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Gli sconvolgimenti politici che interessarono il ducato al volgere del secolo

condussero a un decentramento dell’attività intellettuale del milanese, che

da quel momento iniziò a raccogliersi intorno a circoli aristocratici: esempio

Campofregoso e Giovanni Simonetta che si candidano ad essere quelle ospitanti Bramante» e Id.,Bramante cortigiano?, p. 97.

14Gli affreschi sono ora conservati alla Pinacoteca di Brera, inv. 1233-1240. 15

Cf. Relazione del ducato di Milano del secretario Gianjacopo Caroldo, 1520, in Re- lazioni degli Ambasciatori veneti al Senato, a c. di Arnaldo Segarizzi, Bari, Laterza, 1913-1916 (cit. a ii p. 9).

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Il palazzo esiste ancora oggi in via Vittorio Emanuele 36, come residenza pri- vata. Di ciò che sopravvive del periodo lì trascorso da Fregoso, in particolare di uno stemma posto sopra il caminetto nel locale principale, danno notizia va- ri appassionati di storia locale: alcune immagini degli interni si trovano nelle pagi- ne web http://balbianblog.blogspot.it/2012/02/palazzo-fregoso-di-colturano-nuova.html e http://bigsteps.net/bigsteps/riscoperta.htm.

8.2 Fileremo

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sono quello di Cecilia Gallerani, ex amante del Moro ritratta da Leonardo

nella Dama con l’ermellino, o quello di Ippolita Sforza Bentivoglio, entrambi

frequentati da Fregoso.

17

Questi, s’è detto, si era nel frattempo costretto ad

un auto-imposto esilio dalla città, al modo di Cicerone nella villa di Tuscu-

lum, e come l’illustre precedente aveva deciso di dedicarsi ad un altro genere

di attività letteraria, vale a dire la meditazione filosofica. Particolarmente

appropriato, dunque, il soprannome umanistico di Fileremo (‘amante della

solitudine’), che accompagna il suo nome in tutte le opere partorite in questa

seconda fase della sua vita.

Nel 1506 fu pubblicato il Riso di Democrito,

18

poemetto di 15 capitoli in

terza rima, accompagnato a partire dall’anno successivo dal gemello specu-

lare Pianto di Eraclito.

19

Oggetto delle due opere è il duplice attegiamento

rispetto alla pazzia che dilaga nel mondo: un distaccato e superiore sarcasmo,

come nel caso di Democrito, che osserva lo svolgersi degli eventi dall’alto del

suo palazzo e ride di gusto, o l’inconsolabile disperazione di Eraclito, che

non si dà pace al pensiero della misera condizione umana. Probabilmente

ispirati dall’affresco di Bramante ricordato poco sopra e da una serie di pre-

cedenti classici,

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i poemetti introducono gli elementi principali del pensiero

fregosiano, primi su tutti il ricorso alla ragione e il disprezzo dei beni mon-

dani, ponendosi nel solco filosofico tracciato dall’Accademia Neoplatonica di

Marsilio Ficino, delle opere di Giovanni Pico della Mirandola, di Girolamo

Benivieni e di Cristoforo Landino. Di particolare rilevanza è il categorico

rifiuto dell’ambiente di corte,

21

che tradisce la matrice autobiografica sottesa

17

Ne dà notizia Bandello,Novelle I xxi «Mentre che la molto gentile e dotta signora Cecilia Gallerana contessa Bergamina prendeva, questi dí passati, l’acqua dei bagni di Acquario [. . . ] avvenne un giorno che, essendosi lungamente di cose poetiche tra dui bramosi spiriti disputato, cioè tra il signor Antonio Fregoso Fileremo cavaliere e messer Lancino Curzio» e III vii «Il Bandello al molto vertuoso signore il signor Antonio Fileremo il Cavaliero salute. Beveva l’acqua dei bagni d’Aquario la illustre e virtuosa signora, la signora Ippolita Sforza e Bentivoglia [. . . ] cosí ve la mando e al nobilissimo nome vostro dedico, sí perché quel giorno che fu narrata voi non ci eravate, come che vostra consuetudine fosse quasi sempre d’esserci».

18Riso de Democrito composito per il Magnifico Cavalere Phileremo .D Antonio Frego-

so. Impressum Mediolani per Petrum Martirem de Mantegatiis dictum Cassanum. Anno domini MDVI Die XX Augusti.

19Riso de Democrito composito per il Magnifico Cavalere Antonio Phileremo .D. Fregoso

[. . . ] Pianto di Heraclito composito per il Magnifico Cavalere Missere Antonio Fregoso Phileremo. A lo Illustre Monsignore Iafredo Carolo del Regio Senato Milanese Moderatore sapientissimo. Impressum Mediolani per Petrum Martyrem De Mantegatiis impensa P. Francisci Tantii Cornigeri. Cum Gratia & Privilegio &c. [1507].

