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Segue: configurabilità del ritardo nell’adempimento e sua incidenza all’interno del rapporto obbligatorio

Dopo aver osservato cosa avviene una volta sorta l’obbligazione, occorre domandarsi cosa, invece, succede se la prestazione non è eseguita o se non è eseguita secondo quanto promesso.

In tema di inadempimento dell’obbligazione, infatti, il Legislatore italiano espressamente disciplina la mora del debitore nel Capo III del Libro IV del c.c.; fa, invece, riferimento al «ritardo» negli articoli 1218, 1223 e 1225.

Anche in merito a detto argomento, contrastanti si sono dimostrati – nel tempo – gli orientamenti dottrinali.

Un primo aspetto di discussione attiene proprio il ritardo nell’adempimento. Ai fini del risarcimento del danno, costituisce il semplice ritardo – senza costituzione in mora – inadempimento?.

Secondo un primo orientamento116 la richiesta formale del creditore rende

116

A. RAVAZZONI, La costituzione in mora del debitore, Milano, 1957; A. VENTURELLI, Specialità della

«attuale» l’obbligo del debitore, con la conseguenza che prima dell’intimazione non sussisterebbe ritardo.

Se interpretiamo questo primo filone di pensiero, la distinzione tra mora e ritardo non può, dunque, trovare fondamento nell'art. 1219 c.c. - posto che detta disposizione prevede la costituzione in mora automatica solo per le obbligazioni ivi indicate - né può essere ancorata sull'art. 1224 c.c. che, non discostandosi dall'art. 1223 c.c. il cui richiamo è effettuato dall'art. 1218 c.c., riconosce come - nel caso in cui la prestazione è eseguita con ritardo - il risarcimento del danno attiene sia il danno emergente che il lucro cessante.

Di diverso avviso chi117, invece, afferma che il ritardo si risolve nella mora,

esistendo tuttavia ipotesi residuali rilevanti ex se, come ad esempio i debiti

quérables ovvero portables, oppure se il creditore chiede verbalmente

l’adempimento e la prestazione rimane ineseguita.

Pertanto, non richiedendo la legge per l'esercizio del diritto di credito un atto formale, appare pacifico che la mancata esecuzione della prestazione deve considerarsi inadempimento, con la conseguenza che ricadono sul debitore i rischi per l’impossibilità sopravvenuta della prestazione (ex art. 1221 c.c.) e trovano applicazione per le obbligazioni pecuniarie i principi di cui all'art. 1224 c.c..

In senso contrario118

si è ritenuto che il ritardo implichi l’obiettiva «fattispecie

dell’inadempimento temporale, imputabile o no al debitore», costituendo,

invece, la mora una fattispecie di ritardo imputabile al debitore.

Tuttavia, una richiesta verbale per le obbligazioni da eseguirsi al domicilio non si ritiene sufficiente poiché solo se la stessa si concretizzasse per iscritto consentirebbe al debitore di valutarne la serietà e di rendere attuale il suo obbligo119

.

Pertanto, «la mora sorge per effetto della scadenza del termine, della richiesta

formale del creditore, ove questa sia richiesta dalla legge, e dal dolo e dalla colpa del debitore»120

.

901.

117BIGLIAZZIGERI, In tema di risoluzione del contratto ex art. 1453 cod. civ., di costituzione in mora e di

tardivo adempimento, nota a Cass., 10 gennaio 1963, n. 30, in Foro It., 1963, I, c. 1458 e ss; U. NATOLI,

L'attuazione del rapporto obbligatorio, Appunti delle Lezioni, Milano, Giuffré, 1964, pp. 149.

118

M. C. BIANCA, Dell'inadempimento delle obbligazioni, Art. 1218 - 1229, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Libro IV. Delle obbligazioni, Bologna - Roma, Zanichelli, 1973, pp. 174 e ss.; ID, Diritto

civile, 5., La responsabilità, Milano, Giuffré, 1994, pp. 81 e ss..

