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La fattispecie dell'inadempimento delle obbligazioni pecuniarie all'interno del Codice Civile e della Legislazione speciale: quali mutament

in tema di interessi moratori?

All'inadempimento delle obbligazioni pecuniarie è dedicata espressamente la norma di cui all'art. 1224 del codice civile.

La quale così dispone: «Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di

denaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura. Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori».

La norma consente al creditore di essere risarcito delle conseguenze a lui derivanti da un pagamento corrisposto con ritardo140

ed, a prescindere dalla dimostrazione del danno, il Legislatore presume altresì che son dovuti gli interessi legali.

La disposizione perciò si pone in continuità con l'art. 1153 del Code Napoléon che stabiliva - nella sua originaria formulazione - il mutamento degli interessi

140

F. GRECO, Ritardo nell'adempimento delle obbligazioni pecuniarie e maggior danno dell'imprenditore, in

moratori prescindendo dalla dimostrazione di un danno effettivamente subito, mentre non appare in linea con l'art. 1244 del codice albertino e con l'art. 1231 del codice civile del 1865 che - invece - riconoscevano al creditore in caso di ritardo gli interessi moratori dalla scadenza dell'obbligazione, ma espressamente escludevano il risarcimento del danno ulteriore.

Il Legislatore italiano, in conclusione, ha ammesso espressamente che il creditore può provare il "danno maggiore"; con ciò andando ad ampliare, perciò, l'àmbito della risarcibilità del pregiudizio sofferto.

Passando dalla presunzione ipso iure di cui all'art. 1224 del codice civile alla fattispecie dell'inadempimento delle obbligazioni pecuniarie all'interno della Legislazione Speciale, occorre sin da subito rilevare come il sistema degli "interessi moratori" è stato utilizzato dal legislatore italiano per perseguire scopi ulteriori rispetto al mero risarcimento del danno.

Si pensi ad esempio agli articoli 33141 e ss. del D.P.R. 1063/1962, in materia di

ritardi di pagamento nell'àmbito degli appalti di opera pubblica142

. Normativa che è stata soppressa dall'art. 231 del D.P.R. 231/1999 e sostituita dagli articoli 30 e 31 del D.M. 145/2000143

, costituenti il nuovo "Capitolato generale d'appalto

141

L'art. 33 D.P.R. 1063 del 1962 disciplina i pagamenti in acconto: «1. Nel corso dell'esecuzione dei lavori sono fatti all'appaltatore [...] pagamenti in conto del corrispettivo dell'appalto, nei termini o nelle rate stabilite dal capitolato speciale ed a misura dell'avanzamento dei lavori regolarmente eseguiti. 2. I certificati di pagamento delle rate di acconto devono essere emessi non appena sia scaduto il termine fissato nel capitolato speciale per tale emissione o appena ragiunto l'importo prescritto per ciascuna rata ed in ogni caso non oltre 15 giorni dal verificarsi delle circostanze previste nel comma precdente. 3. Sull'importo dei lavori eseguiti vengono effettuate le ritenute di legge. 4. Le somme ritenute costituiscono per l'Amministrazione una ulteriore garanzia dell'adempimento degli obblighi dell'appaltatore e sono pagate a quest'ultimo con la rata di saldo, salvo quanto è disposto negli articoli 35 e 36. Sulle somme ritenute l'Amministrazione ha gli stessi diritti che che ad essa competono sulla cauzone».

142 La disciplina in esame ha come finalità precipua quella di evitare il fenomeno diffuso della intempestiva

corresponsione degli acconti in corso d'opera da parte della Pubblica Amministrazione che legittimiva la sospensione dei lavori da parte dell'impresa appaltatrice.

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Gli articoli 30 e 31 del D.M. 145 del 2000 disciplinano rispettivamente gli interessi per ritardato pagamento e la forma e contenuto delle riserve.

