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71 Tale procedimento si inizia ogni qualvolta il Presidente del Consiglio in carica, in corso di

legislatura, presenti le proprie dimissioni a nome dell‟intero Governo306: dimissioni che (secondo una prassi ormai consolidata) il Capo dello Stato non accetta subito, ma «si riserva di accettarle» invitando nel contempo il Governo dimissionario «a restare in carica per il disbrigo degli affari correnti»307.

La decisione presidenziale potrà, poi, consistere o nell‟invito a ripresentarsi dinanzi alle Camere (ovviamente possibile solo in presenza di dimissioni non determinate da un voto di sfiducia o dal mancato conseguimento iniziale della fiducia) o nell‟emanazione di un decreto di accettazione delle dimissioni308, al riguardo del quale l‟esperienza costituzionale italiana ha conosciuto due prassi alquanto diverse:

 fino alla crisi del giugno-luglio 1958 il decreto di accettazione delle dimissioni veniva emanato contestualmente a quello di incarico di formare il nuovo Governo; entrambi questi decreti precedevano di qualche giorno quello di nomina del nuovo Primo Ministro e venivano retrodatati al momento del conferimento verbale dell‟incarico;

 dal 1958 ad oggi si è instaurata, invece, una prassi diversa secondo la quale il decreto di accettazione delle dimissioni viene emanato al momento dell‟emissione del decreto di nomina del nuovo Presidente del Consiglio e reca, dunque, la data reale (cioè coincidente con il momento in cui il Capo dello Stato effettivamente scioglie la riserva manifestata nel ricevere la presentazione delle dimissioni)309.

In tema di formazione del Governo, la nostra Costituzione si limita a disporre che: a) «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri» (art. 92, comma 2); b) «Il Presidente del Consiglio ed i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica» (art. 93);

c) «Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere» (art. 94, comma 1)310.

305 T. Martines, Diritto costituzionale, IX ed. riveduta e aggiornata, a cura di G. Silvestri, Milano, 1997, p.

445 s.

306 La presentazione delle dimissioni da parte del Governo resta, pertanto, «fuori dal procedimento, costituendone soltanto il presupposto»: così G. Rizza, Il Presidente del Consiglio, op. cit., p. 11, nt. 18.

307 Cfr. F. Cuocolo, Il Governo nel vigente ordinamento italiano, op. cit., p. 23 e G. Zagrebelsky, La formazione del Governo nelle prime quattro legislature repubblicane, in Riv. trim. dir. pubbl., 1968, n. 3, p. 817.

308 G. Rizza, Il Presidente del Consiglio, op. cit., p. 11, nt. 18.

309 G. Zagrebelsky, La formazione del Governo, op. cit., p. 817 s.

310 G. Rizza, Il Presidente del Consiglio, op. cit., p. 4. Come ricorda G. Pitruzzella, Il Presidente del Consiglio, op. cit., p. 66 s. e nt. 2, è noto che in sede costituente incontrò una ferma opposizione la proposta di Mortati di introdurre «una procedura di formazione del Governo assai complessa, la quale si caratterizzava per l‟investitura fiduciaria del solo Presidente del Consiglio che successivamente proponeva i ministri da nominare al Capo dello Stato». Nel dettaglio, essa prevedeva: a) la «convocazione

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La regolamentazione delle fasi che precedono la nomina ed il giuramento dei componenti del Governo è, pertanto, in gran parte demandata ad un vasto complesso di regole non scritte (ovvero alla «prassi»311, alle «consuetudini»312, alle «convenzioni»313 ed alle «norme di correttezza costituzionale»314) sorte per disciplinare l‟esercizio del potere discrezionale del Capo dello Stato315.

Si è, dunque, affermata (pur nel silenzio delle norme costituzionali) una procedura puntualmente e costantemente osservata nelle sue linee portanti, anche se talora suscettibile di variazioni nelle specifiche modalità di svolgimento, essenzialmente finalizzata a consentire al Presidente della Repubblica l‟acquisizione di dati precisi sulla situazione politico-parlamentare esistente al momento in cui si deve affrontare il problema della nomina del Governo316.

