Capitolo 2: Trattamento Chirururgico e Conservativo a Confronto
2.2 Gestione Chirurgica
2.2.1. C – Piano anestesiologico
2.5.1.2 Fasi del processo riparativo
Quando il corpo subisce una lesione due sono i modi in cui la ferita può guarire: riparazione e rigenerazione. A seguito di un infortunio, il corpo passa attraverso un processo di guarigione coerente e organizzato, che coinvolge una serie di eventi, solitamente riassunti in quattro stadi: infiammazione, proliferazione, riparazione e rimodellamento.
In realtà, questi quattro stadi si sovrappongono parzialmente e dovrebbero essere considerati come un’attività continua che dipende dal fatto che uno stadio innesca la progressione del successivo, e così via.
Il passaggio da uno stadio all’altro dipende dai processi chimici e cellulari che avvengono e dall’abilità del tessuto danneggiato di rispondere a specifici stress che insistono nell’area interessata.
1) Fase infiammatoria
La maggior parte dei tessuti va incontro ad una fase infiammatoria iniziale che comporta una risposta vascolare acuta seguita da infiltrazione cellulare. (190, 647)
L'immediata componente vascolare della risposta è centrata attorno all'emostasi nella ferita. La rottura dei vasi sanguigni all'interno della ferita consente il passaggio nello spazio extravascolare degli elementi del sangue e l'esposizione del collagene subendoteliale alle piastrine, causando l'attivazione della cascata della coagulazione. (190, 647) Il risultato è la formazione di una rete di fibrina che ha lo scopo di supportare il tappo emostatico e agire come un'impalcatura per infiltrazione cellulare.
L'aspetto cellulare della fase infiammatoria segue la risposta vascolare iniziale. Il rilascio di citochine associate al tappo emostatico e l'aumento della permeabilità vascolare stimolano la chemiotassi delle cellule nell'ambiente della ferita. I neutrofili sono le prime cellule che migrano nell'area, compaiono entro 6 ore dopo l'infortunio e raggiungono il picco in un periodo di 2- 3 giorni. (190, 647)
I ruoli del neutrofilo sono il debridement iniziale e la fagocitosi di microrganismi, che riducono così al minimo il potenziale di infezione.
L'entità dell'azione dei neutrofili all'interno della ferita dipende dalla sua gravità e dal grado di contaminazione. Il contributo dei neutrofili in una ferita non contaminata non è essenziale per la normale cicatrizzazione delle ferite. (190, 312)
94 I macrofagi appaiono all'interno della ferita approssimativamente da 24 a 48 ore dopo la migrazione dei neutrofili. (190).
L'afflusso di macrofagi nella ferita appare fondamentale per la transizione dalla fase infiammatoria alla fase riparativa e all'appropriata riparazione della ferita. (190, 647)
Sono fondamentali per cinque funzioni principali: fagocitosi, debridement della ferita, regolazione della sintesi della matrice, reclutamento e attivazione delle cellule e angiogenesi. (647)
Fagocitosi e debridement della ferita si verificano con il rilascio di radicali di ossigeno, ossido di azoto e collagenasi. (647)
Coadiuvando l’azione dei neutrofili, i macrofagi creano un ambiente ottimale per entrare nella fase riparativa (fibroblastica) della guarigione delle ferite. Tale attività raggiunge il suo picco nei primi 3 o 4 giorni dopo l'infortunio. Inoltre, i macrofagi rilasciano una serie di citochine, fattori di crescita, prostaglandine ed enzimi che successivamente attivano e mediano l'angiogenesi e la fibroplasia. (647)
Il macrofago sembra essere avere il ruolo chiave nel controllo degli eventi cellulari e biochimici nella guarigione generale delle ferite: la sua presenza attira e attiva anche i linfociti, la cui funzione rimane controversa. (190, 647) I linfociti secernono linfochine come interferoni e interleuchine che stimolano la migrazione dei fibroblasti e la sintesi del collagene. (190, 647)
La loro attività sembra raggiungere un picco intorno a 6 giorni dopo l'infortunio. (190, 312)
2) Fase riparativa
La fase riparativa (proliferativa o fibroblastica) è caratterizzata dalla risposta cellulare delle cellule endoteliali e dei fibroblasti. (190, 647)
La proliferazione e migrazione dei fibroblasti sono i due eventi preponderanti in questa fase, seguiti dalla sintesi della matrice, che include collagene, elastina e proteoglicani. I fibroblasti iniziano ad essere presenti nella ferita entro 3 giorni dalla lesione; tuttavia, esiste una fase di latenza che va dai 2 a 3 giorni prima dell'inizio della produzione di collagene. (312) La sintesi della matrice aumenta nelle settimane successive con conseguente incremento della resistenza alla trazione. (190).
