicale relativo al suo settore e a molti argomenti generali. È in grado di variare le formulazioni per evitare un eccesso di ripetizioni; lacune lessicali possono ancora provocare esitazioni e richiedere circonlocuzioni.
B1 Dispone di lessico sufficiente per esprimersi con qualche circonlocuzione su quasi tutti gli argomenti che si riferiscono alla vita di tutti i giorni, quali la famiglia, gli hobby e gli interessi, il lavoro, i viaggi e l’attualità.
A2 Dispone di lessico sufficiente per sostenere transazioni della routine quotidiana in situazioni e su argomenti familiari.
Dispone di lessico sufficiente per esprimere bisogni comunicativi di base.
Dispone di lessico sufficiente per far fronte a bisogni semplici “di sopravvivenza”.
A1 Dispone di un repertorio lessicale di base fatto di singole parole ed espressioni riferibili a un certo numero di situazioni concrete.
Tabella 4. Dal Quadro comune europeo di riferimento per le lingue [trad.it. 2002: 137]: corsivo mio.
Come si può notare, anche perché messo in evidenza dal corsivo, il Quadro fornisce sì una scala relativa all’ampiezza del lessico però non si danno mai indicazioni quantitative in tal senso. Da questo punto di vista, i termini utilizzati per parlare di ‘quantità’ sono a dir poco vaghi. Alessandra Corda e Carla Marello osservano che “si passa dal “vastissimo” repertorio lessicale del C2 al “vasto” repertorio del C1, al “buon” repertorio del B2, al “lessico sufficiente” del B1 per arrivare al “repertorio lessicale di base” dell’A1” (2004: 26). 119
Anche per quanto riguarda i descrittori adottati nella scala relativa alla padronanza del lessico, il ricorso a quantificatori un po’ vaghi non viene meno/abbandonata: nel
119 Sulle problematicità del QCER in relazione alla competenza lessicale si veda Wisniewski (2012: 161- 183).
caso dell’apprendente B2 la correttezza lessicale è generalmente ‘elevata’, il B1 mostra una ‘buona’ padronanza del lessico elementare, l’A2 dispone di un repertorio ‘ristretto’ e per l’A1 non viene fornito nessun descrittore.
Padronanza del lessico C2 Uso del lessico costantemente corretto e adeguato.
C1 Occasionali sbagli di minore entità, ma nessun errore lessicale significativo.
B2 La correttezza lessicale è generalmente elevata, anche se si può presentare qualche confusione e qualche scelta lessicale scorretta, ma non pregiudizievole per la comunicazione.
B1 Mostra una buona padronanza del lessico elementare, ma continuano a verificarsi errori gravi quando esprime pensieri più complessi o affronta argomenti e situazioni non familiari.
A2 Dispone di un repertorio ristretto, funzionale ad esprimere bisogni concreti della vita quotidiana.
A1 Nessun descrittore.
Tabella 5. Dal Quadro comune europeo di riferimento per le lingue [trad.it. 2002: 138]: corsivo mio.
A questo proposito, in realtà, gli autori del QCER sono consapevoli del fatto che i parametri offerti in queste scale sono troppo generici. Infatti, essi raccomandano che gli utenti del Quadro considerino e specifichino sia “quali sono gli elementi lessicali (espressioni fisse e parole isolate) che l’apprendente avrà bisogno di/sarà preparato a/sarà invitato a riconoscere e/o usare” sia “come vengono selezionati e classificati tali elementi” (2002: 138).
Tuttavia, non si può non essere d’accordo con Milton e Alexiou quando affermano che la mancanza di precisi termini quantitativi riguardo al lessico “potentially devalues the framework and diminishes its usefulness” (2009: 194).
Come si è detto sopra, nei Livelli Soglia esistevano delle liste di parole, ma nel QCER, queste “have been removed and learners, textbooks and course syllabuses are placed into the framework levels according to skills-based rather than knowledge-based criteria”. In questo non c’è niente di male poiché “the skills-based criteria have the virtue of making the framework flexible and highly inclusive, and almost any course, textbook or learner should be able to find a place in the system”, ma l’inconveniente di questa flessibilità è che i livelli diventano imprecisi ed è spesso possibile collocare gli apprendenti o i materiali didattici a diversi livelli del Quadro (Milton and Alexiou, 2009: 194). Per quanto riguarda il lessico, questo comporta anche il problema di non
poter associare un valore numerico ai vocaboli da conoscere per ogni livello della scala fornita dal QCER. Eppure, inserire un numero preciso di parole come parametro da raggiungere all’interno di ogni livello si presterebbe bene a rendere i descrittori della scala “more robust” e questo perché è risaputo che la quantità di vocaboli conosciuti da un apprendente è strettamente legata alle quattro abilità implicate nell’apprendimento di una lingua, in particolare alla lettura e alla scrittura. Ciò è poi correlato anche ai punteggi ottenuti dagli apprendenti negli svariati test che certificano il livello di competenza della lingua. Queste ragioni hanno quindi portato gli autori summenzionati, Milton e Alexiou, ad effettuare un esperimento per verificare innanzitutto quale fosse l’estensione del vocabolario di alcuni gruppi di apprendenti di diverse L2 che si trovavano a livelli differenti del QCER. In secondo luogo, gli studiosi volevano constatare se la competenza lessicale aumentasse sistematicamente da un livello all’altro poiché ci si aspettava, e i risultati han dato loro ragione, che apprendenti ai