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L’EVOLUZIONE NORMATIVA DEL CONDONO: I TRE TIPI DI CONDONO EDILIZIO

IL CONDONO EDILIZIO

4.2 L’EVOLUZIONE NORMATIVA DEL CONDONO: I TRE TIPI DI CONDONO EDILIZIO

Prima di analizzare i tre diversi tipi di condono edilizio avvenuti nel nostro Paese, è importante sottolineare la distinzione tra Sanatoria Edilizia e Condono Edilizio, così da distinguere questi termini apparentemente simili e non cadere in errore, dato che nella prassi, l'uso indifferenziato del termine "sanatoria" per indicare i condoni edilizi ha generato pericolose confusioni.

La prima e fondamentale differenza è che il Condono è una legge speciale, mentre la Sanatoria è un provvedimento amministrativo normalmente consentito dalla normativa urbanistica vigente.

Il Permesso di costruire in sanatoria, una volta denominato Concessione edilizia in sanatoria, è disciplinato dal Testo Unico dell’Edilizia, e si può chiedere per interventi eseguiti in assenza di permesso o in difformità da esso, ma assentibili.

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Requisito fondamentale è che sussista la cosiddetta doppia conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, al momento della realizzazione dell’abuso e al momento della richiesta di sanatoria.

Facciamo un esempio: Tizio realizza delle difformità rispetto al permesso di costruire assentito, ampliando di alcuni metri cubi il volume a disposizione. Dopo qualche anno, in procinto di vendere la sua proprietà, deve assicurarne la conformità dal punto di vista urbanistico, e decide quindi di chiedere un Permesso in Sanatoria.

Nel frattempo nel suo comune è stato approvato un nuovo Piano Regolatore.

Il permesso in sanatoria sarà concesso soltanto se anche il nuovo Piano consente gli aumenti volumetrici, così come avveniva all’epoca dell’abuso.

Naturalmente per aver realizzato degli interventi privi di autorizzazione, bisognerà corrispondere una sanzione pecuniaria che è pari al doppio del contributo di costruzione che bisognerebbe normalmente pagare al Comune (una ragione in più per non realizzare interventi in maniera irregolare).

Nel caso in cui l’entità di tali oneri non sia quantificabile, ad esempio se si realizza una nuova finestra, o per interventi per i quali è prevista la gratuità, si pagherà un importo minimo pari a 516 euro.

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Il Condono edilizio, invece, come detto è una legge speciale grazie alla quale i cittadini possono ottenere l’annullamento, totale o parziale, di una pena. Come tale esso ha validità temporale limitata e va in deroga alla vigente normativa.

Ciò vuol dire che con il condono era possibile sanare anche tanti interventi solitamente non permessi dalla normativa vigente, come la costruzione di abitazioni in zona agricola, ma solo se realizzati in determinati periodi.

In Italia si sono succeduti tre condoni: quelli disciplinati dalle leggi n. 47 dell’85, n. 724 del ‘94 e dal D.L. 269/2003 poi convertito in legge n. 326 del 2003.

L’ultimo condono ha permesso di sanare abusi realizzati entro il 31 marzo 2003 e la domanda andava presentata entro il 31

marzo 2004.

Pertanto non è possibile oggi chiedere alcun condono edilizio. Nel caso del condono le sanzioni da corrispondere consistono non solo negli oneri concessori opportunamente incrementati da versare all’amministrazione comunale, ma anche in una oblazione da versare nelle casse dello Stato.

Non è un caso, infatti, che lo strumento del Condono, non solo edilizio, sia stato utilizzato da vari governi in periodi di difficile congiuntura economica, per rimpinguare le finanze statali.

La disciplina sul condono edilizio può essere ripercorsa attraverso il riesame di ben tre interventi legislativi:

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1. Legge 28 febbraio 1985, n. 47 “ norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia , sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, c.d. PRIMO CONDONO

2. Art. 39 della legge 23 dicembre 1994 “ definizione agevolata delle violazioni edilizie”, c.d. SECONDO CONDONO

3. Decreto legge del 30 settembre 2003, n. 269, poi convertito in legge nel mese di novembre, legge n. 326/2003 c.d. TERZO CONDONO

A prescindere dai vari e successivi interventi normativi, la disciplina del condono edilizio trova la propria ratio nella legge del 1985 al Capo IV e Capo V, infatti sia il legislatore del 1994 che quello del 2003, attraverso la tecnica del rinvio, rimandano a quanto statuito e previsto nella legge del 1985.