Inoltre, le cellule endoteliali adiacenti alla ferita iniziano a proliferare e formano nuovi capillari che migrano gradualmente nel sito di lesione. I neo-capillari seguono di pari passo la migrazione del fibroblasto e l'impalcatura del collagene, fino a ripristinare la normale tensione dell'ossigeno nella ferita. (312)
Questa fitta rete di macrofagi, fibroblasti e neovascolarizzazione durante la fase proliferativa è generalmente riconosciuta come tessuto di granulazione.
3) Fase di rimodellamento
La fase di rimodellamento è l'aspetto finale della guarigione delle ferite durante la quale le fibre di collagene si riorientano parallelamente alle linee di stress e tensione e le fibre si incrociano in una formazione stabile. (15, 370) Questo è l'aspetto più importante della cicatrizzazione delle ferite per i tessuti connettivi, poiché la deposizione e l'allineamento di collagene in maniera corretta sono due eventi fondamentali per un adeguato sviluppo della resistenza alla trazione del tessuto riparato.
95 Sebbene la deposizione di collagene raggiunga il picco massimo a 2 o 3 settimane dopo l’instaurarsi della lesione, la resistenza alla trazione continua ad aumentare progressivamente per circa 1 anno.
Questo periodo consente la rimozione delle fibre di collagene biomeccanicamente inferiori (tipo III) e la sostituzione con le fibre adatte al tessuto specifico coinvolto (generalmente il collagene di tipo I).
Inoltre, la diminuzione della concentrazione di proteoglicano porta ad una diminuzione del contenuto di acqua, con conseguente compressione delle fibre di collagene. Quando le fibre si avvicinano in prossimità del riallineamento e della compressione, si rende così disponibile una maggiore area di superficie per il cross-linking, aumentando successivamente la resistenza alla trazione. (312)
LA GUARIGIONE DEI TESSUTI NELLA DISCOPATIA
Sia che si opti per un approccio conservativo che per uno chirurgico, il medico veterinario fisioterapista deve intervenire su numerosi tessuti, coinvolti nella discopatia toracolombare.
Ovviamente i tessuti rispondono in modo diverso al processo riparativo: più un tessuto è vascolarizzato, più velocemente potrà guarire, dato che i mediatori chimici, le cellule infiammatorie, l’ossigeno e i nutrienti richiesti sono prontamente disponibili.
In particolare, nella discopatia sono interessati: - Cute e sottocute;
- Fascia muscolare; - Tessuto osseo; - Tessuto nervoso.
Nel caso di una chirurgia, l’insulto lesivo coinvolge tutti i piani elencati dato che si procede ad un’incisione chirurgica, una dissezione muscolare e una fenestrazione ossea per decomprimere il midollo spinale e ripulire, infine, il canale midollare.
Quando ci troviamo di fronte ad un paziente prettamente conservativo, il tessuto nervoso è quello a cui maggiormente dobbiamo porre attenzione, anche se le terapie strumentali vanno ad agire anche indirettamente sugli altri piani sovrastanti (ad esempio, basti pensare alla laserterapia).
