• Non ci sono risultati.

Filtri a condensatori commutati

Nel documento Elettronica Applicata (pagine 125-136)

Capitolo 2 Filtri Attivi

2.4 Filtri a condensatori commutati

Completiamo il capitolo sui filtri attivi, introducendo una categoria a sè stante di filtri: quelli a condensatori commutati (switched capacitors filters). Si tratta di filtri costituiti da interruttori, condensatori, e amplificatori op-erazionali, disposti mediante particolari topologie. Un primo schema di prin-cipio in figura 2.26.

L’interruttore collega il condensatore C una volta alla tensione V1, una volta alla tensione V2; ciò che capita, dunque, è che il condensatore presenterà sostanzialmente due stati, identificabili con due livelli di carica, Q1 e Q2:

Q1 = CV1; Q2 = CV2

Commutando lo switch, vi sarà un trasferimento di carica ∆Q dal gener-atore V2 al generatore V1, e quindi:

∆Q = C(V2− V1)

Tutte le volte che si farà un ciclo in cui si collega il condensatore prima a V2 e poi a V1, o viceversa, si avrà una variazione pari a ∆Q. Supponiamo dunque di fare questi scambi fCLK volte al secondo, ossia supponiamo il fatto che lo switch commuti con una frequenza dettata in qualche modo da un clock a frequenza fCLK. Ogni secondo si avrà una corrente (media, dal momento che si media in un certo tempo T considerabile come il reciproco della frequenza di clock) pari a:

I = ∆Q

V1 V2

R I

Figura 2.27: Trasferimento di corrente tra i due generatori di tensione. Abbiamo fornito una prima idea; cambiamo a questo punto circuito, per riprendere un qualcosa di molto più familiare, in un certo senso più semplice (fig. 2.27).

Banalmente, si può vedere che:

I = V2− V1

R

Nessuna idea? Uhmmm .. guardiamo un po’ questo circuito e quello di prima: non si assomigliano neanche un po’? Da un lato si ha uno switch, dall’altro si ha una resistenza R. Tenendo conto che dimensionalmente i conti tornano, si potrebbero dimensionare fCLK e C come segue:

Req = 1

C· fCLK

Ossia, il sistema switch + condensatore si può sorprendentemente mod-ellizzare mediante un elemento resistivo. Nella fattispecie, si può dire che, se fCLK è molto maggiore della frequenza dei segnali che utilizziamo, i due sistemi sono del tutto equivalenti!

Ciò non è in realtà del tutto vero. I due sistemi hanno qualche differen-za fondamentale: il primo circuito infatti trasferisce la corrente a pacchetti, mentre il secondo in modo continuo, ossia senza mai interrompersi. La cosa bella è che, per frequenze di clock elevate, questo fatto non si nota2.

Adesso non resta che dire per quale fine usare un circuito di questo genere. Abbiamo forse già accennato il fatto che i condensatori di precisione in commercio non esistono, o comunque sono estremamente costosi; questi cir-cuiti si basano sulla regolazione di un rapporto tra due capacità, mediante un clock, ossia un generatore di segnali ad una frequenza ben definita. Quest’ul-timo è piuttosto semplice da realizzare: esistono sistemi elettronici, realizzati 2Un circuito di questo genere comunque andrebbe studiato, per correttezza, nel dominio della trasformata Z (il corrispondente discreto della trasformata di Laplace).

Φ1 Φ2

V1 C V2

Figura 2.28: Capacità commutate con interruttore realizzato con MOSFET. su di un singolo circuito integrato (poco costosi e semplici da trovare in com-mercio) o usando oscillatori al quarzo sono in grado di realizzare ottimi clock. Ciò che si ottiene in questo modo è da un lato un circuito con scarsi elemen-ti di incertezza, dal momento che la frequenza è la grandezza più facile da ottenere, e dall’altro senza resistenze: volendo realizzare un filtro su di un circuito integrato, bisognerebbe realizzare resistenze integrate; le resistenze sui circuiti integrati vengono comunemente evitate dal momento che la loro realizzazione comporta un grosso spreco di spazio di integrazione.

