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2. Exploration/Exploitation ed alcuni parametri di performance

2.2. Exploration/Exploitation e la performance innovativa

Gli studiosi dell’apprendimento organizzativo e dell’innovazione tecnologica hanno perlopiù concentrato i loro sforzi nell’analisi e nell’approfondimento della relazione tra l’ambidestrismo e la performance. Più precisamente, la prestazione esaminata nelle ricerche empiriche è quella economico- finanziaria dell’impresa; pochi sono i contributi che hanno invece posto attenzione alla performance innovativa, ossia ai risultati conseguiti in termini di innovazioni effettivamente realizzate dall’organizzazione.

Alegre e Chiva (2013) nel constatare il crescente interesse per il tema dell’imprenditorialità, cercano di dimostrare l’esistenza di un legame tra l’orientamento imprenditoriale (EO) e la performance aziendale, ponendo quali passaggi intermedi due variabili: l’apprendimento organizzativo e la performance innovativa. Seppure in questo contributo non si fa espresso richiamo ai concetti di exploration ed exploitation, si può senza dubbio trattare tale studio in questa sezione in quanto all’interno del concetto di orientamento imprenditoriale si possono trovare espressi richiami ai concetti di esplorazione e sfruttamento. Alegre e Chiva rilevano la presenza di un crescente corpo di lavori che collega l’imprenditorialità all’apprendimento organizzativo, in quanto quest’ultimo sembra essere la modalità pratica con cui i manager attuano l’orientamento imprenditoriale; se si aggiunge a questa constatazione il ragionamento di March, secondo il quale l’esplorazione di nuove opportunità e lo sfruttamento delle competenze già esistenti sono proprio le due forme di cui si avvale l’organizzazione

58 nel proprio apprendimento, si chiarisce il senso di inserire il suddetto contributo in questo lavoro. Su questo, si richiama anche lo studio di Kollmann e Stockmann (2012) che dimostrano proprio il ruolo di mediazione ricoperto dall’innovazione esplorativa e di sfruttamento nel rapporto tra l’orientamento imprenditoriale e la performance aziendale. Un secondo elemento considerato da Alegre e Chiva per dimostrare il legame tra l’EO e la prestazione aziendale è la performance innovativa poiché l’innovazione è da considerarsi importante risultato delle capacità imprenditoriali, nonché elemento che impatta considerevolmente sui risultati reddituali dell’impresa.

Alegre e Chiva si propongono di analizzare le relazioni tra orientamento imprenditoriale, apprendimento organizzativo, innovazione e performance aziendale. In particolare, si ipotizza che la performance innovativa ricopra un ruolo positivo di mediazione tra l’orientamento imprenditoriale e la prestazione aziendale complessiva. Le azioni imprenditoriali producono effetti diretti sulle innovazioni di prodotto e di processo; le prime si concretizzano nel bene o servizio offerto e sono dunque finalizzate alla clientela, mentre le seconde intervengono sulla modalità adottata dall’azienda per la creazione del nuovo prodotto e sono quindi connesse con il funzionamento interno dell’organizzazione. Come ampiamente sostenuto dalla letteratura, il perseguimento di un approccio volto alla continua innovazione è la chiave per differenziarsi dai concorrenti e per riuscire a ritagliarsi il proprio spazio all’interno del mercato di riferimento. Dalla performance innovativa dipendono i risultati aziendali di lungo termine e la possibilità di rendere sostenibile il proprio vantaggio competitivo.

Il campione analizzato è costituito da centottantadue imprese italiane e spagnole produttrici di piastrelle in ceramica; studi precedenti hanno confermato la tendenza nei soggetti che operano in tale settore, ad apportare continue migliorie e progressi ai prodotti offerti, diventando dunque un interessante ambito da esaminare ai fini della ricerca. La performance innovativa è stata esaminata attraverso tre sue componenti: l’efficacia nell’innovazione di prodotto, l’efficacia nell’innovazione di processo e l’efficienza nell’innovazione. Qui di seguito l’approfondimento degli specifici item adottati per la misurazione della prestazione innovativa.