1.CUTE E SOTTOCUTE
Un certo grado di lesione è inevitabile durante l'intervento chirurgico. Il trauma eccessivo aumenta la quantità di detriti che devono essere rimossi dalla fagocitosi e diminuisce la vitalità e l'attività delle cellule fagocitiche. La fase infiammatoria della guarigione è prolungata, il tasso di guadagno della resistenza alla trazione è ridotto, la possibilità di infezione è aumentata e può verificarsi un'eccessiva produzione di cicatrici. (332)
Per ridurre il trauma tissutale durante l'intervento chirurgico, le incisioni devono essere eseguite con un bisturi e le forbici riservate alla dissezione. La guarigione è ritardata dalla pressione prolungata e dall'azione lacerante dei divaricatori, dalle legature massicce con grandi porzioni necrotiche di tessuto distale alla legatura e dai tappi di tessuto necrotico derivanti dall'elettrocoagulazione.
96 La rimozione del tessuto devitalizzato nelle ferite mediante varie tecniche di debridement è un principio accettato nelle cure operative. L'esposizione prolungata e l'essiccazione dei tessuti possono ritardare la guarigione. Inoltre, l'incidenza dell'infezione della ferita è aumentata nelle lunghe procedure operative. (127, 290, 531)
Le raccolte di sangue coagulato e siero tra gli strati di tessuto impediscono l'apposizione corretta dei tessuti. Un ematoma di grandi dimensioni può esercitare una pressione sufficiente per interferire con l'afflusso di sangue ai tessuti adiacenti. Gli ematomi che si riassorbono lentamente dovrebbero essere rimossi, poiché se non si interviene possono diventare cavità contenenti fluido incapsulato, che favorirebbe la crescita dei microrganismi.
La migrazione e la proliferazione epiteliale si verificano in tutte le ferite nell'area di guarigione, comprese le ferite causate dall'inserimento di suture. Se vengono utilizzate suture grandi e irritanti e lasciate in sito per periodi eccessivi, l'epitelio suturato, e in particolare la cheratina risultante, può causare sgradevoli reazioni di sutura che possono anche venire confusi con ascessi causati da infezioni. L'uso di materiale di sutura fine e non irritante e la rimozione delle suture il prima possibile possono ridurre queste cicatrici. (87, 169)
2.TESSUTO MUSCOLARE
Durante l’intervento chirurgico, anche il tessuto muscolare subisce un danno a seguito di incisione e ribaltamento dei muscoli epiassiali al fine di esporre la colonna vertebrale.
Il danno muscolare provoca la lacerazione delle fibre muscolari e la rottura del supporto vascolare o del tessuto connettivo.
La guarigione del muscolo segue lo stesso iter della guarigione generale delle ferite (444): − Un periodo iniziale di emostasi e infiammazione precede la riparazione;
− In seguito alla formazione di ematoma, l'edema e l'ischemia possono causare necrosi delle fibre muscolari adiacenti rotte.
Si sospetta una relazione tra la penetrazione dei macrofagi e la rigenerazione della miofibre; tuttavia, la componente essenziale è il ristabilimento dell’apporto vascolare alle fibre lesionate. (84)
Segue la fase di riparazione, processo competitivo che coinvolge la rigenerazione delle fibre muscolari funzionali o la produzione di tessuto cicatriziale fibroso, a seconda della gravità della lesione e della dimensione di gap muscolare. (427)
La riparazione mediante la produzione di tessuto cicatriziale non è altrettanto auspicabile a causa della maggiore probabilità di lesioni ricorrenti e una diminuzione della forza contrattile muscolare di circa il 50%. (208, 427)
Il collagene di tipo III compare all'interno del sito danneggiato nei primi 3 giorni e generalmente precede la produzione di fibre di collagene di tipo I più spessa. (359)
Questa matrice extracellulare fornisce un'impalcatura per la rigenerazione della miofibra attraverso il sito della ferita. (427)
In caso di fonte inadeguata di mioblasti, inadeguata vascolarizzazione, innervazione inadeguata o stress eccessivo, attraverso il sito danneggiato, si crea un gap significativo. (326, 427)
In questa situazione, la deposizione eccessiva di collagene e l'attività fibroblastica portano alla formazione di tessuto fibroso all'interno del sito danneggiato, con conseguente inadeguato ripristino della funzione muscolare. Per una
