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La Neologia nello “Spazio di Discorso” massmediatico

II.1. I linguaggi massmediatici dell’informazione

II.1.2. Evoluzione del linguaggio giornalistico

II.1.2.1. Strategie comunicative dell’informazione giornalistica

Le strategie comunicative messe in atto da ciascuna testata rientrano per lo più nell’ambito dell’analisi semiotica della testualità e possono essere analizzate proficuamente anche attraverso l’ottica della narratologia. Le più frequenti si inscrivono complessivamente in due grandi categorie e cioè le strategie di fidelizzazione e quelle di

costruzione (narrativa) della notizia. Delle varie realizzazioni rintracciabili nelle prose

giornalistiche, tratteremo qui solo quelle che interessano di più il piano linguistico e che riteniamo sia bene approfondire in quanto coinvolte anche nei processi neologenici la cui analisi affronteremo più avanti111.

Una prima serie di fenomeni linguistici, che può essere fatta rientrare nelle realizzazioni delle strategie di fidelizzazione, riguarda l’inserimento negli articoli del

discorso riportato: soprattutto nei titoli, infatti, l’uso delle virgolette è utilizzato in maniera sempre più pervasiva. Sebbene questo segno di interpunzione dovrebbe essere sfruttato a patto di non snaturare il senso delle frasi, sono molti i giornali che giungono per questa via a distorcere, anche profondamente, il senso delle affermazioni rese, ad esempio, da un personaggio pubblico. E’ indubbio, quindi, che le virgolette non svolgono solo la funzione di offrire una citazione puntuale del discorso altrui. Infatti, la virgolettatura funziona di solito come marcatore di divergenze e se ne fa spesso un uso funzionale alla segnalazione di un determinato orientamento, diventando anche spia del target cui il giornale si rivolge e, quindi, del suo Lettore Modello.

Nei titoli e negli articoli di giornale il discorso diretto riportato ha funzione eminentemente attrattiva, contribuendo a creare un effetto di immediatezza che rende

110 Cfr. L. Serianni, Alcuni aspetti del linguaggio giornalistico recente, in S. Vanvolsem et al. (a cura di),

L’italiano oltre frontiera, V Congresso internazionale (Leuven, 22-25 Aprile 1998), vol. I, Leuven University press-Cesati, Leuven-Firenze 2000, pagg. 317-58.

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fruibile la notizia in modo veloce, colorandola di elementi di contorno suggestivi anche se non essenziali; tuttavia, il legame con le strategie di fidelizzazione si realizza anche nell’eventualità, non rara, di una scarsa corrispondenza tra discorso diretto riportato nel titolo e testo dell’articolo, dal momento che essa sembra essere accettata dal lettore, il quale autorizza la finzione sulla base di una tacita convenzione che attribuisce al virgolettato uno status di autenticità. Anche se «la trasposizione operata nel discorso diretto si può distanziare impunemente dalla realtà» il lettore sembra partecipare a questa finzione perché «è come se esistesse una convenzione tacita che autorizza la deformazione»112, convenzione che si funziona proprio in virtù della fidelizzazione del lettore.

Le startegie di costruzione della notizia, invece, essendo legate anche alla rappresentazione massmediatica della realtà, si dispiegano, a livello linguistico, soprattutto nell’organizzazione frastica di quest’ultima113. La rappresentazione, infatti, coinvolge attori, oggetti, processi (o eventi) e circostanze, che si riflettono nella frase, nelle forme verbali (processi), nei sintagmi nominali (partecipanti) e nei sintagmi avverbiali o preposizionali (circostanze). Ciò che qui interessa notare è che la rappresentazione di uno stesso evento può essere modificata, agendo sui partecipanti, o sul processo, o su entrambi, attraverso espedienti linguistici. Ad esempio, si può ottenere un effetto di oscuramento della realtà operando una trasposizione metaforica del processo (metafora grammaticale) con uno spostamento o nella transitività (da forme attive a passive o da forme verbali a forme nominali) o nel tipo di processo (da azione, processo che implica un agire attivo, a evento, qualcosa che succede indipendentemente dall’azione di qualcuno).

