CAPITOLO III – IL SISTEMA DEGLI INCENT
3. I L SISTEMA DEGLI INCENTIVI PER CIASCUNA PARTE
3.2. Gli incentivi per l’imputato
3.2.2. I peculiari disincentivi per l’imputato italiano
3.2.2.2. L’estinzione del reato per prescrizione
Dopo aver considerato il sistema delle impugnazioni, è opportuno esaminare il secondo potente disincentivo che, nel periodo considerato dalla presente indagine, ha distolto gli imputati italiani dalla scelta del patteggiamento: la possibilità di evitare del tutto una condanna penale a causa del maturare della prescrizione.
In particolare, considerando il giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale ordinario, un imputato che nel 2017 avesse scelto un qualsiasi rito differente dal patteggiamento avrebbe avuto una probabilità pari al 10,37% che il reato fosse dichiarato estinto per intervenuta prescrizione125. Inoltre, rinunciando al patteggiamento, l’imputato
124 In particolare, sono ammessi i soli appelli che lamentino la macroscopica ingiustizia
del verdetto a fronte delle prove presentate, la commissione di significativi errori di procedura che abbiano influito sulla correttezza della decisione di primo grado, oppure l’emersione di nuove prove che potrebbero determinare un mutamento della decisione. Vedi A.MURA &A.PATRONO, La giustizia penale in Italia: un processo da sbloccare. La lezione americana, CEDAM (2011).
125 Anche questa percentuale è ricavata dai dati forniti dal Dipartimento Generale di
Statistica del Ministero della Giustizia. Nel corso dell’intero periodo 2005-2017 sono stati definiti per prescrizione in media l’8,94% dei procedimenti penali dinanzi al Tribunale ordinario, considerando sia la composizione monocratica che quella collegiale. Le pronunce di questo tipo erano calate costantemente dal 2006 al 2011,
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conserverà la possibilità di proporre appello contro l’eventuale condanna; come evidenziato nel corso della trattazione precedente, nel corso del giudizio di secondo grado un imputato avrebbe fronteggiato, sempre nel 2017, una probabilità pari al 27,56% che in quella sede il reato fosse dichiarato estinto per intervenuta prescrizione.
A questo punto è opportuno elaborare un esempio numerico per comprendere come le scelte di un imputato, in presenza di una stessa probabilità stimata di condanna in esito al processo, possano cambiare radicalmente se si considera o meno operante un regime della prescrizione analogo a quello vigente in Italia fino al 31 dicembre 2019126. A tal fine è possibile impiegare la formula elaborata da
Landes127 per rappresentare la stima dell’imputato circa la propria probabilità di essere condannato in esito al processo, indicata con 𝑃𝑖.
Tale probabilità dipende dalle risorse impiegate dall’imputato per la propria difesa, indicate con 𝑅𝑖, dalle risorse impiegate dal pubblico
ministero per perseguire il caso, indicate con 𝑅𝑖∗, e da altri fattori idonei ad influenzare la probabilità di condanna, ma non mutabili dalle parti, quali l’esistenza di testimoni oculari o un alibi dell’imputato, indicati con 𝑍𝑖.
Per semplicità, ipotizziamo un caso limite in cui 𝑃𝑖 sia pari al 100%, ad esempio perché l’imputato non ha risorse da impiegare nella propria difesa, l’avvocato d’ufficio è particolarmente pigro e disinteressato, il p.m. è al contrario molto zelante e dispone di abbondanti risorse per le indagini e tutti i fattori estranei alle parti tendono a confermare la colpevolezza dell’imputato. In una simile ipotesi, un imputato razionale sarebbe ben propenso a dichiararsi colpevole, evitando il processo, in cambio di uno sconto di pena anche minimo proposto dal prosecutor128. A questo punto, ipotizziamo che esista un regime della prescrizione analogo a quello vigente in Italia fino al 31 dicembre 2019, per cui il
per poi tornare a crescere ininterrottamente da allora fino al 2017; tuttavia, diversamente da quanto riscontrato con riferimento alle Corti d’Appello, la crescita è stata piuttosto contenuta, al punto che il valore massimo supera il valore minimo per meno di 3 punti percentuali.
126 A partire dal 1° gennaio 2020 è invece entrata in vigore la nuova disciplina
dell’istituto, introdotta dalla legge 9 gennaio 2019, n.3 “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”. L’intervento in esame, modificando l’art.159, comma 2 c.p., ha infatti stabilito che “Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna”.