97 guarigione ottimale delle fibre muscolari e il ritorno alla funzione massimale, la mobilità attraverso nel sito della lesione non dovrebbe iniziare fino a quando la guarigione è ben avviata, come nelle fasi riparativa o di rimodellamento precoce. Durante le fasi riparativa e di rimodellamento, le fibre muscolari possono essere allineate parallelamente alla linea d'azione se sono consentite le tensioni appropriate. (427)
Se il movimento è eccessivo, si verifica un allargamento del gap e viene apportato più tessuto fibroso. L'immobilizzazione prolungata consente la penetrazione delle miofibre rigeneranti e la riduzione della formazione di tessuto fibroso; tuttavia, le fibre muscolari tendono ad orientarsi in modo inappropriato verso linee di stress e tensione. Ne deriva una diminuzione della resistenza alla trazione e, se il tessuto fibroso si allunga durante la fase di rimodellamento, può verificarsi una significativa perdita di potenza muscolare. (326, 427)
Un periodo iniziale di immobilizzazione di 3 a 5 giorni seguito da una mobilizzazione controllata accelera la comparsa della produzione di fibre di collagene di tipo I, che successivamente aumentano la resistenza alla trazione. (359, 478) Considerando il normale tempo associato alla guarigione della ferita, si raccomanda attività controllata per 4-6 settimane di prima di incrementare. (326)
3.TESSUTO OSSEO
Come discusso in precedenza, l'osso è uno dei pochi tessuti che possono essere sottoposti a rigenerazione cellulare diretta per ripristinare il 100% delle proprietà biomeccaniche originarie. Questo può accadere attraverso due tipi principali di guarigione, primaria o secondaria.
Nel caso della chirurgia decompressiva spinale, data la creazione di un tassello nel corpo vertebrale, il tessuto osseo guarirà per seconda intenzione.
Di conseguenza, l'osso lamellare prodotto dalle cellule che rivestono la cavità midollare e il periostio riempiono dapprima il vuoto in direzione trasversale. Successivamente, le cavità di riassorbimento attraversano l'osso lamellare appena formato e creano nuovamente nuovi sistemi di Havers nella giusta direzione longitudinale. (289, 382)
Nella riparazione della frattura, sia la lacerazione che la guarigione del contatto possono verificarsi in diverse parti della stessa linea di frattura. (289)
La guarigione ossea secondaria, o indiretta, si verifica quando c'è meno rigidità o se il gap di frattura è maggiore di 0,5 mm ed è caratterizzata dalla formazione di un callo. (70, 289)
Il grado di formazione del callo è correlato alla quantità di instabilità nel sito della frattura. Simile alla guarigione della ferita di base, l'emostasi è la risposta iniziale al momento della lesione, dando inizio alla fase infiammatoria. L'emorragia immediata e la formazione di ematoma si verificano all'interno dell'intercapedine della frattura in aggiunta ai tessuti molli circostanti che possono essere danneggiati. La distruzione dei canali di Haversian nel sito di lesione provoca la morte degli osteociti e la necrosi ossea. Il processo procede con la migrazione dei neutrofili seguita dai macrofagi nel sito danneggiato per la rimozione dei detriti necrotici. Inoltre, mediatori biochimici entrano nel sito della frattura per contribuire alla guarigione dell'osso. (382)
Come la risposta infiammatoria scompare (da 24 a 72 ore), il processo di riparazione ha inizio. (335, 382, 406)
La fase riparativa inizia con il tessuto circostante fornendo cellule mesenchimali, che entrano nel sito della frattura per formare osteoblasti, condroblasti e fibroblasti.
98 Durante le prime 3 settimane, un callo "morbido" fibroso e cartilagineo è formato dalla deposizione di collagene di tipo I, II, III, V, IX e X sintetizzato dalle cellule mesenchimali. La funzione del callo morbido è unire le estremità della frattura e ridurre il movimento e trazione tra i due capi.16 La fibrocartilagine depositata viene gradualmente trasformata in tessuto osseo dal processo di ossificazione endocondrale simile a quello che si verifica durante la crescita fisica. (370, 406)
I condrociti avanzano verso uno stadio ipertrofico seguito da mineralizzazione della matrice circostante. Questa transizione è direttamente correlata alla disponibilità di sangue e alla deformazione interfragmentare nel sito di frattura.