Il valore della frequenza di taglio di un filtro a condensatori commutati non dipenderà tanto dalle capacità dei singoli condensatori utilizzati per la commutazione, quanto dal loro rapporto.Come già detto, il rapporto a sua volta dipenderà da fCLK, che ovviamente sarà facilmente regolabile mediante sistemi elettronici digitali (o mediante oscillatori al quarzo, molto semplici da gestire ed estremamente precisi). Esistono numerosi circuiti integrati in grado di realizzare perfettamente sistemi di questo genere.

Come si realizza, in pratica, uno di questi deviatori? Beh, gli interruttori, comunemente, vengono realizzati medianti MOSFET (fig. 2.28).

Quando la tensione di gate è abbastanza alta, il comportamento è quello di una resistenza; se è troppo bassa, è quello di un circuito aperto. I segnali di pilotaggio dei MOSFET, Φ1 e Φ2 sono sostanzialmente lo stesso segnale, però il secondo sfasato rispetto al primo. Si parla di clock a due fasi non sovrapposte.

Condizione obbligatoria sul segnale di clock è il fatto che le fasi non sian

sovrapposte: i segnali possono essere entrambi bassi, il primo alto e il secondo

basso, il primo basso e il secondo alto, ma assolutamente mai entrambi alti. Se i segnali di clock avessero entrambi uno stato logico alto, si metterebbero (a meno di cadute resistive sui MOSFET) in corto circuito i due generatori del circuito di partenza. Per questo si sfruttano i segnali a fasi non sovrapposte (non-overlapping phase), realizzati solitamente mediante latch S-R (se ne

Vi

Vu

C1

C2

Figura 2.29: Integratore switching. parlerà in seguito).

Vogliamo sfruttare dunque questi principi, per realizzare dei filtri. Un circuito di base potrebbe essere il solito integratore (fig. 2.29).

Sostituendo il resistore con il sistema switch+condensatore, sfruttando il principio di equivalenza R ↔ Req, si ottiene:

R ←→ f 1

CLKC1

Da qua, si avrà che:

Vu Vi = − 1 sRC = − 1 s 1 fCLK·C1C2 = = −fCLK s · C1 C2 Da qua, si può ricavare banalmente che:

f0 = C1fCLK

2πC2

Come già detto, dal momento che in elettronica la grandezza più facile da generare e gestire è proprio la frequenza, fCLK sarà un enorme punto di forza.

Cerchiamo di renderci conto di cosa abbiamo guadagnato: se nel circuito a tempo continuo avessimo voluto una frequenza di taglio f0 = 1 kHz, cosa avremmo dovuto fare? Beh, vediamo:

D S G T CGS CGD CDS

Figura 2.30: Capacità parassite nel modello circuitale del MOSFET.

103 = 1 2πRC

Mettere una cerca capacità C ed una certa resistenza R, realizzandole in un circuito integrato, ma avere da realizzare una resistenza in un integrato non è il massimo della vita.

E ora?

103 = fCLK · C1 2πC2

Niente resistenze, e con una frequenza dell’intorno di fCLK = 100 kHz saremo a posto, infatti:

103 = C1 2πC2 · 10

5

−→ C2 = 102

C1 ≃ 15, 9C1

Sarà sufficiente avere un condensatore la cui capacità sia 16 volte maggiore di quella dell’altro: le capacità saranno 2, e molto piccole (dal momento che è sufficiente rispettare il rapporto!). Inoltre, i MOSFET da integrare sono estremamente semplici: il circuito risultante sarà, dunque, preciso ed economico.

Abbiamo trovato il circuito perfetto per la realizzazione di filtri? La rispos-ta è assolurispos-tamente no. Raramente nella realtà si utilizza un circuito di questo genere, dal momento che funziona veramente male: i MOSFET sono infatti costituiti da un pezzo di metallo attaccato ad un dielettrico a sua volta colle-gato ad un semiconduttore drocolle-gato. Questo dispositivo, in realtà, è un perfet-to condensaperfet-tore. Quesperfet-to significa che in qualsiasi morsetperfet-to di un transisperfet-tore MOS a effetto di campo vi sono capacità parassite.