20

Soprattutto ilDe ira di Seneca, cf. Santoro, Dialogo di Fortuna, pp. 317-318.

21

Cf. pe 13, 40-42 «Fugirò in tutto la superba corte / insieme e la sollicita ambizione, / poi che ogni cosa al fine adequa morte».

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Antonio Fregoso, anomalia cortigiana

alla riflessione fregosiana:

L’amore, la bellezza, la caccia, la vanità, il culto della ricchezza e della

guerra apparivano tutte componenti d’un gioco che la Fortuna ave-

va spazzato con un cenno. Onde, lungi dal sospetto di un’antiquaria

riesumazione del medievale de contemptu mundi e oltre, dire, una gene-

rica polemica anticortigiana, il senso della fragilità inerente all’umana

condizione lasciava trapelare i propri legami con le recenti esperienze

storiche.

22

Altrettanto importante, inoltre, è l’impiego di un impianto narrativo dialet-

tico di ispirazione dantesca, così come a Dante rimanda anche la presenza

di due guide – un generico «bon demon» nel Riso e Dianeo, modellato su

Gerione, nel Pianto –, motivi che si ritroveranno, sviluppati, nella Cerva

bianca.

Sempre alla terzarima fa ricorso Fregoso nel Dialogo di Fortuna,

23

forse

stampato per la prima volta nel 1507, più probabilmente nel 1519.

24

Nel-

l’opera, che vede affiancarsi al Fregoso-personaggio anche gli amici Lancino

Curti e Bartolomeo Simonetta, i protagonisti vengono guidati alla dimora

di Fortuna da una petrarchesca Verità. Il tema centrale è lo stesso delle

due opere precedenti: la rinuncia ai beni materiali, sottoposti al dominio di

Fortuna, in funzione di quelli spirituali eterni e degni di ricerca da parte dei

sapienti.

25

Ancora del 1507 è la Contenzione di Pluto e Iro,

26

breve dialogo in 41

ottave tra il dio della ricchezza Pluto e Iro, compagno di Povertà. Fregoso

sceglie di ambientare la scena nella propria villa di Colturano, e di farsi

giudice della disputa che vede contrapposti i due litiganti: decidere quale

dei due sia maggior dio. Il promettente esordio dell’operetta, che vede un

precedente illustre nella Plutopenia di Pietro Iacopo De Jennaro, si risolve

però in una mera celebrazione del dedicatario Iafredo Carlo, il «Preside che

22Dilemmi,Introduzione, p. xxv.

23Fregoso Antonio Filaremo Dialogo de Fortuna, Mediolani per Fratres de Mantegatiis

, 1507.

24Cf. le note di Dilemmi all’edizione critica, pp. xliii-xliv: dell’esemplare del 1507,

noto all’editore da uno studio precedente alla dispersione del fondo in cui sarebbe stato conservato, si sono perse le tracce, e a tutt’oggi non compare nella scheda dello Universal Short Title Catalogue.

25

Sull’opera nel suo complesso cf. Santoro, Dialogo di Fortuna, che fornisce un inquadramento del testo e del tema nel più ampio contesto rinascimentale.

26Contentione di Pluto & Iro composta per il Magnifico Cavagliero Mesere Antonio

Fregoso Phileremo Poeta Facondissimo. Impressum Mediolani per Petrum Martyrem et fratres de Mantegatiis anno Salutis MDVII die XV Septembris. Impensis P. Francisci Tantii Cornigeri. Cum gratia & Privilegio.

8.2 Fileremo

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sempre ha Virtù a canto»

27

moderatore del Regio Senato Milanese a cui i

Pluto e Iro vengono reindirizzati, essendo il giudice indegno di esprimere un

giudizio. Per un autore che in quegli anni sembrava aver fatto dell’isolamento

e del disprezzo verso la mondanità cittadina gli aspetti principali della propria

riflessione, la filigrana apologetica di questo poemetto appare decisamente

incoerente.

Per certi versi, forse, si può interpretare la Contenzione come una pro-

va generale dell’ottava rima, che sarà il metro impiegato nel più ambizioso

progetto di Fregoso, vale a dire la Cerva bianca, pubblicata per la prima

volta nel 1510.

28

Al poema sarà dedicato il capitolo seguente: basti, per ora,

accennare al ripresentarsi dei temi già esposti in precedenza, declinati que-

sta volta in un’architettura più complessa, che ha come oggetto principale la

trattazione del concetto dell’amore nell’ottica neoplatonica.

