corrente di pensiero638 che fa leva sulla strumentalità dell‟istituto all‟attuazione dell‟indirizzo politico639 (la cui determinazione è di esclusiva competenza consiliare)640 e sulla circostanza che essa, per il principio della responsabilità politica solidale dei ministri, «trascende normalmente la posizione del singolo membro del Governo e richiama fatalmente in causa la posizione dell‟intero gabinetto»641.
Alcuni fautori della tesi «consiliare» ritengono, tuttavia, che in casi di particolare «urgenza» (ad esempio davanti ad una proposta ritenuta centrale per l‟attuazione dell‟indirizzo politico del Governo) il Presidente del Consiglio (qualora non sia in grado di consultarsi tempestivamente con i membri del gabinetto) possa, in virtù del potere/dovere che a lui compete di garantire la linea politica del Governo642, porre la questione di fiducia anche in assenza di una preventiva deliberazione dell‟organo collegiale643, ma con l‟assenso tacito di quest‟ultimo (che potrà eventualmente essere ribadito in una riunione consiliare prima della votazione)644.
Ovviamente, proprio in quanto fondata sull‟urgenza, tale possibilità dovrà costituire l‟eccezione nel quadro delle richieste di fiducia645.
638 Cfr. L. Preti, Il Governo, op. cit., p. 182 s.; V. Falzone, La prassi nell’ordinamento costituzionale repubblicano: consuntivo dopo dieci anni, in Raccolta di scritti sulla Costituzione (Studi sulla Costituzione), II, Milano, 1958, p. 471; E. Baldini, Alcuni aspetti della figura del Presidente del Consiglio, op. cit., p. 62; S. Labriola, Lineamenti costituzionali della Presidenza del Consiglio, in Costituzione e struttura del Governo, op. cit., p. 76 s.; A. Ruggeri, Il Consiglio dei Ministri, op. cit., p.
368 ss.
639 Investendo la richiesta di fiducia «la sostanza stessa dell‟indirizzo politico», la sede più acconcia per la posizione della questione di fiducia non può essere, quindi, che il Consiglio dei ministri «dove l‟indirizzo politico trova il suo procedimento di coagulazione»: così G. Boccaccini, La questione di fiducia, Milano, 1974, p. 58.
640 M. Galizia, Crisi di Gabinetto, op. cit., p. 381.
641 Così E. Sailis, Rapporto fiduciario, op. cit., p. 209. L‟argomento più netto a favore della delibera consiliare sarebbe però ricavabile «dalle caratteristiche del rapporto fiduciario nel suo momento genetico»; essendo la questione di fiducia «un istituto mediante il quale il Governo pone pur sempre in essere una verifica del rapporto fiduciario», tale iniziativa non potrà, infatti, che essere presa «dalle parti originarie del rapporto stesso», e poiché nella fattispecie «è il Governo (e non il suo Presidente) ad instaurare il rapporto di fiducia con le Camere, sarà l‟organo collegiale “di vertice” del Governo a dover necessariamente deliberare circa la posizione della questione di fiducia»: così M. Olivetti, La questione di fiducia, op. cit., p. 192 s.
642 F. Cuocolo, Istituzioni di diritto pubblico, op. cit., p. 427.
643 Di questo avviso V. Falzone, La prassi nell’ordinamento costituzionale repubblicano, op. cit., p. 471;
G. Ferrara, Il Governo di coalizione, op. cit., p. 177, nt. 62 e S. Labriola, Lineamenti, op. cit., p. 76 s.
Anche nell‟attuale ordinamento, del resto, è accaduto che «in circostanze di particolare urgenza (per evitare ad esempio la modificazione di certi disegni di legge) il solo Presidente del Consiglio abbia messo in gioco le sorti del Governo, sia pure per far prevalere una linea politica prestabilita dall‟intero gabinetto»: così L. Paladin, Governo italiano, op. cit., p. 702.
