La sola predisposizione del modello di compliance non è sufficiente a esonerare l’ente dalla responsabilità per l’illecito derivante dal reato: esso deve essere anche concretamente attuato. L’art. 6 del d.lgs. n. 231 del 2001 prevede infatti, come specifico requisito del modello, la creazione di un organismo interno di vigilanza, che ha il compito di controllare sul funzionamento e il rispetto delle prescrizioni del modello, nonché di curarne l’aggiornamento; l’art. 7 non include invece la previsione di tale organo per reati commessi da sottoposti, anche se nella prassi si tende ad indirizzare le funzioni di sorveglianza dell’organismo anche nei confronti di quest’ultimi.
La presenza dell’Organismo di Vigilanza, come del resto gli altri requisiti del modello, deve essere ispirato al principio di effettività: questo significa che non è sufficiente la sua istituzione formale, ma occorre che concretamente assolva ai compiti ad esso conferiti: infatti, se «adeguatezza e adattabilità nel tempo costituiscono ‘i due principali requisiti di progettazione e di correzione del modello organizzativo’, è sulla costituzione e sulla incisività operativa di un Organismo di Vigilanza ad hoc che riposano le chances di un'efficace attuazione del medesimo»262, condizione imprescindibile affinché l'ente possa invocare l’esimente di cui
all'art. 6 e non incorrere nelle pesanti sanzioni previste dal decreto 231.
Quanto alla competenza a nominare tale Organismo, essa sembra spettare al vertice dell’azienda, in quanto si ritiene263 che l’O.d.V. sia tenuto a riferire al vertice sull'attività di
261 ROTUNNO I., Whistleblowing e D. lgs. 231/2001, in www.dirittobancario.it, febbraio 2016, p. 10.
262 BERNASCONI A., Modelli organizzativi, regole di giudizio e profili probatori, in BERNASCONI A (a cura
di), Il processo penale de societate, Giuffrè, Milano, 2006, p 65.
263 In realtà, nel silenzio normativo, ci si è sin da subito interrogati su quale sia il soggetto al quale l'organo di
controllo debba rispondere del suo operato: la soluzione preferibile, seppur non priva di inconvenienti, è che esso sia identificato nell'organo dirigente - sebbene, come evidenzia., l’'autonomia dell'organo di controllo si rivelerebbe non effettiva, ma una «mera finzione»; si ipotizzato che destinatario del rendiconto dell’attività l’O.d.V. possa individuarsi nell'autorità giudiziaria, che però così facendo, sarebbe interpellata addirittura prima della commissione del reato; da ultimo, possibile soggetto è stato individuato anche nell'assemblea generale dei
vigilanza svolta e sull’ eventuale riscontro di irregolarità e di situazioni a rischio sulle quali la dirigenza dovrà prontamente intervenire.
Anche con riguardo all’O.d.V. il legislatore ha preferito non introdurre una disciplina troppo dettagliata circa la strutturazione dell’organo, al fine di consentire che esso possa essere modellato con specifico riferimento alla realtà aziendale in cui dovrà operare. Sono comunque stati delineati alcuni requisiti essenziali affinché un organismo dell’ente possa svolgere il ruolo di O.d.V, taluni desumibili direttamente dalla disciplina del decreto, taluni introdotti dalle
guidelines approvate Confindustria e talaltri specificati dalla giurisprudenza.
In particolare, l’art. 6 comma primo lett. b) afferma che il compito di sovrintendere all’applicazione del modello e verificare il rispetto delle norme deve essere affidato a un organismo dell’ente, che deve disporre di «autonomi poteri di iniziativa e controllo».