Il suddetto procedimento si articola nelle seguenti fasi:

 la fase «preparatoria» (o delle consultazioni);

 la fase «costitutiva» (ovvero dell‟incarico);

dell‟Assemblea nazionale all‟inizio della legislatura per procedere alla formazione del Governo»; b) la

«designazione da parte del Capo dello Stato del candidato alla carica di Primo Ministro»; c) la

«esposizione innanzi all‟Assemblea nazionale, da parte del Primo Ministro designato, del programma di governo e dei mezzi predisposti per l‟attuazione»; d) la «approvazione del programma governativo a maggioranza dei componenti l‟Assemblea»; e) la «investitura formale del candidato designato e, su proposta di questi, nomina dei ministri da parte del Capo dello Stato». Questa disciplina della formazione del Governo, imperniandosi sul rapporto diretto tra il Presidente del Consiglio e l‟Assemblea nazionale,

«si ricollegava alla concezione del Mortati di un Primo Ministro nettamente preminente rispetto agli altri organi del Governo e portatore di un proprio indirizzo a cui avrebbero successivamente aderito i ministri».

311 Di «prassi» parlano G. Zagrebelsky, La formazione del Governo, op. cit., p. 805 e V. Onida, A.

D‟Andrea, G. Guiglia, L’ordinamento costituzionale italiano: materiali e documenti, Torino, 1990, p.

302.

312 Di «consuetudini» parla L. Paladin, Presidente della Repubblica, in Encicl. dir., XXXV, Milano, 1986, p. 199.

313 Di «convenzioni» parlano P.A. Capotosti, Presidente della Repubblica e formazione del Governo, in Scritti in onore di Egidio Tosato, III, Milano, 1984, p. 377; A. Duchini, Il ruolo del Capo dello Stato nella nomina del Presidente del Consiglio, Prato, 1994, p. 15 e T. Martines, Diritto costituzionale, op.

cit., p. 446.

314 Di «norme di correttezza costituzionale» parla P. Virga, Diritto costituzionale, IX ed., Milano, 1979, p.

204.

315 T. Martines, Diritto costituzionale, op. cit., p. 446. A ciò bisogna aggiungere, secondo A. D‟Andrea, Il Governo (art. 92), in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione (artt.

55-100), II, Torino, 2006, p. 1783 la condizione «imposta» dal sistema politico italiano affinché il Governo possa ottenere la maggioranza nei due rami del Parlamento: «essere tale organo espressione di più forze politiche». Si tratta, a suo avviso, «di una complicazione politica che ha indiscutibili riflessi istituzionali, sconosciuta agli ordinamenti dove il corpo elettorale elegge direttamente il vertice del potere esecutivo (sistemi presidenziali) ovvero laddove un solo partito ottiene, in occasione del voto politico, la maggioranza parlamentare richiesta per sostenere l‟Esecutivo (come accade nel sistema parlamentare britannico). Ovviamente, il livello di complessità può alzarsi o abbassarsi a seconda che il sistema politico sia più o meno frammentato e più o meno capace di esprimere maggioranze omogenee: il che dipende largamente dalla legislazione elettorale».

316 P.A. Capotosti, Presidente della Repubblica, op. cit., p. 378.

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 la fase «perfettiva» (caratterizzata dalle nomine);

 la fase «integrativa dell‟efficacia» (che si risolve nel giuramento prescritto dall‟art. 93 Cost.)317.

È ormai un dato definitivamente acquisito, in dottrina, che il procedimento di formazione del Governo sia un procedimento giuridicamente «unitario»: se controversia ancora oggi c‟è, è solo in ordine alla questione se trattasi di due «subprocedimenti» (il secondo dei quali – la nomina dei ministri – si avvia solo dopo che si è perfezionata la nomina del Presidente del Consiglio)318 ovvero di un‟unica, inscindibile serie procedimentale319.