127 W. M.LANDES, “An Economic Analysis of the Courts”, Journal of Law and Economics, Vol.14, No. 1 (1971), pp. 61-107.
128 Tuttavia, se stimasse la probabilità di condanna in esito al processo in modo analogo
all’imputato, probabilmente sarebbe proprio il prosecutor la parte più restia a proporre un plea bargaining in questo caso.
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computo del tempo necessario per raggiungere l’esito prescrittivo non viene interrotto né dall’esercizio dell’azione penale, come avviene invece negli Stati Uniti, né dalla pronuncia di una condanna in esito al primo grado di giudizio. In questa situazione lo stesso imputato, senza mutare in nulla le proprie stime circa i fattori 𝑅𝑖,𝑅𝑖∗ e 𝑍𝑖, si troverà
comunque a fronteggiare una probabilità di condanna inferiore a quella stimata in precedenza. Infatti, considerando i dati statistici riferiti al 2017, possiamo affermare che la stima dell’imputato circa le probabilità di essere condannato dal Tribunale ordinario scenderanno dal 100% al 89,63%. Successivamente, se rinuncia al patteggiamento, avrà la possibilità di proporre appello contro l’eventuale condanna e, alla luce dei dati statistici disponibili, la probabilità di essere condannato anche in questa sede, considerando il solo effetto della prescrizione, scenderà al 64,97%129. A questo punto, è chiaro come il patteggiamento non
rappresenti una opzione particolarmente vantaggiosa neppure per un imputato che, in base alle variabili considerate dal modello di Landes, stimi al 100% le probabilità di essere giudicato colpevole in esito a un processo ordinario.
Per rendere ancora più evidente tale constatazione, è opportuno ricordare come, nel modello di Becker130, la sanzione attesa fosse indicata come il prodotto tra l’entità della pena applicabile al fatto di reato e la probabilità che tale pena fosse effettivamente applicata. Abbiamo visto che un imputato, pur stimando al 100% le probabilità di essere giudicato colpevole in base ai fattori 𝑅𝑖,𝑅𝑖∗ e 𝑍𝑖, per effetto della sola prescrizione nel 2017 avrebbe in realtà fronteggiato una probabilità di condanna pari solo al 64,97% rifiutando il patteggiamento; pertanto, la sanzione attesa si sarebbe ridotta del 35,03%. Viceversa, anche ipotizzando che il p.m. fosse disposto ad offrire all’imputato il massimo sconto di pena possibile ex art.444 c.p.p., in caso di patteggiamento sarebbe stata inflitta con il 100% delle probabilità una condanna ridotta solo del 33,33%. Dunque, senza considerare i vantaggi ulteriori previsti in particolare dall’art.445 c.p.p. per il patteggiamento tradizionale, nel 2017 un imputato, pur fronteggiando una probabilità di condanna pari al 100% in base alle variabili 𝑅𝑖,𝑅𝑖∗ e 𝑍𝑖, per effetto della prescrizione avrebbe ricavato un vantaggio maggiore dal giudizio ordinario piuttosto che dal patteggiamento.
129 Non è stato considerato l’effetto di un ricorso per Cassazione sulla probabilità che
si verifichi la prescrizione. Tale scelta è dovuta innanzitutto al fatto che il giudizio di cassazione potrebbe non celebrarsi, dato il preventivo vaglio di ammissibilità sempre più stringente cui è soggetto ogni ricorso, a differenza di quanto non avvenga per il giudizio d’appello; in secondo luogo, i procedimenti definiti per prescrizione in tale sede sono stati solo l’1,2% del totale nel 2017. Vedi CASSAZIONE PENALE, “Annuario
statistico”, (2017).
130 G. S. BECKER, “Crime and Punishment: An Economic Approach”, Journal of Political Economy, Vol. 76, No. 2 (1968), pp. 169-217.
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Inoltre, occorre ricordare che tutto l’esempio numerico parte da un’ipotesi limite, essendo ben difficile che nella prassi un imputato si trovi a fronteggiare una probabilità di condanna del 100%.
Del resto, le stesse stime circa la probabilità dell’esito prescrittivo, potrebbero mostrare percentuali anche maggiori se fosse possibile isolare i dati statistici riferiti alle sole condanne rientranti nell’ambito di applicabilità del patteggiamento. Infatti, poiché il tempo necessario per far maturare la prescrizione è correlato all’entità della pena in concreto applicabile, proprio i procedimenti rientranti nell’ambito del c.d. patteggiamento tradizionale presenterebbero la più alta probabilità di essere definiti per intervenuta prescrizione. Prendendo in esame i dati forniti dall’Istat131, è infatti possibile osservare come le condanne
definitive fino a 2 anni di pena detentiva nel 2006 costituivano il 91,99% del totale delle condanne a pena detentiva, mentre nel 2017, dopo un calo ininterrotto dal 2011, tale rapporto ha raggiunto il minimo storico, pari all’85,21%.
