CAPITOLO III – IL SISTEMA DEGLI INCENT
1.1. Tribunale ordinario di primo grado, rito collegiale
La prima osservazione che è possibile compiere di fronte al seguente grafico è che il rito ordinario risulta la modalità di definizione dei procedimenti penali di gran lunga più utilizzata, riguardando
1 Le modifiche comprese nel periodo 2005-2017 hanno infatti avuto il solo obiettivo
di meglio delineare l’ambito di applicabilità del patteggiamento, senza tuttavia incidere in modo sostanziale sulla struttura del rito. Tra questi interventi figurano: a) l’esclusione dall’ambito di applicabilità del c.d. patteggiamento allargato di alcune fattispecie criminose attinenti all’ambito della violenza sessuale sui minori (legge n.38 del 6 febbraio 2006 e legge n.172 del 1° ottobre 2012); b) la restituzione integrale del prezzo o profitto del reato come condizione di accesso al rito speciale nel caso di alcuni delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. (legge n.69 del 27 maggio 2015). In effetti, come vedremo nel seguito della trattazione, tutte le limitazioni all’ambito di operatività del rito basate sull’esclusione di determinate fattispecie criminose hanno un impatto statistico ridotto, riguardando una percentuale minima di tutti i procedimenti penali.
2 Novelle successive potrebbero invece aver determinato modifiche più rilevanti nel
quadro degli incentivi alle parti processuali, come ad esempio la limitazione dei motivi che rendono possibile il ricorso per Cassazione contro la sentenza di patteggiamento. Tuttavia, poiché tale limitazione è stata introdotta solo con la c.d. riforma Orlando (legge n.103 del 23 giugno 2017), non esistono, nel momento in cui si scrive, dati statistici che possano fornire riscontri significativi dell’impatto di tale riforma sulla prassi del patteggiamento.
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costantemente più del 70% dei casi, con una tendenza a crescere negli ultimi anni, dopo un iniziale calo tra il 2005 e il 2009.
Il minore utilizzo dei riti speciali si può spiegare, in parte, in ragione della competenza del Tribunale collegiale che, ex art.33bis c.p.p., comprende reati di maggiore gravità, per i quali risulta limitato ab origine il ricorso a taluni riti speciali3: in particolare, i processi instaurati
3 La limitazione derivante dalla competenza del Tribunale collegiale interessa in
particolare il patteggiamento, che nella forma c.d. allargata può riguardare pene fino a sette anni e mezzo di reclusione, e l’opposizione al decreto penale di condanna, poiché
0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% 90,00% 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
Tribunale ordinario, rito collegiale
Ordinario Patteggiamento
Direttissimo Abbreviato
Immediato Opposizione a decreto
Ordinario Direttissimo Patteggiam. Immediato Abbrevi ato Opposizione Tot al e
2017 9.018 115 294 1.732 550 45 11.754 2016 9.291 140 321 1.751 670 41 12.214 2015 9.099 135 378 1.765 625 16 12.018 2014 8.037 131 521 1.703 576 5 10.973 2013 8.128 154 568 1.841 523 11 11.225 2012 8.010 165 617 1.781 461 15 11.049 2011 8.402 140 660 1.750 546 12 11.510 2010 8.604 166 672 1.768 595 44 11.849 2009 7.835 231 934 1.619 589 7 11.215 2008 8.305 150 932 1.432 546 13 11.378 2007 8.240 134 531 1.286 471 23 10.685 2006 7.733 123 545 1.117 390 20 9.928 2005 8.552 142 689 1.076 426 12 10.897
