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La felicità nella funzione di utilità: The Easy Case

2. La relazione tra utilità e felicità

2.2. Ci basta essere felici?

2.2.4. L’euforia e l’umore di base

2.2.4.1. La felicità nella funzione di utilità: The Easy Case

Cercando di comprendere meglio come la felicità è inserita nella funzione obiettivo e se è possibile determinare una relazione tra felicità e comportamenti delle persone, procederemo ad illustrare il modello teorizzato da Kimball e Willis, sulla base del quale proporremo la nostra rielaborazione nel successivo capitolo. Riprendendo l’apparato analizzato in precedenza nelle formule (1) e (2), consapevoli dell’esistenza di possibili incoerenze circa giudizi intertemporali sull’utilità attesa dovute alla preferenza per la felicità ma, soprattutto, alla dipendenza di quest’ultima dalle news, si adotta una particolare funzione con cui si riescono a mitigare questi effetti distorsivi: la funzione di utilità deve essere separabile e additiva tra felicità e altri beni; la funzione è linearmente dipendente dalle innovazioni (it, it-1, …) sulla lifetime utility. Le innovazioni, che gli autori chiamano

anche news, non sono altro che cambiamenti inattesi:

i

t

= v

t

– E

t-1

v

t cioè la differenza tra valore

osservato (vt) e il valore che ci si aspettava (

E

t-1

v

t

)

. La (6) diventa:

(6) v

t

= E

t

𝑇−𝑡𝑗=0

𝛽

j

U (K

t+j

, X

t+j

, H

t+j

)

(6.1) v

t

= E

t

𝑇−𝑡𝑗=0

𝛽

j

[u (K

t+j

, X

t+j

) + H (K

t+j

, X

t+j

, i

t+j

, i

t+j-1

, …,)]

Sostituendo la (7) alla (6) e inserendo il coefficiente lineare “al” alle news (e (Kt, Xt, it, it-1, …,) = ∑𝑛𝑙=0𝑎lit+j-l

)

abbiamo:

(6.2) v

t

= E

t

𝑇−𝑡𝑗=0

𝛽

j

[u (K

t+j

, X

t+j

) + M (K

t+j

, X

t+j

) + ∑

𝑛𝑙=0

𝑎

l

i

t+j-l

]

In questa maniera si prova a fornire una ragionevole generalizzazione a due questioni: prima si proverà ad illustrare perché si fa confusione tra utilità e felicità, poi si darà prova che, sotto determinate condizioni, è possibile ignorare, nello studio delle scelte degli agenti, la preferenza per la felicità.

Per chiarire il primo quesito iniziamo con il ricordare le due definizioni di felicità che abbiamo dato, ossia lifetime utility e current affect, ma ribadiamo che solo la prima rappresenta la funzione obiettivo da massimizzare. “Maximizing the expected present discounted value of happiness is

equivalent to maximizing lifetime utility” (Kimball e Willis, 2006, p. 23). Quella enunciata è la Proposizione 1, valida sotto le seguenti ipotesi:

42

• che le aspettative degli agenti siano razionali; • memoria perfetta degli agenti;

• la felicità come la somma tra baseline mood ed elation; • il baseline mood come variabile esogena per ogni individuo;

• l’elation come una combinazione lineare delle innovazioni sulla lifetime utility, formalmente:

e

t

= ∑

𝑛𝑙=0

𝑎

l

i

t-l

Inoltre, un altro aspetto centrale è che le aspettative risultano essere molto rilevanti nel momento in cui le news riescono a influire molto sul valore di “H”. In particolare, che le innovazioni sulla

lifetime utility si misurano come differenza tra valore di “vt” e la rispettiva aspettativa al tempo “t- 1”:

i

t

= v

t

– E

t-1

v

t

Se al tempo “t” si vuole massimizzare l’utilità bisognerà ottimizzare la funzione della lifetime utility e, nello specifico, anche il secondo e terzo termine della (4), umore di base ed euforia o, in altre parole, current affect. Date le ipotesi della Proposizione 1, il valore atteso attualizzato della felicità diventa:

(8)

E

t

{∑

𝑇−𝑡𝑗=0

𝛽

j

A

t+j

} = E

t

{ ∑

𝑇−𝑡𝑗=0

𝛽

j

M

t+j

+ ∑

𝑇−𝑡𝑗=0

𝛽

jt+j

e

t+j

} = E

t

{ ∑

𝑇−𝑡𝑗=0

𝛽

j

M

t+j

+

𝑇−𝑡𝑗=0

𝑏

j, t

i

t+j

}

In cui “A” (current affect) comprende tutte le variabili influenzate dalle news e non quelle controllabili dagli agenti, quindi, quelle relative alla felicità dove:

b

j, t

= ∑

𝑛ℓ=−𝑗

𝛽

j+l

a

l

Il valore atteso delle innovazioni sulla lifetime utility condizionato alle informazioni passate è zero, per cui il valore atteso attualizzato della felicità sarà:

(8.1) E

t

{∑

𝑇−𝑡𝑗=0

𝛽

j

A

t+j

} = ∑

𝑇−𝑡𝑗=0

𝛽

j

E

t

M

t+j

+ b

0, t

(v

t

-E

t-1

v

t

) + ∑

−1𝑗=−𝑛

𝑏

j, t

i

t+j

}

L’umore di base è una variabile esogena, non controllabile dall’individuo e per questo da considerarsi data. Per massimizzare il valore atteso attualizzato della felicità basta massimizzare il termine “b0, t vt”, ossia massimizzare vt. Massimizzando la lifetime utility si massimizza anche la

current affect e viceversa. Tutto questo accade adottando le ipotesi semplificatrice ma, di fatto, è

anche la ragione per cui spesso si confonde felicità e utilità, ossia che, in uno scenario comune o verosimile, sono sì molto simili ma non la stessa cosa.

