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Nella bimono si utilizza la stessa tecnica chirurgica della PMG applicata sia al comparto mediale che laterale. Tut-te le nostre bimono, cosi come ogni proTut-tesi di ginocchio, sono eseguite senza utilizzo di laccio ischemico. Sono possibili due approcci chirurgici: una doppia mini-incisione o un’incisione parapatellare mediale isolata 13. La prima opzione consiste in una piccola incisione cutanea parapa-tellare mediale, di 4-6 centimetri, e un’incisione parapatel-lare laterale, di 6-8 centimetri. In tal modo l’esposizione di ogni comparto si ottiene con un accesso dedicato. Quindi la chirurgia continua come se si realizzassero due PMG in successione, iniziando dal lato concavo della deformità co-ronale. Dopo aver corretto la deformità con le componenti di prova, si approccia il comparto opposto. La seconda scelta, più utilizzata, è un’incisione parapatellare mediale di 8-10 cm di lunghezza. A seguito di un’artrotomia mini-midvastus si ottiene una buona esposizione di entrambi i comparti, mediale e laterale, senza evertere la rotula. Una volta esposte le superfici condrali, i tagli ossei possono es-sere realizzati partendo dalla tibia. L’allineamento coronale deve essere anatomico e non meccanico. Per raggiunge-re questo obiettivo, l’orientamento coronale dei tagli tibiali deve essere perpendicolare all’asse epifisario della tibia e non all’intero asse tibiale, in modo da rispettare l’altezza e l’obliquità dell’interlinea articolare ed evitare ogni tipo di re-lease. Il morfotipo originario del paziente (varo-valgo)

do-vrebbe essere mantenuto, quindi i tagli dodo-vrebbero essere realizzati con lo scopo di ottenere una ipocorrezione della deformità. Nel piano sagittale, l’orientamento del taglio ti-biale (slope) dovrebbe essere di 0-3° per il comparto late-rale e di 3-6° per il comparto mediale; sarà così riprodotto lo slope nativo e preservata la stabilità dell’LCA e dell’LCP. Il passo successivo consiste nel controllare la stabilità del ginocchio in estensione usando gli spaziatori. A questo punto è utile marcare il limite anteriore della tibia sui condili femorali e usarlo come repere per il corretto posiziona-mento delle componenti femorali di prova. Il taglio femo-rale distale viene eseguito con il ginocchio in estensione e quello posteriore con il ginocchio in flessione. Solo 2-3 mm di osso e cartilagine, la quantità corrispondente allo spessore della componente femorale, sono rimossi dal fe-more (protesi di rivestimento). Spesso, la posizione delle componenti femorali nel piano coronale dovrebbe essere il Figura 2. (a) Protesi mono-compartimentale mediale bilaterale in uomo di 64 anni, eseguita nel 1994. (b) Per il progredire dell’artrosi nel comparto laterale, il paziente è stato sottoposto a PMG laterale sinistra dopo 14 anni e PMG laterale destra dopo 21 anni. Attualmente il paziente è asintomatico e soddisfatto.

104° CONGRESSO NAZIONALE S.I.O.T. Le bimono: indicazioni e note di tecnica

più laterale possibile. La tibia ruota esternamente durante l’estensione completa, e questo accorgimento permette alle componenti femorali di restare perpendicolari al piatto tibiale durante tutto l’arco di movimento, sia in estensione che in flessione. Il grande vantaggio della bimono è la pos-sibilità di scegliere tra svariate taglie di componenti femo-rali sia per il comparto mediale che laterale, consentendo un rivestimento ideale per i condili, con un’artroplastica fatta su misura (“custom-made”).

È inoltre possibile scegliere due disegni protesici differenti per il comparto mediale e per quello laterale, di modo da adattarsi il più possibile alla differente anatomia dei due compartimenti. È infatti noto che il piatto tibiale laterale ha una forma semicircolare, mentre il piatto tibiale mediale è a goccia. Pertanto un disegno tibiale cosiddetto “anatomico” si adatterà bene al comparto mediale, meno a quello laterale. Allo stesso modo il condilo femorale laterale è retto, mentre quello mediale è curvo. Anche qui un disegno anatomico si adatterà al comparto mediale e non a quello laterale (Fig. 3).