La stessa nominalizzazione, che abbiamo visto essere abbondantemente impiegata nella lingua del giornale, è il caso più appariscente di metafora grammaticale, con la quale si usa un sostantivo per esprimere un’azione o un processo. Descrivere un processo attraverso un verbo significa esplicitarne anche gli attori, le determinazioni temporali e le modalità (funzione connessa all’atteggiamento e alla responsabilità di chi parla); esprimerlo attraverso un nome, invece, significa trasformare il processo in un’entità,

112 M. Mizzau, La finzione del discorso riportato, in F. Orletti, Fra conversazione e discorso, La Nuova Italia

Scientifica, Roma 1994, pp. 247-54.

113 Per un confronto con esempi concreti provenienti dalla stampa, la cui illustrazione e spiegazione avrebbe

richiesto una trattazione separata, rimandiamo a D. Antelmi, Il discorso dei media,Carocci, Roma 2006, in particolare alle pp. 59-97 e, soprattutto in merito a nominalizzazioni e tematizzazioni, a M. Dardano-A. Puoti, Stile nominale nel quotidiano e nel telegiornale, in M. Dardano-G. Frenguelli, L’italiano di oggi, cit., pp. 57-74.

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rendendolo astratto e cancellando alcune informazioni (tempo, modo e spesso partecipante agente). Gli stessi effetti di omissione informativa si raggiungono incidendo sulla transitività: processi descritti attraverso verbi transitivi riproducono le relazioni tra i partecipanti e i nessi causali nell’evento, occultati invece quando il processo è descritto mediante un verbo intransitivo.

Dunque, anche l’organizzazione della struttura sintattica può essere sfruttata per raggiungere determinati obiettivi. Ciò può avvenire, oltre che attraverso le nominalizzazioni, anche per mezzo dell’interazione pragmatica tra forma grammaticale e organizzazione informativa, ossia tramite i procedimenti di tematizzazione. Nella tematizzazione, infatti, si agisce sulla costruzione frasale di tema e rema, concetti derivanti dalla linguistica funzionale con i quali si indicano, rispettivamente l’argomento dell’enunciato, ciò di cui si parla, e la parte dell’enunciato che contiene l’informazione pertinente al tema. Essi sono indicatori pragmatici per il ricevente: essendo un segnale testuale che focalizza l’attenzione su di un elemento, il tema guida il lettore-ascoltatore nella sua interpretazione, indicandone la rilevanza ai fini informativi. In questo modo, la posizione del tema può essere sfruttata per segnalare come elemento su cui verte il discorso un suo costituente diverso dal soggetto. La tematizzazione è, dunque, un’operazione che riguarda la preminenza data nel testo ai diversi partecipanti di un processo. Ad esempio, costruendo una frase passiva, dove il tema è l’oggetto, si ha la messa in evidenza di un partecipante all’evento e insieme si può in questo modo mettere in secondo piano o cancellare del tutto l’agente. In generale, la preminenza dei partecipanti decresce con l’aumentare della distanza dalla posizione tematica. Quel che conta osservare è che la posizione di tema è spesso sfruttata per esprimere valutazioni sugli eventi o per manifestare l’atteggiamento del parlante rispetto al proprio enunciato114. Il richiamo del tema nel corso dello svolgimento del pezzo, poi, può essere affidato a diverse modalità realizzative: nel caso in cui il tema sia il soggetto può esservi la ripetizione vera e propria, la ripresa con un pronome, un sinonimo, un nome generale, una EVAN, un sintagma sostitutivo o l’ellissi. Questa possibilità, in particolare, si rivela molto utile se avviene a brevissima distanza dal soggetto precedentemente citato, ma risulta negativa sul piano testuale e informativo se la sua mancata ripresa porta ambiguità e mancanza di chiarezza o se l’elemento cataforico assume anche una valore qualificante, come accade spesso e come vedremo in seguito, attraverso l’uso di lessemi neologenici. Complessivamente, del resto,

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tanto la nominalizzazione sintagmatica quanto la tematizzazione sono privilegiate dalla scrittura giornalistica anche allo scopo di «evidenziare determinate strutture informative e condizionare anche con questi mezzi la lettura degli articoli»115.

