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Strategie newness-centered del linguaggio giornalistico: microfunzioni della neologia massmediatica

La Neologia nello “Spazio di Discorso” massmediatico

II.2. La Neologia nei mass media dell’informazione

II.2.5. Neologia massmediatica e funzioni del linguaggio

II.2.5.2. Strategie newness-centered del linguaggio giornalistico: microfunzioni della neologia massmediatica

Passando alla descrizione delle microfunzioni testuali delegate alle EVAN massmediatiche, andrà ricordato che qui esporremo le più frequenti, mentre si rimanda al Capitolo III e all’analisi dei dati lessicografici, per l’inquadramento delle altre funzioni testuali delle EVAN e, anche, degli usi retorici che coinvolgono le neologenie. Anche in questo caso, infatti, ne descriveremo qui, nell’ottica della critica testuale, alcune tra le più ricche di implicazioni di natura semantica e ideologica sul fronte della decodifica e dell’interpretazione delle notizie.

Abbiamo scelto di soffermare la nostra attenzione, in particolare, su quattro funzionalità discorsive con le quali gli Emittenti costruiscono delle strategie testuali

174Ivi, pag. 333, dove, oltretutto, gli Autori suggeriscono, come necessaria conseguenza della loro

argomentazione, il superamento della divisione tra tropi e atti linguistici nell’analisi della comunicazione verbale.

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newness-centered, basate cioè sullo sfruttamento della carica neologenica delle EVAN

coinvolte.

1) Lo spostamento del punto di vista:

tale situazione si realizza quando l’emittente della notizia assume espressioni ricavate dal gergo di una determinata categoria di persone coinvolte, esplicitamente o implicitamente, come Personaggi dell’evento-notizia: «se la voce narrante di un testo giornalistico assume parole proprie dei personaggi, implicitamente ne riporta anche le concezioni»175. Questo processo, che appare semplicemente come uno strumento di vivacizzazione linguistica poiché implica l’uso di forme colloquiali o gergali, ha invece notevoli conseguenze ideologiche, poiché determina un’ambiguità enunciativa derivante dall’attribuibilità della parola sia al narratore che al personaggio. Ciò implica inoltre che, in questa maniera di esporre la notizia, non si delinei con certezza il soggetto a cui debba essere attribuita la responsabilità di ciò che viene detto. Il giornalista/narratore legge le parole che costituiscono la notizia e veicolano il punto di vista della testata enunciatrice che ne dovrebbe garantire la verità. Al tempo stesso, però, le parole lette dal giornalista/narratore corrispondono a quelle del personaggio e ricadono anche sotto la responsabilità di quest’ultimo. La notizia come informazione, tuttavia, prevede che, salvo un avvertimento esplicito, l’operatore si assuma tutta la responsabilità di quello che dice. Come suggerisce Loporcaro, l’avvicinamento al punto di vista del personaggio della notizia è realizzato con la ripresa di parole che ad esso possono essere direttamente ricondotte adottando lo strumento, così definito in narratologia, del discorso indiretto libero, cioè la modalità di discorso riportato che in narrativa è utilizzata per produrre effetti di focalizzazione interna. Una ragione ancora più profonda di questa scelta stilistica, che porta all’assunzione di voci gergali e colloquiali per vivacizzare la notizia, può essere ricercata applicando il discorso sullo spostamento del punto di vista alla teoria degli iconimi di M. Alinei176.

Iconimo è un termine aplologico che fonde icona cioè “immagine” e -onimo,

“nome” e che significa quindi “nome-icona” o “nome motivante”. L’iconimo è considerato come una componente fondamentale del segno linguistico177. Esso infatti ha un rapporto

175 Cfr. M. Loporcaro, Cattive notizie, cit., pag. 130.

176 L’accostamento, che noi abbiamo qui voluto approfondire, è proposto da M. Loporcaro, Cattive notizie,

cit., pp. 133 ss.