Il circuito sarà complessivamente modellizzabile come in fig. 2.31. Non solo i MOSFET hanno capacità parassite, ma persino i condensatori integrati

M 1 M 2 V i V u C 1 C 2

Φ1 Φ1 Φ2 Φ2 Vi Vu C1 C2

Figura 2.32: Integratore switching doppio.

hanno capacità parassite! La cosa positiva è però il fatto che esse non contano: osservando C2 e le due relative capacità parassite collegate a 0 V, una è collegata tra 0 V e 0 V, l’altra è su di un punto a bassa impedenza, dunque sarà esterna alla retroazione, in quanto farà esclusivamente parte del carico del circuito.

La capacità sinistra di M1 e quella destra di M2 non sono state indicate, poichè vale un discorso del tutto analogo; mentre per quanto riguarda le restanti capacità parassite, ossia quella “destra” di M1 e quella “sinistra” di

M2, sono gli elementi critici del circuito: esse sommeranno il proprio valore di

capacità a quello del condensatore C1, introducendo indeterminazione sulle grandezze del circuito.

Proviamo dunque a considerare un altro circuito, in figura 2.32. I due switch saranno sempre nella stessa posizione, si muoveranno assieme (avran-no la stessa fase): o saran(avran-no entrambi posizionati verso il condensatore, o saranno entrambi posizionati verso il riferimento 0 V. Nella posizione Φ1 cambia la tensione ai capi del condensatore, e la corrente scorrerà verso C2. Invece, nella posizione Φ2 il condensatore è collegato, invece, tra 0 V e 0 V, dunque mantiene il proprio stato. Passando da Φ2 a Φ1, il condensatore passa dall’essere tra 0 V e 0 V all’essere tra 0 V (virtuali, dovuti al collegamento col morsetto non invertente dell’amplificatore operazionale), e Vi.

Questo circuito è detto stray insensitive, poichè le capacità parassite dei due MOSFET, M1 e M2, non ci più danno problemi: ritenendo trascurabili le resistenze di canale dei quattro MOSFET costituenti i due deviatori, durante

la fase Φ1 le capacità parassite si caricano3, al cambio di fase si scaricano su

M3 e M4 (che si comportano come corto circuiti, per il fatto che consideri-amo trascurabili le resistenze di canale dei MOSFET), i quali formano, con questa topologia, un “percorso preferenziale” per le correnti accumulate nelle capacità parassite, rendendole “invisibili” al resto del sistema elettronico. Integratore non invertente

Si noti una cosa alquanto simpatica: mediante una piccola modifica a questo circuito, rappresentante una realizzazione del tipico integratore invertente (sostituendo al resistore R la resistenza Req ottenuta mediante il sistema di switch), si può ottenere un integratore non invertente. Per fare ciò, è sufficiente fare in modo che gli interruttori, anzichè avere la stessa fase, si trovino esattamente in opposizione di fase: quando uno degli interruttori è sullo stato Φ1 l’altro deve trovarsi in stato Φ2, e viceversa.

Perchè questo circuito tuttavia si comporta come integratore non inver-tente? Beh, se Vi è positiva, nella fase Φ1 il condensatore C1 si caricherà, poichè collegato a sinistra a +Vi, a destra a 0 V; caricato il condensatore, si cambia di fase e il terminale sinistro è collegato a 0 V, quello destro al morsetto invertente dell’amplificatore operazionale. Il condensatore dunque imporrà sul morsetto ”-” una tensione pari a −Vi: il fatto che la tensione Vi

del condensatore sia riferita a 0 V, ma dall’altro capo (quello che prima era positivo), fa abbassare la tensione di Vi, portando il morsetto precedente-mente positivo del condensatore a 0 V, quello precedenteprecedente-mente a 0 V a - Vi. Il compito dell’operazionale a questo punto è quello di cercar di “parificare” le tensioni ai due morsetti, e per far ciò dovrà aumentare la tensione di uscita, ottenendo di fatto un integratore non invertente.