La norma dunque non individua precisamente chi debba in concreto rivestire il ruolo di O.d.V all’interno dell’ente; cioè che è importante è che l’organo deputato a tali compiti possa svolgere la sua attività senza interferenze o condizionamenti da parte di qualunque altro organo dell’ente - in particolare, di quello dirigente264: in altre parole, primo fondamentale requisito
che deve possedere l’O.d.V. è l’autonomia, intesa sia come possibilità di autodeterminarsi nelle modalità operative e procedurali (può dotarsi, allo scopo, di un regolamento interno265), sia
come autonomia delle risorse finanziarie strutturali, in quanto esso deve essere dotato di un proprio budget (approvato dall’organo dirigente, su proposta dell’O.d.V stesso) per ogni esigenza necessaria al corretto svolgimento dei compiti, quali ad esempio attività di consulenza e trasferte266.
soci, col rischio, tuttavia, di rendere pubblici tutti i processi di gestione aziendale e le modalità di conduzione dell’azienda. Sul punto e sui rapporti tra l’Organismo di Vigilanza e gli altri organi societari, si vedano DE MAGLIE C., Principi generali, op.cit., e più recentemente, PIERGALLINI C., Paradigmatica dell’autocontrollo
penale (dalla funzione alla struttura del “Modello organizzativo” ex d.lgs. n. 231/2001, in Cass. pen., 2013, n.1,
pp. 842 e ss.
264 Nella già citata Cass. pen., sez. V, 18 dicembre 2013 – 20 gennaio 2014, n. 4677, Impregilo, si legge infatti che
«non è idoneo ad esimere la società da responsabilità amministrativa da reato, il Modello organizzativo che prevede la istituzione di un Organismo di Vigilanza sul funzionamento e sulla osservanza delle prescrizioni adottate non provvisto di autonomi ed effettivi poteri di controllo, ma sottoposto alle dirette dipendenze del soggetto controllato».
265 È preferibile che tale regolamento tale regolamento sia redatto e approvato direttamente dall’O.d.V. e non da
organi societari diversi, in quanto ciò potrebbe metterne in dubbio l’indipendenza (Linee guida Confindustria p. 61).
Al requisito dell’autonomia, la giurisprudenza267 ha affiancato, allo scopo di evitare la
sudditanza dei componenti dell’Organismo nei confronti del management, quello dell’indipendenza: in tal senso, l’O.d.V. è collocato in una posizione gerarchica il più possibile elevata e ad esso non devono essere attribuiti compiti operativi nel processo decisionale dell’attività dell’ente268. Come “corollario” dell’autonomia e indipendenza si pone il requisito
dell’onorabilità dei membri dell’O.d.V., che, oltre ad essere calibrato in base alla realtà societaria, trova una specificazione nella previsione di cause di ineleggibilità o decadenza.
Requisito di natura soggettiva di cui devono essere provvisti i membri dell’organismo è la professionalità, intesa come combinazione di capacità e affidabilità nello svolgere il mandato e possesso di specifiche competenze: la disciplina delineata dal decreto, di carattere pluridisciplinare, presuppone una multiprofessionalità269, non limitata ai soli aspetti
economico-aziendalistici, ma che si estenda anche all’ambito giuridico – e anche per questo motivo, frequentemente si preferisce una composizione collegiale per l’O.d.V.
Ultimo requisito è la continuità d’azione: è necessario che l’organismo assicuri un funzionamento costante nel tempo ed una continua interazione con gli organismi amministrativi e di controllo della società – la soluzione preferibile, pertanto, sarebbe quella di predisporre una struttura dedicata a tempo pieno all’attività di vigilanza sul modello270; inoltre, la continuità di
azione passa anche per la cura della tracciabilità e della conservazione della documentazione (quali verbali, relazioni, reports ecc.) dell’attività svolta.
267 Cfr. Ordinanza del G.i.p. Tribunale Milano, 20 settembre 2004.
268 PISANI N., I requisiti di autonomia ed indipendenza dell’organismo di vigilanza istituito ai sensi del d.lgs.
231/2001, in Resp. amm. soc. ent., 2008, n. 1, p. 156, evidenzia che «l’assenza di condizioni di “soggezione” nei
confronti degli “apici” operativi della società ed il mancato svolgimento di funzioni operative sono condizioni necessarie per lo svolgimento di un controllo penetrante sull’efficace attuazione del Modello»; al contributo si rinvia anche per la questione della compatibilità dell’incarico di componente dell’Organismo di Vigilanza da parte di una persona fisica che, contemporaneamente, rivesta la carica di membro del consiglio d’amministrazione (sprovvisto di deleghe) della società.