119A. MAGAZZÙ, voce «Mora del debitore», in Enc. del dir., XXVI, Milano, Giuffré, 1976, p. 942. 120

M. C. BIANCA , Diritto civile, 5, La Responsabilità, Milano, Giuffré, 1994, pp. 81 e ss.; M. C. BIANCA,

Dell'inadempimento delle obbligazioni, Art. 1218 - 1229, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Libro IV. Delle obbligazioni, Bologna - Roma, Zanichelli, 1973, pp. 174 ss.

Sulla funzione della mora121

si sono soffermati poi altri autorevoli Autori. Ad avviso di alcuni122

, infatti, la stessa sarebbe dotata di una funzione autonoma, volta a tutelare il creditore ed a produrre effetti specifici.

Quali lo spostamento a carico del debitore del rischio dell’impossibilità sopravvenuta e l’obbligo di corresponsione degli interessi di mora.

Vi è poi chi123

ritiene che il riferimento all’esperienza quotidiana sia elemento che consente di valutare opportunamente l’autonoma rilevanza del ritardo nell’adempimento.

Esaminando, cioè, il medesimo all’interno dei casi concreti in cui si realizza. Oppure, ancora, il ritardo e la mora assumono rilievo autonomo se si considera quest’ultima fatto formale – come nel capitolo I si è avuto modo di sottolineare. Perdipiù, sotto questo aspetto pacifico è l’assunto per il quale il ritardo assume funzione strumentale alla configurazione dell’inadempimento.

Costituiscono, dunque, tutti i criteri sin qui illustrati strumenti giuridici idonei ad affermare – in conclusione – che «gli interessi saranno dovuti per il semplice

ritardo, anche non colpevole»124.

Rilevante importanza assume in merito agli stessi anche la giurisprudenza di legittimità.

Le numerose pronunce affermatesi sottolineano ancora una volta il generale principio per cui la costituzione in mora produce gli effetti regolati dall’art. 1219 c.c..

Questa, infatti, non coincide con il ritardo che, invece, rileva autonomamente e consente al creditore di domandare la risoluzione del contratto ovvero il pagamento della penale, oltre al risarcimento del danno per il ritardo adempimento di un’obbligazione pecuniaria, qualora il creditore non voglia o non possa ottenere la corresponsione degli interessi a norma dell’art. 1282 c.c.125

.

121 In merito alla natura giuridica della costituzione in mora ci siamo già soffermati nei capitoli precedenti.

Occorre ricordare che la Cass. Civ. Sez. Lavoro, con la sent. n 1618 del 1982 la definisce come mero atto giuridico recettizio, non occorrendo che vi sia una specifica volontà del creditore in ordine alla produzione degli effetti propri della mora. Da questa qualificazione giuridica discende l'inapplicabilità del rinvio ex art. 1324 c.c., norma che postula la natura negoziale dell'atto (Cass. Civ. Sez. Lavoro, sent. n. 8711 del 1993).

122A. MAGAZZÙ, voce «Mora del debitore», in Enc. del dir., XXVI, Milano, Giuffré, 1976, pp. 936 e ss. 123

Tra i molti: M. CANTILLO, Le obbligazioni, in Giur. sist. civ. comm., a cura di Bigiavi, Torino, Utet, 1992, pp. 661 e ss; S. MAZZARESE, voce «Mora del creditore», nel Digesto, Disc. priv., sez. civ., XI, Torino, Utet,

1994, pp. 444 e ss..

124M. TRIMARCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, Cedam, 1993, p. 527. 125

Cass., 24 settembre 1999, n. 10511, in Giust. civ., 1999, I, c. 2929; Cass., 8 agosto 1991, n. 8623, in Rep

Foro it., 1991; Cass., 17 aprile 1970, n. 1109, in Giur. it., 1971, I, 1, c. 282; Cass., 14 febbraio 1967, n. 364,

2.5. Le pronunce della giurisprudenza (anche comunitaria) sulla nozione di

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