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Gli eventi degli ultimi giorni

Nel documento L ANNUNZIO DEL VANGELO DI GESU (pagine 117-120)

PARTE III°

C) Signore, appellativo utilizzato, prevalentemente dalla cerchia dei discepoli, per descrivere un diverso grado di riverenza da parte di coloro che hanno visto in

III.1.17 Gli eventi degli ultimi giorni

L’entrata in Gerusalemme – Gesù durante il suo ministero viaggiò dalla Gali-lea alla Giudea. Nella primavera del 30 d.C. entra trionfalmente nell’antica capitale davidica e, nel rivendicare il suo ruolo di profeta escatologico, mette in discussione le istituzioni cultuali e la sua autorità sulle gerarchie corrotte della religione giudaica. In un primo tempo il movimento che si stava forman-do intorno a Gesù non aveva suscitato particolare interesse nelle autorità del tempio. I miracoli che Gesù operava in pubblico attestavano, comunque, il crescente afflusso di popolo verso la sua persona. La situazione cambia con il suo ingresso in Gerusalemme la Domenica delle Palme. Nel denunciare chi aveva trasformato la casa del Signore in un luogo di mercato, Gesù rivendica un ruolo di piena autorità. Si pone ufficialmente contro la classe religiosa del tempio e mira, nello stesso tempo, a forzare Israele a prendere una decisione a favore o contro di lui. Questo può essere stato il vero motivo scatenante per cui l’aristocrazia sacerdotale decise di sbarazzarsi di una persona scomoda.

Ma c’è di più: Gesù con la sua predicazione procurava il distacco della dimen-sione religiosa da quella politica. Nell’ordine fino ad allora in vigore, infatti, le due dimensioni – la politica e la fede religiosa- erano inseparabili l’una dall’altra. Non esisteva né il solo politico né il solo religioso, perché il potere politico si integrava con quello religioso, e viceversa. E’ impensabile che Gesù, a fronte della crescente opposizione contro la classe religiosa del tempo, non avrebbe previsto la possibilità di una morte violenta. Giovanni Battista ne era stato un esempio precedente. Era anche da mettere in conto che in occasione delle feste pasquali c’era sempre il rischio di giustizia sommaria da parte delle folle tumultuanti. Pertanto la prospettiva del martirio costituiva non tanto una reale possibilità per Gesù, quanto l’inevitabile conclusione del misterioso progetto di Dio per la salvezza del popolo d’Israele.

Proprio nell’ultima cena Gesù spiega il senso della sua morte. Prevedendo la sua morte imminente, forse aspettandosi il tradimento da parte di uno dei suoi discepoli, ha in qualche modo anticipato il suo proposito di condividere l’ultima Pasqua con i suoi discepoli. Gesù ha usato il pane e il vino per rap-presentare la sua morte vicina che accettava come parte della misteriosa vo-lontà di Dio di introdurre il suo Regno. I suoi discepoli si dovranno stringere

attorno a lui quando morirà, perché la sua morte li avrebbe portati a parteci-pare al trionfo del regno di Dio.

L’arresto – Dopo la cena Gesù condusse i suoi discepoli in un piccolo appez-zamento di terreno ai piedi del monte degli ulivi (Getsemani). Mentre stava pregando venne arrestato da un gruppo di persone armate, probabilmente sotto il controllo del Sommo Sacerdote, aiutate da Giuda, uno dei dodici. Di fronte all’arresto Gesù rifiutò ogni forma di resistenza e così i suoi discepoli lo abbandonarono fuggendo in modo ignominioso. Il Sommo Sacerdote Caifa, fa-cendone una questione prettamente politica e personale, aveva profetizzato “E’

conveniente che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera”. In altre parole, se mediante la morte di un singolo si può sal-vare il popolo, la morte di Gesù è il male minore e la via politicamente giusta.

Il processo - Da questo momento le dinamiche degli eventi risultano oscure a causa delle discordanze dei Vangeli tra di loro e per le incertezze legate alla legge giudaica e alla legge romana del tempo. Dando credito al racconto di Giovanni, Gesù fu tenuto in custodia dalle autorità del tempio che istituirono un processo-farsa per produrre le accuse formali da presentare al governatore della Giudea, Ponzio Pilato, al quale competevano i crimini politici, in quanto le questioni religiose erano di pertinenza del Tempio. L’imputazione mossa dal tribunale ebraico (il Sinedrio, composto da sacerdoti, anziani e scribi) contro Gesù era quella di un rivoluzionario che si proclamava re dei Giudei, rivendi-cando una dignità regale che lo poneva a fianco di Dio stesso, un’accusa che per la legge giudaica era prevista la pena di morte. Probabilmente più che di un vero e proprio processo si trattò di un interrogatorio approfondito che si concluse come Caifa se l’era aspettato: Gesù era stato dichiarato colpevole di bestemmia, un reato per il quale era prevista la pena di morte. Ma siccome il Sinedrio non aveva il potere di mettere a morte nessuno, le autorità religiose decisero di consegnare Gesù all’autorità politica romana del tempo, il gover-natore Ponzio Pilato. Questi, con un si o con un no, avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi, ma alla fine, pur consapevole che Gesù non era un rivo-luzionario politico e il suo messaggio e il suo comportamento non costituivano né una minaccia né un pericolo per gli ordinamenti romani, emise una sen-tenza di morte, soppesando rischi e convenienze, misurando gli esiti che la sua decisione poteva avere sull’ordine pubblico e sui rapporti con le autorità religiose. I documenti del Nuovo Testamento, in modo chiaro, tendono a in-colpare principalmente i Giudei per la morte di Gesù. Così infatti leggiamo negli Atti degli Apostoli (Cap 3, 13-14): “Il Dio di Abramo, il Dio dei nostri Pa-dri, ha glorificato il suo servo Gesù che voi avete consegnato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato al suo posto un assassino”

