1 −R2 R1 · R3 R4 VC
Il guadagno di modo comune AC, ossia il guadagno dell’amplificatore rispetto alle componenti di modo comune, ossia alle componenti “uguali” dei due segnali, è: AC = Vu VC = R4 R3+ R4 · 1 − R2 R1 · RR3 4
Continuando a rispettare la formula ottimizzata, ossia la condizione R1 =
R3 e R2 = R4, si ridurrà al minimo (tendenzialmente e idealmente, a 0) il guadagno di modo comune.
1.4 Stadio Differenziale
Studiando lo specchio di corrente, abbiamo già introdotto il primo dei mat-toncini che comporrà l’amplificatore operazionale. Quello che ora sarà in-trodotto sarà un altro di questi mattoncini fondamentali, probabilmente molto più importante dello specchio di corrente. L’amplificatore operazionale, in una rappresentazione ”a blocchi”, potrebbe essere rappresentato da tre elementi, disposti in cascata:
1. Stadio di ingresso. stadio differenziale (ciò che stiamo per introdurre); 2. Guadagno in tensione (talvolta omesso, se lo stadio differenziale è
rea-lizzato con tecnologie CMOS);
3. Stadio di uscita di potenza: stadio in grado di guadagnare circa 1 in tensione, ma di aumentare notevolmente la corrente, e di conseguenza la potenza.
Ora ci concentreremo sullo studio del solo amplificatore differenziale o stadio differenziale (non si faccia confusione con la topologia utilizzata per realizzare la differenza di due segnali con l’amplificatore operazionale!).
Supponendo che il dispositivo che siamo sul punto di presentare sia rigo-rosamente in zona lineare, possiamo incominciare la trattazione; il blocchetto con il quale si potrebbe modellizzare questo stadio di amplificazione ha due ingressi, un’uscita, e due terminali di alimentazione; si vorrebbe che l’uscita abbia una forma simile alla seguente:
v1 v2
IO
I1 I2
VBE1 VBE2
Figura 1.21: Realizzazione dello stadio differenziale con BJT.
Ossia una combinazione lineare della tensione di ingresso. Poichè lo stadio sia differenziale, si deve avere che:
A1 = −A2
I coefficienti devono dunque essere uguali in modulo e opposti in segno (quantomeno, in un sistema ideale).
Cerchiamo di quantificare e studiare al meglio questo tipo di configu-razione, introducendo un “cambio di base”, finalizzato a realizzare la sep-arazione dei modi di funzionamento: anzichè osservare l’uscita Vu espressa in termini di combinazione lineare degli ingressi, si potrebbe lavorare con la tensione differenziale vd, ossia la differenza degli ingressi (tensione di modo differenziale). La nuova base di ingressi per essere sufficiente a rappresentare l’uscita necessita di un ulteriore elemento, che sarà VC: la tensione di modo comune. Il nuovo sistema di equazioni sarà:
(
vd = V1− V2
VC = V1+V2
2
A partire da questa nuova base, si può esprimere l’uscita, come:
Vu = Advd+ ACVC
Dove:
Ad = A1− A2
2 ; AC = A1+ A2
Ciò che abbiamo fatto con questa operazione è separare i modi di
funzion-amento dell’amplificatore operazionale, ossia considerarne due diversi tipi di
amplificazione: una riguardante esclusivamente il segnale differenziale (os-sia le differenze tra due segnali) e una riguardante l’amplificazione di modo
comune, ossia la componente di segnale presente in entrambi i segnali. Un esempio di componente di modo comune potrebbe essere un offset: se en-trambi i segnali sono sinusoidali è hanno lo stesso valor medio, esso sarà una componente di modo comune.
L’amplificatore differenziale ideale ha Ad molto grande, e AC nullo, in modo quindi da non amplificare le componenti di modo comune del segnale in ingresso. Questo fatto è indicato anche dal nome: differenziale significa proprio che in uscita deve mantenere le sole differenze dei segnali in ingresso, e non considerare contributi comuni ai segnali dei quali si intende amplificare la differenza.
Idealmente, si vorrebbe che l’uscita di un amplificatore differenziale, Vu, sia pari a:
Vu = Advd
Tuttavia, l’espressione completa sarà:
Vu = Advd 1 + AC Ad VC vd
Questo significa che tanto più il termine di guadagno di modo comune,
AC, è elevato, e tanto più si avranno errori rispetto al funzionamento ideale del dispositivo.
