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La Ferlita lascia

Nel documento Catania e i Sindaci del secondo dopoguerra (pagine 112-117)

Reduci * Elaborazione dei dati ricavati dalle delibere comunali consultate presso l’Archivio Comunale di Catania.

MAGRI’ E LA FERLITA 4.1 La Democrazia Cristiana

P. N M 26,416 12 G IOVANNI PERNI, S ALVATORE AIELLO, O RAZIO

4.5 La Ferlita lascia

‹‹L’intera operazione sarebbe costata all’ISTICA per espropri, demolizione e infrastrutture 10 miliardi e 338 milioni [di lire] – contro un ricavo di 7.332.000.000 dalla vendita delle aree: il ripiano, di 3 miliardi, sarebbe stato pagato dal Comune con il gettito dell’imposta di famiglia››40. Rapida fu la ricostruzione della prima parte del piano e i lotti che si ricavarono dalla demolizione furono facilmente venduti a privati e anche a enti pubblici, istituti bancari ed assicurativi compresi,

38 G. Merode-V. Pavone, Catania nella vita democratica, cit., p. 120. 39 G. Giarrizzo, Catania, cit., p. 280.

che in breve tempo realizzarono una serie di immobili che sarebbero diventati anche le sedi dei loro uffici periferici, nonché negozi o appartamenti di civile abitazione, lungo tutto il tratto che si snoda fino a piazza della Repubblica.

La complessità della situazione finì con il generare una serie di critiche all’intero progetto, di cui venne investita l’amministrazione comunale alla fine degli anni '60. Sostanzialmente l’Istica venne accusata di avere lucrato decine di miliardi attraverso l’acquisto a prezzi molto bassi, con denaro pubblico, delle aree per i nuovi insediamenti per poi rivenderle a prezzi più alti, grazie all’incremento di valore prodottosi a seguito dei servizi realizzati dal Comune41. Altre accuse riguardarono la cubatura edilizia che in esse venne realizzata e infine, e forse le più pesanti, furono quelle relative all’occultamento dalle voci di bilancio di quasi il 39% dei profitti costringendo così il Comune a versare nelle casse dell’immobiliare vaticana ben due miliardi e mezzo a copertura del disavanzo denunciato dall’Istica. Dalla stessa amministrazione comunale fu incaricato a presiedere una commissione di collaudo di un gruppo di opere gia realizzate dall’Istica l’ing. Giuseppe Mignemi, il quale affermò che, per una serie di conteggi inesatti contenuti nel piano economico finanziario, il contratto di concessione rappresentava per il Comune di Catania una perdita valutabile sui 30 miliardi.

Presentò una relazione al sindaco del momento – Drago – denunziando nel frattempo il fatto all’autorità giudiziaria che, dopo una fase istruttoria laboriosa e lunga che durò dal 1965 al 1973, incriminò con l’imputazione di peculato per distrazione l’ex sindaco La Ferlita42, in quanto egli era stato firmatario per conto del Comune della convenzione con l’Istica, l’assessore ai lavori pubblici del tempo D’Amico, nonché altri politici e funzionari dell’amministrazione fra cui l’avvocato generale Alessandro De Felice e il segretario generale Michele Tudisco, oltre

41 E. Rossitto, Consenso senza sviluppo, cit., p. 88. 42 La denuncia fu presentata il 25 ottobre 1965.

l’amministratore delegato dell’immobiliare Samaritani. ‹‹L’accusa principale mossa agli imputati nel corso del processo fu quella di avere fatto sparire i risultati di una perizia tecnica realizzata sul preventivo economico-finanziario presentato al Comune dall’ISTICA, che, nel caso fossero stati comunicati al Consiglio comunale, avrebbero potuto mandare a monte le trattative con l’ISTICA››43. I lavori in conseguenza furono bloccati, i lotti invenduti e non edificati sono rimasti tali fino a tutt’oggi e, dopo il processo che si concluse in appello nel 1975, La Ferlita e i suoi collaboratori furono assolti da ogni responsabilità penale ″perché il fatto non sussiste″.