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Figura 2.3: Item utilizzati per la misurazione della performance innovativa

Fonte: Alegre e Chiva, 2013

I dati empirici dimostrano che l’orientamento imprenditoriale influisce positivamente sull’apprendimento organizzativo e sulla performance innovativa e questi, a loro volta, migliorano la prestazione generale dell’azienda. Inoltre, Alegre e Chiva suggeriscono di leggere il rapporto tra l’EO e l’innovazione non come legame diretto, quanto piuttosto subordinato all’apprendimento organizzativo, ossia alla capacità di implementare congiuntamente attività esplorative e di sfruttamento. In questo modo, l’orientamento imprenditoriale conduce a prestazioni soddisfacenti.

Atuahene-Gima (2005) nel suo studio volto ad approfondire come i manager possono cercare di risolvere il paradosso cui vanno incontro per bilanciare le diverse esigenze exploitative ed exploratory vengono altresì esaminati i rapporti tra le competenze esplorative e di sfruttamento, da una parte, e, dall’altra, le performance innovative radicali ed incrementali. L’autore, infatti, ritiene interessante fare delle valutazioni in merito agli effetti che le competenze innovative hanno sulla performance connessa all’innovazione. La prestazione che si vuole in questo studio considerare non è quella generica dell’impresa, quanto invece quella più strettamente legata ai prodotti innovativi introdotti dall’azienda in un arco temporale fissato in tre anni. Nello specifico, i risultati considerati in questa ricerca fanno riferimento al numero di prodotti innovativi introdotti dall’azienda nel mercato, la percentuale di

60 vendite derivanti dai nuovi prodotti e, infine, la frequenza con cui l’organizzazione è solita introdurre novità rispetto ai concorrenti. Tali dati sono stati raccolti prendendo ad esame sia i prodotti che rappresentano innovazioni incrementali, sia quelli frutto di innovazioni radicali. Infatti, la performance innovativa è stata scomposta in due sue componenti; la prestazione derivante dalle innovazioni incrementali e quella derivante dalle innovazioni più radicali, dove le prime sono generate da piccoli miglioramenti nel prodotto o nella tecnologia, mentre le seconde presuppongono cambiamenti più consistenti nell’offerta aziendale.

Si ipotizza che lo sfruttamento sia positivamente connesso alla performance originata dall’innovazione incrementale e negativamente con quella riconducibile all’innovazione radicale; al contrario, si presuppone che l’esplorazione sia negativamente correlata alla prestazione risultante dall’innovazione incrementale e positivamente con quella derivante dall’innovazione radicale. Le analisi statistiche portano evidenze empiriche alle suddette ipotesi che ottengono dunque la convalidazione grazie all’indagine svoltasi dallo studioso su un campione di oltre duecento imprese cinesi. Si può dunque concludere che perseguire congiuntamente attività esplorative e di sfruttamento consente di raggiungere elevati livelli di performance innovativa.

Wang e Rafiq (2012) rilevano l’importanza dell’ambidestrismo contestuale nell’innovazione di prodotto e dunque nel raggiungimento del successo organizzativo. Basandosi sui dati provenienti da quasi quattrocento imprese inglesi e cinesi altamente tecnologiche, si è cercato di esaminare come la cultura ambidestra impatti sull’effettivo ambidestrismo contestuale e, di conseguenza, sulla performance innovativa. Come più volte detto, lo sfruttamento si configura come elemento promotore dell’innovazione incrementale e quindi della performance di breve termine, mentre l’esplorazione è necessaria per conseguire l’innovazione radicale ed il successo di lungo termine. Il bilanciamento tra le due attività si configura dunque come scelta obbligata per garantire la sopravvivenza dell’organizzazione nel teatro competitivo attuale e futuro; per riuscire a raggiungere un tale equilibrio, l’ambidestrismo contestuale si propone di essere la soluzione per il soddisfacimento congiunto delle diverse esigenze esplorative e di sfruttamento. Si ritiene utile, in questa analisi, tralasciare la parte della ricerca volta ad approfondire il legame tra l’ambidestrismo contestuale e la cultura aziendale, analizzata in termini di diversità organizzativa e di visione condivisa. Pare invece più appropriato focalizzarsi sulla dimostrazione proposta dagli autori per comprovare la presunta relazione intercorrente tra l’ambidexterity e la prestazione innovativa.