Detto questo, andiamo ad analizzare l’evoluzione del condono al fine di comprendere i complessi meccanismi tecnici utilizzati dal Legislatore per far rientrare nella legalità ciò che all’inizio era un abuso.

Bisogna partire dalla già richiamata legge n. 47/1985 c.d.

primo condono: il testo di tale legge è molto vasto ed

esaustivo in ambito di abusivismo edilizio, essa in primis individua quelli che sono i responsabili del fenomeno dell’abusivismo (direttore dei lavori, progettista, costruttore,proprietario dell’edificio in fieri), in secundis

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disciplina ciò che accadrà alle opere eseguite in mancanza di permesso edilizio, alle opere eseguite in totale e in parziale difformità da esso, ed infine alle opere eseguite su territori proprietà dello Stato o di altri Enti pubblici senza permesso edilizio o in difformità da esso ; in ognuno dei casi appena detti, erano previste le seguenti soluzioni, di cui si dovevano occupare i Comuni :

Nel caso di opere eseguite in totale difformità dal permesso: demolizione dell’opera e ripristino dello status quo ante a carico dei responsabili dell’abuso,entro 90 giorni, altrimenti se ne sarebbe occupato lo stesso Comune, con spese sempre a carico dei responsabili; lo stesso valeva nel caso di opere eseguite in parziale difformità dal permesso, a meno che la demolizione non fosse potuta avvenire in quanto avrebbe pregiudicato quella parte dell’opera eseguita in conformità al permesso, ed in quel caso era previsto il pagamento di una sanzione di importo pari al doppio del costo di realizzazione di quella parte di opera costruita in difformità al permesso edilizio. Nel caso di opere eseguite in assenza di

permesso edilizio: sanzione pari al doppio del valore venale dell’immobile edificato; tuttavia nel caso fosse effettuata richiesta di permesso a edificare in corso d’opera, la sanzione verrebbe applicata nella maniera minima. Da ricordare che tale disciplina sanzionatoria è valida anche nei casi di interventi di restauro e di risanamento conservativo elencati nella legge del 1978, effettuati senza permesso.

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Nel caso, infine, di opere eseguite su territori proprietà dello Stato o di altri enti pubblici in assenza di permesso edilizio o in difformità da esso: demolizione dell’opera e ripristino dello status quo ante, di cui si occuperà direttamente il Comune a spese dei responsabili dell’abuso.

Queste soluzioni, volte ad arginare e reprimere il fenomeno dell’abusivismo, all’atto pratico incontrarono delle difficoltà e non sempre ebbero una ottima riuscita soprattutto perché l’applicazione delle ordinanze che decretavano la demolizione di edifici abusivi non era affidata ad un giudice esecutivo bensì al Sindaco del Comune in questione; questa “anomalia giuridica” produceva effetti nefasti a livello pratico poiché molto spesso accadeva che i responsabili dell’abuso non prendevano in considerazione le ordinanze di demolizione ricevute e per il Comune risultava gravoso doversene occupare.

Questo motivo, unito all’intento di regolarizzare in qualche modo edifici sorti abusivamente e scoraggiare un analogo fenomeno in futuro (grazie all’uso di imponenti deterrenti come,ad esempio, il pagamento di ingenti somme), fa emergere proprio all’interno della legge n.47/1985 l’esigenza e la possibilità di condonare.

Viene, per la prima volta, data la possibilità di autodenunciarsi al fine di ricevere una sorta di “perdono amministrativo e penale” per un’opera realizzata abusivamente, in seguito alla corresponsione di una somma di denaro a titolo di oblazione e di un contributo concessorio.