Luigi La Ferlita, durante i lunghi anni di sindacatura, aveva fatto tanto per Catania, aveva realizzato le strutture necessarie per proiettarla nella dimensione che più si confaceva a una grande città, e aveva creato i presupposti per una crescita ulteriore e costante. Inoltre si era impegnato nella concretizzazione di varie iniziative: illuminazione pubblica, ente fiera, lido plaja, risanamento del quartiere Antico Corso, ristrutturazione della stazione ferroviaria per renderla più adeguata alle esigenze del traffico viaggiatori e merci, e tanto altro ancora da costituire un lungo elenco. Ma alla vigilia delle nuove elezioni amministrative si trovò a cadere su una buccia di banana, in un tranello che comunque non qualcuno ma tutto il partito ingiustamente gli aveva teso. ‹‹Le difficoltà di La Ferlita cominciarono quando si pose in duro contrasto con i dirigenti comunali e provinciali del suo partito e con il sindacato democratico dei lavoratori, la CISL, che negli impiegati comunali aveva la sua fondamentale base d’appoggio››44.

Il sindaco mal sopportava le interferenze non disinteressate, le ingerenze demagogiche e tutto un intero sistema che voleva ad ogni costo farlo amministrare non nell’esclusivo interesse della città. Erano ormai trascorsi i primi anni a ridosso della guerra, il ripetersi di certi risultati

43 M. Caciagli, Democrazia cristiana e potere nel Mezzogiorno, cit., pp. 87-88. 44 G. Azzaro, I ricostruttori, cit., p. 26.

elettorali aveva dato fra l’altro le assicurazioni del caso e fu allora che cominciò a intravedersi un nuovo sistema di gestione poco propenso all’individuazione di un progetto, ma finalizzato all’auto alimentazione dello stesso sistema. Il partito di maggioranza relativa si apprestava a presentarsi con un’immagine nuova all’elettorato catanese, proprio in occasione delle imminenti elezioni amministrative, ed esso subito percepì gli effetti di una congiuntura economica piuttosto favorevole e volle perpetuare i vantaggi che intravedeva ‹‹cercando un interlocutore politico che parli un po’ meno di ″valori″ e che si occupi un po’ di più dell’erogazione di servizi sia individuali che collettivi››45.

Le varie contraddizioni della politica posero allora La Ferlita in una posizione non più rispondente alle esigenze del partito di cui fino a quel momento era stato espressione, anche se a volte un po’ scomoda perché depositario del concetto di moralità politica, e Magrì fu allora costretto a invitarlo a non ripresentare la candidatura, a uscire dalla scena politica della sua città. Egli lo fece con dignità e senza alcuna protesta, né pubblica né privata, solamente dispiaciuto, deluso e angosciato per l’ingratitudine e per l’ingiustizia. Scrisse una lettera di commiato indirizzata ai dirigenti del partito e pubblicata anche sul quotidiano "La Sicilia" in cui diceva che ‹‹dopo otto anni di intenso e faticoso lavoro, che spero non sia stato infecondo per lo sviluppo e il progresso della nostra Catania, ragioni di salute, già da tempo note, e il desiderio di riprendere la mia attività professionale, per le esigenze della mia famiglia, mi inducono a tale decisione››46.

Sarebbero trascorsi più o meno altri cinque anni prima di essere denunziato per truffa ai danni del Comune di Catania insieme ad altre persone, fra funzionari e politici, da parte del ‹‹catoneggiante››47 ing. Mignemi, le cui accuse si riveleranno dopo molti anni infondate, ma che ancora nel corso degli anni '70, fornito di megafono, continuò per via

45 E. Rossitto, Consenso senza sviluppo, cit., pp. 80-100.

46 ‹‹L’avv. La Ferlita rinuncia a porre la propria candidatura››, in La Sicilia, Catania 2 ottobre 1960. 47 G. Azzaro, I ricostruttori, cit., p. 23.

Etnea a lanciare invettive contro gli amministratori cittadini. Altro è sempre stato il giudizio dei democristiani i quali hanno sinceramente affermato che ‹‹La Ferlita ha acquisito i titoli per essere annoverato fra i più efficaci ricostruttori di Catania […] Egli è stato il miglior Sindaco di tutti tempi››48.

5° CAPITOLO

Nel documento Catania e i Sindaci del secondo dopoguerra (pagine 112-117)