Fatta eccezione per il Dialogo di Fortuna, come si è visto più probabilmen-

te al secondo decennio del Cinquecento più che al primo, l’unica altra opera

di Fregoso ad essere prodotta successivamente alla Cerva bianca è costituita

dalle cosiddette Silve.

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La raccolta consiste in sette operette di lunghezza

molto variabile, nelle quali i vari temi già emersi in precedenza nella Cerva

bianca vengono presi in considerazione uno alla volta. Nelle 46 ottave del

Lamento di Amore mendicante torna il contrasto tra Fortuna e Amore, che

viene colto di sorpresa dalla dea e fatto prigioniero: si ristabilisce così la

preminenza della fortuna rispetto all’amore dei mortali. Il Dialogo de Musi-

ca, in quattro capitoli in terzarima, inscena un dialogo tra l’autore, Antonio

Telesio, Bartolomeo Simonetta e il Brembano (forse il bergamasco Guidot-

to Prestinari) a proposito dell’armonia celeste e della musica che produce.

Nella Pergoletta de le laudi di Amore, in 52 ottave, torna il tema dell’amo-

re neoplatonico, e in particolare la teoria dei due amori già anticipata nella

Cerva bianca.

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Altro tema centrale (e neoplatonico) dell’opera maggiore era

il demone come ente a metà fra umano e divino e il suo influsso sui mortali,

a cui sono dedicate le 48 ottave dei Discorsi cottidiani non vulgari. Una ce-

lebrazione di Ragione si ha nei sette capitoli ternari del dialogo De lo istinto

27

cpi41, 4.

28Cerva Bianca del Magnifico Cavaliere Antonio Phileremo Fregoso. Impresso in la

Inclita Città de Milano per Petro Martire di Mantegazzi dicto il Cassano, ad istantia de Dominico da la Plaza del Degno Authore amanuense, nel MDX a dì xxy de Augusto. Con Gratia & Privilegio come in esso amplamente si contiene.

29Opera nova del Cavalier Fregoso Antonio Phileremo. Lamento d’amore mendicante.

Dialogo de musica. Pergoletta de le laudi d’amore. Discorsi cottidiani non vulgari. De lo instinto naturale. De la probita. Dei tre peregrini. Milano, per Bartolomeo da Crema ad instantia de Giovanni Giacomo & fratres Da Legnano, 1525. Il titolo Silve si ricava dal secondo frontespizio a c. 2r.

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Antonio Fregoso, anomalia cortigiana

naturale, in cui Fregoso e Filelio (non identificabile) giungono ad affermare

che la ragione è congenita nell’uomo, tanto che un bambino abbandonato su

un’isola deserta potrebbe comunque raggiungere una forma di educazione;

il dialogo apre anche uno squarcio interessante sulla cultura di Fregoso, che

nell’opera cita indirettamente la trama del Filosofo autodidatta di Ibn Tu-

fayl, meglio noto in occidente come Abubacer Aben Tofail.

31

Più breve, ma

sempre in terzarima è il trattatello De la probità, dedicato al ‘probo’ Enri-

co Boscano e quindi apologetico fin dalla dedica. Più interessante è l’ultima

opera che costituisce le Silve, I tre peregrini. Si tratta di un lavoro di ampiez-

za maggiore rispetto alla gran parte delle precedenti (tre canti per un totale

di 229 ottave), e dall’impianto chiaramente narrativo. I tre protagonisti sono

gli stessi del canto iii della Cerva bianca: Apuano, Filareto e il Carrarese

(Fregoso stesso, nativo di Carrara). Il loro viaggio, nato dall’inseguimento

di un candido agnello dalle corna d’oro, si dipana per il Chiostro di Lucina e

per l’Emporio di Fortuna, e ha termine nell’Emporio di Minerva. Un viaggio

allegorico sapienziale, evidentemente, il cui modello principale l’ha fornito

l’opera maggiore dello stesso Fregoso.

Una produzione notevole, dunque, quella confezionata da Fregoso nel nuo-

vo secolo, tanto più impressionante se confrontata con quella, smarrita, del

suo periodo cortigiano. Della sua biografia una volta lasciata Milano non

sappiamo quasi nulla: solo che nel capoluogo non fece mai più ritorno sta-

bilmente, ma che continuò a frequentare, come si è visto, l’élite intellettuale

del ducato. Certa non è nemmeno la data di morte, che dovrebbe collocarsi

intorno al 1530 (a nulla vale la menzione di Ariosto nel Furioso del 1532

citata in esergo, dato che non viene fatta grande distinzione tra poeti viventi

e già scomparsi).

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