Dopo il posizionamento delle componenti di prova, la stabilità, il ROM e l’allineamento del ginocchio vengono controllati: se sono adeguati le superfici ossee vengono preparate per la cementazione con perforazioni. Si inizia a cementare il piatto tibiale laterale (meno accessibile), si procede col mediale e si termina con le componenti fe-morali.

Raramente, in casi accuratamente selezionati, come nell’uomo giovane e attivo ideale per la bimono, se l’unico limite è l’assenza del LCA, è possibile realizzare la bimono con ricostruzione simultanea del LCA 14. Si raccomanda un innesto autologo con semitendine e gracile per ridurre la morbidità e le incisioni cutanee; l’uso di allograft è un’al-tra possibilità. In questo caso la chirurgia inizia con il pre-lievo dei tendini, la realizzazione dei tunnel e l’impianto del neo-legamento. Si fissa il neolegamento solo sul versante femorale. Dopo di che si procede alla realizzazione della bimono come precedentemente illustrato. Infine, dopo la cementazione, si fissa il neo-legamento al versante tibiale. Le complicanze intraoperatorie includono l’errato posi-zionamento delle componenti, la frattura dell’eminenza tibiale, il bilanciamento legamentoso sbagliato ed errori di cementazione. Nel caso di frattura dell’eminenza tibiale durante l’intervento, si può procedere alla fissazione della stessa mediante due viti da corticale divergenti appena prima della cementazione. Non abbiamo mai avuto una mancata consolidazione della spina intercondiloidea dopo fissazione.

Il protocollo riabilitativo postoperatorio prevede il carico immediato protetto, con 2 stampelle per 2 o 3 settimane a seconda del paziente, ed esercizi focalizzati sul recupe-ro dell’estensione completa passiva e su una adeguata flessione, rinforzo isometrico del quadricipite femorale e miglioramento progressivo della flessione ed estensione attiva del ginocchio. Tutti i pazienti sono sottoposti di rou-tine a una profilassi postoperatoria con eparina a basso peso molecolare per 30 giorni.

Conclusioni

La ricerca nella protesica di ginocchio mira a ricreare una cinematica e una funzione normale. Questo scopo è per-seguito con lo sviluppo di protesi di ginocchio “confezio-nate su misura”, con design anatomici che possano il più possibile mimare la cinematica originaria del ginocchio. Altro punto cruciale è ridurre l’invasività utilizzando vie d’accesso chirurgiche mininvasive e strumentari dedica-ti. L’utilizzo di protesi monocompartimentali può essere la soluzione a queste due necessità. Una singola PMG per un’osteoartrosi tibiofemorale mono-compartimentale ha mostrato risultati clinici e una sopravvivenza eccellente, e il loro uso si sta diffondendo sempre più. La combinazione di due PMG (mediale e laterale) nel trattamento dell’artrosi bicompartimentale può similmente dare risultati eccellenti, ma questa chirurgia così specifica, seppur attraente, è im-pegnativa e poco diffusa.

La sostituzione protesica bicompartimentale mostra risul-tati clinici eccellenti, con un’analisi del passo e una funzio-ne del ginocchio più naturale se comparata a una protesi Figura 3. Protesi bi-monocompartimentale in cui si sono utilizzati

due disegni protesici diversi per il comparto mediale e laterale. Nel comparto mediale si è utilizzato un sistema protesico con tibia e femore anatomici; nel comparto laterale si è utilizzato un sistema con tibia semicircolare e femore retto.