In effetti, è possibile ipotizzareche un singolo imputato, evitando il patteggiamento, finisca per aumentare le probabilità che l’esito prescrittivo si realizzi anche per gli altri imputati. Infatti, rifiutando una proposta di patteggiamento, i singoli imputati imporranno la celebrazione di un numero maggiore di dibattimenti: di conseguenza, l’ordinamento dovrà suddividere le risorse già scarse su un numero crescente di processi132. Per comprendere meglio l’effetto delle strategie processuali di ciascun imputato sull’ordinamento processuale complessivo, è utile consultare i dati forniti dall’Istat circa l’intervallo di tempo intercorrente tra la commissione del reato e la data della sentenza definitiva.
131 Si tratta degli stessi dati rappresentati graficamente nella tabella di pagina 135. 132 Infatti, come è stato messo in luce dall’analisi economica, il prosecutor statunitense
è incentivato a prescegliere la via del plea bargaining anche perché in tal modo, oltre a ottenere una condanna certa senza affrontare un processo costoso e rischioso, potrà allocare le risorse così risparmiate per il perseguimento di casi più complicati.
0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
Intervallo reato - sentenza definitiva
Fino a 3 mesi 3 mesi e un giorno - 6 mesi 6 mesi e un giorno - 12 mesi 1 anno e 1 giorno - 2 anni 2 anni e 1 giorno - 3 anni 3 anni e 1 giorno e più
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Come è possibile notare, i procedimenti penali che durano 3 annie 1 giorno o più, non solo sono statisticamente i più numerosi, ma hanno fatto registrare un trend di crescita quasi ininterrotta dal 2008, passando dal 28,99% registrato in quell’anno al 37,75% del 2017. Sempre osservando il grafico, è possibile notare che la variazione percentuale più decisa e costante ha riguardato i procedimenti penali che durano al massimo 3 mesi. Questa classe di procedimenti, dopo aver conosciuto una crescita abbastanza importante dal 2005 al 2008, ha fatto registrare un calo proprio in quell’anno, iniziando una discesa che si è interrotta solo nel 2015; in questo modo, i procedimenti penali che durano al massimo 3 mesi sono scesi dal 22,84% del 2008 al 15,35% del 2017. A questo punto è interessante riscontrare come il periodo di crescita dei procedimenti più lunghi di 3 anni coincida quasi totalmente col periodo di calo dei procedimenti più corti di 3 mesi. La correlazione inversa tra queste variazioni percentuali sembra in effetti rilevabile già a colpo d’occhio, dato l’andamento quasi perfettamente speculare della linea verde e di quella blu; tale impressione trova una conferma puntuale calcolando l’indice statistico di correlazione, che assume il valore negativo di - 0,9489. Dunque, appare molto probabile che il calo in una classe di procedimenti sia andato a vantaggio dell’aumento percentuale dell’altra classe in esame.
Nella tabella seguente, i dati relativi ai procedimenti di durata inferiore a 3 mesi o superiore a 3 anni sono sovrapposti ai dati riguardanti la modalità di definizione del procedimento dinanzi al Tribunale ordinario in primo grado, con riferimento in particolare all’alternativa tra giudizio ordinario e patteggiamento.
Come già è stato esposto all’inizio di questo Capitolo, esiste una forte correlazionestatistica tra il calo nell’utilizzo del patteggiamento e la
0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
Correlazione rito - durata del processo
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crescita nell’utilizzo del rito ordinario133. Tale grafico mostra dunque
un’ulteriore correlazione, tra scelta del rito e durata media dei procedimenti. Da un lato, infatti, il calo nell’impiego del patteggiamento ricalca molto da vicino il calo dei processi conclusi entro 3 mesi. Tale correlazione appare in effetti intuitiva, posto che il patteggiamento, a causa del limite temporale imposto dall’art.446 c.p.p. è il rito speciale che consente il maggior risparmio di tempo tra tutti quelli disciplinati nel Libro VI del Codice. Dall’altro lato, l’aumento percentuale nell’utilizzo del rito ordinario sembra riflettersi in modo quasi perfettamente parallelo nella crescita percentuale dei processi di durata superiore a 3 anni: in tal caso, infatti, l’indice di correlazione assume il valore di 0,9003. Da questo punto di vista, il grafico non appare particolarmente sorprendente, posto che i riti negoziali erano stati concepiti dal legislatore della riforma proprio come strumenti idonei ad eliminare le maggiori complessità del nuovo giudizio ordinario di stampo accusatorio, inevitabilmente foriero di un allungamento generale dei tempi processuali.
