Le fratture del femore rappresentano la maggioranza (63%) dei casi descritti. Tale predominio viene attribuito a una combinazione di fattori demografici, anatomici e bio-meccanici: le fratture di femore prossimale si verificano ti-picamente pazienti anziani osteoporotici e il femore stesso è sensibile alle PIFs a causa della sua forma peculiare e del carico eccentrico. È stata tuttavia osservata una distri-buzione bimodale delle PIFs con una predominanza nei pazienti anziani in seguito a traumi a bassa velocità; un secondo picco si ha in pazienti più giovani con politrauma in associazione a traumi ad alta energia.
Classificazione
Negli ultimi anni sono stati elaborati due sistemi classifica-tivi principali per le PIFs.
Classificazione di Chan et al. (2018)
Le PIFs vengono classificate in base a: tipo di impianto (chiodo vs placca); posizione della frattura relativamente all’impianto (tipo 1: in corrispondenza dell’origine prossi-male dell’impianto; tipo 2: distale all’impianto) e in rela-zione allo stato di guarigione della frattura originale ( A: guarita, B non guarita per motivi intrinseci; C: non guarita per fallimento della sintesi) 3 (Fig. 1).
Classificazione di Egol et al. (2019)
Anche in questo caso viene distinto innanzitutto il tipo di impianto: PS (Plat/Screw)- placca e viti) o IM (IntraMe-dullary- chiodo endomidollare). Tali fratture vengono poi ulteriormente classificate in base alla loro localizzazione rispetto all’impianto: avremo perciò i sottotipi 1 (al di fuori dell’impianto, prossimalmente o più di frequente a livello
distale), 2 ( in corrispondenza del limite dell’impianto) e 3 (nel contesto dell’impianto) 5.
Discussione
Le PIFs sono infatti fratture relativamente rare ma molto eterogenee e la scelta dei parametri da considerare in un sistema classificativo potrebbe risultare molto ampia. I due sistemi di classificazione sopra descritti appaiono estremamente simili tra loro, fondati sulla identificazio-ni di parametri semplici ma essenziali per un primo in-quadramento diagnostico, in grado di guidare la nostra scelta terapeutica al fine di elaborare una classificazione che sia utile non solo da un punto di vista descrittivo, ma anche pratico. La scelta di un sistema classificativo è necessaria per portare uniformità nel linguaggio scienti-fico in previsione di nuovi studi clinici, ed eventualmente all’introduzione di nuovi algoritmi di trattamento per mi-gliorare gli outcome del paziente, considerando la note-vole dispersione dei dati dovuta all’ampia diversità del pattern delle PIFs.
Le due classificazioni proposte sono state formulate rifa-cendosi alla nota classificazione di Vancouver per le frat-ture periprotesiche di anca: in tale classificazione (come anche nell’analoga classificazione UCS, classificazione proposta per le fratture periprotesiche di tutti i distretti corporei) i parametri fondamentali presi in considerazione sono infatti la localizzazione della frattura rispetto all’im-pianto, la stabilità dell’impianto primario e la presenza di bone stock sufficiente.
Figura 1. Le fratture peri-impianto vengono classificate in base al tipo di impianto presente (chiodi o placche), alla posizione della nuova frattura (tipo1, tipo2, tipo3) e allo stato di guarigione della frattura primaria.
104° CONGRESSO NAZIONALE S.I.O.T. M. Rezzoagli et al.
La maggior parte delle PIFs si verifica in corrispondenza di placche e viti (70%) e meno frequentemente a livello di chiodi endomidollari in quest’ultimo gruppo non sem-brano esservi grandi differenze tra chiodi corti e lunghi) (Figg. 2-4). Il tipo di mezzo di impianto originale (intrami-dollare/extramidollare) influisce sulla possibile successiva collocazione dei mezzi di sintesi aggiuntivi. Nei casi in cui l’impianto venga mantenuto, altri dispositivi devono essere posizionati intorno a esso, in caso contrario i difetti ossei e le aree di potenziale debolezza devono essere identificati e, se necessario, colmati. In entrambi i casi, devono es-sere evitate aree ad alta concentrazione di stress tra im-pianti: questo può essere ottenuto con il posizionamento di mezzi di sintesi in grado di coprire tutte le aree di poten-ziale debolezza con impianti più lunghi o placche a ponte o mettendo impianti sovrapposti in overlapping.
Le fratture che si verificano all’estremità prossimale rispet-to a quelle che originano distanti dall’impianrispet-to differiscono sia in termini di meccanismo di frattura che di trattamento. Da un punto di vista biomeccanico, nelle fratture di tipo 1 sec Chen/tipo 2 sec Egol, l’impianto ha agito da solle-citatore e ha predisposto l’osso a ulteriori fratture. Nelle fratture distali al mezzo di sintesi (tipo 2 sec Chen/tipo 1 sec Egol) invece, l’impianto non ha contribuito direttamen-te alla frattura, che si è verificata a causa di una lontana area di debolezza (di solito la metafisi distale). In termini di trattamento, una frattura di tipo 1 va incontro a
sostituzio-Figura 2. Frattura peri-impianto tipo III sec. Egol (AP).
Figura 3. Frattura peri-impianto tipo III sec. Egol (LL).
Figura 4. Frattura peri-impianto tipo Tipo1 sec Chan/Tipo 2 sec Egon.
104° CONGRESSO NAZIONALE S.I.O.T. Fratture peri-impianto (PIFS): descrizione e confronto dei due principali sistemi classificativi
ne del mezzo di sintesi presente con un impianto più lungo laddove nelle fratture distali (tipo 2) invece non è possibile sostituire il mezzo di sintesi originario e ad esso ne va ag-giunto uno nuove in grado di ridurre e sintetizzare la PIF. Le fratture distali all’impianto sono inoltre le più frequenti (46-65%).
