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Evoluzione dei Programmi Quadro poliennali per la ricerca

2 Secondo capitolo

3.2 Evoluzione dei Programmi Quadro poliennali per la ricerca

Il Programma Quadro poliennale per la Ricerca è uno schema organizzativo predisposto dalla Commissione per gestire i fondi destinati alla ricerca europea. In esso si distinguono un determinato numero di ambiti di destinazione dei finanziamenti all'interno dei quali si articolano diverse azioni cui ci si riferisce spesso con misure. Per comprendere meglio l'atteggiamento dell'UE nei confronti delle attività di ricerca, risulterà utile soffermarsi sull'evoluzione teorica e operativa rintracciabile negli ultimi Pqp.

Tenuti fermi gli elementi che costituiscono delle costanti del Pqp come la spinta verso una maggiore mobilità dei ricercatori, la diffusione dei risultati e la cooperazione fra i diversi attori della ricerca, a partire dal V Programma quadro, si fanno strada gradualmente nuove istanze come ad esempio la concentrazione degli sforzi in un numero limitato di aree disciplinari che vengono aggiornate periodicamente per rispondere ai nuovi bisogni emersi nell'economia e nella società europea a seguito dei processi di integrazione globale. Si assiste anche a una sperimentazione di nuove procedure operative che tendono a introdurre maggiore flessibilità degli interventi, semplificazione delle procedure e decentramento della gestione. Muta altresì da un programma all'altro la stessa attività di coordinamento: essa non riguarda più le sole iniziative interne al Pqp ma giunge a investire

107 altri programmi europei di intervento in settori adiacenti o complementari alla ricerca e all'innovazione tecnologica, azioni analoghe sorte e condotte in maniera autonoma da governi nazionali e regionali come anche programmi esterni all'UE (o di cui l'UE è partner, si pensi ad EUREKA o CERN), nel costante tentativo di integrare gli sforzi e di evitare sprechi delle risorse disponibili. Queste ultime motivazioni sono anche all'origine della costituzione dell'AER ma trovano un risvolto concreto nel VI Pqp. A partire dal 2002 vengono infatti stabiliti degli indicatori per la misurazione di ciascun programma e viene dato risalto alle cosiddette best practices al fine di diffondere esempi virtuosi.

Per quanto riguarda la partecipazione finanziaria dell'Ue ai vari progetti di ricerca, con il V Pqp viene fatta una distinzione fra azioni a compartecipazione finanziaria, azioni concertate sostegno alle reti di collaborazione e progetti dimostrativi. Viene inoltre introdotto il principio di addizionalità valido in tutti gli strumenti sopracitati, attraverso il quale la Commissione esplicita la natura “parziale” del finanziamento rispetto al costo totale dei singoli progetti. Per allontanare ulteriormente il rischio di effetti di “sostituzione” viene inoltre stabilito che a parità di condizioni saranno maggiormente eleggibili al sostegno europeo i progetti di ricerca in cui la quota finanziaria ricoperta dai proponenti è più elevata.

In generale il meccanismo di erogazione dei finanziamenti dei Pqp presenta molte analogie con quelli alla base dei programmi di politica agricola e regionale. La differenza più evidente consiste nella diversa dotazione finanziaria accordata a ciascun settore di intervento della Commissione: mentre la Politica Agricola Comune (PAC) e la politica regionale occupano il bilancio europeo rispettivamente per il 45% e il 35, la politica per la ricerca beneficia di una dotazione di fondi pari al 5% delle risorse europee totali.

Il Pqp attualmente in corso, il VII, copre un periodo di sette anni (2007-2013) ed è destinatario di uno stanziamento di circa 50 miliardi di euro (circa il 50% in più rispetto al programma quadro precedente). I due terzi dei fondi disponibili sono assorbiti dal programma specifico denominato “cooperazione”: esso è infatti incentrato su sulla creazione di network della ricerca che coinvolgono imprese e istituzioni a livello europeo. Il motivo del maggiore peso conferito a questo singolo programma specifico è da attribuire alla maggiore probabilità di successo che questa formula è in grado di garantire, cosa che è testimoniata anche dalla riproposizione sistematica che ne viene fatta a partire da primo Pqp. Le aree tematiche di cui si compone tale programma specifico sono dieci: salute;

108 prodotti alimentari, agricoltura, pesca e biotecnologie, TIC; nanoscienze, nanotecnologie, materiali e nuove tecnologie di produzione; energia; ambiente (compresi i cambiamenti climatici); trasporti (compresa l'aeronautica); scienze socioeconomiche e discipline umanistiche; spazio e sicurezza. Rispetto ai programmi precedenti le aree appaiono aumentate di numero in controtendenza rispetto alla concentrazione degli incentivi in pochi ambiti che sia era evidenziata nel V e VI Pqp. Probabilmente si è cercato di dare spazio a nuove discipline scientifiche o applicazioni tecnologiche considerate strategiche per l'intera economia europea senza tralasciare le aree di azione dei progetti supportati in precedenza. Un secondo programma specifico denominato “idee” viene gestito da Consiglio Europeo della Ricerca (CER o ERC) e promuove progetti di eccellenza scientifica che prescindono dall'elemento “transfrontaliero” considerato essenziale in tutti gli altri casi. La mobilità dei ricercatori al di fuori dei confini nazionali è invece il principale obiettivo del programma specifico “persone” mentre le risorse del programma di ricerca nucleare confluiscono nei progetti sulla fusione e sul comune centro di ricerca. Infine, il programma “capacità” è dedicato alla creazione di nuove infrastrutture della ricerca, in particolare nelle discipline direttamente connesse con la società della conoscenza. Il finanziamento del progetto è nella maggior parte dei casi un co-finanziamento che ammonta normalmente al 50% del costo dell'intero progetto ma può arrivare a coprire il totale delle spese.

Secondo Vitali (2010) la concezione di politica per l'innovazione che emerge dall'evoluzione rintracciabile nell'ultimo Pqp è basata sul coordinamento di vari centri decisionali, l'internazionalizzazione delle attività di ricerca, la gestione flessibile e il monitoraggio dei singoli progetti, la valutazione delle politiche implementate. Inoltre la reale utilità degli sforzi profusi si misura (o meglio si misurerà) nel grado di adozione delle migliori pratiche individuate a livello europeo da parte dei policy-maker nazionali e locali, specialmente in quei contesti che (come in Italia) sono ancora troppo legati ad una logica di finanziamento per singolo progetto.