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È chiaro che la Proposizione 1, con le ipotesi semplificatrici che fa adottare, permette di massimizzare la funzione della lifetime utility semplicemente massimizzando quella della current

affect (At), ossia felicità:

(9)

A

t

= M

t

+ e

t

= M

t

+ ∑

𝑛ℓ=0

𝑎

l

i

t-l

= M

t

+ a

0

v

t

– a

o

E

t-1

v

t

+ ∑

𝑛ℓ=1

𝑎

l

i

t-l

Anche in questa espressione “a0vt” risulta l’unico termine da massimizzare per ottimizzare la funzione per cui si adotterebbero le stesse scelte sia per massimizzare la felicità corrente che per massimizzare l’utilità nel corso della vita. Tuttavia, le evidenze riscontrate ci fanno affermare che il

baseline mood può essere modificato deliberatamente e, in particolare, ciò che lo fa sembrare un

dato esogeno sono gli errori degli agenti nell’identificare le sue determinanti. Uno dei motivi di questi errori di valutazione è attribuibile alla forte influenza che può avere l’euforia sulla sensazione di benessere e di felicità oppure lo sgomento su quella di tristezza. Se la elation domina il baseline mood le persone sono portate a pensare che felicità e utilità siano la stessa cosa. Si inizia a cogliere la distinzione nel momento in cui si comprende che l’umore di base può essere amministrato e ottimizzato attraverso le proprie scelte. Su questa linea di pensiero si potrebbe trovare il modo di risolvere il paradosso, o meglio evitare le evidenze che mette in risalto. Gli agenti economici non dovrebbero limitarsi ad avere temporanei momenti di felicità per stare meglio ma accrescere la propria utilità provando ad essere più felici.

Si procede a dare una spiegazione del perché è possibile non considerare la felicità come variabile indipendente nelle scelte di comportamento degli agenti, o meglio, perché è bene che l’euforia sia indipendente dalle loro preferenze. In effetti, se si considera la funzione di utilità usata fin qui, dove la felicità è separabile additivamente dagli altri fattori, e si conferma l’ipotesi per cui l’euforia è una funzione lineare delle innovazioni sulla lifetime utility, le preferenze non risultano essere dipendenti dall’euforia. In più, qualora l’euforia fosse pari a zero, le preferenze rimarrebbero inalterate. Riscriviamo la funzione obiettivo ma che non sia dipendente dalle news:

(10) U (K

t

, X

t

) = u (K

t

, X

t

) + M (K

t

, X

t

)

A questo punto si definisce la Proposizione 2 nel modo seguente: se le aspettative sono razionali, aggiungere alla funzione di utilità una funzione lineare delle innovazioni sulla lifetime utility non ha effetti per quel che riguarda le preferenze rappresentate dalla funzione di utilità stessa. La funzione obiettivo modificata (*) diventa:

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(10.1) U

*

(K

t

, X

t

, i

t

, i

t-1

, …) = U (K

t

, X

t

) + ∑

𝑛ℓ=0

𝑎

l

i

*t-ℓ

La funzione modificata risulta essere uguale all’originaria più una combinazione lineare di innovazioni sulla lifetime utility che comprende i valori da n intervalli prima fino all’ultimo periodo vissuto. Tuttavia, si è ipotizzato che le informazioni ottenute nel passato circa le innovazioni non condizionano le scelte attuali. Inoltre, le innovazioni future sono ininfluenti perché il loro valore atteso è zero. Le innovazioni correnti, invece, risultano perfettamente integrate e correlate con la funzione di utilità. Gli autori, attraverso il modello, sostengono che un alto grado di indipendenza tra preferenze ed euforia giustifichi l’utilizzo degli approcci economici tradizionali, in cui la felicità non è considerata come variabile di scelta, nel senso che non si reputano necessarie le informazioni su come le persone si sentano, ma si raggiungerebbero comunque risultati coerenti con gli approcci che invece si fondano sui dati riguardanti i livelli di felicità riportati dagli agenti. L’indipendenza tra preferenze ed euforia, di fatto, giustifica l’utilizzo di metodologie standard che risulterebbero inappropriate solo se la loro mole fosse molto inferiore rispetto a quella dei dati che si fondano sulla misurazione della felicità, perché ci si priverebbe di una fonte di informazioni utili in grado di dare spiegazione ad aspetti diversi ma collegati al problema della scelta ottima.

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CAPITOLO TERZO