Al fine di determinare la bontà di un amplificatore differenziale, si intro-duce un parametro fondamentale, in grado di quantificare l’errore commesso a causa dell’amplificazione di modo comune. Questo parametro è chiamato CMRR (Common Mode Rejection Ratio), ed è definibile come:
(CMRR)dB , Ad AC dB = 20 · log10 Ad AC
Più il CMRR è elevato, e migliore sarà lo stadio differenziale realizzato. Come qualunque altro circuito attivo, lo stadio differenziale deve essere alimentato; dall’alimentazione, dipenderanno la dinamica di ingresso di mo-do comune e la dinamica di ingresso di momo-do differenziale. Cosa sono queste “dinamiche” ? La risposta è abbastanza semplice: come abbiamo detto al-l’inizio della trattazione, il dispositivo in questione funziona bene se è in stato di linearità. Lo stato di linearità va dunque tutelato, ossia bisogna ri-cavare dei limiti di funzionamento dello stato di linearità. Ciò da cui bisogna proteggersi, dunque, sono sostanzialmente due fattori:
• Segnali di modo comune estremamente elevati tali per cui, a causa
fuori linearità l’amplificatore operazionale; la dinamica di modo co-mune è dunque il range di ampiezze dei segnali di modo coco-mune tali per cui nei dispositivi attivi contenuti all’interno dell’amplificatore non intervengano fenomeni di non linearità;
• Segnali di modo differenziale in grado di variare (o comunque
raggiun-gere) valori di tensione eccessivamente elevati per il guadagno di modo differenziale, in modo da far intervenire fenomeni di non linearità nei dispositivi attivi; il range di valori che i segnali di modo differenziale possono assumere è detto dinamica di modo differenziale.
Le due dinamiche di ingresso appena esposte avranno una violenta dipen-denza dalla tensione di alimentazione dello stadio differenziale. Per quanto riguarda le dinamiche di ingresso differenziali, non avremo grossi problemi, dal momento che, di solito, l’amplificatore differenziale è utilizzato per “pic-coli segnali”, dunque le differenze che si intende amplificare dovrebbero essere piccole, e non mandare fuori linearità il dispositivo.
Discorso diverso riguarda la dinamica di ingresso di modo comune: in uno stadio differenziale basato su tecnologia a BJT (transistori bipolari), si avrà solitamente una topologia di questo genere (come già mostrato precedente-mente):
Il valore superiore della dinamica di ingresso di modo comune è delimi-tato dal fatto che la tensione di ingresso, Vi, non possa crescere al di sopra del valore della tensione sui collettori dei BJT, senza rischiare di mandarli in stato di saturazione (e quindi farli uscire dalla linearità!); dal momento che l’amplificazione di modo comune è piuttosto bassa, variando Vi non si dovrebbero avere grosse variazioni della tensione sui collettori; definendo VCO
le tensioni sul punto di riposo ai collettori, data una certa Vi di modo comune in ingresso, il vincolo al funzionamento lineare del dispositivo sarà:
Vi < VCO
La tensione sui collettori dipenderà sostanzialmente dalla differenza tra la tensione di alimentazione e la caduta di tensione sui resistori; quindi:
Vi <
VAL−I2ORC
Ma quindi, anticipando una relazione che verrà espressa in seguito:
Vi <(VAL− AdVT)
Cosa significa ciò? Per aumentare la dinamica di modo comune, bisognerebbe diminuire il guadagno differenziale!
Ciò che si fa in pratica di solito è evitare di usare un carico resistivo ed utilizzare, ad esempio, uno specchio di corrente (come vedremo in seguito).
Osserviamo ora sotto un punto di vista più ”quantitativo” il nostro cir-cuito:
1.4.1 Transcaratteristica dell’amplificatore differenziale
Osserviamo lo schema di partenza dell’amplificatore differenziale di fig. 1.22a. Date in ingresso ai morsetti dell’amplificatore due tensioni, V1e V2, si può dire che la tensione differenziale, amplificata, sia sostanzialmente riconducibile alla differenza delle tensioni di giunzione base-emettitore dei due transistori, e dunque che:
vd = VBE,1− VBE,2
Si possono scrivere le equazioni di funzionamento dei BJT, ed esprimere le correnti I1 e I2 come:
I1 = IS1e
VBE,1 VT
I2 = IS2eVBE,2VT
Supponendo al solito di costruire questo stadio su di un circuito integrato, possiamo suppre di avere la stessa temperatura, e quindi le stesse correnti inverse di saturazione; da ciò, calcoliamo il rapporto delle due correnti, come:
I1
I2 = IS1
IS2
eVBE,2−VBE,2VT
Da qua, si vede che:
I1 = I2· eVTvd
Osserviamo ora un attimo ancora la topologia del circuito: sotto al circuito si ha un generatore indipendente di corrente, IO; si può dunque scrivere, usando la legge di Kirchhoff dei nodi, che:
IO= I1+ I2 Da qua: IO = I21 + eVTvd ←→ I2 = IO 1 + eVTvd
Da ciò, riprendendo l’equazione precedente, si ricava, con semplici pas-saggi algebrici, che:
I1 = IO· eVTvd
1 + eVTvd
Studiamo ora graficamente queste funzioni, analizzandone gli andamenti asintotici (figura 1.22b).
