ispirazione unitaria del loro agire)534, di regola o nel giorno stesso in cui vengono firmati i decreti o nella giornata successiva535: da questo momento, quindi, diventano efficaci i decreti di nomina e cessa la competenza del Governo uscente in ordine al «disbrigo degli affari correnti»536.
È naturalmente nell‟interesse del sistema che il nuovo gabinetto possa esercitare al più presto i suoi poteri, sicché è necessario che i nuovi ministri giurino non appena ciò sia possibile, ed il Capo dello Stato deve stimolarli a questo adempimento537; si tratta, anzi, di un interesse di Stato di urgenza così evidente che, nel caso di impossibilità da parte del Presidente della Repubblica di ricevere il giuramento, si dovrebbe far luogo alla supplenza538.
In caso di eccezionale ritardo nella prestazione del giuramento non sarebbe, comunque, immaginabile una vacatio nel potere governativo: si avrebbe, infatti, un prolungamento ulteriore della permanenza «per il disbrigo degli affari correnti» del gabinetto uscito di carica per accettazione delle dimissioni, ma ancora attivo per forza di prorogatio539.
presupposto che la prestazione del giuramento non comporta, «come potrebbe apparire ad una prima lettura», l‟accettazione da parte del Presidente del Consiglio e dei ministri della titolarità dei rispettivi uffici (dal momento che «l‟accettazione della nomina, per ciò che concerne il Presidente del Consiglio, è attestata dalla controfirma apposta al decreto del Presidente della Repubblica, mentre deve ritenersi tacitamente data dai ministri: la responsabilità di attestarla è assunta dal Presidente del Consiglio, che ne controfirma i decreti di nomina»), giunge a configurare la prestazione del giuramento come «atto dovuto, che consegue come obbligo proprio della titolarità dell‟ufficio e, rispetto all‟esercizio delle funzioni, si configura quale condizione sospensiva». Si può pertanto ritenere – conclude l‟Autore – che il giuramento faccia «sorgere la responsabilità ministeriale, nel senso cioè che, senza e prima del giuramento, nessun atto dell‟ufficio del Presidente del Consiglio e dei ministri può essere compiuto».
533 In caso di mancato giuramento, pertanto, si potrebbe «provvedere nelle forme normali alle vacanze risultanti nella compagine governativa», senza cioè «che il Capo dello Stato debba revocare od annullare i decreti interessanti i ministri che non vogliano entrare in funzione»: così L. Paladin, Governo italiano, op.
cit., p. 691. Concorde S. Labriola, Il Governo della Repubblica, op. cit., p. 55 a parere del quale «la ipotesi di rifiuto di giuramento, a parte il caso di falsa attestazione della volontà del soggetto nominato Ministro di accettare, resa da parte del Presidente del Consiglio con la controfirma del decreto presidenziale di nomina, e le connesse responsabilità (che possono giungere fino alla nullità della nomina del Governo), si identifica sostanzialmente in una conseguenza della rinuncia all‟ufficio, dalla quale deriva una vacanza, a cui si provvede con uno dei mezzi comuni per tale eventualità (nomina di un nuovo Ministro, rimpasto, interim), essendo il Governo regolarmente formato».
534 P. Perlingieri, A. Polcini Tartaglia, Commento alla Costituzione italiana, op. cit., p. 692. Come precisa A. Torre, Il Governo, op. cit., p. 1799 «il giuramento, secondo prassi, si articola in due fasi: nella prima il giuramento è pronunciato dal Presidente del Consiglio (il quale di seguito sarà testimone istituzionale dell‟impegno dei membri dell‟Esecutivo), e nella seconda sono i ministri a giurare a turno».
535 «Il carattere immediato del giuramento discende altresì dall‟obbligo esistente per il Governo di presentarsi alle Camere, per ottenerne la fiducia, entro il termine di dieci giorni dalla sua formazione»:
così M. Galizia, Studi, op. cit., p. 109.
536 M. Dogliani, Il Governo, op. cit., p. 382.
537 … altrimenti «la nomina del Governo non può spiegare la sua forza operativa sul piano pratico, con grave danno dell‟intera organizzazione»: così M. Galizia, Studi, op. cit., p. 108 e nt. 75.
538 L. Elia, Appunti sulla formazione del Governo, op. cit., p. 1197.
539 Ivi, p. 1198.
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Una volta prestato il giuramento, il Governo assume incondizionatamente la totalità dei poteri che l‟ordinamento gli conferisce, ma la correttezza costituzionale impone, tuttavia, che in attesa del voto di fiducia questi limiti la propria attività alla c.d. «ordinaria amministrazione»540, cioè rinunciando alle iniziative di rilievo politico in considerazione della legittimazione debole dell‟organo541.
Anche l‟attività parlamentare subisce importanti limitazioni che riflettono l‟immaturità funzionale del Governo, per il principio che il Parlamento non delibera su problemi politici se non in presenza di un Governo pleno jure: sono ovviamente previste delle deroghe in presenza di disegni di legge qualificati da evidentissime ragioni di urgenza, ma una volta iniziata la discussione – di regola – il voto si è sempre avuto a fiducia conseguita in entrambe le Camere542.