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in seguito a opposizione a decreto penale di condanna non hanno mai neppure raggiunto lo 0,40% del totale dei procedimenti in questa sede. Per quanto riguarda l’accesso al rito abbreviato, invece, non esistono limiti di pena4, eppure, nel corso di tutto il periodo considerato, tale rito è stato utilizzato in media solo nel 4,73% dei casi, mentre dinanzi al Tribunale in composizione monocratica, come si vedrà in seguito, tale valore medio sale al 10,55% circa, dunque più del doppio. Anche questo dato si può spiegare in ragione della diversa competenza del Tribunale ordinario collegiale, generalmente limitata ai reati più gravi; infatti, come dimostrato dai modelli economici del plea bargaining, le parti processuali, quando la condanna attesa è maggiore, sono meno inclini a cercare una soluzione del procedimento diversa dal processo ordinario5. Malgrado il generale minore ricorso ai riti speciali dinanzi al Tribunale collegiale, si possono comunque rilevare delle tendenze che indicano un progressivo mutamento nelle scelte processuali delle parti. Infatti, come è facile notare, quasi tutti i riti speciali hanno mantenuto una percentuale di utilizzo più o meno costante durante l’arco di tempo considerato, tranne due: il giudizio immediato e il patteggiamento. In particolare, con riferimento a quest’ultimo, dal 2009 in poi si è assistito a un progressivo declino, che nel 2014 ha infine provocato una inversione nei rapporti con l’altro rito c.d. premiale, ossia il giudizio abbreviato, che ora risulta preferito dalle parti processuali rispetto all’applicazione della pena su richiesta.
Per quanto concerne il giudizio immediato, viceversa, esso ha confermato la sua posizione di preminenza tra i riti speciali dinanzi al Tribunale ordinario collegiale, facendo anche registrare un trend di crescita6.
Tali considerazioni risultano ancora più interessanti se si mettono in relazione tra loro. In effetti, il grafico mostra come il picco negativo nell’utilizzo del rito ordinario corrisponda proprio al picco di popolarità
quest’ultimo può essere emesso solo qualora si debba applicare una pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva.
4 Salva la preclusione ex art.438, comma 1bis c.p.p. in base al quale “Non è ammesso
il giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo”. Tuttavia, poiché questa modifica è stata introdotta solo con la legge n.33 del 12 aprile 2019, essa non ha influito sulle risultanze statistiche nel periodo considerato dalla presente indagine.
5 Vedi, in particolare, W.M.LANDES, “An Economic Analysis of the Courts”, Journal of Law and Economics, Vol.14, No. 1 (1971), pp. 61-107.
6 La crescita si può spiegare in parte con l’introduzione del c.d. giudizio immediato
custodiale ad opera del d.l. n.92 del 23 maggio 2008, convertito con modifiche dalla legge n.125 del 24 luglio 2008. Attualmente, infatti, l’art.453, comma 1ter c.p.p., impone al pubblico ministero di richiedere il giudizio immediato nei confronti di un indagato in stato di custodia cautelare, qualora essa sia stata confermata in sede di riesame, o siano decorsi i termini per la richiesta di riesame, salvo che la richiesta di giudizio immediato pregiudichi gravemente le indagini. Tuttavia, un trend di costante crescita nell’utilizzo di questo rito era osservabile già nel triennio 2005-2007.
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del patteggiamento e, considerando nel dettaglio le variazioni percentuali intercorse tra il 2014 ed il 2017, se ne ha una conferma ancora più puntuale: in questo intervallo di tempo, l’utilizzo del rito ordinario è cresciuto del 3,48%, mentre quello del patteggiamento è diminuito del 2,25%; negli stessi anni è diminuita anche la percentuale di utilizzo di tutti gli altri riti speciali, inducendo a concludere che le parti processuali rinunciano a patteggiare non tanto perché preferiscono altri riti speciali, ma proprio perché preferiscono il giudizio ordinario7 .
In prospettiva dinamica, il dato di maggiore interesse che si può ricavare da questo grafico è sicuramente il netto calo nell’impiego del patteggiamento, che tra il 2005 e il 2013 era utilizzato in media nel 6,14% dei casi8, mentre in soli tre anni, tra il 2014 e il 2017, tale valore medio si è quasi dimezzato, scendendo fino al 3,25%9.