In uno dei primi studi della disciplina costituzionale sul Governo, invero, si era sostenuto che «il procedimento di formazione dell‟organo Presidente del Consiglio» sarebbe distinto logicamente e cronologicamente «dal procedimento di formazione dell‟organo ministero come complesso dei ministri»: l‟art. 92 Cost. (richiedendo esplicitamente la «proposta» del Presidente del Consiglio per la nomina dei ministri) presupporrebbe, infatti, «che vi sia un Primo Ministro già nominato, e non puramente designato, e quindi non ancora titolare dell‟organo».

317 … secondo la partizione proposta da L. Paladin, Diritto costituzionale, op. cit., p. 381 s. Altri preferiscono seguire differenti partizioni; ad esempio, A.A. Romano, La formazione del Governo, op. cit., p. 45 ss. ritiene che nel procedimento di formazione del Governo possano individuarsi: a) una fase di iniziativa (alla quale appartengono le consultazioni del Capo dello Stato); b) una fase istruttoria (alla quale appartengono l‟eventuale conferimento di un mandato esplorativo o di un preincarico, nonché l‟attribuzione dell‟incarico per la formazione del Governo); c) una fase di decisione (alla quale appartengono le nomine del Presidente del Consiglio e dei ministri) e d) una fase integrativa dell‟efficacia (alla quale appartiene il giuramento). R. Cherchi, Il governo di coalizione in ambiente maggioritario, Napoli, 2006, p. 244 distingue a sua volta: a) una fase di iniziativa e di istruttoria (le consultazioni del Presidente della Repubblica); b) una successiva fase integrativa dell‟istruttoria (il conferimento dell‟incarico di formare il Governo, di un mandato esplorativo o di un preincarico); c) una fase costitutiva (la nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri); d) una fase integrativa dell‟efficacia (il giuramento dei membri del Governo).

318 … secondo la concezione sostenuta da L. Elia, Appunti sulla formazione del Governo, op. cit., p. 1179 s. il quale, partendo dal presupposto che la nomina del Presidente del Consiglio e quella dei ministri non abbiano sufficiente autonomia strutturale e funzionale per porsi ciascuna come l‟atto terminale di un procedimento, giunge alla conclusione che si debba parlare di un procedimento solo articolato in due subprocedimenti, il cui atto totale conclusivo avrebbe natura per così dire «ideale», cioè «diversa e trascendente rispetto agli atti eterogenei e complementari che ad esso danno luogo (nomina del Presidente e nomina dei ministri)». Per un‟opinione favorevole alla teoria dei due «subprocedimenti» cfr. anche G.

Rizza, Il Presidente del Consiglio, op. cit., p. 9 e F. Cuocolo, Istituzioni di diritto pubblico, op. cit., p.

365.

319 Assai deciso in tal senso L. Paladin, Governo italiano, op. cit., p. 685 ss. a parere del quale «in considerazione dell‟unità e della continuità del Governo, le singole nomine non possono avere quell‟autonomia che la tesi dei due subprocedimenti farebbe supporre: al contrario, tali atti sono privi di valore, fin tanto che rimangono isolati, e restano d‟altronde inefficaci, se tutti i componenti necessari del Consiglio dei ministri non abbiano giurato» (ivi, p. 691). A loro volta, propendono per un‟impostazione rigorosamente unitaria del procedimento di formazione del Governo: G. Ferrara, Il Governo di coalizione, Milano, 1973, pp. 101, 119 in nt. 100; A.A. Romano, La formazione del Governo, op. cit., p. 72 ss. e passim; P. Barile, Consiglio dei Ministri, in Encicl. giur. Treccani, VIII, Roma, 1991, p. 3 e G.

Pitruzzella, Il Consiglio dei Ministri (artt. 92-93), in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione (artt. 92-96), Bologna, 1994, p. 44.