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Il primo condono,riassumendo, si riferisce agli abusi edilizi realizzati entro il 10 ottobre 1983 ed è subordinato: alla richiesta di condono da parte degli interessati legittimati ad agire, al pagamento dell’oblazione e alla corresponsione di un contributo concessorio.

L'art. 13 della medesima legge 47/1985 prevede anche la possibilità di un "accertamento di doppia conformità", da effettuare entro stretti limiti temporali correlati alle ordinanze dei sindaci, "e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative", in base al quale le opere abusive potrebbero essere sanate, qualora esse fossero conformi agli strumenti urbanistici vigenti allora ed ora. Si tratta, come si vede, di cosa assolutamente diversa dal condono (che è un provvedimento eccezionale e "tombale", in quanto porta tendenzialmente a legittimare tutti o quasi gli abusi). La sanatoria edilizia è invece un istituto permanente, che può essere invocato per quelle opere che - per qualche ragione - non hanno ottenuto la concessione edilizia, anche se avrebbero potuto ottenerla benissimo (si tratta evidentemente di rari casi, ovvero di abusi di piccole dimensioni).

Il secondo condono, disciplinato dalla Legge 23/12/1994 n° 724: "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica" all’ art. 39, riapre i termini della precedente legge 47/1985, estendendoli agli abusi realizzati fino al 31/12/1993. Vengono tuttavia introdotte alcune limitazioni: che le opere non abbiano comportato un ampliamento superiore al 30% della volumetria originaria, ed in ogni caso non superiore a 750 mc. Lo stesso limite volumetrico si applica alle nuove costruzioni, "per singola

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richiesta di concessione edilizia in sanatoria" (il che consente di condonare anche le lottizzazioni abusive).

Resta fermo per le zone vincolate l'obbligo di acquisire preventivamente l'autorizzazione dell'autorità preposta (che, ricordiamo, per il vincolo paesaggistico è solitamente il Comune, sia pure in prima battuta).

In più, l'ultimo periodo del 4° comma stabilisce anche il silenzio-assenso in caso di perdurante inerzia comunale. Secondo dati del CRESME (centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato), dal 31/12/1993 (ultima data prevista per il completamento dei manufatti) sono stati realizzati altri 220.000 abusi, tra nuove costruzioni e ampliamento delle esistenti.

Probabilmente la scarsa e prevalentemente formale capacità di controllo da parte dei Comuni avrà permesso l'ammissione al condono di edifici che, per la loro volumetria o il loro impatto ambientale, non avrebbero potuto essere sanati; ugualmente è possibile sospettare che moltissimi edifici siano in realtà stati realizzati dopo la chiusura dei termini.

Il terzo condono, infine, viene disciplinato con l’art. 32 del D.L. 30 Settembre 2003 n.269, convertito nella Legge n. 326/2003.

Oltre a regolamentare la procedura di sanatoria degli abusi edilizi, la norma contiene importanti elementi relativi alla riqualificazione urbanistica dei nuclei abusivi, nonché diverse modifiche al T.U. dell’edilizia e alla L. 47/1985.

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Le istanze di condono relative alle opere ultimate entro il 31/03/2003 dovevano essere presentate al Comune in cui era ubicato l’immobile abusivo entro e non oltre il successivo anno: 31/03/2004.

Secondo questa legge erano condonabili le nuove costruzioni residenziali con limite volumetrico di 750 metri cubi e gli ampliamenti non superiori al 30% dell’esistente . Le tipologie di illecito sanabili riguardavano:

a. Nuove costruzioni b. Ristrutturazioni edilizie

c. Restauro e risanamento conservativo d. Manutenzione straordinaria

Per quegli immobili che invece erano sottoposti a vincolo, il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria era subordinato al rilascio del parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Relativamente a quegli interventi abusivi realizzati in aree vincolate o in aree proprietà dello Stato, viene introdotta la Conferenza di Servizi (istituto della legislazione italiana di semplificazione amministrativa dell’attività della P.A. della Repubblica con lo scopo di velocizzare i procedimenti di autorizzazione).