269 Le guidelines elaborate da Confindustria illustrano come la giurisprudenza abbia specificato in cosa debbano
consistere le conoscenze di cui l’O.d.V. deve essere provvisto: in particolare, «il modello deve esigere che i membri dell’O.d. V abbiano competenze in “attività ispettiva, consulenziale, ovvero la conoscenza di tecniche specifiche, idonee a garantire l’efficacia dei poteri di controllo e del potere propositivo ad esso demandati” (così Trib. Napoli, 26 giugno 2007)»; inoltre, quanto alle competenze necessarie all’attività ispettiva e di analisi del sistema di controllo, Trib. Milano, 20 settembre 2004, ha fatto riferimento «al campionamento statistico; alle tecniche di analisi, valutazione e contenimento dei rischi, (procedure autorizzative; meccanismi di contrapposizione di compiti; ecc.); al flow-charting di procedure e processi per l’individuazione dei punti di debolezza; alla elaborazione e valutazione dei questionari; alle metodologie per l’individuazione di frodi». È inoltre auspicabile che almeno taluno dei membri dell’Organismo di vigilanza abbia competenze di tipo giuridico, soprattutto penalistico.
L’ente ha a disposizione una pluralità di opzioni organizzative qualora decida di conformarsi alle prescrizioni del Decreto: può decidere di istituire un organo ad hoc oppure scegliere di affidare i compiti deputati all’O.d.V. a una struttura presente in azienda che svolga già compiti di controllo – la possibilità è prevista all’art. 6, comma 4-bis271, che ammette che
nelle società di capitali, le funzioni dell’organismo di vigilanza possano essere svolte dal collegio sindacale, dal consiglio di sorveglianza o dal comitato per il controllo della gestione; da ultimo, le società che ne siano provviste, potranno decidere di attribuire il ruolo di O.d.V. alla funzione di Internal Auditing, che, se posta in diretto rapporto con il vertice esecutivo e provvista delle adeguate risorse, può essere idonea a fungere da O.d.V., a condizione che sopperisca alle eventuali lacune su competenze specifiche facendo ricorso a consulenti esterni272.
Per quanto riguarda la composizione dell’Organismo, sembra che nelle società più piccole sia ammessa la possibilità di avere un O.d.V. monocratico; negli enti di maggiore dimensione è preferibile invece optare per una strutturazione di tipo collegiale. Al fine di coniugare la necessità di salvaguardare l’indipendenza con il requisito di effettività di azione è auspicabile una composizione mista, ove i componenti dell’Organismo siano in parte interni all’ente – i quali conoscono meglio le dinamiche operative della società – e in parte esterni.
Con riferimento ai requisiti, testé enucleati, di cui l’O.d.V. deve essere dotato, si rilevano alcune criticità determinate proprio dal dettato dell’art. 6. Più nel dettaglio, al comma quarto è previsto che negli enti di piccola dimensione, i compiti demandati all’organismo possano essere svolti dall’organo dirigente: la disposizione, com’è intuibile, frustra il senso stesso sotteso alla previsione di un organismo di controllo, in quanto particolarmente alto è il rischio che si sovrappongano le figure di controllato e controllante. Per questa ragione, l’organo dirigente nell’assolvimento di questo ulteriore compito può scegliere di avvalersi dell’aiuto di professionisti esterni, che avranno chiaramente l’obbligo di riferire all’organo interno; qualora l’ente decida invece di occuparsi personalmente degli adempimenti dell’O.d.V., è opportuno che sia redatto un verbale controfirmato dall’ufficio o dal dipendente sottoposto al controllo273.
Potenzialmente suscettibile di creare incertezze è anche la già citata possibilità di affidare a un organo già presente all’interno dell’azienda i compiti dell’O.d.V., prevista al
271 Il comma 4-bis è stato introdotto dalla art. 14, comma 12, legge n. 183 del 2011 (cd. Legge di stabilità per il
2012).