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totale di ginocchio. Questi risultati possono essere ottenuti solo con una corretta tecnica chirurgica. Il concetto-chia-ve è che la bi-mono deconcetto-chia-ve essere impiantata senza altera-re la cinematica nativa del ginocchio: dovaltera-rebbe essealtera-re la protesi ad adattarsi al ginocchio e non vice versa. L’uso di un allineamento anatomico è essenziale: consente il cor-retto tensionamento dell’LCA e dell’LCP attraverso l’intero ROM, permettendo ai crociati di svolgere fisiologicamente le loro funzioni, come il rotolamento femorale. Inoltre, la filosofia della mini-invasività non è un’opzione ma parte integrante della sostituzione protesica bi-monocomparti-mentale di ginocchio. La caratteristica principale di questa chirurgia è il rispetto delle strutture integre del ginocchio e la sostituzione solamente di quelle danneggiate, quindi approcci chirurgici tradizionali risultano illogici in questa ottica.

In conclusione, anche se tecnicamente complessa, la pro-tesi bi-mono è tra le artroplastiche di ginocchio più ana-tomiche e conservative a disposizione. Se impiantate con un allineamento anatomico e una tecnica chirurgica minin-vasiva consente una fedele riproduzione della cinematica nativa del ginocchio oltre a una sopravvivenza e a risultati clinici eccellenti.

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Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia 2019;45(Suppl. 1):S471-S475 104° CONGRESSO NAZIONALE

S.I.O.T.

Riassunto

Dopo i primi insuccessi delle protesi monocompartimentali (UKA) dovute a un’indicazione spesso errata e spinta oltre la normale concezione delle UKA, lo studio dei registri, degli insuccessi e della biomeccanica protesica ha permesso di ragionare sui design e le indicazioni di questo modello protesico ottenendo negli ultimi anni una riscoperta e maggior successo in tutto il mondo. I registri nazionali di artroprotesi, strumenti fondamentale per una ricerca adeguata sugli impianti protesici, ci hanno permesso negli ultimi anni di delineare il paziente con maggior successo per gli impianti protesici monocompartimentali. Negli ultimi anni in quasi tutti i registri del mondo si è evidenziato infatti un ritorno all’uso delle UKA con maggior tasso di successo. Nonostante ciò ancora oggi le protesi monocompartimentali però hanno un tasso di revisione che si attesta al 25% ai 15 anni dall’impianto con un picco molto alto per i pazienti il cui impianto è eseguito in giovane età. Una migliore scelta del paziente per il prossimo futuro è necessaria per il loro successo che è infatti attualmente legato alla possibilità che questa sia per il paziente l’ultimo intervento necessario per il proprio ginocchio e non un intervento di chirurgia intermedia alla definitiva protesi totale come era spesso e purtroppo tacciata in passato.

Parole chiave: monocompartimentale, registri nazionali, ginocchio, gonartrosi mediale, gonartrosi laterale

Summary

After the first failures of the unicompartmental prostheses (UKA) due to an incorrect indication and obsolete design, led to the ideation of new designs and to the formulation of strict indications obtaining in the last years a rediscovery of UKA and successful implants. The national arthroplasty registries, fundamental tools for an adequate research on prosthetic implants, have allowed us in recent years to outline the patient with greater success for UKA. implants. In recent years, in almost all the world’s registers, a return to the use of UKAs with greater success rates has been highlighted. Despite this, however, unicompartmental prostheses still have a revision rate that stands at 25% at 15 years from the implant with a very high peak for patients whose implant is performed at a young age. A better patient choice for the UKA’s future is necessary for the success. it is considered fundamental the possibility that the UKA will be for the patient the last intervention necessary for his knee and not an intermediate surgery pending the definitive total prosthesis as it was often and unfortunately thought in the past.

Key words: unicompartmental, national registry, osteoarthritis, knee G. Placella

V. Salini

Unità di Ortopedia e Traumatologia, Ospedale San Raffaele, Milano

Indirizzo per la corrispondenza: G. Placella

Unità di Ortopedia e Traumatologia, Ospedale San Raffaele

via Olgettina, 60 20132 Milano

[email protected]