La performance innovativa viene studiata operando la medesima distinzione proposta da Atuahene- Gima (2005) che prevede la sua scomposizione in due sue componenti; in primo lungo, i profitti provenienti dai prodotti completamente nuovi, risultanti dall’innovazione radicale, e, in secondo luogo, i rendimenti derivanti dai prodotti migliorati, frutto dell’innovazione incrementale. A questi due fattori costitutivi della performance innovativa, Wang e Rafiq ne aggiungono un terzo, ovvero la velocità di sviluppo dei nuovi prodotti e del loro lancio nel mercato. La rapidità rappresenta un fattore critico per il successo aziendale, soprattutto per le imprese ad elevata tecnologia, poiché è importante

61 riuscire a capitalizzare per primi il vantaggio derivante dall’introduzione delle novità. Nello specifico, le innovazioni radicali ed incrementali sono state misurate chiedendo quanto frequentemente l’azienda avesse introdotto i nuovi prodotti nel mercato, avendo cura di operare anche un confronto con quanto compiuto dai maggiori competitor. Per quanto riguarda il fattore velocità, è stato chiesto se i nuovi prodotti venissero sviluppati più velocemente o meno rispetto al principale concorrente; se tali prodotti fossero stati completati prima rispetto a ciò che viene fatto abitualmente nel settore e rispetto a quanto stabilito inizialmente nel calendario; infine, se il top management si possa reputare soddisfatto della velocità con la quale si è condotto l’intero processo di sviluppo dell’innovazione, dalla definizione delle specifiche del nuovo prodotto alla sua completa commercializzazione. L’insieme di tutte queste misurazioni hanno identificato la performance innovativa.

I risultati derivanti dall’analisi delle aziende prese a campione, hanno portato evidenze empiriche riguardo all’effettiva esistenza di una relazione che lega l’ambidestrismo contestuale, ossia il simultaneo perseguimento di attività esplorative e di sfruttamento, alla prestazione innovativa.

Bauer e Leker (2013), nel loro recentissimo contributo, si focalizzano sugli effetti prodotti dal bilanciamento delle attività esplorative e di sfruttamento sulla performance innovativa. È infatti importante per l’impresa costruire un portafoglio di innovazione equilibrato e scegliere nel modo più opportuno come allocare le risorse tra i diversi progetti di ricerca e sviluppo al fine di massimizzare i rendimenti. L’attività innovativa, volta proprio allo sviluppo di nuovi prodotti e alla loro introduzione nel mercato, è una fonte fondamentale di crescita per l’organizzazione (Bauer e Leker, 2013: 196); è importante che le imprese si impegnino nella ricerca di un equilibrio tra exploration ed exploitation affinché si renda possibile il raggiungimento di performance superiori.

Per comprendere più a fondo la relazione tra esplorazione/sfruttamento ed innovazione, viene operata una scomposizione della performance innovativa distinguendo tra le innovazioni di prodotto e di processo. Le innovazioni di prodotto sono nuovi prodotti che vengono dall’azienda realizzati e venduti; diversamente, le innovazioni di processo sono beni di investimento o beni intermedi che vengono introdotti nel processo produttivo e che quindi vanno a mutare il modus operandi dell’impresa. L’innovazione di prodotto impatta direttamente sulla performance dei nuovi prodotti mentre l’innovazione di processo influenza i ricavi in diversi modi: grazie ad maggiore efficienza nel metodo di produzione si possono abbassare i prezzi ed aumentare di conseguenza la quota di mercato in mano all’impresa; inoltre, il miglioramento del processo determina un incremento anche nella qualità del prodotto, aumentando la soddisfazione del cliente.

