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Generatore di onda triangolare

Nel documento Elettronica Applicata (pagine 191-200)

operazionale fuori linearità Indice

5.3 Generatore di onda triangolare

Per riassumere il discorso fatto nella sezione precedente in soldoni, il gen-eratore di onde quadre funziona cambiando la tensione di uscita al variare di quella riportata in ingresso. La nuova sfida è la generazione di segnali

triangolari (fig. 5.10).

Però noi che sappiamo tanta matematica (non si seguono tutti quei corsi di Analisi solo per passare il tempo) siamo consapevoli che l’onda quadra è sostanzialmente una funzione definita a tratti e prolungata per periodicità, dove i tratti di funzione sono sostanzialmente delle costanti. Ma chi è pratico di Analisi sa anche che l’integrale di una costante altri non è che una retta, di

Vu

R R1

R2 C

Figura 5.11: Schema circuitale del generatore di onda triangolare, composto da un integratore e un comparatore di soglia.

pendenza pari al valore della costante stessa. Se avessimo un modo dunque di realizzare la funzione integrale nel circuito, e di sostituire alla rete RC costituente il nucleo reattivo del circuito una circuiteria in grado di “fare gli integrali”, saremmo a cavallo!

Ehi! Ma noi questa circuiteria che fa l’integrale la conosciamo già! Siamo infatti capaci di costruire circuiti integratori dalla teoria dell’uso dell’ampli-ficatore operazionale in linearità. Proviamo dunque a realizzare il circuito appena descritto e schematizzato in figura 5.11.

Usando un comparatore di soglia non invertente (dal momento che l’in-tegratore è intrinsicamente invertente, dunque la reazione sarà ”positiviz-zata” dal solo integratore), qualitativamente vediamo che, se il comparatore di soglia produrrà un’onda quadra, l’integratore la integrerà, producendo un’onda triangolare.

Ne siamo sicuri? Beh, abbastanza: come sappiamo dalla teoria preceden-temente studiata, il fatto che la tensione sia costante sull’ingresso dell’inte-gratore comporta una variazione lineare della tensione sul condensatore. Però si noti un fatto: il condensatore si caricherà come descritto, ma del segno op-posto rispetto alla tensione di uscita: noi riportiamo indietro la tensione di uscita, mediante la rete di reazione, ma la topologia dell’amplificatore inver-tente, su cui si basa il nostro integratore, è tale da invertire il segno della carica del condensatore rispetto a quello della tensione di uscita. Supponen-do che, appena acceso il circuito, sull’uscita si abbia tensione bassa, VOL, il condensatore tenderà ad aumentare la propria tensione, linearmente; qui non si hanno livelli di regime o tensioni asintotiche da raggiungere, dal

momen-to che l’integramomen-tore “non vede cosa deve raggiungere”, ma integra e basta. All’avanzare del tempo t, il condensatore raggiungerà il livello di tensione di soglia alto, VS1, dunque il comparatore (non invertente) commuterà da VOLa

VOH, ma l’integratore, invertente, tenderà a caricarsi linearmente con cariche del segno opposto, tendendo a raggiungere una tensione negativa, fino a VS2, che provocherà commutazione, e così via.

Essendo il “dispositivo reattivo” ora diventato un integratore, avremo il seguente andamento della tensione sul condensatore:

vC(t) = vC(0) − 1

RC

Z t

0 vi(t)dt

Sappiamo però che vi(t) = Vu, poichè l’ingresso dell’integratore è l’us-cita portata indietro dalla retroazione; partendo dall’ipotesi VOL = −VOH, considerando t = 0 l’istante in cui vC(t) = vC(0) = VS1, in direzione VOL:

vC(t) = VS1 VOH RC · t

Questo è compatibile con tutti i ragionamenti finora effettuati; dopo un semiperiodo, pari a T

2, avremo raggiunto VS2; si può dunque scrivere che:

VS2 = VS1 VOH RC · T2

Invertendo l’espressione, si trova che:

T = 2RCVS1− VS2

VOH

Tutto ciò è assolutamente vero, a patto che le tensioni siano simmetriche rispetto al potenziale di riferimento, e dunque che VOL= −VOH.

Dallo studio del comparatore di soglia non invertente, ricordiamo che:

VS1− VS2= 2VOH· R1 R2 Avremo dunque che:

T = 4RCR1

R2

Ohibò! Cosa abbiamo qui? Un’espressione lineare! Non solo ci siamo sbarazzati dunque del legame con le tensioni, ma ora abbiamo addirittura un legame lineare (e non più logaritmico) con le resistenze.

Abbiamo abbastanza materiale per un esempio di progetto; esso sarà da considerarsi parte integrante della teoria, dal momento che, al genera-tore “di serie” finora proposto, introdurremo elementi aggiuntivi piuttosto interessanti.

5.3.1 Esempio teorico/pratico di progetto

Date le seguenti specifiche: f = 500 Hz, VT pp = 8 V (altezza forma d’onda triangolare), VAL = ±15 V, amplificatore “simile” a µA741, VOH = −VOL = 12 V , progettare il generatore di forme d’onda triangolare.