Vogliamo soffermarci, sempre nel quadro della costruzione della realtà e dunque nell’ambito delle strategie di costruzione della notizia, su un altro fenomeno particolare: le informazioni implicite ottenute comunque sia attraverso l’uso accorto di alcune tecniche linguistiche. In particolare, presupposizioni, linguaggio figurato e tempi verbali sono strumenti che possono influire sulla rappresentazione dei fatti. In questi casi, poiché non è in questione l’aspetto proposizionale del discorso, ma il senso che il ricevente è chiamato a ricostruire, è evidente che si possono esercitare manipolazioni ideologiche. Infatti, ogni modalità linguistica che permette di comunicare contenuti senza che questi facciano parte di un’affermazione confutabile si presta ad essere sfruttata per modificare le credenze e le conoscenze del ricevente116.

Se intendiamo la presupposizione come un’affermazione che viene attivata da una struttura linguistica di superficie (un lessema o una costruzione sintattica), essa può allora essere veicolata o attivata linguisticamente da117:

- verbi fattivi che implicano l’attualità del complemento o del soggetto frasale: credere,

comprendere, riconoscere, approvare/disapprovare, sapere/non sapere, ammettere, ecc.;

- verbi di cambiamento di stato, avverbi e verbi iterativi che attivano presupposizioni dipendenti dal significato della parola: aprire/chiudere, cominciare/finire, ancora, anche,

non più, sempre, ritornare, ripetere, ecc.;

- frasi relative. Queste possono essere restrittive e funzionare come i sintagmi nominali definiti, poiché la relativa che modifica il nome-testa induce a una definitezza dello stesso, o appositive, le quali inducono la presupposizione di un predicato che si aggiunge all’affermazione del predicato principale;

- domande, in particolare quelle che iniziano con una particella interrogativa e che servono a rendere presente e a porre in primo piano un argomento. Esse aumentano il pathos del discorso, obbligando anche il ricevente a farle proprie);

- frasi scisse, del tipo E’ X che Y, dove il primo elemento è quello rematico e dove la seconda parte, essendo tematica, convoglia informazioni che si presuppongono condivise;

115 M. Dardano-A. Puoti, Stile nominale nel quotidiano e nel telegiornale, cit., pag. 74. 116 Cfr. D. Antelmi, Il discorso dei media, cit., pag. 82.

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- epiteti, cioè aggettivi modificatori di un nome. L’epiteto comporta l’attribuzione di una qualità o l’inserimento in una classe ed implica una proposizione soggiacente che non fa parte del contenuto proposizionale.

Nel linguaggio giornalistico, la presupposizione può servire ad introdurre nel testo un’informazione nuova senza interrompere il flusso comunicativo. Allo scopo informativo, però, si aggiungono effetti retorico-persuasivi più o meno consapevolmente cercati. Dato che la presupposizione presenta un contenuto di informazione che non viene asserito, la sua funzione è anche di evitare la responsabilità da parte dello scrivente sul contenuto presupposto. Lo scrivente dà per scontato che quanto presupposto sia condiviso dal ricevente e che, quindi, costituisca un piano per la prosecuzione del discorso. Sapendo di rivolgersi a un lettore che, generalmente, condivide una determinata visione della realtà, con la presupposizione si convogliano assunzioni ritenute condivisibili.

Effetti di senso possono scaturire, inoltre, anche dalla distribuzione dei tempi nel discorso, che obbedisce a una collocazione cronologica degli eventi, ma anche altre funzioni possono interagire con questa, determinando, rispetto alla realtà rappresentata, diversi atteggiamenti del parlante e richiamando l’ascoltatore a diverse modalità ricettive118. I tempi verbali possono distribuirsi in due grandi categorie119, ciascuna comprendente sia una forma neutra rispetto al tempo reale sia una retrospettiva e una prospettica (passato e futuro): la differenza tra questi due insiemi è che uno è votato alla narrazione di un fatto, uno al suo commento.

Nei testi orientati alla persuasione (di cui fanno parte anche gli anche editoriali e il discorso politico in genere), l’articolazione delle prospettive di narrazione e commento e le metafore temporali120 che ne scaturiscono, sembrano costituire una strategia discorsiva che mira, attraverso la narrazione storica, ad organizzare un discorso basato su una ri- costruzione di fatti, autentici proprio perché consegnati alla storia. L’uso dei tempi verbali deve essere considerato un mezzo che collabora all’articolazione ideologica del discorso: la narrazione può diventare lo strumento di costruzione di una realtà che, costituendo lo

118 Cfr. D. Antelmi, Il discorso dei media, cit., pag. 93.

119 Su questo argomento cfr. É. Benveniste, Problemi di linguistica generale, Mondadori, Milano, 1990 e H.

Weinrich, Tempus. Le funzioni dei tempi nel testo, Il Mulino, Bologna 1978.