177 Cfr. M. Alinei, Principi di teoria motivazionale (iconimia) e di lessicologia motivazionale (iconomastica), in

L. Mucciante-T. Telmon (a cura di), Lessicologia e lessicografia. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia, Chieti-Pescara, 12-14 ottobre 1995, Il Calamo, Roma 1997, pp. 11-36. Cfr. anche M. Alinei, Nuove prospettive nella ricerca storico-semantica ed etimologica, in Semantica e lessicologia storiche. Atti

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indissolubile con il significato essendone una rappresentazione abbreviata e la sua scelta, fra i molti elementi che lo compongono, è sempre arbitraria. Nelle parole di Alinei:

[...] pur restando il segno linguistico in essenza arbitrario, e quindi pur senza mutare la sostanza del contributo saussuriano, l’iconimo è un passaggio obbligato nella genesi di qualunque nuovo lessema, che consente di pubblicizzarlo e socializzarlo facendo semplice ricorso a materiali lessicali già esistenti, senza quindi dover ricorrere ad altre costose e complicate forme di socializzazione, come il deposito anagrafico, il battesimo o la pubblicità commerciale. Quando [...] mediante l’iconimo [...], l’immediata socializzazione del nuove termine è stata raggiunta, l’iconimo sparisce dalla coscienza del parlante, come un involucro divenuto inutile, e in seguito può sparire anche dalla parola stessa, a causa di mutazioni fonetiche intervenute accidentalmente.178

Le nuove parole e le nuove espressioni che nascono in una lingua in un dato momento storico hanno una motivazione che è radicata nelle circostanze sociali, la quale è racchiusa appunto dall’iconimo. Osserva Alinei che alcuni tipi iconimici sono particolarmente frequenti, tanto che si può parlare di “frequenza di un campo iconomico” la quale si lascia a sua volta tradurre nella nozione di produttività: «a livello teorico appare del tutto chiaro che la produttività di un iconimo ha origini sociali, cioè è legata al prestigio o alla popolarità della nozione evocata da esso»179. Ne consegue che gli iconimi più produttivi in ciascuna fase storica sono quelli legati agli aspetti centrali della società180. Questo spiega perché, ad esempio, oggi in Italia si usino locuzioni e metafore calcistiche o automobilistiche per parlare di materie non sportive e magari anche molto serie, come economia e politica. E’ proprio per questo motivo che anche l’informazione mediatica tende ad assumere il punto di vista di queste categorie. Tuttavia, i gerghi e le categorie sociali coinvolte in questi processi semiotici possono essere anche meno neutri, rendendo questi ultimi sensibilmente più critici ed insidiosi.

Talvolta ciò accade infatti con l’adozione del lessico della criminalità o della delinquenza giovanile181 (si pensi a EVAN come drogashop, sdrogato, coca party o come

del XXXII Congresso internazionale di studi, Budapest, 29-31 ottobre 1998, Bulzoni, Roma 2001, pp. 25-46. Per una conoscenza approfondita della teoria di Alinei si rimanda alla precisa bibliografia che accompagna i due interventi menzionati, rispettivamente alle pp. 34-36 e 44-46.

178 M. Alinei, Nuove prospettive nella ricerca storico-semantica ed etimologica, cit., pag. 26. 179 M. Alinei, Nuove prospettive nella ricerca storico-semantica ed etimologica, cit., pp. 32-33.

180 Sarebbe interessante intraprendere, soprattutto nell’ottica mediatica, uno studio sociologico che

integrasse le ricerche sull’iconimo alla teoria neologica.

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NARCO NONNO), tal altra lo spostamento del punto di vista giunge all’assunzione del lessico politico o persino mafioso. Politica e mafia, del resto, sono fenomeni centrali della nostra società e possiedono dunque forza iconimica.