Per concludere il ragionamento, è allora opportuno proporre un altro grafico, il quale mostra la correlazione esistente proprio tra scelta del giudizio ordinario in alternativa al patteggiamento, aumento della durata dei processi e crescita nel numero di procedimenti definiti per prescrizione dinanzi alla Corte d’Appello.
Come si può notare, tutti e tre le grandezze fanno registrare un calo nel periodo 2005-2007, per poi iniziare una crescita ininterrotta e quasi perfettamente parallela fino al 2015-2017. Pertanto, i dati sembrano
133 Con riferimento al dato aggregato tra Tribunale ordinario in composizione
monocratica e collegiale, l’indice di correlazione di Pearson tra variazione percentuale nell’uso del patteggiamento e del rito ordinario presenta infatti un valore di -0,9701.
0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
Correlazione rito-durata-prescrizione in appello
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confermare quanto affermato in precedenza: più imputati evitano il patteggiamento, più processi dovranno essere celebrati, aggravando il problema rappresentato dalla scarsità del tempo. Il singolo imputato italiano evita di concludere patteggiamenti soprattutto confidando nella probabilità di un esito prescrittivo nel giudizio di appello; così facendo, contribuisce in effetti ad aumentare le probabilità che tale esito si verifichi in relazione alla generalità dei procedimenti penali. La strategia scelta dal singolo imputato, dunque, non influenza soltanto la sorte processuale del proprio caso, ma anche quella di tutti gli altri processi celebrati nell’ordinamento134.
La disciplina della prescrizione vigente nel periodo considerato dall’indagine statistica ha dunque incentivato gli imputati a scegliere la via del giudizio ordinario, dal momento che l’alternativa costituita dal patteggiamento avrebbe precluso la possibilità di affrontare un lungo giudizio d’appello, destinato a concludersi in più di un caso su quattro con l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Di conseguenza, l’istituto della prescrizione, pur essendo stato introdotto per mitigare gli effetti negativi generati da una eccessiva durata dei procedimenti penali, ha finito per incentivare gli imputati a cercare di allungare i tempi di definizione di ciascun procedimento, impedendo un ampio utilizzo del patteggiamento.
Il modello del plea bargaining elaborato da Adelstein135, esaminato nel
Capitolo II, aveva avuto il merito di introdurre il decorrere del tempo come una variabile rilevante tanto per la funzione di utilità del prosecutor, quanto per quella dell’imputato. In particolare, era stato evidenziato come il decorrere del tempo necessario per definire il procedimento avesse un duplice effetto sulla funzione di utilità dell’imputato:
a) da un lato egli avrebbe beneficiato dell’effetto diminuente sulla forza persuasiva delle prove raccolte, poiché ad esempio un testimone oculare, se interrogato a distanza di mesi o anni dal fatto, ha maggiori probabilità di contraddirsi o risultare poco credibile alla prova dell’esame incrociato;
b) dall’altro lato avrebbe subito maggiori perdite di utilità man mano che il tempo di definizione del procedimento di allungava, sia per lo stress fisico e psicologico dovuto alla prolungata incertezza circa la sua sorte, sia per la necessità di sostenere maggiori spese legali.
134 In particolare, l’indice di correlazione tra l’aumento di utilizzo del rito ordinario in
primo grado e il numero di procedimenti definiti per avvenuta prescrizione in grado di appello assume il valore di 0,9104.
135 R. P. ADELSTEIN, “The Plea Bargaining in Theory: A Behavioral Model of
Negotiated Guilty Plea”, Southern Economic Journal, Vol.44, No.3 (1978) pp.488- 503.
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Il modello di Adelstein, tuttavia, sembrava confidare che gli effetti negativi connessi al decorrere del tempo avrebbero facilmente sovrastato quelli positivi, inducendo anche l’imputato a preferire un plea bargaining piuttosto che un processo ordinario nella maggioranza delle situazioni.