120 Si è in presenza di una metafora temporale quando slittamenti in senso verticale, collegabili a un

mutamento di relazione cronologica si assommano a mutamenti in senso orizzontale che segnalano uno scarto nella prospettiva. La metafora temporale, in quanto transizione inattesa, introduce nel discorso un elemento fortemente significativo.

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sfondo sul quale si innesta il commento, pone le basi di conoscenza condivise per l’accettazione di quest’ultimo121.

Infine, per quanto riguarda infine le realizzazioni linguistiche delle strategie di costruzione della notizia più marcatamente narrative, vogliamo anche qui soffermarci su un caso particolare, ma ricco di implicazioni, quello cioè dell’uso delle congiunzioni come e e

ma. Esse ricorrono tra l’altro anche nei lanci da studio di servizi del telegiornale, ma si

configurano come un tratto caratterizzante dello stile quotidiano, soprattutto di quello titolistico. Si tratta di congiunzioni coordinanti che hanno la funzione sintattica di connettere due frasi tra loro coordinate all’interno di un periodo. Esse, però, possono essere usate anche all’inizio del periodo, come “congiunzioni testuali”122. In questo caso, il ma può conferire valore avversativo-limitativo a una sequenza del discorso o ad una frase rispetto a quanto detto in precedenza. Quando, però, tali congiunzioni sono sfruttate nei titoli, i quali, non essendo preceduti da nessuno spazio testuale, dovrebbero inaugurare un discorso, viene del tutto a mancare l’elemento testuale con il quale si stabilisce una continuità o un’opposizione. In realtà, l’uso della congiunzione coordinante ha, in questi casi, una precisa funzionalità retorica, quella di stabilire una continuità, ovviamente fittizia, “del detto con il non detto”123. In questa strategia retorica, proprio perché così diffusa e generalizzata nel giornale italiano, si può individuare un tratto strutturale che è indice di un atteggiamento ideologico di fondo. Tale continuità con il non detto non è neutra, ma ha un valore funzionalmente ideologico: così come le altre strategie votate alla continuità (tra cui le omissioni di contesto, di prove, di informazioni pertinenti, di elementi che convincano razionalmente il lettore, gli impliciti che rimandano a brandelli già passati di informazioni, la limitazione alle opinioni sulle quali si sposta il baricentro del testo), è quello di segnalare l’adesione all’idea di notizia come mito: la notizia vale cioè come Racconto, intrattiene e rinarra sempre la stessa storia entro un flusso continuo, per cui ogni giudizio risulta impossibile124. Inoltre, questa strategia implica che il lettore debba già sapere. A lui spetta il compito di restaurare la continuità nell’informazione che le pagine sull’argomento non garantiscono, limitandosi, invece, a rimandare implicitamente ad altro, ad informazioni già date in passato, l’assenza delle quali, apre la strada a possibili mistificazioni.

121 Cfr. D. Antelmi, Il discorso dei media, cit., pag. 94.

122 F. Sabatini, Pause e congiunzioni nel testo. Quel “ma” a inizio di frase…, in AA.VV., Norma e lingua in

Italia: alcune riflessioni fra passato e presente, Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Milano 1997, pag. 127.

123 G. Contini, Letteratura dell’Italia unita, Sansoni, Firenze 1968, pag. 279. 124 Cfr. M. Loporcaro, Cattive notizie, cit., pag. 71.

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Infine, va ricordato che le potenzialità retorico-stilistiche del linguaggio vengono sfruttate dai giornali anche per realizzare strategie linguistiche connesse alla produzione di

infotainment. Gli artifici stilistici usati in questa maniera, che si possono indicare

genericamente come traslati, si fondano sulla possibilità di estendere o stravolgere il senso letterale per ottenere un effetto prevalentemente ludico: il lettore è chiamato ad interpretare l’uso di giochi linguistici basati sulla metaforizzazione, su acrobazie fonico-morfologiche, su omonimie e richiami intertestuali, sul riuso e sulla rideterminazione semantica, i quali, come prescritto dall’infotainment, diventano nella lettura fonte di soddisfazione e di divertimento.

II.1.2.2. Dalla carta al Web: una transizione senza