Al Governo privo del necessario sostegno parlamentare si impone, pertanto, una condotta che sia informata a «self restraint» e che si ponga sotto l‟egida della «correttezza costituzionale»543, ma che secondo alcuni Autori potrebbe eccezionalmente spingersi fino alla promozione di disegni di legge544, purché questi immediatamente si configurino come «atti di precisazione del suo programma»545.
540 Così A. Barbera, C. Fusaro, Corso di diritto pubblico, III ed., Bologna, 2004, p. 290 s. L. Elia, Amministrazione ordinaria, op. cit., p. 224 parla, invece, di «affari correnti» considerando tale nozione più ampia e comprensiva della formula «ordinaria amministrazione».
541 P. Perlingieri, A. Polcini Tartaglia, Commento alla Costituzione italiana, op. cit., p. 693. In altri termini «l‟Esecutivo che, nella persona del Presidente del Consiglio (che ne è organo indefettibile) e dei ministri, […] abbia prestato giuramento, è un organo già in carica e dotato della plenitudo potestatis che è predisposta dalla Costituzione, ma ciononostante esso resta un Esecutivo “dell‟ordinaria amministrazione”»: così A. Torre, Il Governo, op. cit., p. 1800.
542 L. Elia, Amministrazione ordinaria, op. cit., p. 228.
543 A. Torre, Il Governo, op. cit., p. 1801. Questo limite all‟attività di indirizzo politico del Governo trova, peraltro, «anche una giustificazione logica nel sistema, ove si pensi che i dieci giorni di tempo dalla sua formazione sono concessi al Governo proprio per consentirgli di predisporre e perfezionare il programma politico che esso intende sottoporre alle Camere»: così T. Martines, Diritto costituzionale, op. cit., p. 452 s.
544 Il governo Fanfani I, ad esempio, si presentò a chiedere la fiducia presentando contestualmente i disegni di legge più qualificanti del programma: cfr. A. Predieri, Presidente del Consiglio, op. cit., p. 5.
545 Così G. Rizza, Il Governo, op. cit., p. 426. Concorde M.L. Mazzoni Honorati, Aspetti giuridici, op.
cit., p. 187 secondo cui il Governo in attesa di fiducia potrebbe senz‟altro compiere atti che contribuiscano «a delineare la linea programmatica assunta» e siano rivolti «ad instaurare il rapporto fiduciario»: inclusi, dunque, quelli «di iniziativa legislativa perché, pur non incidendo in modo diretto sullo svolgimento del rapporto fiduciario, sono compiuti in riferimento al risultato finale del medesimo».
Ma già L. Elia, Amministrazione ordinaria, op. cit., p. 228 sosteneva che, «a parte ogni tipo di provvedimenti di urgenza, compresi senza dubbio nella competenza del Governo in attesa di fiducia», vi sarebbero «atti di pura iniziativa concernenti il programma politico» che il nuovo gabinetto potrebbe
«senz‟altro compiere».
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2.2. La razionalizzazione del rapporto di fiducia (art. 94 Cost.)La forma di governo italiana delineata dalla Costituzione del 1948 viene comunemente ricondotta al tipo parlamentare (in quanto centrata sull‟esistenza di un «rapporto di fiducia» che lega le assemblee parlamentari al Governo), ma non «puro», bensì:
«razionalizzato»546 (o «a debole razionalizzazione»)547, per l‟introduzione di regole dirette a rafforzare il Governo ed a renderlo più stabile;
«corretto», per il riconoscimento di un complesso molto consistente di poteri (sia di freno che di stimolo) tanto in capo al Presidente della Repubblica che alla Corte costituzionale, accompagnato a livello di comunità dalla previsione di una serie di istituti di democrazia diretta (referendum ed iniziativa legislativa popolare) e dalla costruzione di un ampio sistema di autonomie politiche e territoriali548.
Un sistema parlamentare, quindi, «a tendenza equilibratrice» che, grazie ad un‟elaborata predisposizione di «freni e contrappesi» (checks and balances), consente di porre su un piano di equilibrio gli organi di indirizzo politico (Parlamento e Governo)549, chiamati ad operare – pur nella distinzione dei ruoli loro propri – in condizioni di parità550, così da evitare quegli scompensi e quelle degenerazioni cui le precedenti forme di governo (sorte ad imitazione del modello britannico) avevano dato origine551.
Sulla base di queste premesse, possono ricondursi a due i pilastri fondamentali del nostro sistema di governo parlamentare:
la razionalizzazione del rapporto fiduciario (art. 94 Cost.), al fine di porre la stabilità di governo al riparo da maggioranze occasionali ad esso contrarie;
il potere di scioglimento delle Camere affidato al Presidente della Repubblica (art. 88 Cost.)552.