L’attività di sfruttamento implementata nell’innovazione di prodotto ha lo scopo di migliorare e perfezionare gli attributi chiave dei prodotti già esistenti ed offerti dall’impresa; l’attività esplorativa nell’innovazione di prodotto si concretizza invece nella creazione di prodotti completamenti nuovi e richiede un’elevata propensione all’assunzione del rischio e alla sperimentazione continua. Lo sfruttamento nell’innovazione di processo si riferisce alla capacità dell’impresa di introdurre nuovi investimenti o beni intermedi nel processo produttivo esistente; l’esplorazione nell’innovazione di

62 processo richiama invece all’abilità dell’azienda di progettare e successivamente attuare un metodo di produzione completamente nuovo e profondamente trasformato rispetto al precedente. Anche alla luce dei precedenti studi sull’innovazione tecnologica, si può affermare che il bilanciamento tra le attività exploitative ed exploratory impatta positivamente sulle performance innovativa.

Bauer e Leker si propongono di dimostrare che il perseguimento congiunto delle attività innovative esplorative e di sfruttamento conduca realmente ad una performance innovativa superiore rispetto a quella che si conseguirebbe focalizzandosi su un solo tipo di attività innovativa. Si ipotizza dunque che la relazione tra il budget destinato all’exploration e la performance innovativa di prodotto possa essere rappresentata da una linea concava; per semplicità, gli autori si sono limitati allo studio di questa specifica relazione ma, per analogia, si ritiene che i risultati possano correttamente essere estesi anche al caso in cui si consideri, da una parte, l’exploitation e, dall’altra, l’innovazione di processo. Presupporre che vi sia una relazione a U inversa tra l’esplorazione/sfruttamento e la prestazione innovativa significa, in altre parole, ipotizzare che all’aumentare dell’investimento destinato ad un’attività innovativa, exploration o exploitation che sia, i ricavi che ne derivano aumentano fino ad un punto ottimale oltre al quale, se si continua a investire su quell’attività, si ottengono risultati meno soddisfacenti. Ciò vuol dire che è preferibile allocare risorse in modo equilibrato tra le attività innovative esplorative e di sfruttamento.

La performance innovativa di prodotto è stata misurata attraverso la quota di vendite dei nuovi prodotti sul totale dei ricavi. Il campione, rappresentato da una settantina di imprese operanti nell’industria chimica, ha confermato le ipotesi sovra descritte e ha dimostrato dunque l’importanza di bilanciare l’esplorazione e lo sfruttamento per poter conseguire un’elevata performance innovativa.

In conclusione, si può affermare che le ricerche che approfondiscono e che cercano di dimostrare empiricamente il rapporto tra exploration/exploitation e performance innovativa sono piuttosto limitate in quanto si preferisce prendere in esame la prestazione aziendale complessiva. Le motivazioni dietro questa scelta si possono ricondurre alla maggiore facilità con cui si riesce a misurare la performance finanziaria che trova, di fatto, rappresentazione negli indicatori e nei valori economico-finanziari agevolmente reperibili dal bilancio; in secondo luogo, un’ulteriore spiegazione è che comunque la performance innovativa finisce per rientrare nel risultato aziendale complessivo e dunque, valutando questo, si considera in realtà anche quella parte derivante dall’introduzione delle innovazioni. Ad ogni modo, indipendentemente dalla modalità prescelta per la sua misurazione, tutti gli studiosi sono concordi nel convalidare la presenza di un legame significativo tra l’ambidestrismo e la prestazione innovativa.

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