Sul piano dell’attualità politica, il giornalismo sempre più spesso e, negli ultimi tempi, in maniera assoluta, assume le pure e semplici parole del potere. Anche in questo caso si ricorre agli effetti di focalizzazione interna, con la ripresa non dichiarata delle parole dei politici, insinuandone il punto di vista entro il testo giornalistico. La strategia poi «raggiunge uno stadio ulteriore quando il potente utilizza la sua posizione per irrompere direttamente con propri materiali pre-registrati entro il tg» e raggiunge l’apice quando «la presenza in video del potente sostituisce del tutto il notiziario»182. Quanto, invece, al gergo mafioso, segnaliamo, a scopo esemplificativo, alcune delle situazioni, tratte dal L13/14, in cui una EVAN viene utilizzata seguendo i principi dello spostamento del punto di vista o in cui una neologenia di altra natura si accompagna, in funzione di accumulo stilistico- retorico, a vari altri stilemi nel complesso di una frase in cui si realizza lo spostamento:

 [SMART-DRUG]: Eroina e smart-drug, la nuova mappa dello spaccio La Stampa.it, 23 giugno 2014;

 [GENERAZIONE CANNABIS] Generazione cannabis/sale il consumo di droga

Il Giornale.it, 15 settembre 2014 ;

 [SBALLO A CHILOMETRO ZERO]: Sesso, droga e web: lo sballo a chilometro zero La Repubblica.it, 3 dicembre 2014;

 [MAFIA-THRILLER]: Pentiti, inganni e piani segreti Ritorna il mafia-thriller

Il Giornale, 15 luglio 2013;

 [MURDERIA]: Ammazzatina di mafia stile anni '60, come non se ne vedevano da tempo, scene da "murderia", assassini su commissione che sembrano affiorare da un'altra epoca

La Repubblica, 10 maggio 2013;

 [PIZZINO TELEVISIVO]: Si chiama pizzino televisivo. Tradotto significa un frettoloso appunto lasciato nelle mai del politico di turno che così entra in una trasmissione tv

Il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2013.

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In tutti questi casi l’informazione giornalistica rinuncia al dovuto distacco dai fatti narrati, amalgamando notizie, discorso riportato e commenti in un tessuto comunicativo in cui i ruoli vengono confusi e nel quale temi di rilevanza sociale, che dovrebbero essere trattati in maniera oggettiva e neutra, vengono collocati in una dimensione quasi ludica, attraverso la quale acquistano una forte marcatezza espressionistica, ma perdono pregnanza informativa, inducendo gli utenti ad un’interpretazione superficiale, anziché ragionativa, dei fatti stessi;

2) La sovrapposizione di mondi e di linguaggi:

I meccanismi linguistici che abbiamo visto essere alla base dello spostamento del punto di vista possono essere declinati anche in un’altra prospettiva: oltre ad assumere le parole di una categoria di Personaggi, il notiziario può, infatti, sfruttare le parole nate nello stesso mondo massmediatico per parlare di una realtà ad esso esterna e, talvolta, completamente diversa, intentandone la sovrapposizione e la fusione. Si tratta di un fenomeno che riguarda particolarmente la televisione, dove si riscontra con grande frequenza, attraverso l’adozione del linguaggio e delle parole, spesso nuove, caratterizzanti lo stesso mondo dello spettacolo per parlare di realtà altre. In questo modo, si determina una sovrapposizione, attraverso il fare informativo, tra il mondo creato dagli stessi media, che vuole essere vero, e mondo reale, con un processo che conferisce così al meta-mondo televisivo un maggiore effetto di realtà. Il linguaggio neologico creato dagli stessi operatori mediali, in questi casi, diventa – autolegittimandosi – un linguaggio atto a descrivere il mondo reale183.