644 M. Galizia, Crisi di Gabinetto, op. cit., p. 381.
645 G. Boccaccini, La questione di fiducia, op. cit., p. 59.
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Alcune regole concernenti l‟individuazione dell‟organo competente a decidere sulla posizione della questione di fiducia ed a darne comunicazione in Parlamento sono state, infine, introdotte dalla legge 23 agosto 1988, n. 400 ai sensi della quale:
«il Consiglio dei ministri esprime l'assenso alla iniziativa del Presidente del Consiglio dei ministri di porre la questione di fiducia dinanzi alle Camere» (art. 2, comma 2);
il Presidente del Consiglio dei ministri a nome del Governo «pone, direttamente o a mezzo di un Ministro espressamente delegato, la questione di fiducia» (art. 5, comma 1, lett. b).
Secondo alcuni commentatori la disciplina adottata, pur costituendo nel complesso una
«salomonica» mediazione tra l‟ipotesi dell‟attribuzione del potere di porre la questione di fiducia al solo Presidente del Consiglio e quella di riservare tale decisione al Consiglio dei ministri646, non avrebbe del tutto risolto il problema delle necessità o meno della previa deliberazione consiliare.
È vero, infatti, che la formulazione testuale nega chiaramente al Presidente del Consiglio la possibilità di porre la questione di fiducia in presenza di un esplicito orientamento collegiale in senso contrario647; la stessa non sembra, tuttavia, precludere l‟ipotesi che, qualora lo richiedano le circostanze, l‟assenso del Consiglio dei ministri possa essere dato successivamente alla stessa posizione della questione di fiducia, a ratifica di una «iniziativa» del Presidente del Consiglio648.
2.3. Crisi di governo, rimpasto ed assunzione del dicastero ad interim
Alla luce delle previsioni costituzionali e regolamentari precedentemente richiamate, il Governo è tenuto a rassegnare le proprie dimissioni a seguito:
della mancata concessione iniziale della fiducia, anche se da parte di una sola delle due Camere;
della successiva interruzione del rapporto di fiducia, a seguito di un voto contrario delle Camere alla questione di fiducia posta dal Governo su una propria proposta;
646 A. D‟Andrea, Accordi di governo, op. cit., p. 216.
647 M. Villone, Il Consiglio dei Ministri, op. cit., p. 301 s. e nt. 26.
648 Cfr. C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, op. cit., p. 591 e G. Pitruzzella, Il Consiglio dei Ministri, op. cit., p. 127. Nello stesso senso S. Labriola, Il Governo della Repubblica, op. cit., p. 60 a parere del quale «si verifica nella fattispecie, uno spostamento dell‟equilibrio tra principio monocratico e principio collegiale nella disciplina del Governo, a favore del primo principio».
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della successiva interruzione del rapporto di fiducia, a seguito dell‟approvazione di una mozione di sfiducia nei confronti dell‟intero Governo649.
Com‟è noto, tuttavia, dall‟entrata in vigore della Costituzione sino ad oggi l‟art. 94 è rimasto sostanzialmente in effettivo, dal momento che:
nessuna crisi di governo si è mai verificata a seguito dell‟approvazione di una mozione di sfiducia650;
soltanto in due occasioni il Governo si è dimesso a seguito di un voto contrario su una questione di fiducia651;
soltanto cinque governi si sono dimessi per non aver avuto la fiducia iniziale652.
È invalsa, quindi, la prassi delle crisi di governo c.d. «extraparlamentari», determinate da dimissioni spontanee del Governo (ovvero da dimissioni del Presidente del Consiglio di carattere politico o personale che, comunque, involgono quelle dell‟intera compagine governativa)653 da ricollegarsi in genere a difficoltà politiche interne alla coalizione, dinanzi alle
649 C. Colapietro, Governo, op. cit., p. 145. L‟obbligo giuridico delle dimissioni per un Governo battuto da un voto di sfiducia «non è espressamente previsto nella nostra Costituzione, ma si deduce dal sistema e, ex adverso, dalla norma contenuta nell‟art. 94, comma I, secondo la quale “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere”; il che sta a significare che non può esservi Governo che non abbia la fiducia di ambedue le Camere»: così T. Martines, Diritto costituzionale, op. cit., p. 494.