272 Linee guida Confindustria, p. 68. 273 Linee guida Confindustria, p. 82.
comma 4-bis, introdotto in un’ottica di riduzione costi per le imprese. A tal proposito, occorre premettere che la previsione comporta indubbiamente dei vantaggi, in quanto l’attività di controllo e sovrintendenza alla corretta applicazione del modello, deputata all’O.d.V, rientrando all’interno del più ampio compito di vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società attribuito all’organo sindacale ex art. 2403 cod. civ., ben potrebbe essere svolta efficientemente dal Collegio, anche in un’ottica di semplificazione, al fine di evitare una duplicazione dell’attività di controllo, con conseguente perdita di efficacia del sistema complessivo, cui si rischierebbe di andare incontro in assenza di quantomeno un coordinamento fra O.d.V. e collegio sindacale. Tuttavia, l’opportunità di questa scelta deve essere valutata con particolare attenzione, in primo luogo per evitare l’insorgere di possibili conflitti d’interesse: il consiglio di amministrazione controllato dal collegio sindacale si serve dello stesso anche come organo consultivo, con la conseguenza che il Collegio potrebbe persino risultare coinvolto nella commissione di alcuni dei reati-presupposto della responsabilità dell'ente274; inoltre, difficilmente i componenti dei collegi sindacali saranno
dotati delle competenze professionali richieste ai membri dell’O.d.V, che presenterebbe dunque
ab origine un deficit di professionalità, soprattutto con riguardo alle conoscenze penalistiche.
Da ultimo, si rilevano perplessità anche con riguardo al requisito della continuità d’azione, che da un lato imporrebbe riunioni del collegio sindacali più frequenti rispetto a quanto imposto dalla legge (una almeno ogni novanta giorni); dall’altro, i componenti del Collegio-O.d.V. dovrebbero essere in grado di garantire la loro effettiva presenza a contatto con la realtà aziendale, necessaria per poter adempiere ai compiti di controllo ad esso demandati.
Ciò che ne risulta è un sistema traballante, che difficilmente sarebbe in grado di reggere di fronte al sindacato del giudice penale; in ogni caso, la giurisprudenza non ha mai espressamente sancito un’astratta e generale inidoneità del modello organizzativo che attribuisce i compiti dell’O.d.V. al collegio sindacale, pertanto, l’esito della valutazione sull’adeguatezza del modello – come peraltro prevede la regola generale – dovrà
274 Si pensi, ad esempio, ai reati societari; in tal senso PIERGALLINI C., Paradigmatica dell’autocontrollo, cit.,
sul punto afferma che la società potrebbe affidare le funzioni di Organismo di Vigilanza al collegio sindacale «con la consapevolezza, però, che esso risulterà inefficace quanto meno con riferimento a quelle aree a rischio-reato in cui è profilabile un coinvolgimento del collegio sindacale»: l’Autore aggiunge che «non si comprende, però, come possano coniugarsi efficacemente i requisiti di "autonomia ed indipendenza" dell'O.d.V, contemplati dal d.lgs. n. 231/2001, con le funzioni di un organo – il collegio sindacale – che non vanta, fisiologicamente, continuità di azione» e che potrebbe essere ritenuto in qualche modo compartecipe di alcune decisioni operative dell’organo dirigente.
necessariamente svolgersi avendo cura di considerare, con ancor più rigore, le circostanze del caso concreto.
L’art. 6, comma primo, lett. b) specifica quali sono i compiti dell’Organismo: in particolare, deve vigilare sull’effettività del modello, attività che si esplica in primo luogo in una valutazione in astratto della sua adeguatezza intesa come reale capacità di prevenire la commissione dei reati-presupposto, osservandone la struttura e integrando eventuali lacune palesi; successivamente, l’O.d.V. si occupa del controllo nella fase di attuazione concreta del modello, rilevando nella prassi gli eventuali scostamenti dalle cautele predisposte all’interno dei protocolli di comportamento aziendale. Per quanto riguarda l’aggiornamento in senso dinamico del modello, l’Organismo dispone del potere di presentare proposte e suggerimenti all’organo dirigente al fine di garantire un migliore adeguamento dei protocolli alle specifiche esigenze dell’impresa, che può esercitare qualora emergano situazioni di rischio ulteriori oppure allo scopo di conformarsi a modifiche legislative; all’O.d.V. peraltro è anche attribuito il compito di verificare l’attuazione e l’effettiva funzionalità delle soluzioni proposte (cd. attività di follow-up275).