Limiti dei filtri a condensatori commutati

Quali sono i limiti dei filtri a condensatori commutati? Innanzitutto, il fatto di non poter lavorare a frequenze elevate, come a radiofrequenza: il limite massimo è molto inferiore (almeno uno o due ordini di grandezza) rispetto alla frequenza del clock, fCLK. Il sistema elettronico infatti non deve avere il tempo di “accorgersi” della natura discreta della finta resistenza inserita, ed i conseguenti limiti da essa imposti: uno su tutti è il teorema di Nyquist, che però va abbondantemente soddisfatto, al fine di evitare problemi.

Un limite inferiore al funzionamento del sistema è il fatto che l’ampli-ficatore operazionale non è ideale: esistono perdite e generici effetti di non 3cosa che può essere vera per Cp1, non per Cp2, dal momento che il MOSFET non ha resistenza e quindi Cp2 si trova tra 0 V e 0 V virtuali

Φ 1 Φ 1 Φ 2 Φ 2 V u V i C 1 C 2 M 1 M 2 M 3 M 4

Φ1 Φ1 Φ2 Φ2 Vu Vi C1 C2

Figura 2.34: Integratore switching non invertente.

idealità che potrebbero causare variazioni delle uscite dopo un certo tempo di funzionamento del sistema; perdite che potrebbero caricare le varie capacità parassite. Solitamente tuttavia, usati nel loro range di funzionamento, questi tipi di filtri dovrebbero funzionare in maniera assolutamente soddisfacente.

2.5 Conclusioni

Abbiamo parlato di filtri attivi, presentandone un certo numero di possi-bili realizzazioni, esponendone i vantaggi e gli svantaggi. Ciò che potremmo chiederci a questo punto è: nella realtà cosa ci servirà?

La risposta è semplice: un committente ci fornirà una maschera, os-sia un range di andamenti accettabili per quanto riguarda la funzione di trasferimento del filtro.

Le caratteristiche della maschera riguardano soprattutto l’andamento desider-ato dal committente, l’attenuazione minima in banda attenuata, l’attenu-azione massima in banda passante e altro. Per essere più precisi, i parametri fondamentali riguardano:

• Modulo: al modulo si può richiedere la monotonia, ossia l’eliminazione

di eventuali ripple, picchi, oppure il fatto che esistano ripple, ma sotto una massima oscillazione tollerata;

• Fase: alla fase si richiede un andamento lineare o prossimo alla linearità:

dal momento che una variazione non lineare della fase comporta una distorsione di fase del segnale (come si è studiato a Teoria dei Segnali).

In realtà le richieste sono soddisfabili a partire da particolari tipi di ap-prossimazioni, ossia da particolari tecniche per il progetto di filtri di vario genere. Verrà ora presentata una lista di tecniche standard per il progetto di filtri, basate sull’uso di particolari polinomi approssimanti l’andamento di un segnale a porta.

• Filtri di Bessel: monotoni in banda passante, a fase lineare (ritardo di

gruppo costante); ottimi per il progetto di filtri estremamente regolari, ma con un numero di poli molto elevato, e dunque che richiedono un grosso numero di elementi reattivi;

• Filtri di Butterworth: monotoni in banda passante, fase non lineare;

si hanno meno poli rispetto ai filtri di Bessel, ma comunque possono essere molto “pesanti”;

• Filtri di Chebishev: ancora meno poli dei filtri di Butterworth, ma

introducono la presenza di ripple in banda passante;

• Filtri ellittici: minimizzano il numero di poli, ma massimizzano le

irre-golarità del filtro, peggiorando la qualità del filtro.

A seconda di ciò che il committente ordinerà, si utilizzerà una delle categorie di filtri ora introdotte.

Capitolo 3

Applicazioni dell’amplificatore

Nel documento Elettronica Applicata (pagine 125-136)