Abbiamo detto poco fa che sono condonabili quelle opere “ultimate” entro il 31 marzo 2003: per quanto riguarda il significato del termine “ultimate” si fa riferimento alla legge 47/1985 la quale specifica che un’opera si intende ultimata

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quando è stato completato il rustico e la copertura, oppure, quanto alle opere interne ad edifici già esistenti, quando esse siano state completate funzionalmente.

Al contrario, non sono condonabili, secondo quanto stabilito dalla L. 326/2003:

a. Opere eseguite in presenza di divieti e di vincoli previsti dalla precedente legge del 1985, quali: vincoli a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici, sismici; vincoli a difesa delle coste marine, fluviali, lacuali; vincoli a difesa della sicurezza interna.

b. Opere eseguite da proprietario o avente causa condannato con sentenza definitiva, per i delitti di cui all’art 416 bis, 648 bis e 648 ter del codice penale (in ordine: associazione mafiosa, riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita).

c. Opere per le quali non sia possibile effettuare interventi per l’adeguamento antisismico.

d. Interventi e/o opere realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge.

e. Opere realizzate nei porti e nelle aree appartenenti al demanio marittimo dello Stato, di preminente interesse nazionale in relazione alla sicurezza dello stesso.

Infine vi sono opere che non necessitano di sanatoria, esse sono:

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a. Le costruzioni ultimate antecedentemente all’entrata in vigore della legge urbanistica del 1942.

b. Il cambio di destinazione d’uso, quando non comporta l’esecuzione di opere.

c. Gli interventi di manutenzione ordinaria definiti dal D.P.R del 2001: riparazione, rinnovamento, sostituzione delle finiture degli edifici e quegli interventi necessari ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti già esistenti.

In realtà quello che è stato indicato come terzo condono edilizio si caratterizza per una forte connotazione regionalistica, non tanto dovuta alla precedente riforma costituzionale del Titolo V, quanto, soprattutto, per la maggiore consapevolezza da parte delle Regioni delle proprie competenze istituzionali.

Infatti, in sostanza, la riforma del Titolo V della Costituzione, per quanto riguarda la materia “governo del territorio”, che assorbe in se la materia urbanistica ed edilizia, attribuisce la nuova e più ampia materia “governo del territorio” alla potestà concorrente Stato-Regioni.

Appare evidente, dunque, che il reale elemento di novità va ravvisato nella presa di consapevolezza da parte delle regioni delle proprie attribuzioni costituzionali; in tale contesto e per questi motivi di fondo, la Corte ha legittimato il condono edilizio sotto il profilo della ragionevolezza, togliendo dall’ordinamento quelle disposizioni che violavano la potestà legislativa delle Regioni.

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Per completezza bisogna ricordare anche che la Consulta ha di fatto ammonito le Regioni, che, in assenza di un tempestivo intervento normativo, avrebbe trovato applicazione la normativa statale, anche di dettaglio.90

Alla luce delle anzidette normative è possibile ricostruire un quadro di insieme: possono ottenere la sanatoria le costruzioni e le opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2004 che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria; quest’ultimo limite vale anche per le nuove costruzioni residenziali in relazione alle singole richieste di titolo abilitativo in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 750 metri cubi.

Il trattamento condonistico è esteso anche ai casi di annullamento del titolo abilitativo (c.d. assenza sopravvenuta del titolo).

Non tutte le opere, però, sono suscettibili di sanatoria: non lo sono in termini assoluti quelle in contrasto coi vincoli di in edificabilità imposti antecedentemente alla esecuzione delle opere stesse (vincoli storici, artistici,ambientali ecc), nonché quelle realizzate in terreni boschivi distrutti o danneggiati per cause naturali o atti volontari.

Sono sanabili, a certe condizioni, le opere realizzate su aree soggette a vincoli ma non di inedificabilità assoluta; la regola generale in tali casi è che il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso.

90 “Il condono edilizio e la legislazione regionale”, Giuseppe de Marzo,

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Esistono poi delle ipotesi di insanabilità soggettiva conseguente alla commissione di reati di particolare gravità, come quelli di associazione mafiosa e di riciclaggio.91