L'art. 30 del DM in oggetto così recita: «1. Qualora il certificato di pagamento delle rate di acconto non sia emesso entro il termine stabilito ai sensi dell'articolo 29 per causa imputabile alla stazione spettano all'appaltatore gli interessi corrispettivi al tasso legale sulle somme dovute, fino alla data di emissione di detto certificato. Qualora il ritardo nella emissione del certificato di pagamento superi i sessanta giorni, dal giorno successivo sono sono dovuti gli interessi moratori. 2. Qualora il pagamento della rata di acconto non sia effettuato entro il termine stabilito ai sensi dell'articolo 29 per causa imputabile alla stazione appaltante spettano all'appaltatore gli interessi corrispettivi al tasso legale sulle somme dovute. Qualora il ritardo nel pagamento superi i sessanta giorni, dal giorno successivo e fino all'effettivo pagamento sono dovuti gli interessi moratori. 3. Qualora il pagamento della rata di saldo non intervenga nel termine stabilito dall'art. 29 per causa imputabile alla stazione appaltante, sono dovuti gli interessi moratori qualora il ritardo superi i sessanta giorni dal termine stesso. 4. Il saggio degli interessi di mora previsti dai commi 1, 2 e 3 è fissato ogni anno con decreto del Ministro dei lavori pubblici di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Tale misura è comprensiva del maggior danno ai sensi dell'articolo 1224, secondo comma, del codice civile».

L'art. 31 stabilisce, invece, che: «L'appaltatore è sempre tenuto ad uniformarsi alle disposizioni del direttore dei lavori, senza poter sospendere o ritardare il regolare sviluppo dei lavori, quale che sia la contestazione o la riserva che egli iscriva negli atti contabili. 2. Le riserve devono essere iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell'appalto idoneo a riceverle, successivo all'insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell'appaltatore. In ogni caso, sempre a pena di decadenza, le riserve devono essere iscritte anche nel registro di contabilità all'atto della firma immediatamente successiva al verificarsi o

dei lavori pubblici".

O ancora, alla Direttiva 93/38/CE del 1993, inerente gli appalti dei cc.dd. "settori esclusi" ed alla Direttiva 2000/35/CE144

che ha - appunto - imposto agli Stati membri dell'Unione Europea l'introduzione di una disciplina di armonizzazione delle normative nazionali in merito alle conseguenze dell'inadempimento delle obbligazioni pecuniarie - derivanti da accordi tra imprenditori o tra imprenditori e Pubbliche Amministrazioni.

Senza dimenticare, infine, l'art. 10145

del D. Lgs. 231 del 2002 che ha sostituito l'art. 3 della L. 192/1998146

(in materia di subfornitura nelle attività produttive).

al cessare del fatto pregiudizievole. Le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono si intendono abbandonate. 3. Le riserve devono essere formulate in modo specifico ed indicare con precisione le ragioni sulle quali esse si fondano. In particolare, le riserve devono contenere a pena di inammissibilità la precisa quantificazione delle somme che l'appaltatore ritiene gli siano dovute; qualora l'esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della formulazione della riserva, l'appaltatore ha l'onere di provvedervi, sempre a pena di decadenza, entro il termine di quindici giorni fissato dall'articolo 165, comma 3, del regolamento».

144

R. MAGGIONI, Direttiva 2000/35/CE sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni

commerciali, in La Rivista del Consiglio, Ordine degli avvocati e procuratori di Milano, 2001, 1, pp. 103-

116; A. ZACCARIA, La Direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagemento nelle

transazioni commerciali, in Studium iuris, 2001, 3, pp. 259-272; P. SANNA, L'attuazione della dir.

2000/35/Ce in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali: introduzione al d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 (prima parte), in Responsabilità civiile e previdenza, 2003, 1, pp. 247-277.

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L'art. 10 del D.Lgs. 231 del 2002, disciplinante le modifiche alla legge 18 giugno 1998, n. 192, così recita: «1. All'articolo 3, della legge 18 giugno 1998, n. 192, il comma 3 è così sostituito: "In caso di mancato rispetto del termine di pagamento il committente deve al subfornitore, senza bisogno di costituzione in mora, un interesse determinato in misura pari al saggio d'interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca centrale europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorni di calendario del semestre in questione, maggiorato di sette punti percentuali, salva la pattuizione tra le parti di interessi moratori in misura superiore e salva la prova del danno ulteriore. Il saggio di riferimento in vigore il primo giorno lavorativo della Banca centrale europea del semestre in questione si applica per i successivi sei mesi. Ove il ritardto nel pagamento ecceda di trenta giorni il termine convenuto, il committente incorre, inoltre, in una penale pari al 5 per cento dell'importo in relazione in relazione al quale non ha rispettato i termini».