183 Un caso in particolare, dove questa tecnica è addirittura palesemente ostentata, merita di essere

ricordato: riportiamo quindi la trascrizione di un servizio, intitolato I MINATORI CILENI E QUELLO STRANO “EFFETTO GRANDE FRATELLO”, andato in onda il 14 ottobre 2010 sul tg di Canale 5 e il cui video dovrebbe essere ancora reperibile al sito www.youtube.it: «Capita di assistere ad un evento toccante ed inedito come la liberazione dei minatori cileni e avere la strana sensazione di averlo già visto. E’ l’uscita di Mario Sepulveda, il secondo a sbucare dalla capsula, a avere qualcosa di familiare: urla, risate, abbracci, è la gioia del ritorno alla vita e, però, quell’uscita spettacolare riporta alla mente quella, certo molto meno drammatica e volontaria, dei concorrenti del Grande Fratello. Al colpo d’occhio le sequenze sono identiche e, in un certo senso, è identico lo stato d’animo di chi esce, dalla cattività, che sia in miniera o in un reality, è l’urlo dell’uomo che si riappropria della vita e che la assapora come mai prima. Quando nacque, dieci anni fa, il Grande Fratello era proprio questo: un enorme esperimento sociologico prima ancora che mediatico; vedere come reagiscono, prigionieri per circa tre mesi, uomini e donne spiati giorno e notte dalle telecamere. Ma ancora una volta, la realtà ha superato la fantasia, perché è tutta la vicenda dei trentatré minatori a somigliare ad un reality. Li abbiamo spiati mentre parlavano attraverso il video con le loro famiglie, quasi fossero in un Confessionale e li osserviamo curiosi ora che il dramma, una volta tanto, volge in favola bella. Un grande reality con un premio finale che più grande non si può e tutti vincitori». La libertà di espressione e l’uso delle figure retoriche fanno sì che un caso del genere non possa essere formalmente respinto, ma rimane il fatto che il messaggio che un servizio siffatto veicola sia pericolosamente dannoso.

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EVAN create nel mondo e per il mondo televisivo, come reality prima e Grande

Fratello et similia poi, sono utilizzati per descrivere, attraverso un parallelismo scoperto,

eventi relativi a cronaca o politica. L’uso delle EVAN nate all’interno della stessa rete televisiva funziona come un codice linguistico atto a rinsaldare il legame tra di essa e lo spettatore appassionato, imprimendo attraverso il linguaggio e il parallelismo con il mondo esterno una marca di verità al mondo fittizio che la tv ha creato per lui.

I casi più frequenti riguardano la sovrapposizione tra metalinguaggio televisivo e cronaca politica. Vediamo alcuni esempi tratti dal L13/14:

 [GRANDE FRATELLO ELETTORALE]: …nel grande fratello elettorale…

Tg4, ed. serale del 10 febbraio 2013;

 [EFFETTO GRANDE FRATELLO]: …moltiplicazione esponenziale dei "mi piace" ed effetto Grande Fratello…

La Repubblica, 22 aprile 2013;

 [POLITICO-CULINARIO]: L'isola dei famosi politico-culinari si fa sempre più rovente e bruciante

La Repubblica, 1 febbraio 2013;

 [SFIDANTE]: Sondaggio Ipsos, nella percezione sono loro due "gli sfidanti". Tutti gli altri dietro

La Stampa, 16 marzo 2013/La Stampa, 7 luglio 2013;

 [FORMAT-SCALETTA]: …e i suoi testi spesso somigliano a format-scaletta, sui quali introduce variazioni…

La Stampa, 10 maggio 2013;

 [FORMAT]: o entusiasti o rassegnati: i leader si adeguano al format della politica pop

La Repubblica, 11 febbraio 2013.

Attraverso tale funzionalità, il linguaggio e la visione del mondo massmediatica si autolegittimano a descrivere una realtà alterata, dove la notizia – quando c’è – è spettacolarizzata, diventando addirittura autocelebrativa, e nella quale prevale, anche in questi casi, un tono divertito che non lascia spazio all’analisi e all’approfondimento, alla critica e alla comprensione dei fatti e che si costruisce linguisticamente sullo scherzo e sull’ironia anche quando queste figure retoriche siano del tutto fuori luogo;

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L’uso dell’ironia è uno dei mezzi retorico-stilistici con cui il (tele)giornalismo, attraverso la neologia, veicola in massimo grado giudizi e punti di vista, lasciando filtrare particolari visioni del mondo che orientano la lettura delle notizie e possono avere effetti ideologici. Le parole nuove, infatti, possono essere caricate di un’enfasi particolare che serve a «veicolare giudizi insinuanti, ammiccamenti, valutazioni e a stabilire con il lettore un rapporto d’intesa, e perfino di complicità, sottolineato dalle tecniche di evidenziazione tipografica»184.