Al fine di effettuare il progetto, avremo bisogno di parte delle formule appena ricavate e parte delle formule del comparatore di soglia. Nella fat-tispecie, per quanto riguarda l’ampiezza della forma d’onda triangolare, essa semplicemente sarà semplicemente la distanza tra le soglie.

Quindi: VS1− VS2 = 8 V = 2VOH·R1 R2 Da qui: 8 = 24 · R1 R2 −→ R2 = 3R1

Nota: R2 assorbe corrente dall’integratore, quindi bisogna dimensionarla in modo che sia sufficientemente alta ma non troppo, in modo da non dare troppo “spazio” alle correnti di bias. Politicamente, scegliamo R2 = 150 kΩ, quindi R1 = 47 kΩ (normalizzando secondo la serie E12).

Quindi:

T = 1

f = 2 ms Ricordiamo a questo punto che:

T = 4RCR1

R2 −→ 2 · 10−3 = 4 3RC Da qua:

RC = 1, 5 ms

R deve essere al solito abbastanza alta, ma anche in questo caso

moder-azione! Quindi, politicamente, R = 100 kΩ; dunque: C= 1, 5 · 103 · 105 = 15 nF

Abbiamo finito! Abbiamo infatti dimensionato tutti i parametri del cir-cuito.

Generatore di onde triangolari a frequenza variabile

Chi si accontenta gode? E invece no. Noi non ci accontentiamo, poichè questo circuito può essere migliorato, introducendo almeno altre due o tre features. La prima potrebbe essere la frequenza: vorremmo introdurre nel circuito un meccanismo in grado di regolare la frequenza dell’amplificatore operazionale in modo continuo.

Come possiamo fare? Beh, riprendiamo un’espressione ormai un po’ vec-chia:

T = 2RCVS1− VS2

VOH

Calcolandone l’inverso, si ottiene:

f = VOH

2RC(VS1− VS2)

Allora se riuscissimo a variare VOH, potremmo variare linearmente anche la frequenza del generatore di segnali.

Un’idea potrebbe essere collegare la tensione di uscita del comparatore di soglia, VQ, ad un potenziometro, P1 (fig. ??).

Consideriamo a questo punto V3, ossia la tensione “portata indietro” all’ingresso dell’integratore, abbiamo che:

V3 = VOH· xP1+ R3

xP1+ R3+ (1 − x)P1 =

xP1+ R3

P1+ R3 Dove x ∈ [0; 1].

Il potenziometro è sostanzialmente come un filo: si considera la sua re-sistenza fino ad un certo punto, x (lunghezza, distanza da un capo); esso dunque può essere pensato come una coppia di resistori: xP1, e (1 − x)P1), dove P1 dimensionalmente è una densità lineare di resistenza misurata in Ω/m, per essere precisi.

Consideriamo il fatto che xP1 sia quella collegata a R3, e (1 − x)P1 stia “sopra” al nodo. Modificando il potenziometro, si modifica la tensione V3, ma dunque si modifica la frequenza del segnale! Se x = 1, si ha VOH; se x = 0, si deve avere la tensione minima richiesta dalle specifiche. Supponendo, a partire dal circuito precedente, che fmin = 50 Hz, avremo che:

50 500 =

1 10

V3 V u R R 1 R 2 R 3 C P 1

Figura 5.12: Generatore di onde triangolari a frequenza variabile grazie all’introduzione del potenziometro P1.

Quindi: xP1+ R3 P1+ R3 x=0 = 1 10

Possiamo ora ricavare il valore di R3; questa resistenza “balzata fuori dal nulla”, ha proprio il compito di limitare l’escursione della frequenza al vari-are della manopola del potenziometro, ai valori richiesti dalle specifiche; in particolare potremo dimensionare R3, sapendo che il minimo della frequenza richiesta dal circuito corrisponde da 1

10 della frequenza massima, dunque la tensione minima (provocando una variazione lineare della frequenza) dovrà essere 10 volte inferiore alla tensione massima, come appena scritto.

R3 P1+ R3 = 1 10 −→ R3 = P1 9

Per essere sicuri, e per normalizzare un po’ meglio secondo la serie E12, usiamo:

R3 = P1 10

Resta ancora qualcosa da fare: abbiamo considerato un certo numero di formule, ma semplificate, se volessimo calcolare l’equivalente Thevenin a destra di R, vedremmo che è presente una Req pari a:

Req = (xP1+ R3)(1 − x)P1

P1+ 2R3

Questo calcolo non è fatto a caso: dovremmo scegliere R ≫ Req,max, al fine di non dover considerare, in ciascuna delle formule finora espresse, il contributo di Req. Alternativa sarebbe stata l’uso di un voltage follower, ma non è necessario ricorrere a tanto, per il seguente motivo: possiamo dire che, secondo la normalizzazione E12, l’errore sulle resistenze sia almeno di 5 %, quindi che, se Req = 5%R, essa rientra tra gli errori coi quali bisogna già normalmente convivere. Vediamo, dalla formula, che Req(x) è una parabola discendente; calcolando la derivata ed il punto stazionario, dunque, si può dimostrare che: Req,M AX = 11 10P1· 1 4 ≃ 1 4P1 Quindi: 1 4P1 ≤ 5%R −→ P1 ≤ 4 · 5 kΩ = 20 kΩ

In commercio, si trovano potenziometri della serie E3: 1; 2, 2; 4, 7 (per decade); ci si adatti dunque con questi valori (10kΩ potrebbe essere una buona soluzione).