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Una volta «esperite le consultazioni», pertanto, il Capo dello Stato non dovrebbe passare attraverso la fase dell‟incarico, ma procedere direttamente alla nomina del Presidente del Consiglio, il cui giuramento porrebbe fine al primo procedimento; a questi spetterebbe poi di presentare al Presidente della Repubblica la lista dei ministri da lui scelti, la cui nomina e successivo giuramento porrebbero fine al secondo procedimento320.

Questa tesi (c.d. «pluriprocedimentale») è stata tuttavia criticata, prima ancora che sul piano politico, su quello propriamente giuridico in quanto contrasterebbe:

 con il principio dell‟unità politica del Governo, che presupporrebbe l‟unitarietà del procedimento di formazione;

 con l‟unità organica del ministero, che sarebbe compromessa dai risultati «aberranti»

cui condurrebbe l‟applicazione della citata dottrina, ovvero alla formazione – nella fase transitoria – di un Governo costituito soltanto dal Presidente del Consiglio (qualora fosse emesso un decreto di accettazione delle dimissioni dell‟intero Governo) od un Presidente del Consiglio a capo di un Governo costituito dai ministri del Governo dimissionario (se nel frattempo fossero accettate solamente le dimissioni del Presidente del Consiglio uscente);

 con l‟assenza di autonomia funzionale delle singole nomine, non essendo concepibile la formazione del Governo senza la contestuale presenza del Presidente del Consiglio e dei ministri321.

320 Così A. Predieri, Lineamenti, op. cit., p. 97 ss. A. Ruggeri, Il Consiglio dei Ministri, op. cit., p. 144 s.

aderisce, a sua volta, alla tesi pluriprocedimentale muovendosi, però, in una prospettiva diversa da quella seguita da Predieri: l‟Autore, infatti, ritiene «che si sia in presenza di due procedimenti (uno per il Presidente, un altro per i ministri nel loro complesso) che si svolgono contemporaneamente, che corrono su binari paralleli, di due procedimenti collegati, ciascuno dotato di una sua compiutezza (e rilevanza) giuridica, in cui l‟uno (il procedimento di nomina del Presidente) condiziona però l‟altro – tant‟è che, se non avviene il primo, il secondo è (non semplicemente “inefficace”, bensì, ancor di più) “inesistente”, ma quest‟ultimo è, a sua volta, influente sull‟efficacia del primo, dal momento che, perfezionatosi questo, solo con la conclusione della nomina dei ministri acquista piena efficacia la nomina del Presidente –».

G.F. Ciaurro, Ministro, op. cit., p. 516 ss. pur non aderendo esplicitamente alla teoria pluriprocedimentale è, infine, dell‟avviso che il testo costituzionale sembri ipotizzare «una netta scansione tra il procedimento di nomina del Presidente del Consiglio e il procedimento di nomina dei singoli ministri, che dovrebbe seguire logicamente e cronologicamente alla conclusione del primo e che è posto sostanzialmente su un diverso piano, sia per quanto riguarda il regime delle competenze, sia per il minore rilievo che gli è riconosciuto ai fini della caratterizzazione e del successivo mantenimento di una determinata formazione governativa».

321 L. Elia, Appunti sulla formazione del Governo, op. cit., p. 1176 ss. Decisamente contrario anche L.

Paladin, Governo italiano, op. cit., p. 683 s. ad avviso del quale «la fase dell‟incarico è così poco in contrasto con l‟iter voluto dalla Carta costituzionale, che essa rappresenta la strada obbligata per concretare la previsione dell‟art. 92 Cost.». Astrattamente, invero, «si potrebbe immaginare che il Capo dello Stato perfezioni senz‟altro l‟investitura del solo Presidente del Consiglio, con l‟ufficio di proporre la nomina dei singoli ministri; ma, nell‟ordinamento positivo, questo modo di procedere sarebbe lesivo dell‟unità del Governo e rischierebbe di compromettere la stessa esigenza di continuità. L‟incarico è, dunque, l‟espediente che meglio risponde alla logica dei principi vigenti in materia».

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