Molte delle neologenie che veicolano questo tipo di giudizi e opinioni possiedono un tono comico-divertito che nei (tele)giornali appare, ad un livello generale, assai diffuso, oltre che nell’ambito delle notizie leggere e di costume, anche nello spazio di cronaca e dove si affrontano temi seri. Questa circostanza è molto importante poiché il meccanismo che permette la filtrazione di giudizi ideologici si basa proprio sul fatto che le creazioni scherzose si trovino collocate in un contesto dal quale ci sia spetta serietà, come è quello dei mezzi di informazione185. A nostro avviso, l’atmosfera di rigore e che li percorre fa sì che la creazione scherzosa venga percepita come seria, legittimando i contenuti semantici che veicola, e tuttavia la sua carica ironica rimane attiva a livello psicologico e inconscio facendo sì che possa fissarsi il giudizio preorientato che essa contiene in sé proprio in virtù della sua ironia o della sua valenza scherzosa.

Le formazioni neologiche più spesso connotate dall’ironia sono i derivati dalle sigle, le neosemie e i neologismi derivativi: in alcuni casi l’uso dell’ironia non è strategizzato ma, soprattutto quando si applica al lessico politico e ai temi dell’attualità, la sua funzionalità ideologica viene pienamente attivata.

Alcune sigle registrate nell’uso giornalistico, soprattutto afferenti al piano politico, appaino colorite ma «del tutto prive dello stile istituzionale che ci sia aspetterebbe da nuove parole create per designare gli appartenenti a un partito politico»186. Si pensi ad EVAN come aennino, pippino, diellino, udierrino, PIDIMENOELLINO.

. E’ interessante riflettere sul tipo di connotazione che la nuova sigla può veicolare: «un diessino, infatti, non è semplicemente un membro dei Democratici di Sinistra: o meglio, lo è, ma osservato dal di fuori, con ironico distacco. Lo stesso distacco con cui,

184 G. Adamo-V. Della Valle, Neologismi quotidiani: un dizionario a cavallo del millennio. 1998-2003, Olschki,

Firenze 2003, pag. 8.

185 Cfr., a proposito, G. Faustini, Le tecniche del linguaggio giornalistico, cit., pag. 174.

186 G. Adamo-V. Della Valle, L’osservatorio neologico della lingua italiana: linee di tendenza nell’innovazione

lessicale dell’italiano contemporaneo, in Id. (a cura di) Innovazione lessicale e terminologie specialistiche, Lessico Intellettuale Europeo, Olschki 2003, pag. 89.

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qualche anno fa, si dava del ciellino ai seguaci di Comunione e Liberazione. Molti dei quali, non a caso, negavano di esserlo. Nemmeno loro, forse, volevano sentirsi chiamare in quel modo»187.

Possiamo qui ricordare anche le EVAN in cui il suffisso -ino (FANFANINO, GRULLINO) pur mantenendo il valore di “appartenente o relativo a” si arricchisce di una sfumatura semantica nuova che «contribuisce a sdrammatizzare fenomeni di forte tensione sociale»188, come accade in giottino e antigiottino che, oltretutto, nonostante l’apparente opposizione formale, coincidono nel significato di “simpatizzante o appartenente al movimento di contestazione del G8” o in seattlino sm. ibrido che ha valore di “chi forma parte del cosiddetto popolo di Seattle” o, infine, in girotondino (sm. e agg.) relativo ai girotondi simbolici organizzati in sostegno della legalità della giustizia e della libertà di informazione e che ha fornito in poco tempo un’intera famiglia di derivati (girotondaio,

girotondaro, girotondismo, girotondista, girotondone, giorotondare).

Tra le neosemie, si può portare l’esempio di alcune metonimie di ambito politico, come nei casi dei simboli dell’Asino, dell’Asinello, dell’Elefante, dell’Elefantino, della

Margherita e del Campanile, che sono passati a denominare i movimenti stessi che

rappresentano e dai quali si sono formati derivati che ne designano gli appartenenti, i simpatizzanti o le linee di pensiero, spesso coloriti da una vena scherzosa o ironica, come nei casi di asinista, margheritico, margherista, margherito, ulivismo, ulivizzabile189 o del più recente FRATELLINO.