Generatore di onde triangolari a offset variabile

Altra variazione sul tema: come si fa a modificare l’offset dell’onda

triango-lare? Ossia, per dirlo in maniera più diretta, come è possibile “alzare o

ab-bassare”, rispetto al potenziale di riferimento, il segnale triangolare prodotto dal circuito che stiamo analizzando?

La risposta è in effetti abbastanza scontata: si opera su VR, ossia sul morsetto invertente del comparatore di soglia. Volendo introdurre un offset variabile VT tale per cui:

VT ∈ [−4; 4] V

Si introduce nel circuito un secondo potenziometro, e si usa come mostrato in figura 5.13.

Si può vedere facilmente che, riprendendo le espressioni ormai viste e riviste: VS1+ VS2 2 = VREF ·R1+ R2 R2 = VREF  1 + R1 R2  = 4 3VREF

Come specificato, VT ∈ [−4; 4] V; per avere 4 V, bisognerà avere la VREF

massima, e quindi: 4

3VREF,M AX = 4 V −→ VREF,M AX = 3 V Dualmente, si verifica che:

VREF,min= −3 V

I campi di variazione di VREF sono simmetrici, e lo sono anche le tensioni di alimentazione. Ciò può indurci a dire che R4 = R5. Il massimo valore di funzionamento per metà del potenziometro (dal momento che metà sarà data per −VAL, l’altra metà per +VAL, è ovviamente x = 1

2, quindi si può dire, dal momento che l’offset viene “prelevato” dal potenziometro, che vi sia un partitore tra 1

2P2 e R4 (e poi con R5 per quanto riguarda l’offset negativo); quindi, calcoliamo la relazione tra R4 e P2 dal partitore:

3 V = P2 2 P2 2 + R4 · 15 V −→ P2 2 = 1 5 P2 2 + R4 

+ V A L V A L V u V 3 R R 1 R 2 R 3 R 4 R 5 C P 1 P 2

Figura 5.13: Introduzione di un secondo potenziometro nel generatore di onde triangolari per regolare la componente continua del segnale in uscita.

Da qui: 1 5R4 = P2 2 − 1 5P2· 12 −→R2 = 2P2

Si può scegliere R4 ≃ 18 kΩ, e P2 = 10 kΩ (utilizzando quindi un poten-ziometro analogo a quello suggerito in precedenza).

Generatore di onde triangolari a duty cycle variabile

Abbiamo già introdotto due varianti di questo circuito, rendendolo abbas-tanza versatile; c’è un’ultima cosa da fare, al fine di poter dire di avere un circuito veramente tutto-fare: introdurre un meccanismo in grado di fargli fare il caffé... volevo dire... rendere variabile il duty cycle in modo continuo.

Cosa significa “variare il duty cycle di un generatore di forme d’onda trian-golari”? Sappiamo che la forma a triangolo è ottenuta mediante l’integrazione di un’onda quadra; variare il duty cycle del triangolo significa sostanzialmente aumentare il tempo di salita, o il tempo di discesa (rispettivamente, se si au-menta il duty cycle dell’onda quadra integrata, o se si diminuisce), cercando comunque di mantenere costante la frequenza dell’onda quadra (e dunque di quella triangolare).

Ripartiamo dal circuito già introdotto quando abbiamo parlato di fre-quenza variabile, lasciando per un momento perdere l’offset per non appe-santire il circuito; si sappia comunque che i vari meccanismi introdotti sono assolutamente compatibili tra loro!

Nel circuito finora progettato, T1 = T2 = T

2; abbiamo tempi “alti” e “bassi” uguali, ossia il triangolo è isoscele: il segnale impiega tanto tempo per crescere quanto per decrescere.

Come sappiamo, il duty cycle DC per un segnale si definisce classicamente come:

DC = T1

T · 100

Sappiamo, dalle precedenti analisi del circuito, che:

T1 = VS1− VS2

VOH

RC; T2 = T − T1

Finora, però, abbiamo avuto T1 = T2; come potremmo cambiare ciò? La risposta in realtà è abbastanza semplice: come parametro libero abbiamo finora tenuto R, ossia la resistenza di reazione dal multivibratore astabile verso l’integratore. Essa stabilisce quanta corrente circoli nella reazione e quindi la costante di tempo dell’integratore. Tuttavia con una resistenza R,

Nel documento Elettronica Applicata (pagine 191-200)