546 F. Cuocolo, Forme di Stato e forme di governo, in Dig. disc. pubbl., VI, Torino, 1991, p. 534.
547 R. Bin, G. Pitruzzella, Diritto costituzionale, op. cit., p. 154.
548 E. Cheli, Tendenze recenti della forma di Governo italiana, in Id., Costituzione e sviluppo delle istituzioni in Italia, Bologna, 1978, p. 168 s.
549 F. Mohrhoff, Rapporti fra Parlamento e Governo nella Costituzione italiana: scioglimento delle Camere – Questione di fiducia, Milano, 1953, p. 9.
550 T. Martines, Diritto costituzionale, op. cit., p. 260.
551 M.L. Mazzoni Honorati, Note sul «Governo privo di fiducia» nell’ordinamento costituzionale italiano, in Riv. trim. dir. pubbl., 1980, n. 1, p. 167 e nt. 3.
552 S. Fabbrini, S. Vassallo, Il Governo: gli esecutivi delle democrazie contemporanee, con contributo di S. Ceccanti, Roma-Bari, 1999, p. 290 s.
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È evidente che un modello così costruito, incentrato in prevalenza sull‟asse della garanzia e della massima rappresentatività e non su quello dell‟efficienza e del rafforzamento dei poteri di indirizzo, non poteva che trovare il suo completamento (sul piano elettorale) nella scelta dei costituenti a favore di un sistema proporzionale che, pur nelle varianti previste per la Camera ed il Senato, ha rappresentato (a lungo) il primo ed il più indefettibile dei presupposti del nostro governo parlamentare553.
2.2.1. Le dichiarazioni programmatiche e la fiducia d’investitura
Seguendo le tendenze alla razionalizzazione del regime parlamentare affermatesi nell‟Europa continentale a partire dal primo dopoguerra, l‟art. 94 Cost. ha introdotto una disciplina puntuale del rapporto di fiducia che si instaura tra Parlamento e Governo, anteriormente rimessa (secondo l‟esperienza del parlamentarismo britannico) alla consuetudine554.
Il primo comma, infatti, fissa da subito il principio che caratterizza la nostra forma di governo come parlamentare, disponendo che «Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere»:
sparisce così quella doppia fiducia alla quale il Governo era soggetto, almeno formalmente, ai tempi dello Statuto albertino555.
Entro dieci giorni dalla sua formazione, il Governo deve presentarsi dinanzi alle Camere per ottenerne la fiducia sulla formula (la coalizione tra partiti), la composizione (i singoli ministri) e la linea programmatica556.
Una parte della dottrina assegna al termine di dieci giorni (fissato dal terzo comma) un valore meramente «sollecitatorio»: spetterebbe, quindi, al Capo dello Stato (quale guardiano della Costituzione) vigilare affinché tale termine sia osservato e, in mancanza, porre il gabinetto dinanzi all‟alternativa di presentarsi alle Camere o di rassegnare le dimissioni557.
È opinione prevalente, tuttavia, che tale termine abbia un valore senz‟altro «perentorio»: il rigore del procedimento verrebbe, infatti, ad essere frustrato ove il Governo potesse protrarre a
553 E. Cheli, La riforma mancata, op. cit., p. 46.
554 F. Cuocolo, Bicamerale atto primo: il progetto di revisione costituzionale, Milano, 1997, p. 100 s.
555 P. Armaroli, Crisi di Governo, in Encicl. giur. Treccani, X, Roma, 1988, p. 3.
556 Dieci giorni che decorrono, secondo una prima corrente di pensiero, dalla data di emanazione dei decreti di nomina da parte del Capo dello Stato: cfr. P. Virga, La crisi, op. cit., p. 53; A. Predieri, Lineamenti, op. cit., p. 139; L. Preti, Il Governo, op. cit., p. 163; F. Pergolesi, Diritto costituzionale, op.
cit., p. 30; F. Cuocolo, Istituzioni di diritto pubblico, op. cit., p. 418. Altri Autori fanno, invece, riferimento alla data di prestazione del giuramento dei membri del Governo nelle mani del Presidente della Repubblica: cfr. G. Baschieri, L. Bianchi D‟Espinosa, C. Giannattasio, La Costituzione italiana, op.
cit., p. 336; T. Marchi, Il Governo, op. cit., p. 129; P. Calandra, Il Governo della Repubblica, op. cit., p.
63 s.; P. Armaroli, Crisi di Governo, op. cit., p. 6; C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, op. cit., p.
584 e nt. 1; T. Martines, Diritto costituzionale, op. cit., p. 383; M.L. Mazzoni Honorati, Lezioni di diritto parlamentare, III ed. aggiornata, Torino, 1999, p. 359 s.
557 Cfr. P. Virga, La crisi, op. cit., p. 53, nt. 59; G. Baschieri, L. Bianchi D‟Espinosa, C. Giannattasio, La Costituzione italiana, op. cit., p. 336; E. Sailis, Rapporto fiduciario, op. cit., p. 178.