Da ultimo, all’Organismo di vigilanza può essere demandata l’attività di formazione sul decreto 231 e nello specifico sui contenuti dei modelli organizzativi adottati dall’ente, sebbene la normativa non attribuisca esplicitamente questo compito all’O.d.V.; nella prassi, la formazione è solitamente svolta dal soggetto che ha predisposto il modello, avvalendosi anche di consulenti esterni e dell’O.d.V., il cui contributo sembra avere un ruolo fondamentale soprattutto per la formazione degli apicali.
Affinché l’Organismo possa svolgere compiutamente le proprie funzioni, ad esso è attribuito un potere di tipo ispettivo con riguardo alla documentazione prodotta dall’ente; inoltre, può svolgere anche una funzione di tipo consulenziale nei confronti dell’organo amministrativo. Peraltro, come già si è già avuto modo di osservare, ai sensi dell’art. 6, comma secondo, lett. d) del d.lgs. n. 231 del 2001, è necessario che siano garantiti flussi informativi adeguati nei confronti dell’Organismo di Vigilanza da parte degli organi della società “a rischio di reato”, in particolare tramite denunce e segnalazioni. A sua volta, l’O.d.V. ha il dovere di segnalare all’organo dirigente le violazioni accertate (si parla, in tal caso, di ‘flussi a evento’) che possano comportare l’insorgere di una responsabilità in capo all’ente, attraverso l’elaborazione di note informative e di eventuali denunce, affinché il vertice della società possa adottare gli opportuni provvedimenti e applicare le sanzioni disciplinari – l’O.d.V. non ha il
potere di farlo; inoltre, l’Organismo provvede a dare conto all’organo dirigente (e, ove non svolga anche la funzione di O.d.V., al collegio sindacale) dell’attività ordinaria non urgente tramite relazioni a cadenza almeno semestrale276 (a tal proposito, invece, si parla di ‘flussi
periodici’).
Da ultimo, occorre soffermarsi sulla possibile insorgenza di una responsabilità a carico dell'Organismo di Vigilanza, sul fronte penalistico: fonte di detta responsabilità potrebbe rinvenirsi nella disposizione dell’art. 40, comma secondo, cod. pen., per il quale «non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo», riconoscendo quindi una punibilità dell’O.d.V. a titolo di concorso omissivo con l’ente nella commissione del reato. La tesi prevalente esclude la possibilità di configurare una responsabilità per omesso impedimento del reato a carico dei componenti dell’Organismo di vigilanza, in quanto questo tipo di responsabilità (cd. omissiva impropria) sussiste soltanto qualora il destinatario è posto nella posizione di garante del bene giuridico protetto, circostanza che non ricorre con riguardo all'Organismo di Vigilanza, in quanto ad esso sono devoluti solo compiti di controllo del funzionamento e dell'osservanza del modello ed è pertanto sprovvisto di un potere impeditivo del reato. In realtà, non si può neppure escludere a priori un’applicazione dell’art. 40, stante che la finalità ultima dei modelli organizzativi è quella di prevenire la commissione degli illeciti; ciò che potrebbe risultare decisivo, oltre all’elemento soggettivo, è, come è stato osservato, il raffronto tra la procedura prevista nel modello per la prevenzione del reato e la concreta condotta criminosa: «quanto più il protocollo organizzativo avrà una sua specifica funzione preventiva di una determinata condotta e quanto più tale condotta si avvicini alla condotta che integra la fattispecie delittuosa, tanto più potrà dirsi che tale condotta è causalmente ricollegabile alla omessa vigilanza sul rispetto del protocollo»277, e quindi
riconducibile a falle dell’operato dell’Organismo di vigilanza.
276 Linee guida Confindustria, p. 61.
277 IANNINI A., ARMONE G. M., Responsabilità amministrativa degli enti e modelli di compliance aziendale,
Salerno Editrice, Roma, 2005, cit. da ARENA M., La responsabilità dell’OdV per omesso impedimento del reato, in www.complianceaziendale.com, 8 gennaio 2009.
5. Il sindacato giudiziale sull’idoneità del modello tra incertezze e prospettive di