Vediamo, facilmente, che:
lim vd→+∞I1 = IO lim vd→−∞I1 = 0 lim vd→+∞I2 = 0 lim vd→−∞I1 = IO
Ma si può anche vedere che:
I1(0) = I2(0) = IO
2
Cosa significa tutto ciò? La zona in cui entrambe le correnti sono attive è molto ridotta (dal momento che, in un intorno dell’origine, l’esponenziale pre-senta un andamento crescente molto accentuato); si può stimare che inoltre le curve siano, in un intorno dell’origine, linearizzabili, e ossia approssimabili con le rette tangenti, per:
vd ∈ [−VT; VT]
La tensione differenziale dell’ingresso del circuito deve essere piccola, al fine di poter utilizzare un modello lineare; la cosa comunque, come già detto, non ci causa problemi, dal momento che lo stadio di amplificazione, all’interno di un amplificatore operazionale, sarà in cascata a quello differenziale: non si richiede, da uno stadio differenziale (a BJT), di avere un segnale in uscita dal valore elevato.
Qual è il guadagno in corrente dello stadio, considerando valida la lin-earizzazione in un intorno di vd = 0 ? Sappiamo che, sviluppando in serie approssimando al primo ordine, si ottiene:
v1 v2 IO I1 I2 VBE1 VBE2 (a) 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 −8 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 v d VT I1,2 I1 I2 (b)
Figura 1.22: Dall’alto: realizzazione dello stadio differenziale con BJT; grafi-co delle grafi-correnti dello stadio differenziale al variare del segnale di modo differenziale.
I1 ≃ I2O +∂IO ∂vd vd=0 vd= IO 2 + gm,0· vd Da qui: I2 = IO− I1 ≃ I2 −O gm,0· vd
Il termine gm,0 è una transconduttanza, modellizzante un fattore di pro-porzionalità tra ingresso ed uscita dell’amplificatore; Cerchiamo di quantifi-care il termine I1− IO
2 :
I1−I2O = I1− I2 2
Riprendendo le precedenti espressioni di I1 e I2:
I1 = IO
2
eVTvd − 1 eVTvd + 1
Ma, ricordando la definizione di tangente iperbolica, si può scrivere che:
I1 = IO 2 1 + tgh vd 2VT
Lo sviluppo in serie di Taylor della tangente iperbolica è: tgh(x) ≃ x − x33 + 2 15x 5+ ... Quindi, linearizzando: I1 ∼ I2O 1 + vd 2VT = IO 2 + IO 4VT vd
Da qua, si ricava, mediante confronto con la precedente espressione di I1, che:
gm,0 = IO
4VT
Questo termine rappresenta il guadagno in corrente di piccolo segnale del nostro stadio differenziale.
Quanto vale, nel circuito finora disegnato, l’amplificazione di modo co-mune? La risposta è: 0! La corrente generata dal generatore ideale di cor-rente modellizzante il funzionamento dei BJT è indipendente dalla tensione al nodo, e quindi siamo per ora contenti.
vC vC vA IO I′ O rO I1 I2 VBE1 VBE2
Figura 1.23: Schema dello stadio differenziale con generatore reale di corrente. In realtà le cose non si mettono così bene: consideriamo qualcosa di più realistico, ossia un circuito nel quale il generatore indipendente IO non sia ideale, bensì disponga di una resistenza ro in parallelo ad esso (fig. 1.23).
Dato in ingresso ad entrambi i morsetti un segnale di modo comune, VC, potremo valutare un’eventuale amplificazione di modo comune del segnale. La corrente I′
O è una corrente data dalla somma di IO e della corrente che scorre nella resistenza modellizzante le non idealità del generatore; si avrà che:
I′
O= IO+ VC − VBE
ro
Nel caso reale, tenendo dunque conto di ro, IO non è costante, bensì dipende da VC, ossia dalla tensione di modo comune; questo significa che il nostro stadio di amplificazione, nella realtà, non è in grado di ignorare i modi comuni, ossia il segnali “uguali” tra loro nei due morsetti di ingresso. Quello ceh ci servirà, dunque, sarà un ottimo generatore IO, in modo da alzare il CMRR e ridurre gli effetti di modo comune.
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 T9 I1 I2 I1− I2 R1 v1 v2 x1 +VAL −VAL
Figura 1.24: Schema circuitale di un amplificatore operazionale.