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L'art. 3 della L. 192/1998 così dispone in materia di termini di pagamento: «1. Il contratto deve fissare i termini di pagamento della subfornitura, decorrenti dal momento della consegna del bene o dal momento della comunicazione dell'avvenuta esecuzione della prestazione, e deve precisare, altresì, gli eventuali sconti in caso di pagamento anticipato rispetto alla consegna.

2. Il prezzo pattuito deve essere corrisposto in un termine che non può eccedere i sessanta giorni dal momento della consegna del bene o della comunicazione dell'avvenuta esecuzione della prestazione. Tuttavia, può essere fissato un diverso termine, non eccedente i novanta giorni, in accordi nazionali per settori e comparti specifici, sottoscritti presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato da tutti i soggetti competenti per settore presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro in rappresentanza dei subfornitori e dei committenti. Può altresì essere fissato un diverso termine, in ogni caso non eccedente i novanta giorni, in accordi riferiti al territorio di competenza della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura presso la quale detti accordi sono sottoscritti dalle rappresentanze locali dei medesimi soggetti di cui al secondo periodo. Gli accordi di cui al presente comma devono contenere anche apposite clausole per garantire e migliorare i processi di innovazione tecnologica, di formazione professionale e di integrazione produttiva.

3. In caso di mancato rispetto del termine di pagamento il committente deve al subfornitore, senza bisogno di costituzione in mora, interessi corrispondenti al tasso ufficiale di sconto maggiorato di cinque punti percentuali, salva la pattuizione tra le parti di interessi moratori in misura superiore e salva la prova del danno ulteriore. Ove il ritardo nel pagamento ecceda i trenta giorni dal termine convenuto, il committente incorre, inoltre, in una penale pari al 5 per cento dell'importo in relazione al quale non ha rispettato i termini.

4. In ogni caso la mancata corresponsione del prezzo entro i termini pattuiticostituirà titolo per l'ottenimento di ingiunzione di pagamento provvisoriamente esecutiva ai sensi degli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile.

5. Ove vengano apportate, nel corso dell'esecuzione del rapporto, su richiesta del committente, significative modifiche e varianti che comportino comunque incrementi dei costi, il subfornitore avrà diritto ad un

Ciò detto, ritornando alla tematica degli interessi moratori cui l'art. 1224 c.c. fa riferimento occorre richiamare la significativa giurisprudenza di legittimità che su di essi ha avuto modo di pronunciarsi.

Anzitutto, la sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19499 del 16 luglio 2008 nella quale si osserva come nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti, dal giorno della mora, gli interessi legali ed al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento. Mentre poi nelle obbligazioni di valore il giudice procede automaticamente alla rivalutazione delle somme spettanti, nelle obbligazioni di valuta si applica il principio nominalistico, ovvero il debitore è liberato pagando l'esatto ammontare "nominale" del debito.

Infine, sempre nelle prestazioni pecuniarie, al creditore non soddisfatto vengono riconosciuti solo gli interessi legali che, per altro, non possono essere liquidati d'ufficio ma devono essere oggetto di una specifica richiesta. Nel caso poi in cui sia configurabile un "maggior danno", eccedente gli interessi legali, ne deve essere fornita specifica prova: in particolare, il rischio di svalutazione assume rilievo solo come eventuale "maggior danno", per la misura che sopravanza il tasso legale. Il creditore, pertanto, attraverso un esplicito petitum e specifici elementi di prova può richiedere distintamente, il capitale originario, gli interessi legali e, con adeguati elementi di prova, il maggior danno. Quest'ultimo, viene riconosciuto esclusivamente per la parte non ricoperta dagli interessi legali. La pronuncia in esame, dunque, pone centrale attenzione sulla tematica del riconoscimento dei «danni nelle obbligazioni pecuniarie»; ed in particolare, sul c.d. «danno da svalutazione»147

.

3.2. Risarcimento del danno da «svalutazione monetaria» quale

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