Nella fase di rimodellamento, o maturazione, il gap di frattura è colmato e stabilizzato con callo endostale e periostale costituito principalmente da tessuto osseo, che deve essere rimodellato in lamellare, in base alle forze portanti secondo la legge di Wolff. Quando il callo endostale viene gradualmente rimodellato, la cavità midollare e il suo apporto di sangue vengono ripristinati. Allo stesso modo, quando l'osso corticale viene ripristinato, il sistema di Havers viene ricreato assieme al normale pattern vascolare. (70, 406)
È altresì importante ricordare che la chirurgia decompressiva, così come l’intervento di fenestrazione, sono associate ad un rischio di discospondilite di origine iatrogena. Benchè l’incidenza di tale complicazione in medicina veterinaria si aggiri attorno al 2% (83), si tratta di un’eventualità che deve essere tenuta in considerazione quando l’animale viene sottoposto a chirurgia spinale.
Sia nella medicina umana che in quella veterinaria, la diagnosi di discospondilite può essere ottenuta attraverso varie modalità di imaging come la radiografia, la TAC e la risonanza magnetica. (253, 437)
La radiografia standard viene eseguita per prima durante il workup di una sospetta infezione a causa della sua ampia accessibilità (95, 437). Tuttavia, i risultati sono spesso insidiosi e i pazienti recentemente colpiti possono avere risultati radiografici equivoci o addirittura insignificanti.
In effetti, l'evidenza radiografica della discospondilite può ritardare rispetto all'insorgenza dei segni clinici di ben 2 a 4 settimane sia nell'uomo che nei cani. (95, 253, 437)
La patogenesi delle infezioni del sito chirurgico dopo la chirurgia spinale è multifattoriale e la comprensione del fattori che contribuiscono sono importanti per la prevenzione e gestione di questa complicazione. (95)
I fattori di rischio possono essere classificato in 3 grandi categorie: fattori legati al paziente, fattori legati alla chirurgia e fattori microbiologici.
Per quanto riguarda il paziente, i cani anziani sembrano essere maggiormente affetti dalla discospondiliti, questo per la maggiore possibilità di comorbilità, immunodepressione e la rallentata capacità dei processi riparativi. (76)
Nello studio di Canal S, et al. (83) la condizione corporea dei pazienti non è stata indagata come fattore di rischio, mentre è stata verificata l’associazione tra un peso corporeo>20kg e lo sviluppo della discospondilite post-chirurgica. Ciò potrebbe risultare in un’incidenza maggiore di tale patologia in razze di taglia grande, piuttosto che in cani affetti da obesità.
In medicina umana, il tipo di intervento chirurgico eseguito influenza la possibilità di discospondilite, con rischi maggiori di infezione associati ad un approccio posteriore. (437)
In medicina veterinaria, invece, ad oggi non è stata trovata alcuna differenza statisticamente significativa tra l’incidenza di infezione a seguito di approccio ventrale e dorsale, nella chirurgia decompressiva. (83)
99 Gli organismi patogeni maggiormente presenti in corso di discospondilite sono gli stafilococchi coagulasi positivi (Staphylococcus intermedius e Staphylococcus aureus), seguiti da Escherichia coli, Corynebacterium spp,
Streptococcus spp, Pseudomonas spp e Proteus spp. (76, 253)
4.TESSUTO NERVOSO
Come esaustivamente trattato nel primo capitolo, in corso di malattia del disco intervertebrale, il danno nervoso conseguente a tale patologia risulta in due fenomeni: un danno primario e un danno secondario.