La crocifissione - Alla fine del processo romano Gesù venne condannato a morte per crocifissione e ricevette la flagellazione preliminare (una pietà cru-dele per accelerare la morte). Gesù era così indebolito che non riusciva a

por-tare sulle spalle la trave trasversale della croce. I soldati allora costrinsero un certo Simone di Cirene a portare la croce. La crocifissione ebbe luogo fuori dalle mura della città, al Golgota (luogo del cranio), forse una cava abbando-nata. Due malfattori, probabilmente degli insorti, vennero crocifissi insieme con Gesù. E’ sintomatico che la prima espressione pronunciata da Gesù sulla croce è la richiesta di perdono per i suoi crocifissori «Padre, perdona loro per-ché non sanno quello che fanno». L’ignoranza riduce la colpa e lascia aperta la porta verso la conversione del cuore. Tutti e quattro gli evangelisti ci parlano delle ore di Gesù sofferente sulla croce, ma con diversità nei dettagli. Come ultima volontà Gesù affida al discepolo prediletto, Giovanni, sua madre Maria.

Un gesto del tutto umano del Redentore che sta per morire, non lascia sola la madre, l’affida alla premura del discepolo a Lui molto vicino. Sebbene i croci-fissi a volte tirassero avanti per giorni, la morte di Gesù avvenne relativamen-te in poco relativamen-tempo; per cui non c’è stato bisogno di affrettare la sua morrelativamen-te spez-zandogli le gambe, come avvenne nel caso dei malfattori. I Vangeli sinottici ca-ratterizzano la morte in croce esplicitamente come evento cosmico e liturgico:

il sole si oscura, la terra trema, il velo del tempio si squarcia. Il velo impediva alla gente l’accesso a Dio in una parte del tempio riservata solo al sommo sa-cerdote una volta all’anno. Fino a quel momento a nessun uomo era permesso di vedere Dio, ora tolto il velo l’accesso a Dio è permesso a tutti. Oltre ai segni cosmici il vangelo di Marco attesta un processo di fede mettendo in bocca al centurione che comandava il plotone di esecuzione l’espressione “Davvero quest’uomo era il Figlio di Dio (Mc 15,39). La rapidità della morte di Gesù era importante, perché la Pasqua in quell’ anno avrebbe coinciso con il sabato, il 15 di Nisan. La tradizione ebraica per la particolare solennità della festa pre-scriveva la regola generale secondo la quale i cadaveri dei condannati non do-vevano essere lasciati appesi per tutta la notte, per non contaminare la terra santa. In assenza di parenti stretti il corpo di Gesù avrebbe potuto essere de-posto in modo sbrigativo in una fossa comune. Ma Giuseppe di Arimatea in-tercedette presso Pilato e ottenne il corpo per la sepoltura in una tomba di sua proprietà sita nelle vicinanze.

Gesù muore sulla croce gridando le parole di Isaia “Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Tramite Gesù, Dio si china sull'uomo peccatore. Come un servo ab-braccia l'umanità' peccatrice e, spogliandosi di tutto, sale nudo su una croce dove vi trova la morte. Là sulla croce Gesù appare impotente e disarmato, apparentemente sconfitto, ma il suo gesto sacrificale rappresenta un segno carico di significato e di for-za di salvezfor-za, perché trasmette il suo amore universale a tutta l'umanità.

Nell’estremo dolore nessuno è venuto a soccorrerlo. I suoi discepoli lo hanno abbandonato. Pietro, l’uomo che aveva scelto come capo, lo ha tradito per viltà.

Gesù è stato abbandonato anche dai molti che aveva beneficiato. Ci si chiede con strazio perché anche Dio lo abbia abbandonato.

Gesù da vero uomo, così, si scopre solo davanti alla morte, e alla fine non gli resta che invocare il suo Dio.

In quelle ultime ore spaventose lo trafigge un dolore più forte delle sofferenze che gli hanno inflitto. Disarmato, pensa con sgomento che tutte le sue parole, le sue azioni, le sue gesta esemplari, il bene profuso, tutto l’amore invocato duran-te la sua vita duran-terrena non sono serviti a nienduran-te, tutto finirà nella tomba dove sta per scendere. Ma sappiamo che non finirà così! Le ragioni che smentiranno la sua angoscia sono in quel momento inimmaginabili.

La Risurrezione - La Resurrezione, pur essendo ritenuta come un fatto real-mente accaduto, documentato dalla tradizione è, nello stesso tempo, un even-to trascendente che supera la seven-toria, in quaneven-to è reso accessibile solo alla lu-ce della fede. Sono tutti fatti documentati che ci fossero testimoni conosciuti per nome che affermavano di aver visto Gesù che era apparso loro; che questi testimoni comprendessero discepoli che lo avevano abbandonato per paura;

che questi discepoli fossero persone capaci di propagare il nuovo movimento cristiano e che alcuni abbiano dato la propria vita per la verità delle loro espe-rienze pasquali.

La gente può reagire in modo differente a fatti non direttamente legati all’indagine empirica del Gesù storico. L’evento risurrezione rientra chiara-mente nell’ambito spirituale della sfera religiosa: può sfociare indifferente-mente nella fede o nella incredulità.

Nel documento L ANNUNZIO DEL VANGELO DI GESU (pagine 117-120)