650 Nella nostra storia repubblicana, le rare mozioni di sfiducia presentate (quasi sempre alla Camera) dalle opposizioni sono state «tutte respinte»; altre ancora «sono state in seguito ritirate o non sono state poste in votazione per le sopravvenute dimissioni del Governo o perché precluse dall‟approvazione di una risoluzione favorevole al Governo»: così M.L. Mazzoni Honorati, Lezioni di diritto parlamentare, op.
cit., p. 378, nt. 20.
651 Si tratta del governo Prodi I (ottobre 1998) e del governo Prodi II (maggio 2008).
652 Si tratta del governo De Gasperi VIII (agosto 1953), del governo Fanfani I (febbraio 1954), del governo Andreotti I (febbraio 1972), del governo Andreotti V (aprile 1979) e del governo Fanfani VI (aprile 1987).
653 Che le dimissioni del Presidente del Consiglio comportino automaticamente la caduta dell‟intero gabinetto è opinione pacifica in dottrina: cfr. A. Amorth, La Costituzione italiana, op. cit., p. 128; T.
Marchi, Il Governo, op. cit., p. 134; L. Preti, Il Governo, op. cit., p. 186; L. Elia, Appunti sulla formazione del Governo, op. cit., p. 1179; F. Cuocolo, Il Governo nel vigente ordinamento italiano, op. cit., p. 181;
M. Galizia, Crisi di Gabinetto, op. cit., p. 387; Id., Studi, op. cit., p. 126, nt. 213; G. Rizza, Il Presidente del Consiglio, op. cit., p. 116 s.; A. Mannino, Indirizzo politico, op. cit., p. 107 s.; G. Balladore Pallieri, Diritto costituzionale, op. cit., p. 322; P. Virga, Diritto costituzionale, op. cit., p. 210; A. Ruggeri, Il Consiglio dei Ministri, op. cit., pp. 150 s., 366, nt. 57; Id., Le crisi di Governo tra ridefinizione delle regole e rifondazione della politica, op. cit., pp. 37-40; P.A. Capotosti, Presidente del Consiglio, op. cit., p. 153; G. Pitruzzella, Il Presidente del Consiglio, op. cit., p. 212; A. Predieri, Presidente del Consiglio, op. cit., p. 5; C. Colapietro, Governo, op. cit., p. 152. Le dimissioni del singolo Ministro non sono, invece, giuridicamente «sufficienti» a provocare una crisi di governo; «altro discorso, ma relativo ad un piano meramente effettuale-politico, è da fare nell‟eventualità che le dimissioni del singolo Ministro diano comunque luogo, indirettamente, ad una crisi di governo», ad esempio qualora «la presenza di quel Ministro sia politicamente ritenuta (a livello di Governo o di partiti) essenziale e caratterizzante quel dato gabinetto»: così A. Ruggeri, Il Consiglio dei Ministri, op. cit., p. 151, nt. 131.
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quali il Governo prende atto di non godere più dell‟appoggio di una maggioranza in Parlamento654.
Nonostante la loro legittimità costituzionale sia stata, in passato, messa in discussione (sostenendosi che il Governo abbia il dovere di presentarsi dinanzi al Parlamento per verificare la sussistenza del rapporto di fiducia), è oggi opinione condivisa che Governo e Parlamento (in quanto organi paritari) abbiano entrambi la possibilità di interrompere autonomamente il rapporto fiduciario655.
Ai sensi dell‟art. 94 Cost., infatti, è del tutto lecito che il Governo valuti autonomamente la sussistenza della fiducia ed apra la crisi (rassegnando volontariamente le proprie dimissioni) qualora ritenga che il rapporto con le forze politiche della maggioranza sia tale da non consentire l‟attuazione del proprio indirizzo politico-amministrativo656.