Lo stato della frattura originale è un terzo fattore che viene considerato nella classificazione di Chen, in quanto con-siderato dagli autori parametro essenziale per la scelta te-rapeutica. Se infatti le fratture tipo A possono essere trat-tate con rimozione dell’impianto originale, le PIFs tipo B, caratterizzate da una frattura originale stabile non guarita, necessitano solitamente del mantenimento dell’impianto originale. Il tipo C è l’equivalente di una frattura a doppio livello che richiede una revisione della fissazione originaria per il trattamento della non consolidazione in aggiunta alla fissazione della PIF. La classificazione di Egol ha voluta-mente scelto di non inserire questo parametro aggiuntivo per evitare la dispersione dei dati in una classe di fratture già di per sé abbastanza rara.
Da considerare inoltre che lo stato di non guarigione della frattura può essere una non consolidazione dovuta a una ri-frattura precoce o viceversa può essere correlato a una pseudoartrosi in casi di fratture avvenute a più di 6 mesi dalla frattura originaria. Il tempo medio di distanza tra la frattura iniziale e la PIF è di circa 6 anni, con un trend più precoce (3 anni) nei chiodi rispetto alle PIFs su placca in alcuni studi, mentre in altri studi il tempo medio è di circa 450 giorni, con una maggiore frequenza nel sesso fem-minile.
Conclusioni
In conclusione possiamo affermare come le fratture peri-impianto rappresentino un problema importante, la cui in-cidenza è destinata ad aumentare. A oggi non esiste un trattamento univoco ma la corretta scelta terapeutica di-pende dal mezzo di sintesi originario, dal livello di frattura, dalla qualità dell’osso e dalle condizioni generali del pa-ziente. Le complicanze correlate a queste fratture restano
molto alte, con un rischio di nuova frattura aumentato del 20% e un aumentato rischio di pseudoartrosi, dovuti alla frequente presenza di perdita del bone stock, allo stress shield e all’osteopenia da disuso; tali complicanze sono frequenti in tutti distretti ma lo sono ancora più nel pazien-te anziano in cui la mortalità per le PIFs nel femore può arrivare a sfiorare il 23-45%. Nuovi dati in letteratura ci aiu-teranno nei prossimi anni nello sviluppo di nuove linee gui-da con eventuali algoritmi di trattamento per le PIFs, come in parte proposto da Chen a corollario della sua classifi-cazione. Si tratta pertanto di una chirurgia complessa da eseguire, dove può capitare che il chirurgo, nonostante un adeguato planning pre-operatorio, sia costretto a cambia-re tipologia d’intervento durante l’intervento stesso. Per tale motivo, a nostro avviso, è necessario rivolgere molta attenzione nello scegliere il mezzo di sintesi adeguato per il trattamento della frattura originale seguendo i dettami scientifici e fare attenzione ai fattori di rischio che possano portare a una frattura peri-impianto; con la definizione di principi e strategie di gestione ottimali possiamo sperare di migliorare i risultati e ridurre le complicazioni.
Bibliografia
1 Giannoudis PV, Kanakaris NK, Tsiridis E. Principles of internal fixation and selection of implants for periprosthetic femoral fractures. Injury 2007;38:669-87.
2 Duncan CP, Haddad FS. The Unified Classification System (UCS): improving our understanding of periprosthetic fractu-res. Bone Jt J 2014;96-B:713-6.
3 Egol KA, Carlock KD, Kelly EA, et al. Previous Implant Fractu-res (PIFs): a new descriptive classification system. J Orthop Trauma 2019;33:423-7.
4 Müller F, Galler M, Zellner M, et al. Peri-implant femoral frac-tures: the risk is more than three times higher within PFN compared with DHS. Injury 2016;47:2189-2194.
5 Chan LWM, Gardner AW, Wong MK, et al. Non-Prosthetic peri-implant fractures: classification, management and out-comes. Arch Orthop Trauma Surg 2018;138:791-802.
Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia 2019;45(Suppl. 1):S426-S430 104° CONGRESSO NAZIONALE
S.I.O.T.
Riassunto
Il processo riabilitativo post ricostruzione del crociato anteriore e il conseguente ritorno all’attività sportiva, in età pediatrica, è un dibattito ancora acceso e aperto, che coinvolge svariati professio-nisti. Nonostante i numerosi tentativi di stilare delle linee guida universali utilizzando un linguaggio uniforme, non emerge dall’analisi della letteratura l’esistenza di protocolli standardizzati, avendo ancora un ruolo preponderante l’esperienza personale e le valutazioni soggettive del professionista coinvolto.
Parole chiave: riabilitazione, crociato, sport, età pediatrica
Summary
The rehabilitation after riconstruction of anterior cruciate ligament and the consequent return to sport, in the pediatric age, is a debate that is still on and opened and involves several professionals. Despite numerous attempts to draw up universal guidelines using a uniform language, the existence of standardized protocols does not appear from the analysis of the literature. The personal experience and the subjective evaluations of the specialists involved have a predominant role.
Key words: rehabilitation, cruciate ligament, return to sport, adolescent G. Rocca
G. Colasanto A. De Venuto
AOU Maggiore della Carità di Novara-SC Ortopedia Pediatrica
Indirizzo per la corrispondenza: Gino Rocca
SCDO Ortopedia e Traumatologia Pediatrica Azienda Ospedaliero-Universitaria “Magggiore della Carità” - NOVARA
E-mail: [email protected]