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La Neologia nello “Spazio di Discorso” massmediatico

II.2. La Neologia nei mass media dell’informazione

II.2.4. Aspetti del neos nella neologia massmediatica

II.2.4.2. EVAN in diacronia

Prima di passare all’ultimo aspetto legato alla percezione del neos, vorremmo aggiungere, a completamento della descrizione degli aspetti della neologia massmediatica, alcune considerazioni sull’estensione del concetto di neologismo in relazione alla durata dello statuto neologico della creazione lessicale, in un’ottica diacronica.

Riprendendo anche la teoria degli exemplars citata da Simone, ci sembra infatti necessario condividere la necessità di una sistemazione anche diacronica delle unità discorsive nello spazio di discorso, cioè di stabilire almeno alcuni dei processi con cui i fatti di discorso diventano fatti di sistema, o meglio, secondo lo schema simoniano: Fatti di

performance  Fatti di discorso  Unità di sistema. Di fatto, tale schema «può essere

letto in chiave sia sincronica che diacronica: nel primo caso descrive una tendenza della variazione; nel secondo caso un cambiamento nel tempo»161. Se, come sostiene ancora lo studioso, «le unità discorsive vengono incorporate nel sistema quando raggiungono una certa frequenza d’uso» e «sarebbe dunque la loro ripetizione a renderli stabili»162, appare evidente come, sul piano della neologia, sia importante focalizzarsi nella considerazione, non tanto del binomio neologismi-occasionalismi, ma piuttosto sulla frequenza dei types e dei tokens. Oltretutto, nel discorso giornalistico, tanto i Fatti di performance-Token, quanto i Fatti di discorso-type sono numerosissimi e tutti con delle chances di lessicalizzazione per diventare Unità di sistema.

Una simile situazione inquadra ciò che accade attraverso il linguaggio massmediatico e la sua neologia, ma non scende nel particolare di ciò che avviene nelle due tipologie di Fatti e nei passaggi tra Fatti e Unità.

161 R. Simone, Operazioni discorsive, cit., pp. 59-60. 162 Ivi.

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Anche su questo fronte, dunque, si può avere l’impressione che il MNL non sia sufficiente ad esaurire le possibilità effettuali del dominio discorsivo mediatico, sia per quanto riguarda il dominio della performance, sia sul fronte lessicografico. Potremo, quindi, valutare caso per caso quando sia più utile ricorrere al MNL e quando, invece, al MNP. Ci saranno situazioni in cui il lessema-EVAN caricato neologenicamente è già attribuibile, per ragioni sociolinguistiche, alla categoria neoformazione ed altre, certamente più frequenti nel lavoro di analisi nel dominio della parole in cui sarà più cauto e produttivo parlare genericamente di EVAN, le quali ancora una volta possono essere sottospecificate, ora in senso più spiccatamente diacronico, anziché in quello discorsivo- funzionale di cui si è finora parlato, sebbene la loro considerazione temporale non possa, comunque sia, spingersi oltre quella che chiamiamo microdiacronia.

Se è vero, infatti, che nel circuito dei testi d’informazione mediale alcune EVAN vivono vite brevi ed effimere, è vero anche che altre possono mantenere la loro carica neologenica più a lungo o vivere diverse stagioni neologeniche acquisendo valori semantici diversi o, ancora, essere riprese con lo stesso valore, pur seguendo temporalmente le oscillazioni dell’attualità, indipendentemente dal fatto che esse siano state, nel frattempo, registrate o meno nei dizionari di lingua o nei repertori neologici. Dunque, adottando il MNP per le sottocategorizzazioni microdiacroniche, si potrebbe parlare:

- nel primo caso di EVAN DI LUNGA DURATA o DUREVOLI, (sulla scorta della proposta avanzata da Dardano 2009163), di cui un esempio può essere il s.m. mafiopoli che, almeno dagli anni ’70-’80 ad oggi, non ha mai smesso di essere utilizzato dal linguaggio giornalistico, pur non essendo stato inserito nei dizionari – se non consideriamo i repertori neologici – e che ha conservato, a mio avviso, una sua carica neologenica. Tale carica opera infatti a livello psicolinguistico, probabilmente attraverso una qualche forma di “analogia cognitiva”, in ragione della proliferazione di suffissati in -poli pancronicamente nuovi, ragione per cui il lettore può essere influenzato nel suo giudizio implicito di neologenicità proprio da questa iperproduttività, anche di fronte a lessemi che hanno già una loro storia linguistica più o meno lunga;

163 Cfr. M. Dardano,Costruire parole: la morfologia derivativa dell'italiano, Bologna, Il Mulino 2009. pp. 31-

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- nel secondo di EVAN DI SECONDA GENERAZIONE, di cui offriamo un esempio-limite, quello del s.m. Rubygate che, pur essendo stato ripreso nel giro di pochi mesi, ha vissuto una prima generazione neologenica allo scoppiare dello scandalo e una seconda in concomitanza della prima sentenza giuridica sul caso, per cui si è potuto registrare uno scarto – da valutare nella sua significazione – da Rubygate nel senso di “scandalo che riguarda Ruby” (“Il braccio di ferro ininterrotto con Gianfranco Fini, gli esodi che stanno

travagliando il Pdl e ora lo shock del «Rubygate» stanno facendo crollare le azioni del quarto esecutivo Berlusconi”, LaRepubblica.it, 30 ottobre 2010) a Rubygate interpretabile anche nel senso di “procedimento penale che riguarda il caso in cui è coinvolta Ruby” (“al palazzo di giustizia c'è il Rubygate”, TG La7, 4 febbraio 2013), che potrebbe far pensare

ad una possibile seconda rifunzionalizzazione onomatogenica del suffisso -gate;

- e nel terzo di EVAN INTERMITTENTI, di cui possono essere esempi composti come mignottocrazia, maanchismo, e vallettopoli che vengono ripresi all’uopo, in momenti diversi, a seconda delle esigenze di cronaca e di commento e riferite in modo particolare ai casi in cui, con la stessa EVAN, si commentano casi di cronaca diversi, magari anche differentemente collocati sul piano spazio-temporale, come è accaduto con rifiutopoli, usato per riferirsi, in momenti diversi, agli scandali non solo di Napoli, ma anche di altre città italiane.