Per quanto concerne le EVAN derivative, i suffissati che nascono da nomi propri sono quelli che destano maggiormente una reazione ironica. Se in questo campo i suffissati con -ano e -iano appaiono tutto sommato neutri e necessari anche se a volte necessiterebbero di didascalie (godardiano, morettiano, rugoviano, tudjmaniano, CASALEGGIANO, IPERMONTIANO FITTUSCONIANO, RENZUSCONIANO) di sicuro sono più incisive le neoformazioni in -esco e -ese. Il primo ha infatti una connotazione ironico- negativa (marzullesco, FABIOFAZIESCO); il secondo si applica a nomi di persone per indicare le caratteristiche del loro linguaggio (benignese, BERSANESE, RENZINGLESE) anche se più spesso sul modello di nomi di lingue straniere il suffisso è usato per alludere ai linguaggi tipici di gruppi o categorie professionali (ecclesialese,ESSEMMESSESE, IDEOLOGESE).

187 A. De Benedetti, L’informazione liofilizzata, cit., pag. 84.

188 G. Adamo-V. Della Valle, L’osservatorio neologico della lingua italiana, cit., pag. 89. 189 Cfr. ivi, pp. 98-99.

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Anche i suffissoidi -(o)logia e -(o)logo possono avere aggiunta una connotazione ironica, come in allarmologia, gelotologia, filmologo, internettologo, lottologo,

trapiantologo STRONZOLOGIA, BERSANOLOGO, GRILLOLOGO, PAPOLOGO), come pure i

composti con -mania: Benigni-mania, lottomania, mergermania, partitomania,

retomania, sondaggiomania, BOSCHI-MANIA, CHEFMANIA, CONCORDIAMANIA, GOMORRA-

MANIA).

Abbiamo poi due suffissi che hanno un ruolo secondario nel sistema lessicale dell’italiano ma che sono molto usati nel linguaggio della stampa, spesso con una coloritura di scherzo o di ironia: -oso (la cui produttività si mantiene viva: culturoso,

dolcevitoso, rimedioso, TELEVANITOSO) e -aro (che si va stabilizzando al fianco della più comune variante -aio: filaro, manoscrittaro, pellegrinaro, chioscaro, oroscoparo,

televisionaro, DISCHETTARO, FIVETTARO).

Hanno un effetto spesso ironico (o ironico-spregiativo) anche le numorose EVAN in -poli (Affittopoli, Vallettopoli, stipendiopoli, sputtanopoli, rifiutopoli, ricattopoli,

parentopoli, pallonopoli, Mastellopoli, CARTELLOPOLI, METANOPOLI, PARENTOPOLI,

PATATOPOLI, TESOPOLI), -land/landia (Cementolandia, premiolandia, sponsorlandia,

Veltrolandia, ZEMANLANDIA, SCAJOLALAND), -eide (berlusconeide, pensioneide,

mastelleide, lunardeide, cuffareide, CORONEIDE), -gate (Moggigate, Laziogate,

Irpiniagate, EMILIAGATE, FOTOCOPIE-GATE, SAVOIAGATE), nonché formazioni del tipo

Berlusconomics, Veltronomics, Prodinomics,GRILLONOMICS, RENZINOMICS).

Se neoformazioni come queste possedevano un valore più serio e polemico alle loro prime e originali apparizioni, si sono poi caricate di un’ulteriore venatura ironica anche in ragione della loro stessa serialità.

Come si può osservare dagli esempi riportati si tratta, molto spesso, di EVAN afferenti all’ambito politico. Come suggerisce V. Coletti, proprio le parole della politica o che nascono con le caratteristiche proprie del linguaggio politico – derisorio, aggressore, ironico e polemico – suggeriscono una riflessione. Dice infatti lo studioso: «sono parole a doppia valenza: designano qualcosa o qualcuno e contemporaneamente il giudizio che se ne dà. In certi casi il giudizio è già nel significato stesso della parola»190. La qualità neologica è interessante nel lessico afferente al mondo politico perché

190 V. Coletti, Un secolo di parole mancate, in Adamo G.-Della Valle V. (a cura di), Che fine fanno i

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la novità della forma induce a straniarsi dalla parola, a riceverla notandola con curiosità, osservandola con attenzione: e quando noi ci fermiamo a guardare una parola anziché correre alla cosa o al concetto che essa significa, eseguiamo un gesto