654 C. Colapietro, Governo, op. cit., p. 145. Il concetto di crisi extraparlamentare non è peraltro del tutto univoco, tanto nella letteratura giuridica che in quella politica e nella medesima prassi: P. Virga, Diritto costituzionale, op. cit., p. 219 definisce ad esempio «pseudoparlamentari» quelle crisi che «trovano la loro origine nella dinamica dei gruppi parlamentari». A. Ruggeri, Le crisi di Governo tra ridefinizione delle regole e rifondazione della politica, op. cit., p. 18 ss. propone, a sua volta, una distinzione tra «crisi» e
«pseudocrisi»: termine – quest‟ultimo – «riferentesi a crisi aventi causa latamente politica e tuttavia abortite sul nascere ovvero non sortite nella formazione di un nuovo Governo o nell‟anticipata chiusura della legislatura». Crisi, perciò, «conclusesi con la conferma della fiducia al Governo in carica oppure con la reiezione o, ancora, sempre che lo si consenta […], col ritiro delle dimissioni: come che sia, dunque, col “riassorbimento” o – come pure usa dire – col “rientro” della crisi stessa». M. Villone, Il Consiglio dei Ministri, op. cit., p. 263 in nt 1 ritiene sia, comunque, «preferibile, in specie per la mancanza di univocità e la conseguente ambiguità della terminologia di volta in volta adottata, riferire in modo ampio la natura extraparlamentare a tutte le crisi non originate da voto parlamentare sulla fiducia» (nello stesso senso M.
Galizia, Crisi di gabinetto, op. cit., p. 382 s.). Ci si rende conto – certo – che la classificazione delle crisi in parlamentari ed extraparlamentari, «secondo la linea divisoria formata dalla mozione di sfiducia», possa apparire «troppo rigida e formale»; se però «si osserva che, di fatto, tutte le crisi, a meno che non siano state provocate dalla ribellione dei parlamentari ai partiti ed ai gruppi di appartenenza e tranne quelle di mera correttezza che, a ben guardare, crisi non sono, si aprono, si svolgono e si risolvono al di fuori delle aule parlamentari, allora la classificazione accolta, distinguendo fra crisi che trovano la loro espressione formale in Parlamento e crisi, invece, nelle quali il Parlamento non è coinvolto od è coinvolto soltanto indirettamente, acquista almeno il pregio della chiarezza»: così T. Martines, Diritto costituzionale, op. cit., p. 498.
655 M.L. Mazzoni Honorati, Lezioni di diritto parlamentare, op. cit., p. 378.
656 M. Villone, Il Consiglio dei Ministri, op. cit., p. 265 s. Si potrebbe, quindi, parlare di un dovere del Governo di rimanere in carica «solo nell‟imminenza di uno scioglimento»; qualora, cioè, «la crisi non fosse in alcun modo risolubile e s‟imponesse il ricorso alle urne»: così L. Carlassare, Il ruolo del Capo dello Stato, op. cit., p. 124. Parte della dottrina ritiene che il Presidente del Consiglio possa aprire autonomamente la crisi di governo, anche in assenza di un‟apposita deliberazione consiliare: cfr. P. Virga, La crisi, op. cit., p. 17; L. Paladin, Governo italiano, op. cit., p. 700 e nt. 122; G. Rizza, Il Presidente del Consiglio, op. cit., p. 107 ss.; P.A. Capotosti, Presidente del Consiglio, op. cit., p. 153; P. Barile, Consiglio dei Ministri, op. cit., p. 6; G.U. Rescigno, Corso di diritto pubblico, op. cit., p. 394 s. Altra parte ancora sostiene, invece, che le dimissioni volontarie del Governo vadano previamente deliberate dal Consiglio dei ministri: cfr. L. Preti, Il Governo, op. cit., p. 195; E. Baldini, Alcuni aspetti della figura del Presidente del Consiglio, op. cit., p. 62; M. Galizia, Crisi di Gabinetto, op. cit., p. 384 s., nt. 84; P.
Calandra, Il Governo della Repubblica, op. cit., p. 135 s. Intermedia appare, infine, la posizione di A.
Ruggeri, Il Consiglio dei Ministri, op. cit., pp. 363-374 a parere del quale la decisione di rassegnare le dimissioni può essere alternativamente assunta, e con identità di effetti giuridici, ora dal Presidente del Consiglio, ora dal Consiglio dei ministri (ipotesi di competenza «concorrente» o, meglio, «alternativa»).