La lesione traumatica acuta iniziale infligge un danno meccanico al midollo spinale e il risultato è un'interruzione fisica delle membrane cellulari che causa emorragia e conseguente ischemia e lesioni neuronali e gliali diffuse. Il materiale erniario del disco causa una compressione continua che influenza la perfusione del midollo spinale, limitando l'apporto arterioso e occludendo il drenaggio venoso, così da provocare danni diretti alla mielina e agli assoni. (183, 550)
Il danno primario, successivamente, innesca una serie di eventi secondari che espandono l’area di distruzione dei tessuti. Questi eventi includono emorragia e distruzione del letto microvascolare, rapidi cambiamenti nella concentrazione degli ioni intracellulari, eccitotossicità, produzione di radicali liberi e infiammazione. Il risultato finale di questi processi è spesso l'apoptosi, che può perpetuarsi a lungo dopo l’instaurarsi della lesione. (259)
RUOLO DELLA FISIOTERAPIA NEL PROCESSO RIPARATIVO
La guarigione porta alla formazione di una cicatrice funzionale, che ripari il tessuto danneggiato, e lo scopo della fisioterapia è quello di limitare sia il danno che la grandezza della cicatrice, oltre che a produrre una cicatrice migliore e massimizzare l’efficienza del processo riparativo.
Il tipo di intervento terapeutico scelto e le tempistiche si rendono allora cruciali.
Nella fase di infiammazione acuta, l’obiettivo della fisioterapia dovrebbe essere quello di ridurre l’infiammazione, senza arrestarla del tutto. Successivamente, l’attenzione dovrebbe spostarsi sul riassorbimento dell’edema. (444) A seguito del trauma, sarebbe bene applicare il principio del “RICE” (rest=riposo, ice=ghiaccio, compression=compressione, elevation=sollevamento) per i successivi 2-3 giorni per controllare i segni cardinali dell’infiammazione e aiutare la risoluzione dello stato infiammatorio. L’introduzione di movimenti controllati all’interno del “RICE” è ancora argomento dibattuto, in quanto manipolazioni controllate possono stimolare il processo di guarigione. Dopo le prime 24-48 ore, dopo il trauma, dovrebbero essere incoraggiati movimenti controllati non dolorosi. (490)
Negli stadi iniziali, si introducono esercizi che aumentino il range di movimento gentilmente così da aiutare il drenaggio linfatico e ridurre il dolore, stimolando i meccanocettori.
L’uso degli ultrasuoni (con impostazione a-termica) durante l’angiogenesi può aiutare a riscostruire i vasi sanguigni; se invece settata sull’effetto termico può aumentare il sanguinamento di vasi fragili, ecco che l’applicazione di calore aiuterà la guarigione solo dopo che il sistema vascolare è tornato nuovamente integro.
Ad oggi, in verità, le terapie strumentali maggiormente impiegate in fisioterapia sono costituite dalla laser terapia e dalla diatermia.
100 Il massaggio delicato della ferita, con lo scollamento gentile dei piani tissutali durante la fase di proliferazione preverrà eccessive contrazioni della ferita, per azione dei miofibroblasti e l’eccessiva aderenza tra i margini della ferita stessa. Dato che la sintesi di collagene trova il suo picco tra 10 e 14 giorni, è essenziale porre attenzione alla tensione applicata sulla lesione, di modo che non provochi assolutamente dolore. Solo dopo questa finestra temporale, la tensione applicata potrà generare un po’ di discomfort. L’aumento graduale della tensione applicata promuoverà altresì la sintesi di collagene. L’esecuzione di massaggi ad “attrito trasversale” può aiutare a ridurre eventuali adesioni crociate tra le fibre di collagene, e mano a mano che la cicatrice matura, la forza e la profondità con cui verranno condotti i massaggi potrà aumentare, assieme ad esercizi di mobilizzazione più vigorosi che manterranno la cicatrice stessa più elastica. (73, 520, 609)
Durante la fasi di proliferazione, andrebbe incoraggiato un aumento del ROM sia attraverso stretching passivo che attivo, così da promuovere l’orientamento delle fibre di collagene. A ciò dovrà seguire un programma di esercizi riabilitativi, che permetteranno di eliminare totalmente sensazioni dolorifiche. (73, 520, 609)
Nella fase di rimodellamento, se presenti eccessive aderenze, lo stretching dinamico e passivo si rende