Lo stesso ottimismo non sembra invece condivisibile se si prende a riferimento la situazione italiana nel periodo 2005-2017. Da un lato, infatti, parte degli effetti negativi dovuti al prolungarsi della situazione di incertezza sono mitigati in Italia dal diverso metodo di retribuzione degli avvocati. Negli Stati Uniti, infatti, “pochi possono permettersi di affrontare un lungo processo, perché gli avvocati costano molto”136; essi
infatti sono retribuiti a tempo, dunque un processo più lungo sarà molto più oneroso per l’imputato rispetto ad un procedimento breve, concluso prima ancora del dibattimento mediante un plea agreement con la pubblica accusa. In Italia, invece, “la retribuzione non è a tempo, ma ad attività”137: un processo più lungo, comportando un maggior numero di
attività da parte dell’avvocato, sarà dunque più oneroso rispetto ad un processo breve anche per un imputato italiano, ma la correlazione tra durata ed onerosità non è così diretta ed immediata. Inoltre, se le udienze sono rinviate a mesi di distanza, come spesso avviene nella prassi, un processo lungo potrebbe nei fatti comportare anche un numero tutto sommato modesto di attività da parte dell’avvocato prima che intervenga la prescrizione del reato138.
Dall’altro lato, la diminuzione nella forza persuasiva delle prove non è l’unico effetto positivo che l’imputato italiano ricava dal decorrere del tempo. Come è stato ampiamente dimostrato, quanto più aumenta la durata del processo, tanto più aumentano le probabilità che il reato contestato sia dichiarato estinto per prescrizione. Inoltre, proprio rinunciando al patteggiamento, l’imputato italiano conserva la possibilità di impugnare in grado d’appello l’eventuale condanna pronunciata in primo grado: in tal modo, in base alla disciplina della prescrizione vigente fino al 31 dicembre 2019, avrebbe aumentato di circa il 27% le probabilità di non subire alcuna condanna.
136 A.MURA &A.PATRONO, La giustizia penale in Italia: un processo da sbloccare. La lezione americana, CEDAM (2011).
137 Ibidem.
138 Infatti, è opportuno ricordare che il principio della concentrazione, imposto
dall’art.477 c.p.p., è costantemente violato nella prassi giudiziaria italiana, segnando una evidente differenza con i sistemi autenticamente accusatori, nei quali realmente, se non è possibile esaurire il dibattimento in un unico giorno, l’udienza è rinviata al primo giorno non festivo successivo. Vedi P.TONINI, Manuale di procedura penale, Giuffrè, Milano, 19^ ed. (2018) pp. 699 sgg. e J.T.OGG, “Adversary and Adversity:
Converging adversarial and inquisitorial systems of justice – a case study of the Italian criminal trial reforms”, International Journal of Comparative and Applied Criminal Justice, Vol.37, No. 1 (2013), pp.31-61.
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L’ordinamento italiano, a differenza di quello statunitense, ha dunque fornito all’imputato forti incentivi ad evitare il patteggiamento e, soprattutto, a prolungare la durata del processo.
4. Conclusioni
Nel corso di questo Capitolo, dapprima è stato mostrato, col supporto dei dati, quale fosse in Italia l’effettivo impiego dei diversi riti disciplinati dal Libro VI del Codice di procedura penale, confrontando in particolare l’utilizzo del patteggiamento e quello del giudizio ordinario. È stato così possibile osservare, negli ultimi anni, un costante e deciso calo nell’utilizzo del patteggiamento, a fronte di un correlativo aumento percentuale nell’impiego del giudizio ordinario.
Dopo aver definito la situazione della prassi giudiziaria italiana, la trattazione si è sviluppata in modo da individuare i fattori responsabili di un utilizzo del patteggiamento così modesto e addirittura decrescente. Nel fare ciò, si è dapprima tentato di individuare i fattori idonei ad influire sul comportamento processuale tanto del p.m. quanto dell’imputato.
In primo luogo, ci si è domandati se le numerose limitazioni legislative all’ambito di operatività del patteggiamento fossero sufficienti a giustificare un utilizzo tanto esiguo dell’istituto in esame. È stato così dimostrato, col supporto dei dati statistici forniti dall’Istat e dal Ministero della Giustizia, che la quasi totalità delle condanne definitive pronunciate nel periodo 2005-2017 avrebbero potuto costituire l’esito di un patteggiamento, anche tenendo in considerazione le varie preclusioni oggettive e soggettive previste dalla legge rispetto all’impiego di tale rito.
In secondo luogo, è stato esaminato l’impatto della tradizione inquisitoria italiana sull’atteggiamento delle parti processuali rispetto agli istituti caratteristici dei sistemi di giustizia penale di stampo accusatorio, tra cui appunto i c.d. riti negoziali. È stato possibile riscontrare, grazie anche alle osservazioni di uno studioso australiano, quanto la prassi italiana sia ancora distante dalla piena accettazione di